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Autore: StelladelLeone    06/01/2015    3 recensioni
[storia ad oc, posti esauriti]
Duemila anni dopo la Grande Catastrofe avvenuta nel Regno di Fiore, nell'attuale Regno di Elmar, due giovani misteriosi ladri si lanceranno alla ricerca della leggendaria Fairy Heredity, in un viaggio pieno di pericoli, avventure, romanticismo e comicità!
Sei pronto a seguirli?
“E’ una leggenda per bambini, e comunque ho altro da fare.” Disse lei voltandosi, prendendo il mantello e facendo per andarsene.
“No, è reale e io lo troverò!"
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Yoooooo minna! Buon Natale, buon anno nuovo e buona Epifania!

Lo so, sono imperdonabile questa volta; avrete pensato che ero morta o che avevo abbandonato, invece ero solo in ritardo per colpa della scuola e altro. Mi dispiace ragazzi T.T Per farmi perdonare vi lascio subito al capitolo immenso (46-47 pagine), solo una cosa prima: lo dedico ad ANDRE (andry) perché è penso quello che lo aspettava di più e che più ho fatto aspettare, avrebbe dovuto essere il suo regalo di compleanno ma non ce l’ho fatta! Scusa!

Buona lettura!

 

Black Star

 

 

 

 

Era notte quando aprii gli occhi.

No. La notte era rassicurante. Di notte non avevo paura. Di notte c’erano le stelle.

Era nero.

Come l’ombra. Come la morte.

Con uno scatto mi tirai a sedere accucciata, pronta a combattere.

Intorno a me il nulla. Solo nero.

“Ben svegliata!” una voce tagliente e sarcastica, ma allo stesso tempo calda e sensuale. Una voce pericolosa.

Mi girai di scatto e me la trovai davanti; non mi stupii più di tanto. Avevo capito dov’ero.

“Cosa ci faccio qui?” le chiesi diretta, mentre invano cercavo di evocare le mie spade d’ombra.

“Non ti va una chiacchierata? È da un po’ che non ci sentiamo dopo tutto…” alluse mentre un lampo d’ira le brillava negli occhi scarlatti dalla pupilla felina.

“No grazie, ormai mi ero abituata a quel gradevole silenzio!” le risposi a tono, sfidandola con il suo stesso identico ghigno.

Lei ringhiò e i peli della coda e delle orecchie si rizzarono.

“E se quello che volevi era impedirmi di rimettere il sigillo,” continuai imperterrita mentre un sorriso sadico mi si allargava sul volto, “Te lo puoi sognare: rimarrai sigillata fino a che non troverò il modo di cancellarti, di sradicarti da me e da ogni altro. Vendicherò le vite che hai divorato, le famiglie che hai distrutto, la felicità che hai avvelenato!” la accusai alzando sempre di più la voce fino a ritrovarmi ad urlare contro di lei, stringendo le nocche fino a farle sbiancare.

Un attimo.

I contorni di lei sfumarono.

Come se fosse angosciata, ferita e persa, si portò una mano sugli occhi.

Uno spasmo.

“Sigillami…”

“C-cosa?” ribattei facendo un passo indietro, diffidente e confusa da quel momento, da quella parte di lei che non avevo mai visto.

E forse l’avevo solo immaginato, perché tutto era tornato come prima.

“Zitta!” mi ringhiò fremente di rabbia, i capelli ramati che sembravano animati di vita propria e le danzavano attorno; poi si calmò e sogghignò, avvicinandosi a me, “Dopotutto è infantile dare la colpa ad altri per qualcosa che non hanno fatto.”

Fu il mio turno di perdere il controllo.

“Tu hai fatto tutto questo, Regina!” le ringhiai contro, ritrovandomi faccia a faccia con lei. Rosso contro blu: l’unica vera differenza.

“Ma io sono te” sussurrò lei con un mezzo sorriso.

Un bruciore intenso al cuore mi strattonò via.

Nei miei occhi riflessa solo la luce confusa e impaurita che c’era nei suoi.

 

Miel si svegliò di soprassalto, ansimante, e si guardò intorno alla ricerca di sicurezze: vicino a lei, troppo vicino, c’era Rey che dormiva crucciato e scosso da tremiti. Aveva gli incubi? Alla sua destra stavano accoccolate Giada e Akiko, l’ultima continuava a parlare nonostante dormisse, e poco più in là, appoggiati al tronco di un albero, riposavano Amlach e Shi, ma sospettava che sarebbe bastato poco più di un fruscio per farli saltare in piedi e uccidere qualcuno. Anche Ed, sdraiato nella sabbia, aveva i muscoli tesi, come pronto a scattare e non si sarebbe stupita se fosse stato sveglio, al contrario di Amane e Yelle che ronfavano abbracciate vicino al fuoco, mentre Tara riposava un po’ in disparte, ovviamente affiancata da Shoichi, che russava e sbavava allo stesso modo di Hiroshi, chiaramente afflitto dagli stessi problemi di insonnia degli altri ragazzi. Gli unici completamente svegli, a parte lei, erano i vampiri: Osgal teneva vivo il fuoco e chiacchierava di tanto in tanto con Eran a bassissima voce, Aria dipingeva tranquilla su un blocco schizzi e Ashuros…non c’era. Ovvio: l’unico che le serviva era l’unico che non c’era.

“Tutto bene Miel?” le chiese Aria avvicinandosi a lei con fare dolce, mentre gli altri due la guardavano in attesa.

“Come se non lo sapessi!” borbottò la bionda in risposta, con un sorriso tirato.

“Ehi!” le rispose fingendosi offesa la vampira, ma poi ridacchiò, “Strano però…i tuoi sogni non li vedo…” mormorò più a se stessa che a lei.

“Meglio, ti risparmi un romanzo dell’orrore!” ci scherzò l’altra alzandosi in piedi e osservando lo falce di luna che brillava nel cielo.

“Dov’è Ashuros?” chiese prima che Aria potesse risponderle.

“A caccia.” Le rispose scrollando le spalle, “Ma ha detto che rimaneva vicino.” la rassicurò, mentre la osservava stiracchiarsi e scuotere la testa per scrollarsi il sonno di dosso.

“Devi andare da lui?” le chiese leggendo nella sua mente come stesse già pianificando di trovarlo e rompergli le palle per essersi allontanato da solo.

La bionda annuì.

“Sì, lei è sveglia…” le rispose massaggiandosi la pelle all’altezza del cuore. I suoi occhi rossi con quella strana espressione le apparvero di nuovo davanti e dovette scuotere la testa per scacciarli.

“Vengo con te?” chiese Aria, preoccupata, alzandosi dalla sua posizione accucciata.

“Meglio di no…” la suggerì imbarazzata guardando da un'altra parte.

“Non dovresti muoverti da sola” le ricordò Osgal con sguardo di freddo rimprovero, ma Miel sapeva che era preoccupata.

“È pericoloso, soprattutto ora che sappiamo che ci inseguono.” Aggiunse Eran a supportarla.

Ma Miel scosse la testa.

“Io non sono mai sola…” mormorò con sorriso mesto, prima di lanciarsi nell’ombra e sparire nella notte.

 

Lei ed Ashuros avrebbero dovuto rivedere il suo concetto di vicino. Decisamente. A lei due chilometri di corsa nella notte, non riteneva utile sprecare potere magico per i passaggi nell’ombra in prossimità di una probabile battaglia, seguendo la sua scia sempre più debole, non sembravano una distanza breve. Stava già meditando vari e colorati insulti da lanciargli quando, arrampicatasi su un pino per cercare di trovarlo, vide la sua sagoma scura sulla banchina. Uno dei vantaggi della Regina, sensi perfetti anche al buio.

La cosa che smorzò la sua gioia fu vedere che aveva compagnia. O meglio, l’aveva avuta.

Sentì uno strano senso di déjà-vu quando a passi felpati lo raggiunse nella sabbia e lui si voltò a osservarla con gli occhi scarlatti; ma al loro primo incontro lui non vestiva solo dei pantaloni, non grondava acqua e, soprattutto, non aveva tra le braccia il cadavere di una sirena. La riconobbe come la sirena che lo aveva abbordato nel pomeriggio: era bella perfino da morta, anzi forse anche di più; sembrava perfetta ed eterea, se non per quei due piccoli fori rossi sul collo, dello stesso rosso che colava dai canini di lui.

Ashuros aspettò, immobile. Voleva vedere quale sarebbe stata la sua reazione, perché lo sapeva che una sirena e un cinghiale erano due cose diverse, ma quella gli aveva scatenato la sete. La fame. E lui non poteva permettersi di tentare di reprimerla se intorno a lui c’erano…amici, che avrebbe potuto uccidere se preso dalla sete; soprattutto quando c’era il rischio di combattere e quindi di ferirsi. No, lui la sua sete doveva soddisfarla. E il sangue di una creatura magica gli donava un potere enorme.

Miel rimase paralizzata, poi disse la prima cosa che le passava per la testa.

“Potresti rivestirti? Mi metti a disagio.”

Ashuros spalancò gli occhi scioccato e poi ridacchiò incredulo, prima di scuotere i capelli e andare a riprendere il resto dei suoi vestiti, che rinfilò alla velocità della luce.

“Niente urla? Rimproveri? Insulti? Pugnali?” le chiese mentre Uard gli si appoggiava sulla spalla e la scrutava guardingo.

“No grazie,” rispose lei scuotendo la testa e sedendosi a terra, mentre cercava di non guardare la sirena, “Charlotte?”

“Di guardia al campo.”

“Bene.”

“Non ti sciocca che io abbia appena ucciso una sirena e bevuto il suo sangue?” chiese lui diretto sedendosi davanti a lei.

Lei pensò e pesò bene le parole della sua risposta.

“Lo fai per fame, per necessità…” gli spiegò, anche se non era sicurissima neanche lei di quel che gli stava dicendo.

“È pur sempre omicidio.” Commentò lui freddo appoggiandosi con le mani sulla sabbia dietro di lui e guardando le stelle.

“È diverso. Un omicidio è avvicinarsi di soppiatto a un uomo, prenderlo alle spalle e tagliarli la gola con la lama del tuo pugnale, per poi abbandonare il cadavere…Uno è assassinio, uno è sopravvivenza” ribatté a bassa voce anche lei osservando la stellata.

“Perché sei qui?” le chiese allora Ashuros, infastidito e a disagio dalla piega che aveva preso la loro discussione.

“È sveglia, devi sigillarla.” Gli spiegò lei, poggiando una mano sul cuore.

“Come l’hai percepito?” indagò lui curioso, mentre prendeva la borsa con il necessario per l’esorcismo.

“Mi ha fatto una piacevole sorpresa nei miei sogni…o nella mia testa, non lo so di preciso.” Gli spiegò lei sbottonando la camicia e preparandosi a stringere i denti.

Senza nessuna piega in pochi secondi Ashuros le applicò il sigillo sulla pelle che per poco era rimasta pesca e la ragazza a stento trattenne le urla.

“È strano…” borbottò mentre sistemava il tutto, senza guardarla.

“Cosa?” chiese lei, mentre si rialzavano.

“Niente.”

“Me lo puoi dire?”

“No.”

“Per favore.”

“No” Rispose lui secco, facendo saltare i nervi alla bionda che con uno scatto cercò di prenderlo di sorpresa e atterrarlo; peccato che quella a finire a terra alla velocità della luce fu lei.

“Sei mille anni indietro, nanetta!” la schernì lui iniziando a incamminarsi con passo lento ma elegante verso il campo.

Miel sbuffò stizzita ma poi una luce maligna si accese nei suoi occhi.

“Se non me lo dici…dirò a Yelle della sirena!” lo ricattò ghignando e mettendosi in piedi vittoriosa.

Ashuros si fermò ma non si girò.

“Cosa ti fa credere che mi interessi a chi lo dici?” le chiese calmo.

Il sorriso di Miel si allargò.

“Il fatto che Yelle ci ha raccontato di una vostra discussione in mare…” alluse con tono noncurante.

Per un attimo si sentì solo l’infrangersi dell’acqua salmastra contro gli scogli.

Poi Ashuros si materializzò a tre centimetri dal suo volto.

“La Regina non ha fatto molta resistenza per essere sigillata, tutto qua.” Le spiegò con gli occhi ardenti, prima di allontanarsi a passo veloce.

Miel scoppiò a ridere per la sua reazione e gli corse dietro, nella speranza di stare al suo passo. Eppure nella sua testa rimbombava una sola parola, frutto di illusione, “Sigillami…”.

 

 

Ormai era mezzogiorno e la tensione era più che palpabile tra i ragazzi; come una nebbia sottile e appiccicosa si insinuava tra loro e li rendeva tesi come corde di violino. Non che avrebbero potuto essere biasimati, braccati ma senza sapere da chi, ma era una situazione alquanto pericolosa essendo questi ragazzi un gruppo di straordinaria forza. Erano una bomba ad orologeria, in particolare le lunatiche ragazze.

Tic-Tac.

