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Autore: Elis17    04/01/2015    8 recensioni
William Tomlinson ha ventitré anni e un figlio di tre, la sua ragazza, Eleanor, è morta a diciassette anni di parto.
Da tre anni passa la sua vita a portare e a riprendere il figlio Max dall'asilo e a crogiolarsi per la morte della sua amata.
Edward Styles è un ragazzo gay di diciassette anni e ha una sorella di tre, Gemma.
Edward si innamora di William il primo giorno di asilo di Gemma e Max, i quali si ritrovano in classe insieme.
William non si accorge di lui per molto tempo, fino a quando il ragazzino non decide di usare la sorellina per attirare la sua attenzione.
E la attira.
×
Williard [Larry] × Willionor [Elouonor] × Janielle [Payzer] × Jouise [Zerrie]
Seventeen!Edward × TwentyThree!William
Student!Edward × YoungFather!William
Larry!AU × Williard!AU × Kids!AU × Parents!AU
×Middle names×
Genere: Drammatico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Capitolo4: Week-end.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
William, da brava persona che mantiene le sue promesse, stava parlando con sua madre della situazione in cui era finito Edward senza neanche saperlo.
William e Johanna avevano sempre avuto un buon rapporto che si era intensificato soprattutto negli ultimi tre anni, causa la morte di Eleanot e grazie alla nascita del piccolo Max.
Edwaed era in camera di William con i due bambini e aspettava il ritorno di William un po' in ansia, sinceramente pensava di essere sbattuto fuori di casa a pedate nel culo – anche se avrebbe preferito altro in esso -, dopo tutto a causa sua Jai sarebbe dovuta andare via da casa sua per lasciare entrare un estraneo in casa – beh proprio estraneo non lo era, ma Jai non lo conosceva ancora bene, quindi sì, era un estraneo.
Il punto era che Eddie non conosceva per niente il nobile cuore di Johanna; quella donna aveva sfornato una squadra di calcio, okay, non proprio una squadra di calcio, ma ci mancava poco, cinque figli non erano pochi, due in arrivo – ma questo ancora, i figli Tomlinson non lo sapevano - e poi aveva un nipote, che viziava assai.
Quindi non si aspettava che William tornasse nella propria stanza con un sorriso in volto e la barba che pizzicava sulle guance magre.
“Per mia madre non ci sono problemi!” sorrise mentre passa ad Edward il termometro per fargli misurare la febbre alla sorellina.
Il più piccolo teneva la sorellina in braccio mentre la cullava per calmarla.
Aspettarono in silenzio qualche minuto con in sottofondo i rumori della casa, Jai stava preparando una borsa per il suo week-end con il suo amorevole compagno, Max stava giocando con le macchinine e la faceva collidere tra di loro mentre Gemma si lamentava stancamente dei dolori al pancino.
Il termometro emise un flebile bip ed Edward lo tolse da sotto il braccio di Gemma passandolo William dopo aver letto e mormorato un “Trentotto.” strascicato.
“Uhm...” iniziò William “Preparo la cena e le facciamo una puntura per abbassare la febbre e poi le diamo delle vitamine.” affermò alzandosi dal pavimento dove si era seduto poco prima.
Gemma sgranò gli occhi ed iniziò ad intonare dei continui “No, no, no, no!” spaventata dalla puntura.
“Shh” mormorava il fratello per calmarla.
“Hei” la chiamò William, la piccola sì voltò verso di lui sentendosi chiamata in causa.
“Facciamo così: facciamo cena, facciamo la puntura e poi scegli una merendina dalla dispensa come dolce, ci stai?” la voce calma e carezzevole.
Edward si sentiva male, insomma, continuava a dire 'noi' o a parlare al plurale, sembravano tanto una famiglia, lui, William ed i piccoli, cavolo era tutto fin troppo sdolcinato.
Scosse la testa cercando di riprendersi mentre la sorellina annuiva più tranquilla.
“Bene! Allora io vado a preparare la cena, voi intanto rilassatevi un po', si?” chiese retorico e senza aspettare una vera e propria risposta da parte di Edward o di suo figlio uscì dalla stanza per dirigersi in cucina.
Il piccolo si guardava in giro, sorrise nell'osservare quanto Max somigliasse a suo padre.
