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Autore: Sara Weasley     06/01/2015    15 recensioni
«Papà, posso chiederti una cosa? »
Charlus smise di lucidare gli attrezzi da Auror, guardando suo figlio undicenne tentare di nascondere la sua piccola scopa da Quidditch nel baule per Hogwarts. «Cosa, Jamie? »
«Come vi siete conosciuti tu e la mamma? »
 
«Sul treno per Hogwarts. È stato un momento molto… dolce, sai? »
 
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Charlus Potter, Dorea Black, Famiglia Potter, James Potter, Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
- Questa storia fa parte della serie 'Da chi lo ha tre volte sfidato. '
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Di Marmellata di Giuggiole, Amori Sbagliati e Torte bruciate.

 
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
Charlus smise di lucidare gli attrezzi da Auror, guardando suo figlio undicenne tentare di nascondere la sua piccola scopa da Quidditch nel baule per Hogwarts. «Cosa, Jamie?»
«Come vi siete conosciuti tu e la mamma?»
 
È il 1931 e c’è un treno che segue le rotaie, immagini di panorami sconosciuti che scorrono davanti ai suoi occhi incastrati tra la montatura rettangolare. Charlus ha undici anni ed è così felice che non riesce a star fermo un minuto di più: mancano ancora due ore per arrivare al castello e tutta quell’attesa gli pare quasi insopportabile.
Qualcuno di fronte a lui sorride con accondiscendenza, gli occhi tanto chiari da sembrare bianchi e il profilo disegnato in maniera perfettamente lineare.  «Cerca di calmarti» gli dice Dorian, e i suoi capelli biondissimi si mischiano alla luce del sole che filtra dal finestrino. «Mi metti ansia, Charlie.»
Charlus conosce così bene il suo migliore amico che, nel guardarlo, gli pare di vedere se stesso-  e per un attimo dimentica di avere folti capelli neri ed occhi castani: lui e Dorian vivono l’uno accanto all’altro da sempre e finalmente adesso passeranno dall’essere vicini di casa ad essere compagni di stanza –ne è assolutamente certo-, e Charlus immagina già quante avventure combineranno a spasso per la Foresta Proibita e in giro per Hogwarts.
Con un tintinnio e lo strigliare delle ruote che si muovono tra i vagoni, il banchetto dei dolci si ferma proprio di fronte il loro scompartimento. «Qualcosa dal carrello?» domanda allegramente una giovane strega dal cappello a punta.
«Io» dice immediatamente Charlus, che in realtà più che fame cerca solo una buona scusa per alzarsi. Mentre Edward Mckinnon paga un galeone e due falci per un pacchetto di Tuttigusti e due Cioccorane, Charlus sceglie dal carrello un barattolino di marmellata.
Accanto a lui, è seduta una bambina con corti capelli di un rosso tanto scuro da sembrare quasi nero: non ha detto una parola per tutto il viaggio ma quando si volta nella sua direzione –per studiarlo in maniera truce- Charlus assiste alla prima magia di Hogwarts.
«Che cos’è quella cosa marrone?» chiede la bambina, arricciando il naso senza preoccuparsi di nascondere la sua aria schifata.
Charlus sbatte le palpebre senza sapere precisamente come comportarsi. «Marmellata di giuggiole» dice semplicemente, inclinando il barattolo verso di lei. «Ne vuoi un po’?»
«Neanche morta» replica lei, alzando il mento in maniera elegante e stizzita. «Puzza.»
Dorian ride allegramente, ma Charlus non ci fa caso: quella bambina ha appena osato insultare la cosa più deliziosa del mondo ed è chiaro che non capisce assolutamente niente.
 «Dì un po’» la apostrofa allora lui, «scommetto che sei una Black.»
Lei, che non se lo aspettava, inarca un sopracciglio in maniera raffinata. «E allora?»
«Si capisce» ridacchia Charlus, leccando con soddisfazione un cucchiaino di marmellata e rivolgendole di proposito un sorriso sporco. «Voi Black la puzza l’avete sotto il naso.»
«E scommetto che tu sei un Potter» replica sarcasticamente la bambina, che riesce a non scomporsi neanche un pochino. «Quello che dite fa schifo tanto quanto quello che mangiate.»
Questa volta, la risata di Dorian aleggia per tutto il vagone. «Io sono un Meadowes, se a qualcuno interessa» dice, con i suoi classici modi piacevoli, tendendo la mano in maniera educata e rilassata.
Prima di presentarsi, la bambina lo studia per un po’: è solo quando pare decretare che lui non è come il suo amico che pronuncia il suo nome. «Dorea» dice soltanto, lanciando un’occhiata a Charlus come per sfidarlo a dire qualcosa.
Lui crede che il suo sia un nome davvero stupido, ma ha la decenza di non dirlo ad alta voce: tanto sarebbe finita a Serpeverde come tutti gli altri Black, perciò che importava? Lui e Dorian se ne sarebbero liberati presto, e questo era quanto.
E poi, preferiva mangiare la sua Marmellata di Giuggiole che parlare con lei.
 
«Sul treno per Hogwarts. È stato un momento molto… dolce, sai?»
 
 
 
 
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
«Cosa?» domanda Charlus, guardando James dodicenne fingere di studiare.
«Il mio amico Remus dice che non si fa, ma io non capisco. Che male c’è a fare i dispetti ad una ragazza?»
 
È il 1932 e c’è un ragazzo nascosto dietro un arazzo, che aspetta il momento giusto senza riuscire a non ridere. Una bambina di dodici anni sta camminando verso il passaggio Serpeverde, reggendo al petto un libro che sembra pesante.
«Charlie» gli chiede Dorian, inarcando un sopracciglio. «Ma che cosa fai?»
Charlus lo guarda dal basso: ancora non riesce a vederlo con addosso l’uniforme verde e argento e anche se è già passato più di un anno dallo smistamento non si è ancora rassegnato all’idea che Dorian sia finito proprio a Serpeverde. Ma quello non è il momento adatto per pensare a quanto ingiusta sia la vita, e loro due sono amici tanto quanto prima, perciò decide di non pensarci e lascia perdere.
«Shh» lo liquida Charlus, intimandogli di far silenzio. «Lo vedrai circa… adesso.»
Non appena lo dice, si sente un tonfo seguito da uno strillo. «Dorea!» esclama Dorian, che pare vederla solo in quel momento e le corre in contro, per sincerarsi che vada tutto bene. «Sei intera?»
Ma lei si è già rialzata da sola, e guarda la sua uniforme sporca di una gelatina marrone con disgusto. «Ma… che diavolo è questa cosa?» urla istericamente, anche se dalla sua espressione schifata è chiaro che l’ha già capito. «Potter!»
Charlus ride, voltandole le spalle e salutandola con un gesto della mano. «Chi l’avrebbe mai detto? La Marmellata di Giuggiole non è buona solo da mangiare.»
 