Avevano adottato uno schema difensivo per proteggersi in caso di attacco a sorpresa, anche se sarebbe stato difficile farsi cogliere non pronti, con le ragazze al centro e i ragazzi disposti intorno a loro con Rey a capo del gruppo; questa decisione aveva scatenato parecchi insulti delle ragazze, che si sentivano sottovalutate, e aveva aggiunto altra tensione a quella già esistente.  Yelle e Akiko erano forse quelle più allegre, o almeno tentavano di sembrarlo, chiacchierando allegramente nella speranza di alleggerire l’atmosfera. Altre, come Miel, Osgal o Tara, proseguivano nel più completo silenzio, quest’ultima accarezzando continuamente il misterioso borsellino che aveva in vita; Gigi, Aria e Amane invece tentavano di dar retta alle due chiacchierone, ma spesso finivano col distrarsi e perdersi nei propri pensieri.

Da una parte erano tutti frementi dalla voglia di combattere, dall’altro si rendevano conto di starsi immischiando in qualcosa di davvero grosso. Eppure nessuno, neanche per un attimo, aveva anche solo pensato di abbandonare; anzi, forse il pericolo aggiungeva gusto all’avventura, alla voglia di mettersi in gioco.

Ad un certo punto Gigi perse l’equilibrio e urtò Shi che le ringhiò contro di fare attenzione, suscitando le ire della ragazza; solo l’intervento tempestivo di Akiko e Amlach interruppe sul nascere la rissa che rischiava di coinvolgere tutto il gruppo. Non avevano tempo, dovevano arrivare in fretta dai nani.

“Di questo passo finiremo col massacrarci tra noi…” mormorò Miel affiancando Rey, anche lei insofferente per la situazione; ciò era poi aggravato dal cambiamento del ragazzo, che le sembrava più lontano e sfuggente che mai.

“Non dobbiamo…Non so cosa abbiano in mente, ma siamo sicuramente inseguiti e ben presto dovremo combattere.” Disse sicuro guardandosi intorno come se all’improvviso gli alti pini si potessero trasformare in picchieri pronti a colpirli tra le scapole.

“Non mi piace l’idea di essere presa alle spalle…” aggiunse Miel guardandosi intorno, mentre gli altri iniziavano a prestare orecchio alla conversazione.

“Non possiamo fare altro!” ribatté lui scuotendo la testa convinto e continuando ad avanzare.

“Potremmo attirarli in una trappola…voltarci e affrontarli.” Suggerì lei sentendo l’ardore ribollirle dentro e la tensione accumulata gorgogliare.

“Non sappiamo neanche chi dobbiamo combattere, Miel!” ribatté scaldandosi anche lui e si fermò voltandosi a fronteggiarla.

Tic-Tac.

“Io credo che Miel abbia ragione. Non ci conviene continuare a camminare, stancandoci e rischiando che ci prendano poi nel momento meno opportuno.” Osservò Edward con calma.

“Ma è altrettanto stupido prepararsi a vuoto, non sapendo nemmeno se siamo davvero inseguiti. Dopotutto la spia non è potuta tornare a riferire il messaggio e se l’avessero saputo ci avrebbero attaccato mentre dormivamo.” Si intromise Amlach, ragionando da stratega, con Shi che annuiva al suo fianco.

Tic-Tac.

“Una bella sgranchita non mi dispiacerebbe…” aggiunse però Jin stiracchiandosi con Hiroshi che annuiva entusiasta.

“Non stiamo giocando voi due!” li rimproverò Asuna mettendo istintivamente la mano alla spada.

Tic-Tac.

“Asuna ha ragione, non pensate solo a combattere!” aggiunse Osgal gelandoli.

“Osgal non reagire così, i ragazzi non volevano dire quello.” li difese Eran esasperato.

Tic-Tac.

“Io appoggio l’idea di attaccare.” Dichiarò Amane feroce, mentre Yelle e Akiko si scambiavano occhiate indecise.

“Sono con te!” urlò Gigi alzando un pugno al cielo.

“Finiremo col ferirci inutilmente.” Controbatté Tara pratica mentre le punte dei capelli si schiarivano, “Posso medicarvi io, non fare miracoli!”

Tic-Tac.

Ognuno iniziò a dire la sua e litigare con chi si opponeva, in un caos di voci e opinioni che avrebbe assordato chiunque.

Tic-Tac.

“Voi ragazze dovreste stare zitte un attimo! Lasciate la decisione a noi, abbiamo più esperienza.” la voce di Shoichi rimbombò nelle teste delle ragazze con gelida perfezione; tutte loro si gelarono sul posto.

Tic-Tac.

BOOOM.

“CHE COSA HAI DETTO?” l’urlo collettivo fece sbiancare Shi, che decise coraggiosamente di arretrare, e in pochi secondi tutte le ragazze si erano unite in un unico fronte che si opponeva ai ragazzi, chi sicuro, chi spaventato a morte, chi indeciso.

“Ho detto che…” iniziò a ripete Shoichi con sguardo di sfida, mentre le ragazze li guardavano con odio feroce.

“Basta Shoichi.” Intervenne Rey facendo un passo avanti, le mani alzate per placare le due fazioni, “Calmiamoci…” propose passandosi una mano sugli occhi, come spossato di colpo.

“Se iniziamo a scannarci tra noi faremo esattamente il loro gioco,” parlò poi nuovamente guardandoli a uno a uno con serietà e decisione, “Penso che a questo punto l’unica cosa da fare sia cercare il nemico e poi decidere se attaccare o meno.” Propose cauto, in attesa delle loro reazioni; la diplomazia era come camminare su un campo minato, come sul filo di una lama. Un passo falso ed eri morto, lo sapeva bene.

“Come hai intenzione di fare?” chiese Ashuros, finora rimasto in composto silenzio.

“Teletrasporto.” Rispose lui semplicemente, accennando un sorriso, ombra di quello del vecchio Rey.

“Vengo con te.” Si intromise allora Miel, facendo un passo avanti nell’erba e con un’espressione che diceva chiaramente come non accettasse rifiuti.

“Non ti fidi?” la prese in giro Rey scrutando attento i suoi occhi seri e la sua bocca tesa in una linea sottile.

“No.” Rispose lei fredda, suscitando occhiate di stupore dai suoi amici: quello era qualcosa che non si aspettavano; e in realtà nemmeno lei. Avrebbe voluto rispondere sì o come minimo dirlo con più dolcezza, ma sapeva che se avesse tentennato lui non l’avrebbe portata.

Rey sospirò.

“Come vuoi;” acconsentì voltando la testa per non guardarla negli occhi, “Intanto per favore voi continuate ad avanzare, senza scannarvi.” Aggiunse infine con un sorrisetto e il gruppo si lasciò andare in un accenno di risata liberatoria.

“Mizumi, Lupo: per favore pensateci voi!” chiese invece Miel con sorrisetto esasperato, capendo che avrebbero scatenato una rissa non appena fossero spariti, e il lupo annuì mentre la gattina si trasformava nella grossa tigre. A quella mossa sia Jin che Hiroshi e Giada sospirarono delusi: addio rissa.

Poi senza lasciarle dire altro, Rey la prese per una mano e la strattonò a sé, stringendola tra le braccia; scomparirono insieme.

 

 

Non era passato molto tempo, forse mezz’ora al massimo, e il gruppo stava procedendo sotto gli occhi vigili di Mizumi e il Lupo, in attesa fremente, quando Miel e Rey riapparvero. La ragazza era pallida e gli occhi subito settarono verso Tara mentre chiamava il suo nome, ma non lasciò il ragazzo biondo che era accasciato su di lei con il volto cinereo; la camicia bianca era squarciata sul petto diagonalmente ed era possibile scorgere un lungo taglio sanguinante, dai bordi irregolari e purulenti, di un malsano viola. Subito Osgal, Aria e Ashuros si tapparono il naso con una mano e si allontanarono, lottando contro la sete bruciante che scatenava in loro la vista del sangue; fortunatamente si erano tutti nutriti da poco. Yelle, insieme a Eran e Hiroshi, per aiutarli li spinse ancora più lontano per poi utilizzare la tecnica delle volte precedenti e, dopo aver fatto sedere Ashuros, il più debole di fronte alla tentazione, sederglisi in grembo e iniziare a parlare di tutto e un po’ per distrarlo.

“È stato ferito con un arma avvelenata!” urlò Miel intanto inginocchiandosi e appoggiando Rey per terra sull’erba bagnata, semi incosciente mentre tutti gli si precipitavano intorno; con le mani coperte di sangue si aggrappò al braccio del ragazzo non sapendo bene cosa fare. Forse poteva… Fortunatamente Tara prese la situazione sotto il suo controllo e con fare deciso iniziò a estrarre varie erbe e bende dalla borsa, dopo essersi inginocchiata accanto a loro.

“State lontani, lasciateci spazio e aria!” ordinò fredda iniziando a esaminare con rapidità la ferita, “Jin allontana Miel; Amlach, Shi immobilizzate Rey e Ed dammi una mano col veleno” ordinò ancora vedendo la bionda sotto shock. Subito tutti eseguirono: tutti si allontanarono portando via gli animali, Jin sollevò di peso Miel e la mise a sedere poco lontano tra le altre ragazze che la tranquillizzarono, invece Amlach si mise alle spalle di Rey e gli immobilizzò le braccia e il torace mentre Shi gli bloccava le gambe; Ed dopo aver passato la mano con delicatezza sulla ferita ringhiò.

“Acido corrosivo! Dobbiamo fare in fretta…” spiegò prima di chiudere gli occhi e porre le mani sulla ferita; con lentezza iniziarono a sollevarsi nell’aria piccole spirali di veleno, che pian piano Edward assorbiva nel suo corpo. Tara intanto aveva versato alcune gocce di varie boccette su delle bende e si preparava a medicare la ferita.

“Ora!” la avvisò l’assassino togliendo le mani, lo squarcio depurato; la ragazza subito premette con forza le bende sulla ferita, neanche un ombra di indecisione sul suo volto. All’istante Rey iniziò a urlare per il dolore e a dimenarsi come posseduto, ma i suoi amici non lo lasciarono andare e Tara continuò a pulire la ferita.

Dieci minuti dopo, di urla e medicine utilizzate, Rey si accasciò a terra in un sonno esausto; il petto ricucito e fasciato, che si alzava con fatica per respirare. Tara sospirò di sollievo e iniziò a riporre tutto nella borsa, ma Shoichi le porse un panno bagnato e le fece cenno di riposarsi un attimo.

“Hai fatto un ottimo lavoro.” le disse sorridendo prima di iniziare a sistemare al posto suo, mentre lei si detergeva la fronte sudata per lo sforzo.

“Grazie, ma è anche merito di Edward. Quella ferita oltre a essere profonda, era impregnata con troppo veleno perché da sola potessi fare qualcosa. Invece così non ha ferito nessun’organo vitale.” Spiegò imbarazzata e voltando la testa, non sentendosi a suo agio nel venir lodata.

“Penso che tu sia stata comunque fantastica, infermierina!” la prese in giro il ragazzo porgendole la borsa per poi afferrarla per un braccio e aiutarla a mettersi in piedi.

Intanto Ed, Shi e Amlach avevano raggiunto Miel, che dopo esser stata rassicurata che Rey era fuori pericolo si era calmata e accarezzava la testa di Mizumi, ancora tigre, che le aveva posato in grembo.

“Cosa è successo?” le chiese brusco Amlach sedendosi davanti a lei con Shi, mentre Ed si appoggiava a un tronco a braccia incrociate.

“Siete degli insensibili!” borbottò Gigi abbracciando la bionda che aveva abbassato gli occhi con le guance rosse; Amlach la fulminò ma Akiko gli pose una mano sul ginocchio.

“Gigi voleva solo dire che è un argomento delicato, Amlach.” Gli spiegò con un sorriso dolce che fece sbuffare il ragazzo e distogliere lo sguardo.

“Scusate,” li interruppe Yelle raggiungendoli, “Chiedono se possono tornare.” Spiegò riferendosi ai vampiri poco distanti; Tara annuì e mise tra le braccia di Shi tutte le bende insanguinate.

“Bruciale e siamo a posto.” Gli disse sedendosi con Shoichi insieme agli altri, mentre l’elfo la fulminava per averlo scambiato per un forno crematorio, ma in una vampata viola le incenerì.

“Era ora…” esordì sollevato Hiroshi dopo pochi secondi entrando al fianco di Aria nella radura, seguito da Osgal, Eran, Ashuros e Yelle; tutti i vampiri si sedettero il più lontano possibile dal ferito, dopo aver constatato che stava bene.

“Allora? Abbiamo perso già un quarto d’ora.” Richiamò tutti all’ordine Amlach, puntando i suoi occhi freddi su Miel, che continuò a guardare Mizumi.