Si guardò in torno alla ricerca di qualcosa, una foto, un cellulare o qualcosa che mostrasse lui un frammento di ricordo che riguardasse la giovane Eleanor, così, solo per il gusto di togliersi quella curiosità.
Max assomigliava di più a William o ad Eleanor?
Continuò a guardarsi attorno per qualche minuto fino a che non guardò sul comodino di fianco al letto; vi era, sopra a questo, un portafoto in legno color mogan che andava perfettamente in tinta con il resto della camera del ragazzo.
Si avvicinò al comodino con ancora Gemma in braccio e prese tra le mani il portafoto osservando il contenuto di questo.
La foto raffigurava tre persone in primo piano, una ragazza, un ragazzo ed un bambino davvero piccolo, Edward constatò che doveva essere la piccola famiglia Tomlinson mai venutasi realmente a creare.
Nella foto William teneva in braccio il piccolo Max ancora in fasce, al fianco del ragazzo vi era una ragazza, sicuramente più piccola di Willie, che sorrideva raggiante e stanca, la fronte era ancora imperlata di sudore, gli occhi marroni stanchi con le occhiaie marcate, il viso pallido e le labbra screpolate, i capelli lunghi, ondulati e castani erano scompigliati in grandi boccoli sfatti; aveva l'aria di chi aveva passato un travaglio lungo e doloroso.
William, dal canto suo, sembrava tranquillo, felice, aveva un piccolo accenno di sorriso e la barba incolta.
Max era tra le braccia del papà e pareva in un limbo di serenità.
Edward osservava la foto con aria corrucciata, le sopracciglia aggrottate, la lingua posata a sinistra dell'angolo inferiore, la bocca semichiusa e gli occhi socchiusi: era concentrato.
Spostava gli occhi da Max al William nella foto e da Max alla Eleanor nella foto: scrutava ogni particolare, captava ogni piccolo movimento del bambino, ogni smorfia e ogni dettaglio cercando di capire a chi dei due assomigliava.
Sussultò quando sentì una voce alle sue spalle parlare con tono calmo.
“A me.” parlò William, in piedi sull'uscio della porta, le braccia incrociate, così come le gambe e la spalla destra appoggiata allo stipite della porta.
Edward lo guardava come se lo avesse beccato con le mani nel sacco, colpevole!
“Max, intendo, assomiglia di più a me.” si spiegò meglio.
“Oh” mormorò il ragazzino rimettendo a posto la foto dove era prima.
“Scusa, non intendevo ficcanasare in giro ero solo...” mormorò Eddie.
“La curiosità non è una bella cosa.” lo rimproverò Tomlinson.
Edward era molto probabilmente diventato rosso dalla vergogna, non sapeva che dire, dove mettere le mani e tanto meno dove posare lo sguardo.
“Io... ecco...” dai su Styles, inventati una scusa!
“Ma se non si è curiosi alla tua età quando lo si sarà, no?” William probabilmente pensava tra sé e sé o semplicemente esponeva un suo quesito ad alta voce.
“Si chiamava Eleanor,” iniziò il discorso il più grande “aveva diciassette anni, è morta di parto, complicazioni – imitò delle immaginarie virgolette in aria – hanno detto i medici.” concluse, una punta di rabbia nel tono della voce.
“Io... vuoi parlarne? Cioè, so di non essere un tuo grande amico, non ci conosciamo nemmeno da tanto tempo e non so nulla di te, ma se vuoi...” Edward guardava di sfuggita William per vedere una sua reazione mentre parlava velocemente, gesticolava con una mano, intanto con l'altro braccio sorreggeva una Gemma addormentata.
William lo osservava con attenzione, aspettò qualche secondo per poi parlare.
“Ci sono voluti pochi mesi perché io mi innamorassi di Eleanor e qualche secondo per impazzire nel vedere mio figlio, quindi penso che il tempo sia futile quando si parla di voler bene o di amare le persone che ti circondano, hai ragione, non mi conosci e io non conosco te, ma sie mio amico, anche se ci frequentiamo, da quanto? Due, tre mesi? Eppure lo sei, sei mio amico e per quanto sembri strano ti voglio bene, tanto quanto ne voglia ai cugini James o a Ruth, ormai sei parte integrante della mia vita e quella di Max e delle mie sorelle. Ti ringrazio davvero tanto, ma penso che te ne parlerò più avanti, cerca di capirmi, è un argomenti delicato. E, comunque, è bello sapere che al mondo ci sia ancora gente curiosa e dolce come un ragazzino come te Edward, prima scherzavo, puoi ficcanasare quanto vuoi.” Edward lo guardava sconcertato, forse solo ora si rendeva conto di quanto grande, adulto e maturo fosse William, gli aveva appena fatto un breve, ma bellissimo discorso nel quale gli aveva accennato qualcosa su di lui e gli aveva detto di tenere a lui.