«Jamie! Tuo padre non ti ha insegnato niente? Non si fanno i dispetti alle ragazze!»
 
 
 
 
 
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
Charlus guarda James tredicenne scarabocchiare su un foglio il viso stilizzato di una ragazza con un mare di capelli mossi. «Cosa?»
«Ti è mai capitato di cambiare totalmente idea su una ragazza?»
 
È il 1933 e c’è tanta confusione ad Hogsmeade quella mattina. Charlus cerca di sgusciare via da Mielandia senza rompere la sua scorta mensile di Marmellata di Giuggiole: non sa quando gli capiterà di tornare di nuovo ad Hogsmeade e in ogni caso vuole essere preparato ad ogni evenienza. Accanto a lui, Edward McKinnon e Alexandra Lux discutono animatamente del Verde Gallese atterrato su una spiaggia di Babbani solo qualche mese prima.
Charlus li ascolta per un po’, ma poi smette di farci caso: ci sono due ragazzi che gli vengono in contro, con il sole alle loro spalle e l’euforia tra le dita delle mani che si toccano.
Se accettare l’idea che Dorian era stato smistato a Serpeverde era difficile, Charlus era certo che abituarsi a vederlo con una ragazza sarebbe stato praticamente impossibile.
Specie perché la ragazza era quella schizzinosa di Dorea Black.
«Charlie» gli sorride Dorian, andandogli in contro con entusiasmo. «Ed, Alex, ciao! Cosa fate di bello?»
«Un giro» risponde lui, studiando di sottecchi il modo in cui il suo migliore amico sta tenendo per mano la Black: loro due escono insieme da mesi ormai, e anche se lei ancora non gli piace, deve ammettere che da quando sta con Dorian un po’ l’ha rivalutata. Non è poi tanto male…
«Non dirmi che hai comprato di nuovo quella marmellata schifosa» lo apostrofa allegramente Dorea, storcendo il naso.
…se si ignorano i gesti altezzosi, le sue continue polemiche, il modo in cui occupa metà della giornata del suo migliore amico e il fatto che odia la Marmellata.  
«Non iniziate a bisticciare voi due» lo interrompe Dorian, prima che possa iniziare l’ennesima discussione. «Perché non provate ad andare d’accordo per una volta?»
Dorea guarda Charlus con un sorriso angelico che non gli appartiene per niente: lui vorrebbe fare una smorfia ma rimane incantato dal modo in cui il sole si infrange sui suoi capelli e perde l’attimo.
«Siete le due persone più importanti per me» continua Dorian, circondando le spalle di Charlus con un braccio e attirandolo tra loro. «Dovreste essere amici.»
«A me va bene» dice diplomaticamente Dorea –tipico di lei cercare di incastrarlo giocando d’anticipo- «basta solo che tenga lontano quella poltiglia schifosa da me.»
«Pff» borbotta Charlus, anche se sa che è un assenso. «Figurati se condividerei mai la mia preziosa Marmellata con una come te.»
 
«No, Jamie. Il tuo papà era un tipo con le idee chiare fin da subito.»
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
Charlus alza gli occhi al cielo, guardando suo figlio quattordicenne giocare con un misterioso boccino di indubbia provenienza. «Cosa, Jamie?»
«Come…» inizia, bloccandosi e balbettando subito dopo. «Come hai capito che ti piaceva la mamma?»
 
È il 1934 e c’è un cuore che batte forte in una mattina tranquilla di aprile, e quando Charlus capisce per l’ennesima volta che è il suo quasi non riesce a respirare: sono settimane che prova questa sensazione sconvolgente ogni volta che lei è nei paraggi e ancora rimane sorpreso dal modo in cui si sente felice quando lei sorride.
«Agli allenamenti sei stato una schiappa» lo prende in giro Dorea, che è appena uscita dallo spogliatoio e ha i capelli ancora umidi che brillano al sole.
Non si è ancora proprio abituato alla sua compagnia, né alle emozioni strane e un po’ bizzarre che prova quando stanno insieme: ma adesso quando si sveglia la mattina il suo primo pensiero corre a  quei minuscoli dieci minuti di tempo ritagliato dopo gli allenamenti, perché Dorian non c’è e Dorea gli parla liberamente di qualsiasi cosa.
«Ho fatto più punti di te» replica Charlus, che alcune volte si dimentica di fingere di odiarla.
«Sono perché noi Serpeverde abbiamo un portiere migliore» sorride lei, allungando le braccia e piegando la testa per godersi il sole sul viso.
C’è la bellezza in Dorea, tutta la bellezza del mondo: ce n’è così tanta che gli impedisce di guardare il panorama che si stende sotto di loro o l’immensità del cielo. C’è perfezione, nel modo in cui lei piega le labbra quando parla, e nel colore seducente dei suoi capelli che hanno una sfumatura di rosso scuro mai vista prima.
«Vi stracceremo alla partita»
«Spera di non giocare contro di me, Potter»
Chissà cosa prova Dorian, quando posa le sue labbra sulle sue. Chissà se anche lui sente la pelle sfrigolare, quando le loro braccia si toccano per sbaglio. Chissà se anche lui di notte sogna di infilarle le dita nei capelli per vedere i loro mille riflessi alla luce della luna. Chissà se ci pensa mai, a passare la vita con una persona che potrebbe anche essere lei. Chissà se…
«Dor, Charlie! Ehi, voi due!» urla Dorian, allungando le braccia pe farsi vedere –un minuscolo puntino biondo sul prato verde. «Smettetela di perder tempo, io sto morendo di fame!»
Il sorriso di Dorea si apre come un fiore in sboccio, ma ovviamente non è per lui: Charlus la osserva saltare in piedi e scendere velocemente tutti gli spalti, leggera e inafferrabile come se volasse. Imprendibile: lei è una Serpeverde e lui un Grifondoro, lei è una Black e lui un Potter. Irrealizzabile: il suo sorriso non sarà mai rivolto a nessuno che non sia Dorian. Inammissibile: non esiste che gli piaccia Dorea Black, è… 
Impossibile: è la ragazza del suo migliore amico.
 