“Io e Rey ci stavamo teletrasportando nell’area circostante per trovare gli ipotetici inseguitori; all’inizio siamo rimasti sugli alberi per avere una visuale migliore, ma ad un certo punto ci è parso di vedere qualcosa…Allora ci siamo avvicinati di salto in salto. È stato un attimo, ci siamo materializzati in una radura deserta non accorgendoci di esser finiti nel punto sospetto; ho solo fatto in tempo a vedere un uomo incappucciato che saltava fuori dal cespuglio armato di spada prima che Rey mi si parasse davanti e venisse ferito al posto mio; poi mi ha afferrato per il polso e ci ha teletrasportato lontani. Volevo che si fermasse a riposare, perché stava iniziando a perdere conoscenza, ma lui ha continuato a teletrasportarci finchè non siamo arrivati.” Raccontò a bassa voce senza mai guardarli; si sentiva in colpa per non essersi accorta dell’imboscata, per essersi lasciata proteggere e per aver ferito Rey.

“Sono maghi?” chiese Ed concentrato mentre Amane accarezzava la testa di Miel, avendo come tutti gli altri capito cosa passava per la testa alla biondina.

“Di sicuro; altrimenti non avrebbero potuto prevedere il nostro arrivo. E no,” aggiunse stoppando sul nascere l’ipotesi di Asuna, “Non è un caso…”

“Dobbiamo prepararci allora?” chiese Gigi con sorriso di sfida scambiandosi un'occhiata di puro e feroce divertimento con Shi.

“Con Rey in quelle condizioni non possiamo fare altro.” Rispose Ed per lei, staccandosi con un movimento fluido dall’albero.

“Non vedo l’ora…” ringhiò Amane alzandosi in piedi e stiracchiandosi.

A quel punto tutti iniziarono a prepararsi; per prima cosa si spostarono in una radura ampissima, probabilmente era un vecchio villaggio di ninfe arboree, poi Amlach e Ed ci trasportarono Rey ancora incosciente e infine tutti si misero in attesa: Amlach lustrava la sua katana, Gigi e Akiko discutevano con Shi alcune strategie poco lontane, i vampiri erano immobili pronti a captare ogni segnale del loro arrivo, Amane e Yelle chiacchieravano tranquille con Hiroshi, tenute d’occhio da Ed che si rilassava poco lontano, Asuna si faceva aiutare da Jin a ripassare alcuni colpi e Tara controllava lo stato di Rey con accanto un’inquieta Miel.

“Arrivano.” Pronunciò improvvisamente chiara Aria con lo sguardo vacuo e tutti si gelarono all’istante, per poi alzarsi e disporsi in una specie di linea che si frapponeva tra il ferito e la direzione da cui stava arrivando il nemico. Se era possibile, avrebbero affrontato uno o due avversari a testa; speravano fosse solo un’avanguardia.

 

Le prime a uscire dalla boscaglia furono due ragazze dalla pelle candida e i capelli neri come il carbone, lisci e lunghi fino alla vita, avevano gli stessi lineamenti delicati, gli stessi occhi rossi e indossavano lo stesso vestito nero senza maniche lungo fino ai piedi, l’unica differenza l’altezza diversa; accompagnavano, quasi come damigelle, un uomo dagli stessi tratti ma robusto ed elegante, con un ghigno di superiorità stampato sul volto. Ashuros sgranò gli occhi scarlatti e proruppe in un feroce ringhio. Lo aveva riconosciuto, era lui…

 Subito dietro di loro arrivò ridendo un ragazzo alto dai capelli viola scuro a spazzola e innumerevoli tatuaggi neri su tutte le braccia insieme a due altri ragazzi più bassi e giovani, uno biondo e uno rosso. Sembravano gemelli e i vestiti dai toni scuri sul verde identici lo sembravano confermare, mentre il luccichio complice negli occhi era già segnale che combattessero in coppia.

“Shoichi sulla destra.” Ringhiò Aria concentrata e il ragazzo, che era il più esterno, fece appena in tempo a voltarsi per parare un calcio dalla forza impressionante alla faccia.

“Niente male!” ringhiò il grosso uomo dai muscoli scolpiti e l’armatura in cuoio che lo aveva colpito scattando indietro tra i suoi compagni, mentre il ragazzo assottigliava gli occhi: nonostante l’udito sviluppato neanche si era accorto di lui…

“Dev’essere la vampira che legge la mente, Deianira!” trillò con vocetta stridula una ragazzina con un vestitino a balze nero con un fiocco rosa in vita, sporgendosi da dietro l’uomo che aveva colpito Shoichi, mentre una ragazza dai capelli rossi e il vestito celeste la raggiungeva scrutando gli avversari con i suoi occhi glaciali e stringendo tra le mani due lunghe ed eleganti alabarde.

“È lei.” Rispose affermativa la vampira di nome Deianira, quella più bassa inclinando divertita la testa di lato e osservando Aria, che le ringhiò contro.

“Allora te ne occupi tu di lei?” chiese un ragazzo dall’aria svogliata entrando nella radura con passo indolente, mentre gli occhi gialli vagavano sulla schiera nemica, le mani nelle tasche dei pantaloni neri a contrasto con la troppo larga camicia rossa.

“Chi vuoi che se ne occupi se non lei?” chiese ironico un uomo dalla pelle cioccolato mettendosi al suo fianco, mentre l’attenzione di tutti si catalizzava per un attimo sui suoi arti inferiori e sulle grossa corna che spuntavano dalla fronte da caprone.

“Seconde me li stiamo sopravvalutando…” mormorò invece una donna dal corpo formoso, avvolta in una veste smeraldo, avvicinandosi al satiro con passo felino, le labbra pesantemente truccate di rosso, come i suoi capelli ricci, piegate in una smorfia di divertita superiorità.

“Saremmo bastati noi due.” Ringhiò un uomo dal volto sfigurato da una triplice cicatrice e il petto nudo, schierandosi di fronte ad Amlach che lo riconobbe come una delle sue taglie più difficili e che…in teoria aveva già catturato.

“Ci si rivede bastardo!” lo salutò infatti con un ringhio affamato.

“Quanta arroganza, l’ultima volta che ti ho visto se non sbaglio stavi implorando pietà ai miei piedi.” Rispose ghignando Amlach e sfoderando la sua katana.

“Per essere un ragazzino parla tanto.” Intervenne un ragazzo alto poco più di un metro e sessanta dai capelli candidi come la neve e accompagnato da un'enorme tigre dai denti a sciabola e il manto nero.

“Non che tu sia più grande…” gli rinfacciò infatti la tigre scrutando gli avversari con gli occhi ambrati.

“Se avete finito di chiacchierare noi saremmo anche pronti a prendervi a calci…” rise Jin scrocchiandosi le nocche impaziente, ma evidentemente l’afflusso non era ancora finito.

Esattamente al centro si posizionarono un'alta figura incappucciata con due grosse falci appese alla schiena e al suo fianco una donna dalla pelle ambrata vestita con larghi pantaloni rossi che si stringevano alle caviglie e un top dello stesso colore tagliato sopra la pancia, con gli occhi lasciati scoperti dal velo nero, come i suoi capelli legati in una grossa treccia lunga fino al bacino, che portava attaccato da orecchio a orecchio che scrutavano gli avversari famelici; davanti a loro una grossa guardia imperiale, un ragazzo dall’aria compita con gli occhiali e sempre con la divisa delle guardie imperiali e una figura incappucciata di nero, che assomigliava così a Miel, che intanto si era accucciata dietro i suoi amici davanti a Rey.

Edward aveva quasi delle difficoltà a respirare tanto era scosso da tremiti per la bramosia di massacrarli: tutti, tutti loro…avevano tatuata una stella nera.

“Ora possiamo incominciare.” Sorrise il vampiro prendendo la parola ed entrambe gli schieramenti scattarono; ognuno aveva già individuato il suo obiettivo, senza neanche accordarsi.

 

Ovviamente l’Assassino scattò per primo contro il ragazzo dai capelli viola che aveva davanti, la stella nera sulla fronte l’unica cosa che vedeva.

Il suo pugno coperto di veleno viola lo colpì con forza contro lo zigomo ma quello non si spostò di un solo centimetro e con un sorriso famelico gli afferrò il polso per poi tirarlo verso di sé e colpirlo in pancia, facendogli tossire del sangue.

“Tutto qui? Contro uno con il dono della rigenerazione cosa puoi fare?” gli sibilò in un orecchio, mentre la guancia avvelenata e purulenta cominciava a rimarginarsi.

“Dov’è lei?” fu l’unica cosa che rispose Ed prima di colpirlo con una ginocchiata al basso ventre, per poi balzare indietro e caricarlo nuovamente con le mani coperte di un liquido verdastro.

“Chi?” gli chiese l’avversario, “Dovresti interessarti a me, Assassino, non alla tua sorellina; sono Scorpio.” si presentò beffardo parando la sequenza di calci e pugni di Edward a una velocità impressionante, mentre la pelle si liquefaceva per poi risanarsi subito dopo. Ma a Edward non interessava: sapeva di sua sorella. Avrebbe provato a cavargli fuori ciò che sapeva con la forza e se non avesse ottenuto niente lo avrebbe fatto a pezzi.

 

Poco più lontano da loro Shi sfidava con i colpi della sua katana di fuoco il ragazzo dagli occhi gialli, che aveva estratto impassabile e svogliato due grosse fruste appese sulla schiena che faceva schioccare intorno a sé; eppure l’elfo invece di trovarsi in difficoltà, scivolava rapido tra i colpi e si avvicinava sempre di più, il ghigno che si allargava. Fu quando riuscì a ferirlo a una guancia, che il ragazzo dagli occhi gialli finalmente depose la maschera e un grosso sorriso gli illuminò il volto.

“Finalmente qualcuno con cui fare sul serio!” gioì con gli occhi accesi da una luce folle prima di incrociare le fruste e farle schioccare a terra mentre lungo tutto il cuoio spuntavano grossi spuntoni e uncini dall’aspetto letale.

“Vieni pure!” lo invitò mentre la svogliatezza cedeva alla follia e intorno a lui sembrava sprigionarsi un aura più intensa. Shi assottigliò gli occhi nel vedere i movimenti dell’avversario diventare sempre più veloci e i colpi sempre più forti e precisi, mentre gli uncini cominciavano a straziargli le carni.

Con un salto di lato evitò un sferzata mentre con una lancia di fuoco rallentava l’altra, per poi tentare di sfondare le sue difese e colpirlo con la sua alabarda, ma quello la dirottò avvolgendola fra le fruste. Allora Shi la dissolse di colpo e in quell’attimo in cui le fruste si afflosciavano un poco ne approfittò per creare un coltello di fiamme e lanciarlo con precisione letale nella spalla dell’avversario, che però non emise un solo gemito, ma scoppiò a ridere.

“Niente male…” ghignò allora Shi nell’osservarlo e l’altro inclinò la testa, mentre iniziavano a girare in tondo studiandosi a vicenda.

“Sono Double, sarà un piacere ammazzarti.” si presentò prima di far scattare nuovamente le fruste.

 

Intanto si svolgeva una delle più incredibile battaglie che si fossero mai combattute: una battaglia mentale. Ad Aria erano bastati due tentativi d’affondo per capire il potere della sua avversaria, Deianira, e si era subito resa conto di come fosse l’unica con qualche speranza di batterla: lei prevedeva il futuro. E ciò comprendeva le mosse dell’avversario; quindi non appena lei pensava di fare una mossa Deianira la prevedeva e pensava a contrattacco, ma allora Aria gliela leggeva nella mente e cambiava mossa…andavano avanti così di dieci minuti, mentre l’unica cosa che facevano al di fuori delle loro teste era girarsi intorno. Osgal aveva intuito subito cosa stesse accadendo e subito si era scagliata contro l’altra vampira, Daiana, per impedirle di attaccare Aria alle spalle e nella speranza di eliminarla al più presto per darle una mano; volteggiava in una danza selvaggia a katana sguainata con l’altra vampira, armata di fioretto, menava abilmente fendenti ai punti vitali come la testa e il cuore, ma quella si difendeva con un sorrisino sul viso e cercava di contrattaccare.

 

Ashuros era stranamente grato che le sue compagne stessero tenendo occupate le vampire, così che lui potesse dedicarsi completamente al bastardo che aveva davanti: Conte Sangnoir, uno dei vampiri nobili traditori. Uno degli assassini di sua madre. Avrebbe riconosciuto quel volto ovunque.

Con uno scatto di lato cercò di staccare di netto un braccio al suo avversario col pugnale, ma quello lo dirottò con il bastone da passeggio, che doveva esser stato opportunatamente modificato per resistere a una pressione simile.

“Sei cresciuto Ashuros!” lo sbeffeggiò quello evitando nuovamente i suoi attacchi con eleganza, “Ma non sei ancora all’altezza…dopotutto sei solo un impuro.” Aggiunse acido sogghignando, parole a cui Ashuros socchiuse gli occhi con un ringhio feroce e aumentò la velocità dei suoi attacchi. Si sarebbe vendicato.

Charlotte avrebbe voluto aiutarlo, ma non appena si era lanciata all’attacco dal terreno era spuntato un ghoul, un demone in putrefazione affamato di carne umana, agli ordine del Conte che la teneva interamente occupata; nonostante sembrasse cadere a pezzi era dotato di capacità sovraumane e non risentiva degli effetti paralizzanti della sua spada, ma Charlotte non si scomponeva e cercava di fermarlo, evitando al contempo i denti e gli artigli della creatura.