E gli aveva anche fatto dei complimenti!
“Beh... grazie, suppongo e scusa, non volevo forzarti a dirmi qualcosa.”
“Di nulla, grazie a te per esserti offerto come spalla di conforto.” sorrisero entrambi mentre Johanna faceva il suo ingresso nella stanza.
“Oh, eccovi!” sorrise amorevole osservando tutti e quattro.
“Dan è qua sotto, vi saluta tutti, io scappo, non date fuoco alla casa, mi raccomando!” scherzò.
“Oh! Ehm... grazie mille signora e mi scusi per il distur...” Jai non lasciò terminare la frase ad Edward.
“Tranquillo ragazzo! È tutto a posto! Prenditi cura di tua sorella, godetevi il week-end e non chiamatemi per nessun motivo al mondo, finalmente io e Dan potremmo stare tranquilli per un po' insieme, magari daremo un party hard!” Esclamò la donna scherzando e ridendo da sola, il figlio la osservava divertito, Edward un po' meno, forse più sconcertato, Max batteva le manine felice e Gemma dormiva indisturbata.
“Va bene mamma, non ci interessa se tu e Dan farete sesso sfrenato, ora puoi anche andare, passa un bel fine settimana, si?” rise William.
“Certo!” Esclamò abbassandosi per posare un bacio sulla guancia al figlio uno sulla fronte del ragazzino il quale rimase colpito, gli occhi sgranati e la bocca a cuore aperta.
“Ah! Non farti problemi ragazzino e non chiamarmi signora, altrimenti qui dentro non ci rimetti piede! Capito?”
William adorava sua madre, era una Santa, era una donna da venerare, aveva fatto tanto per tutti i suoi cinque figli e ora faceva tanto per lui e Max.
Il ragazzo sapeva bene di aver preso il carattere della madre e in varie occasioni lo dimostrava e ne andava anche orgoglioso, non era da tutti mettere allegria alla gente anche solo con un sorriso.
“Sissignor... ehm! Certo! Grazie!” si corresse balbettando il più piccolo.
“Johanna, ma puoi chiamarmi Jai, ora vado, ciao piccoli!” uscì dalla stanza canticchiando qualcosa di incomprensibile.
“Tua madre è sempre così...”
“Espansiva? Comica? Divertente?” William la stava praticamente descrivendo.
“Fantastica, opterei più per fantastica.”
“Oh! Beh sì!” rise Will.
“Tu sembri aver preso da lei.” Eddie lo guardava fisso negli occhi.
“Grazie!” esclamò.
Okay, fai passi avanti Styles, sei riuscito a fargli anche un complimento e a strappargli un sorriso che mozza il fiato, si il tuo, ma ora magari respira, uhm?
Edward doveva darsi una calmata, una regola o non sarebbe arrivato al giorno seguente.
“Comunque, la cena è pronta, scendiamo?” William prese per mano Max mentre Gemme sostava ancora tra le braccia del fratello.
Edward continuava a rimuginare, sì, Johanna era davvero fantastica, e amorevole.
Arrivati in cucina trovano tutta la famiglia Tomlinson già seduta a tavola, i piatti già pieni.
Edward si accomoda alla destra di William, alle loro sinistre sono posti i due bambini.
Le sorelle di William li osservano, o per meglio dire, osservano Edward e la piccola Gemma.
Charlotte era in adorazione, fissava il ragazzo con insistenza mettendolo in soggezione, Félicité accortasene le rifilò una gomitata nelle costole distogliendo la sua attenzione e cominciando a bisticciare.
Phoebe e Daysi giocavano tra di loro mentre mangiavano, Charlotte e Félicité chiacchieravano tra di loro, William tagliava la carne a Max ed Edward imboccava la piccola Gemma che era avvolta in una coperta per rimanere al caldo.
Ci fui poi un momento di silenzio nel quale si sentì solo un flebile tic proveniente da un cellulare, tutti si fermarono guardandosi intorno per cercare di capire da dove era provenuto lo squillo.
“Oops! È il mio, scusatemi!” Edward tirò fuori dalla tasca il cellulare notando che era un messaggio della madre.
 