«Perché faceva troppo male per non essere vero, James.»
 
 
 
«Charlie, posso chiederti una cosa?»
Lui volta a guardare il suo secondo figlio già adolescente, sorprendendosi ancora una volta di quanto somigli a Dorea e di come questo sia perfetto. «Sì, Sirius?»
«Credi che l’amore possa rovinare l’amicizia?»
 
È il 1935 e c’è un cuore spezzato in un dormitorio.
Charlus sorride al suo migliore amico, chiedendosi quanto ancora potrà resistere prima di piangere di fronte a lui come un perfetto cretino. «E quindi?» domanda, come se la cosa non gli interessasse affatto.
«Io e Dor abbiamo fatto… il grande passo» ammette Dorian, e la luce nei suoi occhi è così incantevole che Charlus si sente bruciare dentro. «Ed è stato meraviglioso.»
Certo che lo è stato- vorrebbe rispondergli- lei è bella, dinamica e coraggiosa. Lei parla del mondo come se ne conoscesse ogni più piccolo angolo ed è così persuasiva che chiunque penderebbe dalle sue labbra: lei nasconde la dolcezza segreta negli spigoli eleganti del suo viso e Charlus crede che i suoi capelli siano intessuti di magia e ardore.
Ma questo ovviamente non lo dice: è la ragazza del tuo migliore amico, Charlus, e loro due si amano. Lei ama lui, lui e lui soltanto e tu non rovinerai tutto solo per polvere al vento.
I sentimenti che prova sono sbagliati: malati, rovinati, dannati e impossibili. E Charlus si sforza di cacciarli via ancora una volta, lottando con tutto se stesso: ma non ci riesce, e i sensi di colpa lo stanno uccidendo pian piano.
Lei è la ragazza del suo migliore amico.
Ma lui la ama.
E questo non può esistere.
«Wow» borbotta, sforzandosi di deglutire il groppo che gli serra la gola. «Non lo avrei mai detto della Black.»
Dorian alza gli occhi al cielo, e Charlus sa che non lo crede per niente. «Lo so che lei in fondo ti piace» sbuffa. «Ed io sono felice di questo, sai? Perché penso che Dor sia quella giusta.»
Lui sorride, passandosi una mano tra i capelli: la felicità di Dorian è impressa nella sua pelle come se fosse stata incisa nel suo DNA e lui non riesce neanche a guardarlo. Dovrebbe essere felice per lui: dovrebbe abbracciarlo e congratularsi come fanno tutti gli amici –ma non ci riesce.
Il suo cuore adesso è spaccato nel mezzo e non riesce neanche a parlare: da una parte ci sono i sensi di colpa e i buoni propositi, l’amicizia fraterna di Dorian che conta più di qualsiasi altra cosa- ci sono le mattine passate a cercare un modo per penetrare nell’armeria di sua madre senza farsi scoprire, le risate senza niente, i segreti condivisi e tutte le promesse che sanno di per sempre; ma dall’altra parte c’è Dorea e il modo in cui il suo cuore risorge quando lei lo guarda con occhi profondi quanto pozzi- ci sono sguardi rubati e sorrisi custoditi, c’è la voglia bruciante e assordante di stringerla tra le braccia e posare le labbra su di lei solo per vedere cosa di prova.
È la ragazza di Dorian e lei non ti ama: è impossibile, impossibile e completamente sbagliato e lei non ti amerà mai. Dietro le palpebre di Charlus, un milione di immagini scorrono come se fossero impazzite, mischiando passato e presente in un vortice di disperazione: Dorea e Dorian che si tengono per mano, le loro bocche che si toccano e il suono mischiato delle loro risate, la felicità di Dorian quando Dorea gli ha detto di amarlo: ci sono fiori e passeggiate per Hogsmeade, carezze e baci affettuosi. E c’è Dorea con un abito da sposa bianco, con un bambino in braccio da folti capelli biondi: è il loro matrimonio e lui è il testimone, perché è solo questo che i migliori amici fanno e deve farsene una ragione ed andare avanti.
Charlus si alza dal letto: ha bisogno di prendere aria. Ha bisogno di allontanarsi da Dorian, che racchiude affetto e dolore nei suoi lineamenti perfetti e invidia e amore negli occhi quasi bianchi.
«Charlie, dove stai andando?»
Lui si gira verso Dorian un solo secondo, prima di chiudersi la porta del dormitorio alle spalle e rinunciare per sempre al suo cuore. «A rubare un po’ di Marmellata dalle cucine. Ho fame.»
 
«L’amicizia conta più di qualunque altra cosa, Sis. Ma se è vero amore, allora trova sempre un modo. Le due cose posso esistere anche insieme, sai?»
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
È estate e si sentono dei botti strani al piano di sopra, segno che i suoi due figli sedicenni stanno preparando qualcosa di molto poco rassicurante. «Non coprirò te e Sirius con la mamma, Jamie»
«No, non questo. Io volevo sapere… come fai a capire che c’è ancora una speranza?»
 