 

Eran aveva intanto ingaggiato un devastante corpo a corpo con il satiro, che lo bersagliava di pugni e calci senza tregua con velocità animale; se non fosse stato per il suo organismo differente, dopo i primi colpi sarebbe caduto a terra con la metà delle ossa rotte e anche così doveva stare attento a evitare le corna e gli zoccoli, che avrebbero potuto tranquillamente frantumargli il corpo. Avrebbe voluto usare l’arco per difendersi, ma il nemico non gli lasciava il tempo di allontanarsi, incalzandolo fin da quando si era presentato come Kaleen, senza sosta.

 

A qualche metro Tara se la vedeva con quella che non aveva problemi a definire una psicotica dai facili costumi in verde; non capiva se le dava più fastidio il suo atteggiamento da gran donna, il suo sorriso sicuro e strafottente o i suoi commenti bastardi su di lei. Non aveva fatto altro che farle notare quanto quel vestito fosse fuori moda, il suo corpo scialbo e la sua evidente mancanza di sensualità e femminilità; non che gliene fregasse qualcosa ma la stava davvero innervosendo, tanto da aver problemi a rimanere in forma umana. Si era però accorta subito di come non le convenisse combattere in forma di lupo quando la donna con un gesto elegante della mano aveva evocato un'onda di rovi da scagliarle contro. Fortunatamente il sangue licantropo non era la sua unica risorsa.

Con rapidità fulminea estrasse dal misterioso sacchetto in tela che si portava sempre dietro una pietra rossa scintillante, come un rubino e la sfregò una volta puntandola verso la nemica: da essa si irradiò una spirale di fuoco che bruciò all'istante i rovi della nemica, che però la guardò con supponenza giocherellando con i boccolosi capelli bordeaux.

"Tutto qui?" le chiese con un sorrisetto prima di allargare le braccia, mentre nuovi rovi si innalzavano dal terreno.

 

Gigi avrebbe volentieri sbraitato a Tara di smetterla di dar fuoco a quei poveri rovi innocenti, ma venne fermata da un profondo senso di lealtà per l'amica e di comprensione per la situazione in cui erano...o forse solo dalle due grosse alabarde elettrificate dell'avversaria dai capelli rossi che la incalzavano senza sosta. Quella ragazza dagli occhi di ghiaccio sembrava inarrestabile e impassabile: Gigi l'aveva colpita con rovi, sferzata d'acqua e aveva persino lanciatole contro dei macigni, ma quella subiva senza retrocedere o sbattere ciglio e Gigi doveva proteggersi innalzando muri di roccia o cercando di sviare i colpi con frustate d'aria. Non una parole che usciva dalla sua bocca, non un’emozione che passava sul suo viso. Doveva pensare a una strategia oppure tentare un attacco di pura forza bruta...e sapeva benissimo quale opzione scegliere, pensò mentre un sorrisetto le increspava le labbra feline.

 

"Waaaaa! Lilith si sta proprio scatenando!" rise la bambina nel suo vestitino a balze saltellando sull'erba e osservando i combattimenti che scoppiavano intorno a lei, poi si voltò ad osservare Akiko che la guardava indecisa: non poteva attaccare una bambina...

"Pensi che non sappia difendermi?" le chiese zuccherina inclinando la testa di lato, mentre i capelli rosa raccolti nei due codini ondeggiavano allegri.

Akiko la guardò presa alla sprovvista e annuì, accennando perfino un sorriso.

"Che ragazza buffa!" rise allora la bambina con un sorriso gioioso e dolce, gonfiando le guance rosee, "Quasi mi dispiace doverti uccidere." concluse sgranando gli occhi rosa, che si illuminarono di follia.

Akiko si irrigidì e si mise in posizione di difesa, percependo all’improvviso un’intensa aura omicida provenire dalla bambina che...iniziò a mutare. Gli occhi rosa diventarono rossi e si allargarono con le pupille che si restringevano, mentre tutto il corpo veniva scosso da tremiti e le ossa sembravano premere per uscire contro la pelle improvvisamente flaccida e piena di rigonfiamenti; si contorse e deformò in maniera macabra sotto gli occhi dell'avversaria fino a diventare un'enorme creatura dal pelo folto e rossastro, un incrocio tra un essere umano gigantesco e una bestia simile a una volpe, con gli occhi rossi famelici e delle enormi fauci con denti affilati e aguzzi come pugnali, le braccia grandi come la stessa Akiko con artigli che sembravano scimitarre.
Akiko sgranò gli occhi e all’istante compì la semi metamorfosi in gatta mannara: la battaglia sarebbe stata più dura del previsto.

 

 

Amlach imprecò a mezza voce nel vedere la terrificante mutazione della bambina: e pensare che si era sentito sollevato vedendo chi sarebbe stata l’avversaria di Akiko! Di male in peggio, quella gatta stordita si sarebbe sicuramente ferita, inciampando ovunque, o peggio…doveva finire in fretta. Si scambiò ancora qualche colpo con suo avversario assetato di vendetta, katana contro artigli, e poi decise di fare sul serio.

Con un colpo deciso dalla sua katana si staccò un’affilata falce d’ombra diretta contro il muso ghignante del licantropo e già si preparava a scagliarne un’altra, freddo e sicuro di una vittoria facile, quando l’avversario sogghignò e incrociò le braccia davanti al corpo: le mani già sformate in zampe mutarono ancora e gli artigli si allungarono bestialmente fino a essere delle corte spade o dei lunghi pugnali; la lama d’ombra si scontrò contro di essi e si dissolse senza intaccarli.

“Cosa c’è bastardo?” gli chiese latrando e muovendo gli artigli alla luce del sole, mentre Amlach socchiudeva gli occhi azzurro ghiaccio con un ringhio, “Non avrai pensato che fossi arrivato impreparato anche questa volta, vero?” gli chiese mostrando i canini.

“Non ti sopravvalutare troppo e fammi vedere cosa sai fare.” Rispose Amlach secco puntandogli contro la lama e scattando. Doveva finire in fretta.

 

Lo stesso obiettivo si era prefissa Amane, che insieme a Yelle fronteggiava i gemelli; fin da subito i due ragazzi, sogghignanti e perfettamente sincronizzati in ogni movimento, si erano dimostrati avversari capaci: uno col potere delle illusioni e l’altro della mutazione, tenevano testa rispettivamente all’elfa e alla maga della creazione.

Yelle infatti volteggiava nell’aria sopra di lei spazzando via con delle folate di vento i cloni o i mostri che improvvisamente le attaccavano, cercando al contempo di ferire i due ragazzi che non rimanevano fermi neanche un secondo, scattando a zig zag per confonderle, mentre Amane, arpa alla mano, solidificava scudi per contrastare le spade create dai rami dal suo avversario, lance per colpire i sassi che avevano preso la sua forma, macigni con cui tentare di spiaccicarli…eppure non riuscivano a danneggiarli più di troppo, si muovevano troppo rapidi e tra tutte quelle copie, animate e non, non sapevano chi colpire e dovevano scagliare attacchi ad ampio raggio ma più deboli.

“Siete già stanche?” chiesero ad un certo punto fermandosi e guardandole ansimare divertiti, “Noi abbiamo appena iniziato.” Risero sadici, prima che dal terreno spuntassero numerose altre copie armate.

 

Shoichi era stato poche volte così entusiasta di un nemico: quell’uomo, Greff, era un avversario straordinario. Aveva la forza naturale di un rinoceronte e le tecniche di combattimento corpo a corpo al livello di un generale, ma era il suo dono che rendeva la lotta indimenticabile: praticava una magia per cui la sua pelle diveniva coriacea e praticamente indistruttibile, nemmeno la sua spada in scaglie di drago era riuscita a scalfirla!

“Non sei male giovanotto!” rise l’omone bloccando un altro potentissimo colpo del ragazzo con il palmo, ammirandolo e sentendo la brama di sangue bollirgli nelle vene: quello non era un ragazzo normale, nessuno avrebbe potuto colpirlo a mani nude e sorridere infiammato, stava solo aspettando che si scatenasse.

“Non sto neanche facendo sul serio…” si vantò Shoichi, bersagliandolo di pugni e calci in rapida sequenza.

“Allora è il caso che tu lo faccia!” lo invitò l’avversario prima di mutare la pelle del suo intero corpo.

“Come preferisci!” rispose il biondo saltando all’indietro e pestando un piede contro il terreno, che all’istante si crepò lasciando fuoriuscire un getto di magma.

 

Jin si divertiva ugualmente, nonostante all’inizio avesse pensato che il ragazzino albino non sarebbe stato granché come avversario; si era ricreduto non appena quello lo aveva colpito alla velocità della luce con un calcio in faccia, facendolo arretrare di parecchi metri.

“Niente male.” Si complimentò Jin, capendo che con lui sarebbe stato inutile l’uso della spada e iniziando ad accumulare elettricità.

“Son Fey e il mio potere è la velocità, giusto per informarti. Odio essere sottovalutato.” Gli fece sapere mettendo le mani in tasca e sorridendo orgoglioso.

“Jin, dragon slayer.” Si presentò il moro sorridendo anch’esso, “Vediamo se sei veloce come il fulmine.” Lo sfidò poi prima di scattare contro di lui, mentre poco distante Hiroshi sfidava la tigre dai denti a sciabola in un duello mortale.

 

Asuna intanto sospirava di sollievo per la fortuna ricevuta: il suo avversario sarebbe stata la guardia. Non che fosse felice di combattere con una di loro, ma almeno non era dotata di poteri magici o altre cose strane…se fosse stato uno degli altri sarebbe durata meno di tre minuti, mentre ora aveva ingaggiato una lotta alla pari con quel ragazzo, che possedeva una tecnica eccezionale.

“Non dovresti indossare la divisa delle guardie se poi sei una fuorilegge.” Le fece notare tentando un affondo allo stomaco che lei deviò con la punta della lama per poi tentare di colpirlo al gomito.

“E tu non dovresti portare la divisa delle guardie se poi ti allei con una Gilda Oscura.” Gli rispose lei a tono, schiavando un suo fendente, mentre lui stringeva le labbra inviperito.

“Silenzio!” le intimò infatti prima di incalzarla, togliendole il fiato per rispondere.

 

Miel odiava la matematica. Dal profondo. Perché a causa sua ora Miel si trovava di fronte a quattro avversari, con un ferito da difendere e la consapevolezza che fosse una missione quasi impossibile anche per lei. Certo c’erano gli animali e poteva evocare aiuti dalle ombre, ma se qualcuno degli altri non correva ad aiutarla era messa male...solo che anche loro sembravano presi da combattimenti difficili! Cosa poteva fare?!

Stava giusto pensando a cosa potesse inventarsi quando la figura con il mantello nero scattò verso di lei, da sola. Miel sorrise: evidentemente erano troppo orgogliosi per attaccarla in gruppo e questa sarebbe stata la sua, unica, carta vincente. Doveva finirla in maniera pulita e rapida, non si allenava nelle tecniche di assassinio per nulla.

Anche lei scattò con un movimento fluente ed evocò all’istante le due daghe ricurve d’ombra, pronta a incrociarle sulla gola del nemico, l’altra figura incrociò le braccia davanti al viso coi polsi rivolti all’esterno e dalle maniche spuntarono due lunghe e sottile lame argentate che si scontrarono con le sue daghe. Lame celate!

Le due rimasero per un attimo a fare forza l’una contro l’altra, a contatto, mentre un campanello rimbombava nelle loro teste, poi la nemica la spinse all’indietro mentre le lame d’ombra esplodevano in polvere nera. Miel d’istinto si abbassò per evitare di essere pugnalata alla gola e con un tentacolo d’ombra la trascinò a terra, ma quella lo fece esplodere e balzò in piedi con una capriola all’indietro.

Rimasero a guardarsi immobile, il fiato accelerato.

“Miel?!”

“Shorai?!” esplosero in contemporanea prima di, a dispetto della situazione, iniziare a ridere a crepapelle.

“Ma che diavolo ci fai qua?!” le chiese Miel abbassandosi il cappuccio e sciogliendo i capelli biondi, una mano sul fianco e un’espressione a metà tra il perplesso e il divertito.

“Questa è la mia domanda!” rispose l’altra figura con voce femminile e musicale, scostandosi il cappuccio e il mantello e permettendo di fare vedere le sue sembianze: una ragazzina dal fisico sinuoso, avvolto in una camicia da donna bianca troppo grande e dei pantaloni in pelle neri, come i guanti senza dita e gli stivali alti, con una borsa a tracolla; il viso aveva tratti dolci e infantili, con una spruzzatina di lentiggini sul naso, mentre gli occhi erano grandi e rosa intenso, a contrasto con i lunghi e mossi capelli verde acqua.

“Sono in viaggio con questo gruppo di scalmanati!” le spiegò abbracciandola con affetto mentre quella rispondeva un po’ più rigida, per poi staccarsi e guardarla in attesa di una risposta.

“Io sono qua per lavoro: devo uccidervi tutti, tranne il biondo dietro di te, per ricevere una delle paghe più succulente della mia vita.” rispose l’altra pratica con gli occhi che le scintillavano alla parola “paga”.