 
 
“Buona sera, amore! Tutto bene lì? Ringrazia ancora William da parte mia!
Ci sentiamo poi domani, un bacio.”
 
 
 
“Mia madre ti ringrazia ancora.” sussurrò Ed voltandosi verso William sorridendogli imbarazzato.
William annuì tranquillo e tornò a dare da mangiare a suo figlio mentre il ragazzo più piccolo rispondeva a sua madre.
 
 
“Ciao mamma! Tutto bene, voi? A domani, notte.”
 
 
Scrisse velocemente la risposta da sotto il tavolo, cambiò poi rapidamente la chat e senza farsi notare digitò un “Sono a casa sua!!” abbastanza imbarazzato e felice.
La cena continuò così per un po', le sorelle più grandi si alzarono poco dopo andando nella loro camera mentre le gemelle rimasero con loro a tavola aspettando che William desse loro il solito dolcetto post cena quando Jai non era a casa.
“Allora piccole, prima del dolcetto facciamo la puntura a Gemma così poi lo può mangiare anche lei, si?” affermò William iniziando a sparecchiare la tavola.
Edward si alzò da tavola e aiutò William anche se quest'ultima cercava di farlo desistere, ma fu invano.
Finito di sparecchiare le gemelle seguirono i ragazzi ed i bambini su nella camera di William.
Edward fece coricare a pancia in giù Gemma sul letto mentre le accarezzava la piccola schiena, le gemelle erano sedute per terra con Max e mangiavano già tutti e tre il loro snack.
William si era invece diretto nel piccolo bagno al fondo del lungo corridoio per prendere il materiale per fare la puntura.
Tornò in stanza ed appoggiò il tutto sul comodino preparando la siringa, si girò poi verso Edward per passargliela, ma il ragazzo spostava lo sguardo da William alla siringa con cofusione.
“Io non ho mai... fatto una puntura in vita mia.” ammise in imbarazzo, di queste cose se ne occupava sua madre, non lui.
“Oh! Oh, okay, allora la faccio io?” William esitò, perché comunque quella bambina era solo una compagna di classe di Max, si okay, era la sorella di Edward, ma non era come le sue sorelle o suo figlio, quindi non era pienamente convinto, ma si sedette comunque al posto di Edward e aspettò che il ragazzo tirasse giù i pantaloni e le mutandine che la piccola Gemma indossava.
Prende l'ovatta impregnata di alcool e la strofina sulla natica destra con delicatezza.
La bambina sospirava tranquilla perché sapeva che William sarebbe stato delicato, lo sentì dalla leggera pressione con cui il ragazzo la accarezzava.
“Allora, piccola, dopo vuoi un po' di latte caldo con dei biscotti, solo i biscotti o una di quegli snack che Max e le gemelle stanno sgranocchiando?” William parlava con calma, il tono della voce dolce e carezzevole mentre faceva la puntura alla piccola.
“Finito!” esclamò premendo piano l'ovatta sul piccolo sedere della bambina.
“Di già?” esclamò la piccola alzandosi per vedere dove William la stava ancora toccando.
“Sì!” sorrise.
Sua madre usava anche la stessa tattica, accarezzare, parlare di qualsiasi argomento che possa piacere al bambino in questione, fare la puntura e tutto era finito, indolore e rapido, con tanto di premio dopo!
Sorrise orgoglioso degli insegnamenti di sua madre.
“Come cazzo hai fatto?” chiese sbalordito Edward mentre rivestiva la piccola.
“Hei!” lo riprese William sentendo la brutta parola usata.
“Scusa, ma tu... Con noi Gemma è un uragano, sbraita, si dimena e c vuole ognu volta quasi un'ora per farle una cavolo di puntura!” spiega mentre guarda William e la sorella.