È il 1936 e minuscole lacrime scintillanti scendono sul volto pallido di una ragazza.
Dorea è bellissima anche con gli occhi rossi e i capelli scompigliati, e Charlus –anche se il momento non è per niente quello adatto- si sente attratto da lei come se ogni centimetro della sua pelle avesse vita propria. Sono mesi che loro due non sono così vicini come adesso –da quando ha capito che deve starle lontano prima che il suo amore lo rovini per sempre- e adesso che lei è di nuovo lì con lui sensazioni sopite ritornano a pulsargli nel petto lasciandolo completamente senza fiato.
«Lo hanno ucciso, capisci?» sta dicendo lei, nascondendo il viso tra le mani. «Io non riesco a crederci! Era nostro fratello e loro lo hanno ucciso!»
Charlus scuote la testa, senza sapere precisamente cosa dire e sentendo rabbia e indignazione scorrergli addosso come se il dolore di lei fosse anche il suo. «Non ci sono parole per descrivere quello che è successo, Dor. Quale persona riuscirebbe ad uccidere un membro della sua stessa famiglia?»
«Non è umano» concorda Dorea, sollevando gli occhi quanto basta per guardarlo. «Non posso più ritornare in quella casa. Non posso più…»
Baciala baciala baciala baciala- Charlus non riesce a credere all’effetto stupefacente che lei riesce a fargli ed è costretto a distogliere lo sguardo prima che possa sul serio prendere in considerazione l’idea.
«Ne hai parlato con Dorian?» domanda seriamente.
«No» sussurra Dorea, e i suoi capelli si muovono con lei mentre scuote la testa. «Lui ultimamente è così strano. Come se parte della sua mente fosse sempre in un altro posto.»
Charlus non dice niente, troppo sconvolto dal misto di euforia e di sensi di colpa che gli aleggia nel petto: non ha neanche il tempo di mettere a posto i pensieri nella sua testa, che Dorea si volta verso di lui –e questa volta con tutta se stessa- guardandolo come se lui fosse una bussola in una tempesta.
«Che devo fare?» gli domanda lei. I suoi grandi occhi neri, umidi e tanto immensi da sembrare infiniti, lo guardano come se si aspettassero una risposta definitiva: e Charlus ha la sensazione che Dorea sarebbe disposta a fare ogni cosa, se solo lui glielo dicesse. «Dimmelo, Charlie, che devo fare?»
Mai, mai come adesso, Charlus l’ha amata tanto: le parole nella sua mente scorrono confuse, ma niente pare essere abbastanza giusto per lei. Non è Dorian che pare sapere sempre ogni cosa al momento giusto: e così, fa la sola cosa che uno come lui può fare.
Con un borbottio sconnesso, tira fuori dalla borsa un barattolino di Marmellata di Giuggiole aperta a metà, svitando il tappo e porgendola a Dorea: sotto l’espressione stupita di lei, trasfigura due cucchiaini e rimane a guardarla in attesa.
Lei ha tutta l’aria di una che si sarebbe aspettata molte cose, ma sicuramente non quello: eppure quando solleva gli occhi su di lui –inarcando un sopracciglio in maniera scettica- Charlus riesce a vedere una scintilla della sua classica vitalità aleggiare nelle sue iridi nere e allora sa che ha fatto la cosa giusta.
«Stai scherzando?» esclama quasi Dorea, arricciando il naso com’è sempre stata solita fare.
 «Affatto» le dice Charlus, ficcandole un cucchiaino in mano. «Dovresti proprio provarla.»
«In un momento come questo… tu…» balbetta Dorea, sbattendo le ciglia e scacciando via le ultime lacrime rimaste tra le palpebre. «Si può sapere perché questa stupida Marmellata puzzolente ti piace tanto?»
Charlus si stringe nelle spalle con una tranquillità che non sente davvero sua. «Non mi piace» le sussurra, avvicinandosi a lei come se le stesse rivelando un importante segreto. «Ha un sapore orribile, troppo dolce e zuccheroso. Disgustoso.»
Le guance di Dorea si tingono di sorpresa, le sue labbra si socchiudono amabilmente. «E allora perché diavolo la mangi?»
Con lentezza, Charlus immerge un cucchiaino nel barattolo e se lo porta alle labbra, sentendo sulla lingua il sapore familiare e melenso della marmellata. «Perché ogni volta che ne assaggio un po’, penso che non ci sia niente di peggio» ammette con un sorriso. «Fino a quando ce l’ho in bocca, deglutire senza vomitare diventa il mio problema più grande. Come dire? Fa così schifo che tutto il resto fa schifo un po’ di meno.»
Dorea lo guarda senza neanche respirare, quasi come se lo vedesse per la prima volta: Charlus sente le guance arrossire di fronte l’intensità degli occhi di lei, e si pente amaramente di aver detto una simile scemenza.
È la ragazza di Dorian, sarà abituata a discorsi filosofici e sermoni emozionanti, lui non può certo pensare di…
Ma poi Dorea gli strappa di mano il barattolino e si riempie la bocca di così tanta marmellata che per poco non rischia di affogare: Charlus non riesce a credere a quello che vede e così rimane immobile ad osservare Dorea che cerca di deglutire e alla fine ci riesce.
«Merlino!» dice allora lei, con il tono di una che è appena sopravvissuta ad un disastro globale. «È davvero…»
«Disgustosa» la anticipa Charlus, che proprio non riesce a non ridere di fronte la sua espressione buffa.
Ma Dorea non se la prende. «La cosa peggiore che ho mai provato!» annuisce allegramente-ma poi ne mangia ancora e questa volta le sue labbra si colorano del marrone gelatinoso della marmellata.
Charlus pensa che così sia ancora più bella, ma ritiene comunque che sia meglio non dirlo e rimane in contemplazione fino a quando lei non ha divorato l’intero barattolo senza quasi riprendere fiato. «Va meglio?» le chiede alla fine, e per qualche assurdo motivo il suo cuore si dilata fino a fargli male.
Dorea annuisce quasi con serietà, spostando ciocche di capelli dietro le orecchie. «Molto meglio.»
«Sei riuscita a non vomitare, Dor» le dice Charlus, sperando che lei non noti il tono ammirato della sua voce. «Affrontare i Black sarà una passeggiata al confronto.»
 Dorea lo guarda, immobile per un minuto: lui non capisce cosa ci sia in lei di tanto sconvolgente da farlo sentire totalmente spiazzato, ma è comunque costretto a distogliere lo sguardo per ricordarsi dell’esistenza di Dorian, che aleggia tra loro come un fantasma incorporeo.
«Senti…» inizia allora a borbottare Charlus, passandosi una mano tra i capelli per cercare le parole. «Se non hai nessun posto dove andare, puoi stare da me. Mia mamma è un po’ strana, ma credo che tu le piaceresti: anche lei ha i capelli rossi, e…»
«Ehi! Dorea!» si sente allora chiamare, e quando Charlus vede Dorea sobbalzare si agita ancora di più: all’unisono, i due si voltano verso il castello come due ladri colti in fragrante nell’atto di rubare.
Sul ciglio del sentiero ci sono due ragazze del terzo anno e Charlus riconosce la strana acconciatura di Augusta Peverell anche da lontano. L’altra studentessa, invece, si avvicina di un passo: «Dorea» la chiama di nuovo sua cugina Lucretia,  e Charlus nel guardarla pensa che non si sia mai vista una Black con calzettoni a strisce colorate e anellini argentati sulle dita. «Noi stavamo andando in biblioteca, c’è anche Minerva. Vuoi venire?»
Dorea fa un cenno affermativo con la testa. «Arrivo» dice, alzandosi con un solo gesto e restituendogli il barattolo vuoto di Marmellata.
Charlus la saluta con una mano e rimane immobile ad osservarla andare via, diretta in un posto dove forse il suo amore smetterà di raggiungerla. Dovrebbe rinunciare per sempre a lei –si dice, ma poi Dorea si volta verso di lui e gli sorride dolcemente.
È una cosa che dura solo un secondo –il tempo di un respiro- così effimera che potrebbe provenire dal sogno di un sogno ed esistere solo nella sua testa: Charlus ancora non lo sa, ma passerà ogni notte della sua vita a contemplare quel minuscolo meraviglioso sorriso che –per una volta- era stato rivolto a lui.
«Dorea, che cos’hai sulla faccia?»
«Che?»
«Questa cosa marrone. E appiccicosa. Puzza anche, sai?»
«POTTER!»
Con il cuore che esplode, Charlus scoppia a ridere.
 