Miel si irrigidì all’istante e si allontanò di qualche passo. Lei e Shorai, un’assassina professionista, erano ottime amiche da anni, avevano persino viaggiato qualche mese insieme ma…Shorai aveva bisogno dei soldi per una questione di famiglia e per i soldi avrebbe fatto di tutto. Di tutto.

“Significa che mi ucciderai? Per soldi?” le chiese osservando attentamente ogni suo singolo movimento, in attesa, ma la ragazza, dall’aspetto così innocente e allo stesso tempo così letale, inclinò la testa di lato.

“Se non vi uccido non avrò i soldi.” Le fece notare, mentre i suoi occhi iniziavano a tradire un’ombra di indecisione…un conto era uccidere sconosciuti, un conto Miel…Però magari poteva solo inscenare la sua morte e farla scappare, far fuori tutti gli altri, prendere la ricompensa e sparire.

“Propongo il piano di Oklas…” le disse con un sorrisetto, riferendosi ad un’avventura passata dove avevano recitato una cosa simile, ma Miel sbuffò.

“Non posso.” Rispose evocando le daghe d’ombra, “Sono miei amici, ho dei debiti da pagare e devo recuperare il mio medaglione che ha nascosto il biondo dietro di me; li proteggerò.” Le disse prendendo un grosso respiro. Cosa diceva sempre il suo maestro? Ah già…soffocare, doveva soffocare ogni sentimento ed emozione. Nel suo lavoro non c’erano spazio per sentimentalismi. O uccidi o sei ucciso.

“Ho bisogno di soldi. Per lui.” Replicò Shorai altrettanto fredda, ingoiando il dispiacere e l’affetto per Miel, “Niente di personale.”

“È lavoro.” Concluse Miel mettendosi in guardia.

“Ferme!” la voce roca di Rey le interruppe appena prima che scattassero.

“Rey!” lo chiamò Miel voltandosi stupita e sospirando di sollievo nel vederlo seduto e cosciente. Molto cosciente a giudicare dal luccichio degli occhi.

“È per soldi?” chiese il ragazzo direttamente a Shorai, facendo cenno a Miel di star tranquilla.

“Certo,” rispose lei abbassando temporaneamente le armi e osservando il bersaglio speciale della sua missione; se lo aspettava diverso…

“Te ne offro il doppio.” Propose Rey con un sorriso carismatico, “A patto che viaggi con il nostro gruppo e mantieni a tutti, compresi i miei compagni, il silenzio su di me.” Concluse poi osservandola attento. Miel assottigliò gli occhi all’ultima parte dell’accordo.

La ragazza sgranò gli occhi e poi lo guardò diffidente.

“Il doppio di 50.000 Bahal?” gli chiese scettica inarcando un sopracciglio. Se stava scherzando…

“Si.” Rispose lui serio, “Stiamo andando a prendere la Fairy Heredity, uno dei più grandi tesori in assoluto; se anche non dovesse bastare quello che c’è, ti darò la mia parte. O troverò un modo per trovarli…” concluse con un silenzio denso di sottintesi che solo la ragazza sembrò cogliere e che sorrise in estasi.

“Direi che abbiamo un…” iniziò a dire Shorai convinta ma una voce rozza la interruppe.

“Cosa stai facendo assassina da quattro soldi! Sei in missione per il re non provare neanche a prendere iniziativa!” sbraitava la grossa guardia imperiale avanzando verso di lei.

Accadde in meno di una frazione di secondo.

Con un balzo felino la ragazza si voltò, si slanciò verso la guardia e gli conficcò la lama celata dritta in fronte, abbattendola a terra e schiacciandole il torace con il ginocchio.

“Non osare interrompermi mentre tratto e non rivolgerti mai a me con quel tono, bastardo.” Gli ringhiò estraendo lentamente la lama dal cadavere e rialzandosi, irata.

“Abbiamo un accordo.” Riprese guardando da sopra la spalla Rey e poi sorrise a Miel, “Ti muovi o li devo far fuori io quei due?” le chiese indicando con un cenno della testa gli ultimi nemici ancora fermi.

Miel sogghignò mentre accanto a lei sorgeva Talita.

“Cambi spesso idea…”

“Sono fatta così!” rispose l’altra affiancandola con un sorrisetto.

“Immagino di non poterci fare nulla.” commentò Miel scuotendo la testa e poi, ad uno sguardo d’intesa, scattarono.

 

 

Il combattimento di Scorpio ed Edward si protraeva ormai da mezz’ora in un corpo a corpo devastante e violento, ma, mentre Scorpio aveva il corpo sudato ma illeso, Edward mostrava sempre più lividi, tagli e persino qualche osso rotto; eppure non si fermava. Non si era mai fermato e trovava anche il fiato per fargli continue domande sulla sorella.

Scorpio era esaltato, in preda della ferocia di quel combattimento incredibile e assetato del sangue di quell’avversario così temibile.

“Sei ancora in piedi?” gli chiese ansimante colpendolo con forza in pancia e facendolo cadere in ginocchio, per poi colpirlo in faccia con un altro pugno, il sangue che gli schizzava dalle labbra.

“D-dov’è?” rispose solo e a fatica Ed, alzando lo sguardo e trafiggendolo: nei suoi occhi non c’era paura, solo odio e fermezza; ma Scorpio rise, pensando che fosse solo una maschera o un principio di rassegnazione o, ancora, stupidità; pensando a come presto lo avrebbe spezzato e avrebbe visto quegli occhi riempirsi di terrore.

Lo colpì di nuovo con un calcio, questa volta al braccio, spezzandolo definitivamente.

“Ancora con quella ragazzina? Dovresti preoccuparti per te stesso, Assassino!” gli urlò guardandolo alzarsi a fatica e sferrargli un pugno al volto con la mano sana liquefacendolo tanto che per un attimo brillò al sole la mascella bianca, ma la pelle crebbe nuovamente sana e lucente.

“Non sai niente?” chiese ancora Ed saltando all’indietro per evitare un calcio laterale e scagliandogli due lame di veleno dalle braccia contro, invano.

“Nessuno sa cos’abbia fatto Azazel di lei, fosse anche la sua sgualdrina personale! Arrenditi! Implora pietà!” urlò facendolo piegare in due con un calcio in pancia per poi colpirlo a pugni uniti sulla nuca stramazzandolo a terra.

Edward sputò sangue e ghignò.

Aveva scoperto quel che poteva scoprire, ora poteva ucciderlo.

Scorpio lo guardò perplesso, troppo divertito per dargli subito il colpo finale, mentre quello si rialzava in piedi instabile e si spolverava i pantaloni con tranquillità.

“Non mi sei più utile. Stai per morire.” gli disse improvvisamente freddo l’Assassino, senza nessuna espressione sul viso.

“Ma sentilo! Stai a malapena in piedi, io sono in perfetta forma e il tuo potere non mi nuoce…e vorresti uccidermi?!” lo schernì indicando il suo corpo illeso e guardandolo con disprezzo.

Edward sorrise. Sadico.

“Vediamo se la tua guarigione è più veloce del mio veleno…” Rispose solamente; poi puntò la mano a pugno contro di lui e, prima che Scorpio potesse fare alcunché, da tutte le chiazze e gli schizzi di sangue vomitati o colati dalle ferite di Edward sul terreno tutt’intorno a lui si alzarono volute di liquido violaceo, ingrossandosi e chiudendolo in una gabbia.

“Che cosa…?” iniziò a chiedere quello mentre si vedeva venir circondato da quelle spire malsane, incredulo e confuso per quello che stava accadendo: era chiuso dentro e non aveva vie di fuga, se fosse passato lo avrebbero corroso interamente e… poi guardò Edward negli occhi e sentì il cuore gelarsi per il terrore. Aveva sbagliato. Completamente sbagliato. L’unica cosa che c’era negli occhi di quel ragazzo era la Morte.

La sua morte.

Edward aprì la mano di scatto.

Tutte le spire di veleno si lanciarono su Scorpio avvolgendolo, divorandolo e fagocitandolo, finché sazie non ricaddero a terra in innocuo sangue.

Al centro della pozza scarlatta ossa bianche e lucide.

Edward sorrise stanco e cadde all’indietro sul terreno, una mano a proteggersi dal sole.

Se voleva trovare Amamya, doveva trovare Azazel.

 

 

Shi evitò l’ennesima sferzata saltando all’indietro, il viso segnato da un profondo graffio, come il resto del corpo. Di quel passo Tara avrebbe dovuto fare gli straordinari…

“Già stanco?” chiese Double, ridendo folle mentre fischiare l’aria, anche lui era ferito e pieno di ustioni ma non sembrava risentirne; anzi, più lo colpiva, più sembrava preso da una foga animale.

“Volevo chiedertelo io!” gli urlò ghignando Shi prima di evocare la sua fidata katana di fuoco e socchiudere gli occhi analizzando l’avversario. Che strategia poteva utilizzare? Quelle maledette fruste gli impedivano di colpirlo in maniera letale: o lo respingevano o lo dirottavano o ancora peggio lo ferivano in modo da impossibilitargli l’attacco. Non si era mai sentito così acceso da un combattimento prima d’ora, ma se continuava così si sarebbe ferito e basta…

Il ragazzo tentò di nuovo di staccargli la testa con un colpo di frusta, ma Shi si abbassò in tempo per poi tentare un affondo allo stomaco ma quello utilizzò l’altra frusta per scaraventarlo a lato, ferendogli il fianco.

Shi rotolò per alcuni metri nella polvere e poi si rimise in piedi all’istante, senza tenersi nemmeno il fianco con la mano e mutando la katana in un’alabarda, per ripartire all’attacco.

“Questo combattimento mi sta risvegliando!” rise il ragazzo al cielo prima di incrociare le fruste e fermare l’avanzata di Shi disegnandogli una grossa X scarlatta sul petto; l’elfo tossi del sangue e indietreggiò prima di essere colpito di nuovo, la sua mente che ragionava veloce, cercando di quietare per qualche istante la frenesia del combattimento che lo offuscava. Quelle fruste lo stavano danneggiando troppo, non poteva permettersi di subire danni troppo gravi, soprattutto in vista di quel viaggio incerto.

Il problema principale era che le fruste erano due, uncinate e si muovevano ad alta velocità: se ne evitava illeso una, l’altra era pronta a sferzarlo o agganciarlo con gli uncini e scaraventarlo via; se riusciva a evitarle entrambe, si trovava in una posizione che non gli permetteva di attaccare. Poteva essere un folle, ma quel ragazzo sapeva come tenerlo lontano e come manipolarlo.

“Stai cercando un buco nella mia difesa?” gli chiese Double inclinando la testa di lato e scrutandolo con vivo interesse, “Non perdere tempo e combatti! Non ce ne sono!” gli urlò riiniziando a far schioccare le fruste e trascinando nuovamente Shi nella loro danza mortale. Non aveva punti deboli? Impossibile! Per quanto le fruste consentissero un sistema di difesa e attacco eccezionale, solo il fatto di essere manovrate da un uomo le rendeva imperfette…

“Non sei un po’ troppo sicuro di te?” gli chiese urlando l’elfo mentre con un salto laterale evitava l’ennesimo colpo, cercando di prendere tempo.

“Sono realista!” gli rise in faccia l’altro, approfittando di un secondo di troppo di immobilità di Shi per allargare le braccia e poi scagliare le fruste contro di lui, colpendolo ai fianchi e ai gomiti da entrambe i lati, chiudendolo nella loro morsa.

Paradossalmente fu in quel momento di estremo dolore che Shi intuì la strategia vincente e il suo ghignò si ampliò soddisfatto.

“Non rimanerci troppo male, quando ti avrò ucciso…” gli disse allora riiniziando ad assecondare i movimenti delle fruste, schivandoli e fingendo degli attacchi per non insospettirlo. Doveva solo aspettare il momento adatto…

Schivò con un salto la frusta che mirava alle ginocchia e si accorse di trovarsi a pochi metri esattamente di fronte al ragazzo; Shi assottigliò gli occhi e finse di riprendere fiato stremato. Un secondo dopo, con luce folle negli occhi il ragazzo allargò di nuovo le braccia e c fece scattare di nuovo contemporaneamente entrambe le fruste contro i fianchu di Shi.

Gli uncini gli straziarono la carne delle braccia e dovette usare tutte il sangue freddo che possedeva per mettere in atto la sua strategia: con un ghigno di scatto si attorcigliò le fruste intorno agli avambracci e le afferrò con le mani nonostante il dolore lancinante.

Double perse il suo sorriso folle, confuso dalla mossa inaspettata, ma non fece in tempo pensare o dire nulla che Shi, con uno strattone che fece affondare gli uncini ancora più a fondo, lo tirò a sé.

“Ti avevo detto di non rimanerci male…” gli sibilò mentre lo infilzava dritto allo stomaco con la sua katana di fuoco; Double sputò sangue sulla sua spalla, prima che la luce nei suoi occhi, ancora sgranati, si spegnesse e Shi si togliesse la sua carcassa di dosso per sedersi a terra stremato.