William gli fece un occhiolino mente si lucidava per finta le unghie, le controllava e poi si toglieva della polvere immaginaria dalle spalle.
“Anni di allenamento, ragazzino!” scherzò.
“Ho quattro sorelle più piccole e un figlio, quando mamma non era casa dal lavoro mi occupavo io di loro.” spiega mentre passa uno snack a Gemma che se lo gusta per bene mentre chiacchierano del più e del meno.
Dopo che Gemma ha finito di mangiare William spedisce le gemelle nella loro cameretta e si dirige verso l'armadio dove tira fuori quattro pigiami, due piccoli per i bimbi e due grandi per loro.
Porge ad Edward la coppia di pigiami, rigorosamente uguali solo uno più grande e l'altro più piccolo e lascia la stanza per farli cambiare mentre lo si dirige con Max nella camera della madre.
Cambiò sé stesso ed il figlio per poi sedersi con lui sul letto della nonna.
“Allora? Sei di poche parole sta sera!”
“Gem sta male!”
“Sta male, si, tu? Come stai?”
“Voglio giocare! Con Gemma!”
“No, Gemma sta male.”
“Ma io voglio giocare con lei!”
“Max! No! Sta male e deve riposare, ora andiamo di là, tu non fai i capricci e giochiamo io e te, okay? Vuoi giocare con papà, si?”
“Sì!”
William prese per mano il figlio e lo riportò in stanza, ma prima di entrare bussò e quanto sentì un flebile “Avanti” entrò.
Quando aprì la porta rimase a bocca aperta: Edward era in piedi che ciondolava da un piede all'altro con Gemma tra le braccia, la cullava, un po' a destra, un po' a sinistra, la piccola teneva il capo poggiato sulla spalla dal fratello, le braccia abbandonate tra il petto largo di Eddie e quello proprio, gli occhi chiusi, la bocca aperta, il nasino rosso; russava leggermente.
Erano vestiti uguali, Edward e la piccola, e poi c'erano lui e Max che indossavano un altro paio di pigiama, ma anche loro vestivano simile.
Fissò il ragazzo e la bambina e ne rimase colpito, erano così belli insieme, così piccoli, entrambi, così dolci e teneri, erano una visione celestiale, il cuore di William si sciolse, gli occhi si fecero lucidi e le mani, la destra teneva ancora Max per la sua piccola manina, iniziarono a tremare e lo stomaco, Dio, gli doleva, gli doleva, sì, ma in un modo quasi piacevole, il cuore batteva veloce.
“È crollata!” mormorò sorridendo all'indirizzo di William mentre cullava ancora la piccola.
William, rimasto senza parole annuì solamente.
“Siete bellissimi...” e probabilmente lo mormorò talmente basso che Edward non lo sentì, ma lo sentì eccome! Ma rimase comunque in silenzio, arrossendo timidamente stringendo ancora più forte sua sorella al petto.
Il più piccolo si spostò poi verso il letto e posò delicatamente la sorellina sotto le coperte, gliele rimboccò e si girò verso William che li osservava incantato.
Siete bellissimi...
Doveva essersi rincoglionito per bene!
Ma come gli era uscita una frase del genere? E meno male che Edward non lo aveva sentito, si certo, come no!
Toc Toc.
William si voltò di scatto verso la porta lasciando la mano del figlio che si andò a sedere vicino a dei lego.
“Félicité.” sorrise “Dimmi.”
“Mamma non c'è quindi... potresti firmarmi dei voti?”
“Certamente, passa qua.” le strappò il diario dalle mani mentre “La delicatezza, proprio” l'apostrofava la sorella.
 