«Non devi fare niente, James. Ogni tanto è la speranza che viene da te, quando meno te lo aspetti.»
 
 
 
«Papà, ci sei?»
La testa di James fa capolino nelle braci del camino, e Charlus per poco non cade dal divano. «James? Ma non dovresti essere a lezione?»
«No, cioè si» dice suo figlio diciassettenne, sbuffando scintille. «Non importa adesso. Posso chiederti una cosa?»
«Beh, ormai ci sei…»
«Come fai a… come si confessano i propri sentimenti? Come fai a dire ad una persona che lei è l’amore della tua vita?»
 
È il 1937 e tra Charlus e Dorea c’è una torta chiaramente bruciata.
Charlus si passa una mano tra i capelli, abbozzando un risolino isterico. «Wow, è… ehm, un.. una…?»
«Una crostata» borbotta Dorea, allacciando le braccia sotto il petto e guardandolo in maniera truce. «Una crostata alla Marmellata di Giuggiole» specifica.
«Certo, una crostata» borbotta Charlus, facendo un passo indietro per guardarla meglio: dove sarebbe la marmellata? Forse è quella cosa nera tra il carbone cristallizzato e i bordi affumicati… o magari si è sciolta nell’impasto simile a cemento che ancora fuma in maniera inquietante. Dorea inarca un sopracciglio. «Non ne vuoi un pezzo?»
«No, io…» abbozza Charlus, rifiutando con un gesto veloce della mano. «Credo di essere sazio, sai? E poi ho mangiato troppo a cena, e…»
«Non ti piace, vero?»
Charlus adesso è leggermene in difficoltà, e passa una mano tra i capelli per prendere tempo e cercare una risposta che non la faccia arrabbiare troppo. «Non è che non mi piace» tenta di dire, per difendere la sua vita. «È solo che è un… un po’…»
«Beh, invece la mangerai tutta perché l’ho fatta per te con la tua stupidissima marmellata» sbotta Dorea, facendo un passo verso di lui e indicando minacciosamente la torta con un dito. « E ti consiglio di abituartici, Potter, perché cucinerò sempre così. E dovrai mangiare, se non vorrai morire di fame.»
Charlus spalanca la bocca, poi la richiude: guarda Dorea come se non avesse parlato nella loro lingua e sente la gola tanto secca da sembrare scartavetrata. «Che cos- eh?»
«No, non hai voce in capitolo» lo interrompe lei, con un gesto secco. «Tu puoi occuparti del giardino se ti fa piacere, ma ai pasti penserò io. E per l’amor del cielo, non voglio che lasci i tuoi calzini in giro per casa, altrimenti…»
«Aspetta, aspetta» la blocca allora Charlus, che sente la testa girargli all’improvviso. «Di che cosa stai parlando?»
Dorea riavvolge tutte le sue parole, si ferma e lo guarda: sulle sue labbra carnose si disegna un sorriso malandrino che la fa sembrare attraente e magnifica come non mai e mentre parla Charlus si sente come se tutta la sua visa fosse appesa alla bocca di lei.
«Di quando staremo insieme, ovviamente» dice soltanto Dorea, avvicinandosi a lui ancora un po’.
Charlus è perfettamente consapevole che sta facendo la figura del cretino, ma in questo momento proprio non gli importa. «Dor, cosa…?» tenta di dire, ma ogni neurone nella sua testa adesso deve essere assente. «E Dorian? Che diremo a lui?»
Dorea scuote la testa, lasciando che i suoi capelli mossi e rossi riempiano l’aria. «Io e lui ci siamo lasciati da mesi, ormai. E non è colpa tua, se mi sono innamorata di te.»
Questa volta Charlus urla così tanto che crede di aver risvegliato il mostro nella Camera dei Segreti ma il rumore del suo cuore è così assordante che gli impedisce di sentire qualsiasi altra cosa. «Sei innamorata di me?» gli viene fuori, e anche se vorrebbe essere una affermazione suona come un lamento di morte.
«Sì, Potter» annuisce Dorea. «E tu?» domanda ancora, avvicinandosi a lui fino a quando le loro uniformi non si toccano: questa volta, la voce sempre decisa di lei è incrinata leggermente dal dubbio. «Tu mi ami, Charlie?»
Charlus vorrebbe dirle qualcosa di romantico e intelligente: sono anni che la notte non fa altro che pensare a lei, e in ogni momento di silenzio riesce quasi a sentire la voce del suo cuore che sussurra parole d’amore dedicate solo a Dorea. Ma adesso che lei gli è di fronte –vicina come non è mai stata prima, vicina come lui ha sempre voluto- riesce solo a pensare che vuole baciarla.
E quando le loro labbra si toccano, Charlus capisce senza alcuna logica particolare che per Dorea è esattamente lo stesso: nei loro gesti c’è un’urgenza mozzafiato, le loro mani si muovono con impazienza e voracità, toccando capelli, spostando i vestiti, sfiorando altra pelle.
Perché è lui quello che lei vuole –finalmente è lui, e nessun altro!- e dopo tutto quel tempo –dopo anni impiegati a cercare di sopprimere i suoi sentimenti- Charlus può baciarla senza sentirsi in colpa con il mondo e può amarla senza sentirsi incredibilmente sbagliato e completamente dannato.
Adesso nel suo amore c’è giustizia e perfezione, e tutto questo si trova esattamente sulle labbra di Dorea. «Ti amo» sussurra allora lui, guardando negli occhi scuri di lei e sentendosi finalmente completo. «Anche più della Marmellata di Giuggiole.»
Dorea ride. «Mi amerai anche quando dovrai mangiare tutte le mie torte?»
«Sempre» dice Charlus, ed  una promessa. «Ti amerò sempre.
 
«Fai quello che ti senti, Jamie. E chissà, magari sarà lei a dichiararsi a te.»
 