“Speriamo Tara finisca in fretta…questi uncini fanno un male cane!” si lamentò con uno sbuffo osservando le fruste del nemico attorcigliate alle sue braccia. Non era certo così masochista da provare a togliersele da solo.

 

 

Aria iniziava a temere che quel combattimento si sarebbe protratto all’infinito, come poteva fare a vincere contro un’avversaria che leggeva il futuro? Aveva anche provato ad attaccarla con la falce e con la sua amata balestra, ma quella si era ovviamente limitata a evitare i colpi con precisione e velocità calcolate, quindi erano tornate a una battaglia mentale. Come se stessero giocando a scacchi senza mai muovere un pezzo. La domanda vera era se una delle due sarebbe mai riuscita a dare lo scacco all’altra.

Esattamente negli stessi istanti Osgal incalzava la sua avversaria con la katana, in una sequenza di colpi neanche visibile ad occhio umano. Doveva ammetterlo: quella vampira era una degna avversaria, se non fosse stata parte del rifiuto della società…allearsi con una Gilda Oscura per poter fare ciò che più le pareva. Non c’era neanche bisogno di chiederle se era lei una di quelle che stava inseguendo. Mossa furba assicurarsi la protezione de re, peccato per lei che Osgal si fosse alleata con un branco di scalmanati fuorilegge e non gliene fregasse di meno in quel momento di scatenare le ire del re.

“Non perderti via!” le ringhiò Daiana ferendola ad una guancia, ma Osgal non mostrò nessuna espressione e continuò a combattere, mettendo a segno sempre più colpi. Certo era brava, ma non era brava quanto lei che si allenava da centinai d’anni.

Aria intanto immaginò di scattare in avanti, fare un finta verso sinistra e invece giungerle alle spalle da destra per poi tagliarle la testa con la falce. Deianira sorrise e progettò di andare incontro alla finta e colpirla in pancia di taglio prima che le arrivasse alle spalle, per poi approfittare del dolore momentaneo per piantarle i canini in gola e decapitarla. Aria lo lesse e si preparò ad estrarre la balestra per scagliare una serie di colpi in sequenza per prenderla al cuore, ma Deianira penso come contromossa ad una corsa tra gli alberi per disorientarla ed evitare i colpi fino a giungerle alle spalle e pugnalarla.

Così non andava. Aria aveva bisogno di un vantaggio, anche un minuscolo aiuto…

Fu in quel momento che nella mente di Deianira si intromise prepotente un’altra visione futura: Osgal che disarmava la sorella Daiana e la tranciava a metà di netto.

Fu questione di pochi secondi: Aria lesse la visione e vide Deianira immaginare di urlarle di stare attenta, ma subito previde Osgal tranciarla mentre la sorella si girava per guardarla; pensò allora di andarla aiutare, e Aria pensò quindi di approfittare del momento per colpirla alle spalle. L’avversaria cercò di cambiare tattica e progettò di saltare addosso ad Aria frontalmente per poi correre ad aiutare la sorella dopo averla uccisa, ma Aria le mostrò l’immagine di lei che la squartava con la falce. Deianira pensò di prendere la sorella e scappare, ma vide Osgal e Aria che le raggiungevano e le incalzavano di nuovo a combattere…e tutto sarebbe tornato al punto di prima. Pensò di nuovo, con dolore immane, di abbandonare la sorella e scappare, ma vide Aria e Osgal unire le forze per ucciderla.

Dolore. Sconfitta. Morte.

Qualunque strada provasse ad immaginare, il futuro che le attendeva mostrava solo questo.

“Scacco Matto.” Pronunciò Aria estraendo la balestra e puntandola dritta al suo cuore.

Deianira non fece, né disse nulla e allargò le braccia con un sorriso di sfida.

Un dardo le trapassò il cuore.

Osgal tranciò Daiana.

Le due sorelle caddero a terra senza vita.

Aria corse ad abbracciare Osgal e insieme diedero fuoco ai due corpi.

“Se non fosse stato per te non avrei mai vinto…Grazie.” le mormorò Aria con un sospiro stanco, la testa che le doleva.

“Non so a cosa tu ti riferisca, ma non c’è di che.” Le rispose perplessa Osgal riponendo la katana, mentre l’amica scoppiava a ridere liberando la tensione accumulata.

 

 

Ashuros di solito non si faceva prendere dalla rabbia. In combattimento lui diventava freddo, efficiente…ma in quel momento gli sembrava di vedere il mondo tinto di rosso sangue. Quel bastardo…quel bastardo non faceva altro che insultare lui, sua madre e il suo padre adottivo Orligan…richiamava il momento in cui l’avevano uccisa…ricordava i dettagli e lui sentiva il sangue ribollirgli nelle vene. Voleva ucciderlo, più di qualsiasi altra cosa. Voleva vedere il terrore nei suoi occhi mentre la vita lo lasciava, mentre comprendeva che ora le porte dell’immortalità si erano chiuse per lui…Voleva anche solo chiudergli quella maledetta bocca.

“Cosa c’è ragazzino? Inizi a spazientirti?” gli chiese ridendo il conte schivando l’ennesimo affondo del ragazzo e parando col bastone il calcio laterale che aveva cercato di infliggergli ruotando su se stesso; l’uomo fece pressione con l’asta per spingerlo all’indietro e cercò di trafiggerlo con la lama che spuntava dalla punta del bastone e che aveva rivelato dopo pochi attimi di combattimento.

Il ragazzo lo ignorò con un ringhio e tentò di nuovo di colpirlo al collo, ma quello lo dirottò e lo ferì alla guancia pallida; si scambiavano colpi su colpo in una danza mortale a velocità folle, la situazione che non variava né a vantaggio dell’uno né a vantaggio dell’altro.

“Quello sguardo d’odio…era lo stesso di tuo padre quando vide il cadavere di Luinisia, quella sporca vampira impura che era tua madre…ma devo ammettere che non aveva un cattivo sapore.” Commentò con sprezzo sputando per terra e Ashuros sentì la sua sentì il suo furore esplodere e con uno slanciò cercò di trapassargli il cuore con il pugnale. L’errore di un attimo e si accorse di essere caduto nella trappola del vampiro: lo vide appena scostarsi di lato prima che la lama calasse e gli tranciasse il braccio destro all’altezza del gomito, prima di approfittare del suo sconvolgimento per sorpassarlo e fare la stessa cosa con l’altro braccio senza che potesse difendersi...

Un dolore assassino lo scosse fin dentro all’anima e dovette digrignare i denti per non dargli la soddisfazione di sentirlo urlare, senza neanche badare ai suoi arti che cadevano per terra; solo grazie al mero istinto animale si abbassò e scattò portandosi a distanza di sicurezza prima che lo decapitasse. Concentrandosi cercò di rallentare il cuore fin quasi a fermarlo così da evitare ingenti perdite di sangue, ma non del tutto. Ne aveva bisogno.

“Vediamo se sei più veloce tu a rigenerarti o io a ucciderti…” gli propose il conte con un sorrisetto di sfida leccando il sangue di Ashuros sulla lama e poi sputandolo a terra disgustato per rimarcare come gli fosse inferiore, poi gli scattò incontro bramoso della sua morte.

Il ragazzo fece una smorfia, trovandosi in difficoltà nell’attuare il suo piano di riserva con entrambe le braccia mozzate, e premette il più possibile le braccia contro il petto lasciando colare il sangue sui vestiti. Certo si stavano a già rigenerando, ma di quel passo sarebbe stato ucciso prima di risentirsi le mani.

Con un balzo all’indietro evitò un colpo al cuore e abbassandosi di lato evitò l’ennesimo tentativo di decapitazione.

“Quanto ci metteva?!” Pensò guardando con irritazione il sangue che colava troppo lentamente verso la tasca dei pantaloni in cui si intravedevano tre piccoli bozzi.

“Sarebbe più dignitoso arrendersi mezzosangue…” infierì ancora Sangnoir mentre approfittando dell’attimo di distrazione per tracciare una lunga striscia bordeaux scuro sulla sua camicia. Ashuros ringhiò aumentando il ritmo con cui schivava i fendenti: più ferite doveva rimarginare, più tempo ci metteva.

Poi finalmente sentì un improvviso freddo glaciale spandersi dalla sua tasca destra e un ghigno gli si dipinse sul viso. Aspettò che il conte tentasse un altro affondo, ma invece che evitarlo saltò in aria all’indietro e mentre era capovolto dalla sua tasca caddero tre piccole uova in pietra, una delle quali baluginava di nero. Esattamente nel momento in cui i suoi piedi toccarono terra, il piccolo uovo iniziò a ingrandirsi a dismisura e una volta raggiunte le dimensioni di Ashuros si riempì di crepe; con uno sono schioccò l’uovo si fratturò fino a divenire un grosso gargoyle di pietra, simile a un toro di circa otto metri, armato con una grossa ascia a manico lungo.

Il conte digrignò i denti e si mise in guardia, mentre Ashuros mormorava alcune parole al suo guerriero. Poi la creatura scattò contro di lui e cercò di decapitarlo con un solo fendente; Sangnoir si protesse con il bastone, ma quello si incrinò non reggendo l’urto.

Ashuros ghignò approfittando dell’occasione per riprendere fiato e concentrarsi sulla rigenerazione, ovviamente non avrebbe lasciato il piacere di squartarlo al gargoyle ma gli avrebbe fatto prendere tempo.

Il conte intanto cercava di fermare l’inarrestabile avanzata della bestia in pietra, ma era costretto a retrocedere di colpo in colpo, su di lui la lama non aveva effetto. Stava giusto cercando di trovare una strategia per abbatterlo prima che fosse troppo tardi, quando con la coda dell’occhio vide la coda della bestia giungergli incontro e si protesse con il bastone, che andò in frantumi; all’istante, invece di colpirlo il gargoyle si spostò di lato e il pugno di Ashuros, perfettamente risanato, lo colpì dritto in faccia cogliendolo di sorpresa e scagliandolo contro un albero

Non fece in tempo a tentare di rialzarsi che già l’ombra del suo avversario incombeva su di lui.

“Niente male moccioso…” commentò sputando a terra mentre il ghigno assetato di vendetta di Ashuros si allargava, prima che gli piantasse il pugnale nella spalla ancorandolo all’albero per impedirgli di scappare.

“È arrivata la tua ora, bastardo.” Si limitò a ringhiare lui prima di afferrargli un braccio e piantargli il piede sulla spalla, per poi strapparglielo via con un orrendo stridore mentre le urla del conte si alzavano nel cielo.

“Uccidimi!” gli ordinò furioso, ma Ashuros impassabile gli strappò anche l’altro braccio; poi fu il turno delle gambe, una alla volta.

Infine lo addentò alla gola e lo decapitò.

Diede fuoco ai resti e pulendosi la bocca sputò a terra, un senso di soddisfazione che gli gorgogliava in petto, mista al disprezzo.

“Non sei mai stato degno neanche di strisciare ai loro i piedi…” mormorò disgustato pensando alla madre e al padre. Voltandosi osservò con un mezzo sorriso Charlotte che implacabile faceva in minuscoli pezzi il ghoul e gli dava fuoco, e poi si sedette a terra a guardare il cielo per riprendere fiato…per fortuna aveva bevuto il sangue di quella sirena o non avrebbe mai avuto abbastanza energia per affrontare quel combattimento.

 

 

Eran cominciava a sentire la stanchezza e guardando quell’enorme livido purulento a zoccolo sul petto, che si intravedeva dalla camicia strappata, dedusse di dover avere come minimo due costole rotte che gli rendevano difficile respirare, nonostante la rigenerazione più veloce. Aveva decisamente sottovalutato il suo avversario: non aveva armi o poteri, ma la sua forza bestiale uniti agli arti e alle corna caprine riuscivano a metterlo in difficoltà senza problemi.

“Non distrarti!” gli disse quasi con un belato prima di colpirlo al fianco con un poderoso calcio che lo schiantò contro un masso; non fece in tempo a rialzarsi che il satiro gli fu sopra e lo colpì con entrambe le mani allo stomaco.

La forza dell’impatto gli fece vomitare un fiotto di sangue, mentre la vista per un attimo sembro oscurarsi; non doveva cedere, se cadeva nell’incoscienza era finito.

Sfruttando la scarica di adrenalina che il pensiero di morire gli aveva scatenato e il suo istinto animale di sopravvivenza, si trasformò nel grosso lupo grigio. In quella forma il dolore era più forte, ma lo erano anche tutti gli altri sensi e percezioni.

“Il tuo odore mi sembrava strano…” commentò l’avversario cercando di colpirlo con lo zoccolo al muso, ma Eran scartò di lato. Non amava bere il sangue, ma a quel pungo era una questione di sopravvivenza: se fosse riuscito a morderlo e berne la ferita si sarebbe come minimo anestetizzata… doveva lasciarsi dominare dalla sua parte animale se voleva vincere. Con un ululato caricò il suo avversario che tentò di fermare l’avvento del lupo afferrandogli le zampe e, cadendo all’indietro per l’urto, piantargli un zoccolo nella pancia e lanciarlo via. Il lupo guaì con il sangue che iniziava a colare e digrignando i denti cominciò a girare intorno al satiro, che lo guardava sprezzante.