 
 
Moda e costume: 8+
 
 
 
“Dammi il cinque sorellina, sono orgoglioso di te!” esclamò alzando il palmo in aria aspettando una risposta che non tardò ad arrivare, si sorrisero e Fizzie si riprese il proprio diario, girò i tacchi – e non si fa per dire, la ragazzina girava per davvero con i tacchi per casa – e, dando la buona notte a tutti, se ne andò.
Beh, non proprio, voltò solo l'angolo della porta e si fermò ad ascoltare ed a spiare – sì, spiare, che c'è? - i due ragazzi.
Fizzie frequentava un liceo artistico che si trovava fuori dalla cittadina di Doncaster, ogni mattina prendeva il treno alla stazione e andava a scuola, non si lamentava di doversi alzare presto di farsi quasi un'ora di treno, sua madre pagava l'abbonamento annuale, la scuola – e non solo la sua – e lei era felicissima di aver la possibilità di andare in una scuola che le piaceva.
Voleva diventare una Stylist e nemmeno un'ora di treno all'andata e un'ora di treno al ritorno da scuola l'avrebbero fermata dall'intraprendere quella carriera.
Johanna era fenomenale, manteneva cinque figli e un nipote, pagava bollette, passava del tempo con i figli e aveva un compagno che l'amava.
Era indaffarata, sì, ma tra un lavoro e l'altro riusciva a sistemare sempre tutto.
William le era così tanto debitore, ma non sapeva che fare, se continuare gli studi interrotti e fare un lavoro che gli piacesse o andare direttamente a lavorare per guadagnare qualche soldo in più.
Per il momento, Jai, voleva solo che William si rimettesse e che tornasse a vivere, come prima.
E, Johanna... beh una mamma certe cose le capisce, no?
Sapeva che William stava risorgendo, c'era quasi, mancava solo una piccola spinta.
E questo Félicité l'aveva capito meglio di tutti.
Poteva parere strano, impossibile, disgustoso per certi versi, innaturale, non normale, ma era così.
Edward era quel qualcosa.
Era normale per lei vedere certe situazioni, ragazzi effeminati, più depilati di gatti Sphynx, più femminili di sua sorella Charlotte, ragazzi che seguono fin troppo la moda, sì, quella femminile.
Era normale nel suo mondo fatto di 'Seguire la moda'.
Dopotutto frequentava un liceo artistico, per lei era normale vedere omosessuali o lesbiche.
Certo, non si sarebbe aspettata che un ragazzino potesse sconvolgere così la vita di suo fratello.
Non sarebbe stato affatto facile, no, ma lei era lì e se il fratello aveva bisogno lei sarebbe arrivata anche solo con uno schiocco di dita.
Fizzie restò lì ancora per qualche secondo ad osservare i due che per terra giocavano con i lego insieme al suo nipotino, poi si diresse con tranquillità verso camera sua e di Lottie.
Si tolse le sue amate Frav nere, costatele sudore e fatica per ottenerle, e le ripose di fianco al suo armadio per poi sedersi sul suo letto a gambe incrociate, la gonna corta le si alzò mostrando le mutandine con delle papere stilizzate per trama – che c'è? Le piacevano! - e le parigine le scivolarono sotto il ginocchio.
Si tirò su le maniche della camicia di cotone fin sopra i gomiti e sospirò.
“Cosa ti tortura così tanto, sorella?” scherzò Charlie.
“Uhm... come ti sembra Edward?” chiese, il gomito poggiato sul ginocchio, il palmo della mano a chiudere il contorno del suo mento adornato da una leggera fossetta.
Aveva il mento a culo, si okay, problemi? Non era colpa sua, ma di suo padre Mark.
Dio quanto le mancava suo padre.
“È davvero un bel ragazzo, perché?” la ragazza si voltò dando le spalle allo specchio dove si stava facendo delle foto per far vedere alle sue amiche l'outfit con cui si sarebbe vestita il giorno dopo per uscire con loro.
“Oooooh! Qua qualcuno si è preso una cotta!” rise la più piccola tra le due.
Se Charlotte si era per davvero presa una sbandata per quel ragazzo era fottuta, ne sarebbe certamente rimasta delusa.
Era palesemente gay, il suo Gay Radar glielo segnalava forte e chiaro.
“Ma smettila, stronza!” rise l'altra atterrando la sorella sul letto iniziando poi a prenderla a cuscini in faccia.
Continuarono a scherzare ancora per molto così.
 