 
 
 
 
 
«Papà, devi riprenderti! So che la mamma era importante per te, ma tu non sei ancora morto. Alzati, ti prego… io e Sirius abbiamo bisogno di te.»
 
È il 1945 e c’è  una giovane donna vestita di bianco che cammina verso di lui.
I capelli rossi di Dorea spiccano sul suo abito candido come se fossero stati disegnati in contrasto e Charlus sente il suo cuore battere sempre un po’ di più ad ogni suo passo.
«È bellissima» mormora piano lui, che non riesce ancora a credere di essere stato tanto fortunato: il coro intona una marcia nuziale delicata e Dorea fa una piccola smorfia, accelerando il passo come non vedesse l’ora di mettere fine a quel supplizio e raggiungerlo.
«Lo è» dice una voce al suo fianco, e quando Charlus si volta è felice di trovare il sorriso gentile del suo testimone: Dorian –che vestito in giacca e cravatta sembra un principe delle favole- gli fa l’occhiolino in maniera quasi divertita e Charlus desidera poter bloccare quel momento nella sua testa solo per riviverlo per sempre.
Tutto è perfetto: il suo migliore amico accanto, la donna della sua vita di fronte. La chiesa è piena di gente venuta ad assistere –vecchi compagni di Hogwarts e colleghi Auror del Ministero- e Charlus riesce a distinguere fugacemente Alexandra ed Edward McKinnon, Minerva McGranitt, Lucretia Black, Albus Silente… ma poi Dorea arriva finalmente all’altare, e Charlus non vede altro se non lei.
Dorea non lo guarda subito –come se conservasse quel momento: con eleganza si sporge a dare un bacio sulla guancia a Dorian -mormorando qualcosa che Charlus non riesce a sentire- e ad abbracciare affettuosamente Gwen –altra testimone e signora Meadowes da qualche mese, ormai.
E poi Dorea si volta verso Charlus con un sorriso e l’attesa viene ripagata dall’intensità di quel solo istante: anche se il velo le copre il viso aristocratico, lui riuscirebbe a vedere i suoi occhi scuri scintillare anche al buio. Le porge una mano, Dorea la stringe e sale un gradino,  osservandolo  in un silenzio che ha il sapore di eternità.
«Per tutta la mia vita» gli promette lei, in un sussurro.
«Per molto, molto di più» giura Charlus, imprimendo le sue parole nel destino.
 
«Era ogni cosa per me, James. Dorea era la mia intera esistenza.»
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
Charlus si siede con un sospiro: il Quartier generale sembra silenzioso per la prima volta dopo settimane e lui si sente stanco come se non dormisse da mesi. «Sono troppo vecchio per rispondere alle tue domande, James»
Ma lui figlio lo ignora come sempre. «Come hai capito che saresti stato un buon padre?»
 
È il 1959 e ci sono dei vestiti stesi ad asciugare al sole, che danzano sospinti dal vento gentile che aleggia intorno la piazza di St. Clare.
Dorea sta raccogliendo le lenzuola, Charlus è seduto di fronte a lei e la guarda con un sorriso, mangiando allegramente Marmellata di Giuggiole con un cucchiaino.
«Potresti anche aiutarmi» bercia lei, indicando suo marito con un gesto aristocratico del capo. Charlus le rivolge un sorriso angelico e sfila la bacchetta dalla tasca dei pantaloni con naturalezza esasperante. «Quante volte ti ho detto di non usare la magia quando…?»
«Dor! Vieni qui, Dor!» si sente gridare, e Dorea fa solo in tempo a girarsi che una bambina dai lunghi capelli biondi le caracolla sulle ginocchia, rischiando quasi di farla inciampare.
«Oh, scusa Dorea» sorride Dorian, sbucando da dietro lo steccato con un sorriso quasi timido. «Stavo chiamando Dorcas.»
La Signora Potter sfiora la testa della bambina con una mano, stringendosi nelle spalle. «Lo so. È che…non riesco ancora ad abituarmici» gli dice, gettando le lenzuola su Charlus e prendendo la piccola Dorcas tra le braccia per riportarla al di là dello steccato.
Nell’aria si sente il pianto di un’altra bambina e Gwen sbuca in giardino reggendo Jacinth urlante tra le braccia. «Non so che cos’ha» pigola, con i capelli castani tanto arruffati da sembrare un nido. «Non riesco a farla stare buona.»
Dorian e Gwen sembrano così stravolti da essere appena usciti da uno scontro a mano armata: le occhiaie sui loro volti sono profonde come se fossero disegnate a matita e Charlus si accorge che il suo migliore amico ha indossato la camicia al contrario con un risolino.
Eppure, quando si avvicina a Dorea per contemplare i Meadowes con un sorriso, si sente quasi invidioso di loro: un bambino, vorrebbe così tanto un piccolo Potter in miniatura da amare e viziare che…
«Mamma, mamma!» dice la piccola Dorcas, tappandosi il naso con una manina. «Sento un odore strano!»
Cinque paia di occhi –compresi quelle delle bambine- si puntano su Dorea senza nessuna sorpresa. «La torta!» impreca lei, battendo un piede per terra e fiondandosi velocemente fino a dentro Villa Potter.
Dorian volge lo sguardo al cielo. «È sempre la solita» sbuffa.
Charlus ridacchia di rimando. «Vado ad assicurarmi che la casa sia ancora intera» dice, già terrorizzato al pensiero di cosa troverà una volta che avrà varcato l’ingresso.
In cucina la puzza di fumo e ancora più forte: lui punta la bacchetta in aria per cercare di spingerla via, Dorea invece ha la testa mezza infilata nel forno e sta estraendo a fatica i resti carbonizzati di quello che avrebbe potuto essere una Pluffa da Quidditch o un paio di scarpe, qualche vita fa.
«Oh, merda» dice tra i denti, fissando la teglia affumicata e mordicchiandosi le labbra. «E dire che questa volta pensavo di esserci quasi riuscita.»
«Non fa nulla» tenta di consolarla Charlus, che è contento che almeno non gli abbia chiesto di mangiarla. «Puoi provare a farla di nuovo.»
Dorea alza gli occhi al cielo, come se la colpa fosse del marito. «Quando sarò incinta di nuovo tu avrai il diabete e non potrai mangiare zuccheri, probabilmente.»
«Io non avrò…» inizia Charlus, ma poi le parole di Dorea lo raggiungono nella loro completezza e per lo shock gli cade la bacchetta di mano: il bastoncino di legno rotola via fin sotto al tavolo, ma nessuno lo raccoglie. «Tu…cosa?» balbetta lui, incapace di connettere frasi logiche.
«Un bambino» ripete con lentezza Dorea, come se parlasse ad un ritardato –ed è esattamente così che si sente adesso Charlus. «Noi. Avremo un bambino
Gli occhi di Dorea brillano alla luce di Agosto che entra dalla finestra, e quando Charlus si rende conto che lei sta dicendo la verità si sente invadere di nuovo da quella sensazione assurda che ha provato la prima volta che l’ha vista, e ogni singolo giorno dopo quella data. «Cosa? Quando? Come?»
«A marzo, se i calcoli sono giusti» dice lei, buttando nella pattumiera la torta con tutta la teglia. «Riguardo al come… vuoi davvero che te lo spieghi?»
Charlus si tappa la bocca, facendo no con la testa:  aveva sempre pensato di essere una persona completa nella sua interezza, ma è solo adesso –nel momento in cui scopre di nuovo che avranno un bambino- che si rende conto di avere ancora dei tasselli mancanti da riempire.
 «Un bambino» mormora, allungando le braccia verso Dorea a sfiorandole in ventre ancora completamente piatto: in lei cresce una vita che è anche la sua e Charlus prova un senso di appartenenza tanto grande da rischiare di morire. «Avremo un bambino! AVREMO UN BAMBINO!» urla, sollevando sua moglie dai fianchi e facendola vorticare nell’aria. «Un bambino, Dor, un piccolo Potter!»
«E guai a te se lo vizi, Charlie» gli intima subito lei, indicandolo con un gesto minaccioso della mano. «Deve crescere educato e posato, come un bravo ragazzo. E speriamo che non erediti i tuoi capelli!»
Charlus ride, avvicinando le labbra a quelle della moglie fino a sfiorarle: con le dita, sposta piccole ciocche di capelli rossi che si sono scompigliate nell’euforia del momento.
 «Devi smetterla di darmi le notizie così, sai?» sussurra. «Ma dovresti comunque far torte più spesso.»
 