“Lupi…” mormorò disgustato prima di lanciarsi nuovamente contro di lui ma il lupo lo evitò all’ultimo e aspettò che lo superasse ci slancio per azzannargli il polpaccio caprino. Il sangue caldo gli fluì in gola dolce e invitante, mentre il suo istinto animale ululava di gioia per il sapore tipico della capra.

Quasi preso da una fame insaziabile divelse con ferocia un brandello di carne e lo ingoiò con gusto, mentre il dolore pian piano si leniva.

“Bestia!” urlò Kaleen con gli occhi iniettati di sangue per il dolore, ma voltandosi si rese conto di quanto le sue parole fossero vere e in un attimo il lupo fu sopra di lui.

Dopo circa dieci minuti di urla raccapriccianti, Eran tornò in un forma umana e guardò triste lo scempio compiuto: non appena il dolore alle costole risanate era sparito, era riuscito a ritrovare il controllo e a ritrasformarsi…ma del satiro rimaneva una carcassa. Era stato troppo lento.

“A una capra non conviene scontrarsi con un lupo…” mormorò al cadavere dagli occhi vitrei prima di allontanarsi pulendosi la bocca dal sangue, che lo imbrattava macabramente da capo a piedi.

 

 

Avrebbe ucciso quella donna. L’avrebbe fatta a pezzi. L’avrebbe squartata. Si sarebbe cibata delle sue carni.

“E immagino che squallida come sei tu non abbia neanche mai avuto un vero uomo al tuo fianco…non che mi stupisca!” continuò il discorso con cui stava mettendo a dura prova la pazienza di Tara, le cui punte di capelli erano sempre più chiare.

“Stai zitta!” le ringhiò contro sfregando ancora la pietra rossa mentre altre spire di fiamme avvolgevano i rovi di lei, che sogghignando ne evocava sempre di più. Vediamo come se la cavava contro la sua stessa arma…Tara estrasse un’altra pietra, verde, e iniziò a sfregare più volte, evitando gli attacchi della donna che la scrutava sicura ma indagatrice.

Non appena le sue dite sfiorarono per la nona volta la pietra, quella mandò dei bagliori verdastri prima di lasciar scaturire un cono di rovi contro la donna che assottigliò gli occhi e, con un movimento della mano, evocò un muro di edera a proteggerla.

“Tutto qui?” le chiese mentre la sua edera strangolava i rovi di Tara e si arrampicava verso la ragazza, che interruppe l’evocazione, “Patetica.”

“Lo avevo capito dal primo sguardo che non saresti stata alla mia altezza…” mormorò guardandosi le unghie rosse con indifferenza, le punte dei capelli della mannara sempre più chiare.

“Mi sono stufata di sprecare il mio tempo per una come te.” Aggiunse poi guardandola negli occhi con un sorriso di superiorità prima di puntare la mano verso Tara e aprire di scatto il palmo.

Non fece in tempo a spostarsi che la terra sotto di lei si crepò con degli schiocchi assordanti e un gigantesco fiore dai petali viola emerse come a fauci spalancate e la imprigionò al suo interno.

“Death’s Flower’s Prison!” mormorò soddisfatta chiudendo la mano a pugno e preparandosi a gustare le urla di dolore della sua avversaria. Sarebbe rimasta fino alla fine a guardare.

Tara lanciò un urlo nel sentire le spine che ricoprivano l’interno dei petali graffiarle e perforarle la pelle mentre il fiore iniziava a stritolarla. Era in una pianta carnivora. Una maledetta pianta carnivora che la stava cercando di digerire.

Un liquido vischioso iniziò a scorrere lungo i petali mentre l’aria iniziava a mancare. Se nono usciva in fretta sarebbe diventata un mucchietto di ossa lucide e la cosa non le garbava. Doveva ancora farla pagare a quella donna…

A spasmi raggiunse con la mano il sacchettino in cuoio e iniziò a rovistare tra le pietre: usando quella pietra per liberarsi avrebbe consumato quasi tutta la sua energia magica e le sarebbe rimasta una sola speranza di batterla, l’effetto sorpresa.

Finalmente le sue mani si strinsero attorno alla pietra che cercava, piccola e liscia, nera come la notte e cominciò a sfregare.

Uno.

Il liquido cominciò a ricoprirla dalla testa.

Tre.

Gli aculei cominciarono ad affondare più in profondità nella carne.

Sei.

La sua bocca non trovò più aria e dovette trattenere il fiato.

Nove.

Le pareti ormai l’avevano schiacciata ed era ricoperta di liquido.

Dieci.

Sotto gli occhi increduli della maga di Black Star il fiore esplose trafitto da centinaia di lame d’ombra nera schizzando ogni cosa di liquido appiccicoso nel raggio di trenta metri.

“Che cosa?!” sbraitò la donna cercando di intravedere la sua avversaria ed evocando dei rovi per proteggersi, ma troppo tardi si accorse del grosso lupo bianco sporco di sangue rosso, con tra le zanne un oggetto scintillante indefinito, che saettava fulmineo tra i rovi. Tentò di fermarlo con una sferzata di rovi ma il lupo scivolò sotto di essi sfregiandosi la schiena e poi balzò verso di lei con un salto disumano.

A mezz’aria il lupo si trasformò in una Tara livida di rabbia e dolore che rapida si tolse dalle labbra un elegante falcetto dorato, prima di precipitare sopra la sua avversaria. Solo un gridolino si udì nell’aria e un tonfo macabro accompagnarono il cadere della testa dai capelli rossi nel terreno polveroso, la bocca rossa ancora piegata ina smorfia di orrore e gli occhi vitrei. Poi anche il corpo si accasciò accanto a lei mentre Tara cadeva in ginocchio.

Il respiro era affannato ma la ragazza cercava strenuamente di snebbiare la mente.  Attorno a lei sentiva ancora i rumori dei combattimenti dei suoi compagni ma alzando la testa vide alcuni di loro, come Edward o Shi, accasciati sul terreno vivi a stento. Non aveva il tempo di riposare. Arrancando si trascinò nuda fino ai resti del fiore, dove ritrovò abiti e borsa. A occhio aveva numerosi graffi, un principio di infezione e quattro o cinque ferite profonde, più un’emorragia interna allo stomaco: doveva medicarsi nel miglior modo possibile nel minor tempo possibile e andare ad aiutare gli altri.

Con le lacrime agli occhi iniziò a passare le bende col disinfettante sulle ferite.

Doveva sbrigarsi.

 

 

Gigi doveva ammettere che, per quanto l’avesse divertita l’idea di un attacco di forza bruta, non stava ottenendo i risultati sperati. La ragazza era ancora in piedi, nonostante numerose escoriazioni e lividi, e non cedeva di un passo.

“Puoi arrenderti se vuoi.” Le disse Gigi con un ghigno mentre recuperava fiato, ma Lilith non rispose gelandola con lo sguardo, per poi riiniziare a far roteare le alabarde elettrificate.

“Come vuoi.” Continuò allora la dragon slayer irritata prima incrociare le braccia al cuore mentre dei piccoli vortici d’acqua le vorticavano intorno. “Water Dragon’s Blade!” pronunciò mentre l’avversaria scattava e aprendo di scatto le braccia le corse incontro, mentre dalle dita si allungavano lunghi artigli di acqua tagliente.

Purtroppo si rese contro troppo tardi di aver scelto l’elemento peggiore per uno scontro corpo a corpo; non appena i suo artigli bloccarono le alabarde una scarica di elettricità pura le corse nel corpo facendola urlare. Fino ad allora era riuscita a farsi solo sfiorare o proteggersi con la terra, ma il contatto diretto era…doloroso. Enormemente doloroso.

Con gemito le ginocchia le cedettero e Lilith le piantò l’asta di un alabarda in pancia, scaraventandola via. Gigi rotolò per alcuni metri con il sangue che le gocciolava dalle labbra e Lilith la incalzò senza pietà cercando di darle il colpo di grazia. Solo all’ultimo la bionda ebbe la prontezza di battere a terra il pugno mormorando “Earth Dragon’s Shield” e un muro di roccia si alzò dal terreno davanti a lei proteggendola dall’attacco finale. Ovviamente Lilith lo distrusse in un colpo, ma così Gigi ebbe il tempo di rimettersi in piedi e riprendere fiato.

“Sei più dura di quanto mi immaginassi.” La fronteggiò pulendosi con la mano piena di ustioni le labbra insanguinate. Doveva andarci pesante.

“E tu non sei all’altezza.” Parlò per la prima volta la ragazza piantando feroce la punta dell’arma nel terreno. Ora, c’erano due possibili modi di interpretare la frase, il primo come “Non sei forte quanto me e non puoi battermi” e il secondo, dato il fisico slanciato e tonico della ragazza, come “Non sei alta quanto me”. Gigi percepì più il secondo che il primo, sfortunatamente per Lilith.

Una forte pressione iniziò a crescere attorno a lei, tanto che Lilith indietreggiò mettendosi in posizione di difesa, e una luce dorata la circondò mentre i tatuaggi sulla schiena si illuminavano: di colpo le due grandi ali bianche si spalancarono e Gigi si sollevò di qualche centimetro da terra. Poteva essere un angelo ed averne l’aspetto, ma lo sguardo era quello di un demone.

“Infelice scelta di parole...” commentò tagliente mentre il vento si alzava e la terra tremava; poi con un colpo d’ali si lanciò contro la ragazza a fauci spalancate.

“Air Dragon’s Roar!” un cono di vento tagliente si abbatté sulla rossa scaraventandola all’indietro di alcuni metri; provò piantare le alabarde nel terreno per non retrocedere ma non fece in tempo a rimettere a fuoco il mondo intorno a se che si trovò davanti Gigi che la colpì in pieno volto con un pugno ricoperto di roccia.

“Earth Dragon’s Fist” Urlò mentre la osservava andare a schiantarsi contro un albero, distruggendolo. Più tardi l’avrebbe sistemato, vantaggi dell’essere la figlia del Drago della Natura. Stava per caricare nuovamente quando udì un forte boato e venne investita da fiotti di liquido appiccicoso; dopo essersi guardata intorno confusa e nel tentativo di levarselo dal volto, scorse finalmente Tara, poco lontano dai resti di un fiore gigante, tornare in forma umana dopo aver ucciso il nemico: era gravemente ferita eppure cercava di tornare indietro, conoscendola per andare a prendere il necessario per medicare lei e gli altri. Doveva correre ad aiutarla.

Concentrata tornò a guardare dove poco prima c’era la sua avversaria, ma quella era sparita e, prima che potesse fare alcunché, una lama elettrificata la trafisse. L’urlo di dolore della ragazza sembrò scuotere la natura, tanto che Lilith fu allontanata da varie raffiche di vento.

Tenendosi la spalla sanguinante Givi guardò la sua malconcia avversaria: una persona normale non si sarebbe ripresa così velocemente. Doveva pensare velocemente a come metterla fuori gioco.

Un ghigno si dipinse sulle labbra feline della ragazza: era folle, ma era sicuramente il metodo più veloce. O almeno lo sperava.

Intorno a lei cominciarono nuovamente ad innalzarsi vortici d’acqua, ma molto più numerosi e la ragazza aprì le braccia alzando il volto al cielo a fauci spalancate.

“WATER DRAGON’S WRATH!” Uno tsunami in miniatura si abbatté su Lilith che tentò di difendersi con le alabarde, ma dall’interno dell’ondata emerse Gigi, completamente ricoperta di terra bagnata, che digrignando i denti le afferrò con le mani le aste dirottandole nell’acqua attorno a Lilith e che le scrociava addosso, bagnandola interamente. In un lampo d’orrore Lilith capì il piano della ragazza: avrebbe fulminato entrambe nella speranza di abbattere lei, nella speranza che la terra seppur bagnata la risparmiasse un minimo. Era folle. Sarebbero morte entrambe.

L’elettricità si espanse in ogni molecola d’acqua e la voce di Lilith distorta in maniera disumana per il dolore si unì a quella di Gigi innalzandosi al cielo prima che il corpo della rossa cadesse a terra carbonizzato.

L’armatura di terra cadde, la pelle di Gigi fumava e le ali erano scomparse, ma riuscì a rimanere in piedi con un debole sorriso. Poi zoppicando e barcollando cercò di raggiungere Tara, ma a metà strada cadde a terra stremata.

 

 

Akiko balzò elegante evitando l’ennesima zampata della mostruosa creatura che poco prima era una bambina dagli occhioni innocenti.

“Vieni qui gattino!” proruppe la bestia con tono rauco cercando afferrarla con i giganteschi artigli, “Giochiamo insieme!

La ragazza continuò a danzare agile intorno a quella, infierendole profondi graffi dove riusciva ad avvicinarsi, ma per quanto sangue le imbrattasse il pelo la creatura non smetteva di darle la caccia.

“Lasciati assaggiare!” ringhiò cercando di afferrarla con le zanne affilate, ma Akiko agile le saltò sul muso graffiandole tra gli occhi. Purtroppo non fu abbastanza veloce da saltare lontano che la bestia riuscì ad afferrarle la coda e scagliarla a terra di schiena con un forza tale che le fece sputare sangue.