 
 
Dall'altra parte William cercava di far addormentare Max senza realmente riuscirci.
Sono questi i momenti in cui vorrebbe Eleanor accanto, in modo tale da poter lasciare a lei le redini delle punizioni.
Oh! Willie odia le punizioni, non metterebbe mai in castigo suo figlio, era troppo bello per essere condannato a tre giorni senza dolce dopo cena!
Suvvia era un bimbo di tre anni; sì, un bimbo di tre anni che continuava a fare i capricci e a frignare senza interrompesi un momento.
William sbuffava e faceva la voce grossa “Basta Max! Max! Max, papà si sta davvero arrabbiando, è tardi e devi andare a nanna!”
“No! Non voglio!”
“Non mi interessa ciò che vuoi! Ora andrai a letto, su! In camera della nonna, dai!”
“Noooo!”
“Bas...”
“Max...” Edward interruppe la voce di William che lo guardava un po' tra l'arrabbiato e il confuso.
Suvvia, era suo figlio sa come comportarsi, cosa ne sa quel ragazzino?
Ma lo osservava comunque in silenzio mentre gli sorrise chiedendogli scusa.
Edward si abbassò, inginocchiandosi e puntellandosi sui talloni, si avvicinò a Max e gli sorrise, il bimbo ricambiò con esitazione perché non capiva cosa Eddie volesse da lui.
Il ragazzo si guardò intorno e poi adocchiò quello che stava cercando, si alzò e si avvicinò al lettino piccolo posto al centro della camera.
Si chinò sul lettino e prese tra le mani Rino e se lo strinse un po' al petto, gli mancava, gli mancava nonna Mary e il suo adorabile pupazzo.
Si voltò e tornà da Max che lo osservava con gli occhi grandi e azzurri.
Si sedette sulla moquette rossa con le gambe incrociate e Max lo imitò.
“È passato un po' di tempo da quando ti ho regalato questo pupazzo, vero?” domandò e il piccolo annuì con fervore, il sorriso in volto e gli occhi ancora spalancati.
“E come si chiama?” chiese ancora.
“Rino!” urlò quasi il piccolo e sorrise allungando le mani verso il peluche, ma Eddie non glielo passò ancora, lo tenne ancora per sé come vorrebbe fare realmente.
“Sai, Rino, è speciale! Era il mio pupazzo preferito e io l'ho regalato a te, me lo aveva donato mia nonna quando ero piccolo, sai cosa di cosa è capace Rino?” chiese, il tono dolce.
Max scosse la testa con fervore.
William li guardava e non capiva cosa Edward stesse facendo, ma li osservava e sono bellissimi.
Sono bellissimi...
“É speciale...” ripeté Edward “sa scacciare via i brutti sogni e quando non hai sonno sa farti tanta compagnia, puoi raccontargli tutto quello che vuoi e lui lo custodirà, puoi abbracciarlo e dormirci la notte senza vergognartene perché solo tu e lui lo saprete. Ci hai mai dormito insieme?” chiese ancora.
Il piccolo scosse ancora il capo.
“No? Come no!? Io prima di regalartelo ci dormivo sempre insieme! Ti va di dormire con lui? Nel lettone di nonna con papà, si?” chiese sorridendogli e William capì.
Dio, pensò, Eleanor sei tu? Potrei morire da un momento all'altro, so che avresti fatto per certo la stessa cosa.
E, no! Nessuna Eleanor, era semplicemente Edward e lo stava aiutando con suo figlio, proprio come lui lo aveva aiutato con la sorella che dorme indisturbata nel suo letto.
Max si voltò verso il padre che prontamente gli sorrise incoraggiante.
“Posso papà?” domandò e il padre annuì ancora senza parole.
Edward era sorpreso quando Max lo abbracciò, ma ricambiò felice e gli passò il piccolo Rino.
Max strinse tra le mani il pupazzo e corse fuori sul corridoio e sparì dietro la porta della stanza di nonna Johanna.
“Davvero dormivi con quel pupazzo fino a qualche mese fa?” chiese William ed Edward non sapeva che rispondere, così optò per la verità.
“Tu non andarlo a raccontare in giro, ho una reputazione da difendere.” scherzò ridendo e Will rise forte.
“Sei unico!” esclamò e lo abbracciò, così senza pensarci.
“Buona notte!” sorrise William mentre si districava dall'abbraccio.
“Dolce notte.” sussurrò Edward sorridendogli.
 