«Non l’ho mai capito a dire il vero. Ma sono certo di essere stato il padre migliore del mondo!»
 
 
 
«Papà, posso chiederti una cosa?»
Charlus tossisce, il freddo che penetra nel suo maglione come spine appuntite: lui e James sono di guardia come Auror quella notte, e  non dovrebbero parlare, ma suo figlio ha sempre dimostrato una scarsa propensione per le regole e sa essere incredibilmente testardo quando vuole. «L’ultima, James!»
«Ho sempre pensato che il sangue non facesse una famiglia, ma… e se fossi stato solo troppo infantile? E se mi fossi sbagliato?»
 
È il 1976 e sulla soglia di Villa Potter c’è un ragazzo di sedici anni con uno zaino in spalla e due occhi grigi affilati come coltelli.
«… e non sapevo dove altro andare» lo sente dire Charlus, mentre si avvicina di soppiatto alla porta.
«Hai fatto bene a venire qui» sta dicendo nel frattempo James. «Questa è casa tua, Sirius, e tu puoi stare qui tutto il…»
«Che succede?» domanda allora Dorea, facendo capolino cucina e sbirciando l’ingresso.
I due ragazzi sobbalzano, e quando James si accorge che suo padre lo stava spiando alza gli occhi al cielo in maniera melodrammatica.
«Mamma, papà…» comincia,  indicando l’altro con una mano. «Lui è Sirius Black: è il mio migliore amico, nonché compare di malefatte. È appena scappato di casa e adesso non ha un posto dove andare. E… so che alcune volte è davvero un rompipluffe, ma è quasi addomesticato e di solito non fa i suoi bisogni in giro per casa» dice James, guardando i suoi genitori con occhi imploranti da cerbiatto. «Perciò mi stavo chiedendo… possiamo tenerlo? Vi preeego! Possiamo? Possiamo? Ho sempre voluto un fratello! Possiamo?»
Sirius Black serra le labbra e guarda James con occhi assassini. «Maledetto…» sibila tra i denti, in maniera minacciosa. «Giuro che questa volta ti ammazzo!»
Charlus si stupisce ancora una volta di come tutti i membri della famiglia Black si somiglino sempre, come se il loro stesso DNA lottasse per dare un segno di riconoscimento a tutto l’albero genealogico: il ragazzo di fronte a lui ha la stessa eleganza raffinata di Dorea anche mentre cerca di strozzare suo figlio, e Charlus è sicuro che riuscirebbe a vedere l’affetto che li lega anche senza occhiali.
Con la coda dell’occhio, guarda sua moglie: loro non dicono niente, ma nello spazio che li separa scorrono ricordi invisibili e vecchie memorie quasi dimenticate.
L’attimo dopo, Charlus tira a se Sirius Black per la giacca di pelle, stringendolo in un abbraccio anche se di lui non sa niente, solo il cognome: James si chiude la porta alle spalle senza riuscire a contenere la sua dolce felicità, perché ha sempre desiderato non essere più figlio unico.
«Vado a fare una torta allora» annuncia Dorea, ritornando in cucina e fischiettando allegramente.
«NOOOOOOOOO!»
 
«Tutto è vero finche ci credi, James. Basta solo questo: crederci.»
 
 
 
 
«Charlie, posso chiederti una cosa?»
Quando si volta verso di lei, rimane incantato dal colore dei suoi capelli rossi  avvolti in un mare di fiamme. «Ti ho detto di chiamarmi papà, Lily cara!»
Lei sorride in maniera affettuosa, porgendogli una tazza di caffè. «Hai mai provato così tanta paura di perdere le persone che ami da sentirti quasi sopraffatto?»
 