 
 
[8.30 p.m.] “Edward?”
 
[8.45 p.m.] “Edward? Cosa significa che sei a casa sua?”
 
[9.00 p.m.] “A casa sua, di chi?”
 
[9.30 p.m.] “Oh! A casa sua? Sua?”
 
[10.00 p.m.] “Eddie! Dai, non tenermi sulle spine.”
 
[10.15 p.m.] “'Fanculo, Eddie!”
 
[10.16 p.m.] “Edward* ho sbagliato, volevo scrivere Edward, non Eddie!”
 
 
 
Edward sorrise e “Notte, J.” digitò spegnendo poi il cellulare.
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
Notte!
 
 
Non starò qua a raccontarvi tutti i motivi per cui non ho aggiornato, sarebbero troppo e non voglio inventare scuse come 'Mi si è rotto il computer' o 'Non mi andava internet', perché mentirei spudoratamente,
anche perché la connessione è integra e il mio PC non è ancora volato dalla finestra.
L'unica cosa che dirò è che mi sono presa l'impegno di scrivere questa difficilissima fan fiction e che voglio portarla a termine, con pro e con contro, con difficoltà e momenti belli, non è un bel periodo,
ma non voglio far pena a nessuno, questa fan fiction è stata iniziata scrivere solo per poter far star bene la gente ed appassionarla,
la scrivo per voi che leggete, per chi ha voglia di spendere un po' del proprio tempo per i miei scritti,
scrivo per chi in questi mesi di assenza mi ha aspettata e per chi mi ha abbandonata, ha fatto bene perché anche io l'avrei fatto,
abbandonare una fan fiction che non viene continuata è normale, ma doloroso, o almeno spero.
Spero anche che chi se ne sia andato un giorno ritrovi la voglia di rileggere la mia fan fiction.
Spero, ancora, che questo capitolo, per quanto faccia schifo, vi piaccia almeno un po',
perché è stato un travaglio scriverne la bozza e scriverlo 'meglio' in seguito.
Vorrei solo dire che se non mi vedete per un po' di tempo non pensiate
che vi abbia abbandonati perché vi penso sempre, entro tutti i giorni su EFP
anche solo per leggere e ogni volta l'occhio mi cade sulla mia storia.
Quindi grazie a tutti, davvero, spero di trovare un vostro commento al capitolo :)
Questo è il mio account Twitter    @LookAfterYou17.
 
P.S.: A chi avrà scritto Edward? ;)

 
 
Buon Anno Nuovo !
 

 
Elisaku.
  
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