È il 1978 e c’è un’esistenza intera che si frantuma in mille pezzi.
Charlus affonda il viso nel letto che ha condiviso con lei per tutta una vita, sentendosi freddo e incompleto allo stesso modo: ancora non riesce a credere che Dorea sia morta per sempre e c’è un dolore tanto grande in questo da non poter neanche essere descritto a parole.
Le Maledizioni Cruciatus non sono niente, in confronto: Charlus chiude gli occhi con forza, desiderando di morire. Ma dietro le sue palpebre danzano immagini di lei –Dorea bambina con il naso arricciato, Dorea che vola sulla scopa con il sole che le bacia i capelli, Dorea che gira su se stessa, si avvicina e lo bacia- e Charlus crede di trovarsi all’inferno e di poter bruciare all’infinito.
Mi sbagliavo di grosso –vorrebbe dire- ma non c’è nessuno al suo fianco con cui condividere questo pensiero: la Marmellata di Giuggiole non era la cosa peggiore che avrebbe mai potuto provare. Vivere senza di lei, quello è il peggio: è svegliarsi la mattina e non trovarla accanto a lui, è non sentire i suoi toni poco soavi sgridarlo dal piano di sotto, è cercare la marmellata e trovarla subito dopo, è il vuoto assordante di una casa che ha perso la sua anima.  
E adesso non c’è niente che possa lenire il suo dolore.
La guerra si è presa ogni cosa di lui: gli anni della loro giovinezza, la serenità, la tranquillità di una famiglia. Ha portato via il suo migliore amico, ha rovinato i Mckinnon, gli ha strappato Dorea dalle braccia: immola suo figlio, brama per raggiungere l’altro, minaccia ogni cosa della sua vita. E Chalus vorrebbe solo concedersi all’oblio come una vittima sacrificale, perché senza Dorea niente ha senso e non esiste cosa che merita di essere vissuta.
E poi…
«La mamma non vorrebbe vederti così, papà. Cosa penserebbe di te? Hai ancora me e Sirius qui, e siamo ancora una famiglia» dice James, abbozzando uno dei suoi sorrisi immensi.  
 
«Sì, certo che sì. Ma le persone che ami trovano sempre il modo di arrivare a te, prima o poi: e stanne certa, Lily cara, ti raggiungeranno.»
 
 
 
«Papà, devo dirti una cosa importante»  dice la voce entusiasta di James, proveniente  da un cervo spendente e maestoso.
Ma Charlus ha visto troppe persone morire e non ce la fa più.
«Non ora, Jamie, sto andando a fare un lavoro per Moody» replica, allungando una mano per sfiorare le corna incorporee del Patronus e chiudendosi la porta alle spalle un secondo dopo. «Me la racconterai quando tornerò.»
«Ma…»


 
È il 1980 e c’è un uomo che sta per morire.
Il petto gli fa tanto male che Charlus pensa che qualcosa lo abbia trafitto da parte a parte, fino a bucargli il cuore. Il sangue sulla sua pelle ha una consistenza calda e vischiosa e nel guardare i suoi vestiti macchiati  si ritrova a sorridere pericolosamente, perché… ha lo stesso colore dei capelli di Dorea.
Quando chiude gli occhi –in un gesto sorprendentemente facile-  lei è lì ad attenderlo e Charlus pensa sia giusto perché… beh, è stata in ogni momento della sua vita: adesso sarà anche l’inizio della sua morte.
«Scusa se ci ho messo tanto» mormora piano, un attimo prima che il suo cuore smetta di battere.
La morte aveva un sapore peggiore della Marmellata di Giuggiole.
Ma era sempre meglio delle torte bruciate di Dorea.
 
 «Volevo dirti che Lily ed io aspettiamo un bambino, papà: saresti stato nonno, lo sai?»
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’autrice: ho scritto questa OS tutta d’un fiato, e la pubblico oggi come regalo della befana. La storia è collegata a Da Chi Lo Ha Tre Volte Sfidato, ma può essere letta tranquillamente da chiunque. Come avrete capito, il filo conduttore sono le domande di James... ma ogni tanto i consigli vengono chiesti anche da persone che Charlus reputa come figli suoi, e quindi Lily e Sirius. 
Adesso, come al solito, devo spiegare un po’ di cose (preparatevi al papiro) :
  • La cronologia. Per quella mi sono basata su tutte le informazioni della Row, che sono poche ma almeno sono qualcosa. È lei che ci dice anno di nascita di Dorea, anno di nascita di Lucretia Black (mamma di Alice Prewett), anno di nascita della McGranitt (che faceva il primo anno al tempo del loro settimo!), anno in cui nasce James  -ovviamente- e anno in cui Sirius si trasferisce a casa Potter.
  • L’incontro sul treno! Eheh, penserete che sono banale, lo so! Ma ho una buona motivazione per aver fatto andare le cose così. Non so perché, ma in qualche modo sento che tutte le storie d’amore importanti della Row nascano sui binari del treno: Harry e Ginny, Lily e James, Rose e Scorpius, Hermione e Ron… si incontrano tutti sul treno o alla stazione. Perciò… volevo che anche per Charlus e Dorea fosse così!
  • Al periodo di Charlus e Dorea secondo me la rivalità tra Serpeverde e Grifondoro non era così tanto un problema, e infatti Charlus e Dorian riescono comunque a rimanere amici. Questo perché ancora Voldemort non esisteva e Serpeverde non aveva sfornato ancora un mare di Mangiamorte, quindi… non era vista in maniera così tanto negativa, ecco.
  • I nomi dei vari personaggi. Allora allora… si vedono i Meadowes –magari un giorno riuscirò a scrivere di loro- che sono vicini di casa dei Potter anche in DCLH3VS. Edward McKinnon, che sposa Alexandra Lux: loro sono i genitori di Merlene, Ellis e dei gemelli. Nella scena del 1976 si vedono entrambe le nonne di Neville, Lucretia Black (mamma di Alice) e Augusta Peverell (mamma di Frank): lei non so davvero come si chiamasse di cognome, ma… ho voluto mettere Peverell perché in questo modo anche Neville era imparentato con Voldemort. Trovo giusto che condividano anche questo, ecco XD
Per ultima cosa: Dorea e Dorcas sono nomi molto simili, non trovate? (non dico altro!)
  • Charlus e Dorea somigliano a James e Lily, ma sono anche molto diversi da loro e credo (spero) che questo si noti! Mi piaceva pensare al fatto che James, nell’amare Lily, si sia sempre un po’ ispirato ai suoi genitori e per questo chieda sempre un parere a suo padre. Amore genera amore, insomma.
  • Per concludere… ora me ne vado. Molte cose sono riprese da DCLH3VS, la morte del fratello Magonò di Dorea, la more di quest’ultima. La fine però è uno spoiler, e spero che non mi odierete per questo, ma… non mi sembrava una storia completa senza una conclusione adeguata per Charlus e Dorea.
Non immagino qualcosa di troppo pesante per loro, infatti in tutta la storia aleggia un nonsense generale… ma spero che, seppur molto strana, vi sia comunque piaciuta. 
E per le curiosissime che mi hanno chiesto di scrivere questa storia…. Beh, spero di non avervi deluso.
Grazie mille per aver letto ed essere arrivate fin qui.
Buona fine delle feste.
Sara! 
   
 
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