Rotolò di lato prima che le zampe posteriori la schiacciassero a terra.

“Divertente!” latrò seguendola con gli occhi scarlatti, “Voglio vedere più sangue! Più sangue!” ripeteva cercando di afferrarla, sempre più rapida.

La gatta mannara cominciava a stancarsi, quella bestia era maledettamente resistente…e la voce, quello che le diceva…le dava i brividi. Cosa avevano fatto a quella bambina?

Con un miagolio dolorante non riuscì a schivare e dovette proteggersi dagli artigli con le braccia, che graffiate perdevano parecchio sangue.

Non poteva andare avanti così.

Da un cinturino legato alla coscia estrasse una frusta nera con una luna d’argento che pendeva dal manico e la fece schioccare a terra.

“Basta!” tentò di comunicare con la bambina che doveva essere dentro la bestia, che sperava si facesse intimidire dalla frusta come un cane.

Le sue speranze vennero infrante quando tentò nuovamente di afferrarla e solo un rapido balzo all’indietro la salvò dall’essere trafitta, mentre con la frusta le sferzava il palmo zampa.

“Gattino cattivo! Cattivo!” iniziò a uggiolare la bestia mentre gli occhi si riempivano di odio feroce. Lato positivo: aveva trovato un punto debole. Lato negativo: ora era arrabbiata.

“I gatti cattivi vanno puniti!” ringhiò estirpando un albero dalle radici e scagliandoglielo contro, con tanta forze che Akiko riuscì a balzare di lato solo all’ultimo prima che il tronco esplodesse in mille schegge contro il terreno.

“Cattivo!” ringhiò saltandole addosso, mentre lei riprendeva la sua agile danza di graffi, schivate e frustate, nella speranza di abbatterla. Il manto scarlatto, i colpi sempre più forti ma imprecisi, la mente annebbiata dal dolore…

“Basta, basta! Mi fai male!” piagnucolò la creatura accucciandosi su se stessa e nella mente di Akiko per un attimo si frappose l’immagine di una bambina insanguinata che piangeva. Un attimo di distrazione fatale in cui la creatura ringhiando riuscì finalmente ad afferrarla graffiandola con gli artigli.

La creatura ridacchiò mentre Akiko cercava di liberarsi dimenandosi e respirare diventava sempre più difficile.

“Ho preso il gattino cattivo! Ho preso il gattino cattivo!” iniziò a ridere macabra la bestia, scuotendo Akiko di qua e di là, come una bambola di pezza.

“Cosa facciamo ora? Potremmo staccargli la testa! Oppure provare a vedere com’ è dentro!” proponeva mentre la ragazza cercava invano di liberarsi.

“Oppure potremmo mangiarla!” ringhiò infine seria osservandola diaboliao e Akiko, in preda alla disperazione azzannò la zampa della creatura dove poco prima l’aveva frustata. Con un ululato di dolore la bestia la lasciò cadere e Akiko ansimò nel sentire di nuovo l’aria nei polmoni.

Doveva fermarla. Doveva salvare quel che era rimasto della bambina in quel mostro.

Akiko iniziò a far schioccare la frusta sempre più velocemente e quella cominciò ad allungarsi sempre di più; poi la fece scattare e l’attorcigliò intorno alla zampa della bestia dolorante. Rapida inizio a saltarle intorno, sotto le gambe, tra le braccia mentre quella impazzita cercava di colpirla alla cieca.

Solo quando fu troppo tardi si accorse di essere finita in trappola e completamente legata cadde a terra con un tonfo; neanche allora smise di dimenarsi furente. Akiko inerpicandosi sul grande corpo della bestia le salì sopra fino a trovarsi davanti al suo muso deforme.

“Ritrasformati, calmati” le disse tentando di sorridere, “Se lo farai non sarò costretta a farti del male. Sei solo una bambina, non devi combattere per forza.” Le sussurrò cercando di scorgere di nuovo in lei la bambina che aveva incontrato, ma i suoi occhi riuscivano solo a vedere le fauci coperte di bava, la lingua rossa a penzoloni e gli occhi dilatati e rossi di sangue.

“Lasciati assaggiare gattino cattivo! Lasciati assaggiare! Voglio vedere il tuo sangue! Il tuo sangue!” latrava guardandola bramosa, gli occhi folli e persi.

Una sola lacrima cadde lungo la guancia di Akiko, mentre si rendeva conto che non c’era più niente della bambina nella bestia. Qualsiasi cosa le avessero fatto, la bambina era stata divorata da tempo e quello che lei aveva visto erano i rimasugli della pazzia a cui era stata probabilmente portata. Forse era un esperimento o una mutazione, l’unica cosa certa era che non c’era più nulla da salvare. Rimaneva un solo modo per liberarla.

Con un colpo di artigli squarciò la gola morbida della bestia che spruzzò fiotti di sangue imbrattandola da capo a piedi mentre gli ultimi folli latrati le si spegnevano in gola e il corpo si ritrasformava in quello della bambina. Solo gli occhi spenti nel suo viso angelico rimasero quelli deformi della bestia, lì a fissare la sua avversaria con la stessa follia che brillava in lei mentre era viva.

Akiko indietreggiò addolorata, ritrasse la frusta e si allontanò il più possibile da quell’orrore.

Quel mondo era corrotto.

 

 

Amlach proruppe in un ringhio basso e roco mentre gli artigli dell’avversario affondavano con piacere nella sua carne. Quanto aveva atteso quel momento di dolce vendetta.

“Ti stai rammollendo…” lo schernì evitando la katana nera di Amlach con un balzo all’indietro, leccando il sangue dalle mani con un brivido di piacere.

No, non si stava rammollendo. Si stava innervosendo. Quel maledetto scarto di prigione si era sottoposto a chissà quali incanti ed esperimenti per potenziarsi e ora riusciva a vanificare gli effetti delle sue ombre con i lunghi artigli; questo stava trascinando il combattimento in una sorta di situazione di stallo e lui doveva affrettarsi, o la gatta avrebbe fatto una pessima fine.

Socchiudendo gli occhi concentrato ordinò all’ombra di strisciare e avvilupparsi intorno alle gambe del nemico, per poi farlo cadere con uno strattone mentre lui gli si lanciava sopra pronto a trafiggerlo; quello però blocco la lama tra gli artigli e ululò nel dirottarla. Amlach ebbe appena il tempo di evocare degli spuntoni dalle ombre per trafiggergli le gambe prima di saltare via per evitare un calcio al ventre.

Senza fermarsi tentò un altro affondo allo stomaco ma ancora una volta la lama venne deviata e per poco anche l’occhio sano di Amlach non fu accecato; spostando il peso sulla gamba destra e voltandosi di profilo afferrò il polso dell’uomo e lo scaraventò in avanti colpendolo con una ginocchiata al mento, ma l’avversario sputando sangue gli conficcò gli artigli nella gamba. La katana gli tremò nella mano per il dolore ma cercò comunque di colpirlo alla schiena sfruttando la posizione piegate dell’altro, il quale però diede uno strattone e liberò gli artigli provocandogli otto lunghi tagli e un dolore tale che non ebbe la forza di far penetrare a fondo la lama nella schiena.

“Bastardo!” ruggì allontanandolo con un calcio della gamba sana; l’altra era ridotta in maniera pietosa: otto squarci che perdevano sangue copioso. Doveva muoversi e fermare le emorragie.

I due si guardarono in cagnesco per alcuni attimi, riprendendo fiato e cercando di snebbiare la mente dal dolore. Poi Amlach gettò la katana a terra e lo guardò con un ghignò derisorio.

“Ora basta giocare cucciolo.” Pronunciò prima di acquattarsi e prorompere in un lungo ululato. Il corpo iniziò a mutare e il pelo a crescere fino che al posto di Amlach non ci fu un gigantesco lupo bipede dal lungo e folto pelo nero, gli artigli e le zanne affilate come sciabole. E gli occhi, gli occhi azzurri come il ghiaccio, freddi come la morte e sena alcuna pietà.

L’altro eseguì la trasformazione all’istante, divenendo un grande lupo bipede grigio…ma non era alla sua altezza. Neanche fisicamente.

Amlach si slanciò contro l’avversario come un lampo, tentacoli di oscurità che dardeggiavano intorno a lui, e finirono zampa contro zampa nel cercare di sovrastare l’avversario; con un ululato si avventò sul suo collo e gli affondò le zanne nella carne dura ma ricca di sangue, che caldo sgorgò copioso. Il lupo grigio proruppe in un lamento straziante e colpì con gli artigli Amlach alla mascella, per poi scagliarlo via, ma lui si portò via un brandello abbondante di carne che ingurgitò famelico.

Ringhiando e sanguinando si girarono attorno e scattarono di nuovo l’uno contro l’altro; questa volta il nemico attaccò la zampa posteriore già martoriata e la morse con foga. Uggiolando Amlach lo scalciò via colpendolo al muso e poi lo sovrastò strappandogli a morsi un’orecchia. I due lupi si trovarono a rotolare avvinghiati nel sangue e nella polvere fino a che Amlach non riuscì a inchiodarlo a terra di peso.

Un solo vittorioso ululato.

I suoi artigli si piantarono nel cuore del lupo grigio e le sue fauci squarciarono la sua gola.

Quando si rialzò, di nuovo umano, era una maschera di sangue; con gli occhi cercò Akiko ed ebbe un tremito di terrore nel veder la bestia gigantesca cadere a terra alzando un nugolo di polvere e al pensiero di lei schiacciata, ma poi la vide emergere viva e vittoriosa.

“Sarà meglio pulirmi un attimo…” mormorò dolorante scorgendo il suo riflesso in una pozza di sangue.

 

 

Oh quanto odiava quei due! Amane avrebbe preso le loro due testoline identiche e le avrebbe schiantate tra loro! Una, due, tre volte! Finché non avesse visto il sangue colare dalle loro stupide fronti.

“Non ti muovere mi raccomando, rischi di farti male!” ghignò il gemello rosso guardandola sornione.

Ovviamente la colpa di quella situazione era sua, ma questa consapevolezza la faceva solo imbestialire di più. Quante volte glielo aveva detto Yelle di non combattere come un animale?! Tante. Quante volte l’aveva ascoltata? Poche.

Per questo fantastico motivo ora lei si ritrovava appesa per un piede a testa in giù da un gigantesco albero sconosciuto, completamente disarmata, inerme e tenuta d’occhio dal gemello col potere delle illusioni che tranquillo mangiava una mela seduto a terra, schernendola di tanto in tanto. Lui lo avrebbe massacrato per primo.

La verità era che, circa venti minuti prima, quando si era lanciata in un attacco a testa bassa dopo esser stata provocata, non si era accorta di dirigersi in una trappola: non appena era arrivata a sei metri da loro, dai sassi, che i due avevano sapientemente disposto sul terreno senza farsi notare, erano spuntati dei maledetti alberi che l’avevano afferrata e trascinata a tre metri da terra, dove il gemello biondo l’aveva disarmata e lasciata appesa, per poi darsi all’inseguimento di Yelle con la sua spada. Yelle, che era sicura che se l’avesse salvata l’avrebbe poi uccisa per esser stata così stupida.

“Non mi uccidi?” chiese al ragazzo mentre gli andava il sangue alla testa; l’interessato si limitò a colpirla in fronte con il torsolo della mela.

“Quando Eon avrà preso anche l’altra.” Aggiunse dopo un po’ sogghignando e guardando il cielo.

Nell’aria fredda volteggiavano Yelle, ferita e sanguinante, e Eon sul dorso di una grossa aquila, prima umile tronco, con la spada di Amane insanguinata.

“Arrenditi elfo! La tua amica è già sotto la custodia di Noe, non hai speranze!” gli intimò ridendo prima di spronare l’aquila e scagliarsi ancora contro di lei, che scaricò due poderose folate di vento e salì ancora più in alto.

Quel tizio non voleva arrendersi…se almeno fosse riuscita a liberare Amane! Ma ogni volta che aveva distrutto l’albero nella speranza che riuscisse a mettere k.o. l’altro gemello, era pur sempre maestra del combattimento corpo a corpo, Noe la stordiva con un’illusione momentanea ma potente e Eon ricreava l’albero. Al sesto tentativo fallito aveva deciso di provare a concentrarsi solo sul suo avversario, ma non stava ottenendo grandi risultati.

“Wind Scar!” urlò nuovamente scagliando il suo attacco, ma l’aquila tagliò l’aria di lato evitandole e fu costretta a spingersi in alto per non finire tagliata a metà dalla spada.

“Dragon’s wind!” ritentò col fiato pesante mentre il vortice a forma di drago cercava invano di chiudersi intorno all’aquila. Era stanca.

 

Amane guardò impotente la sua amica che senza accorgersene perdeva quota dopo ogni attacco, per poi risalire di qualche metro nell’evitare le picchiate della bestia. Non potevano farcela così, ma non potevano neanche arrendersi. Doveva esserci qualcosa…qualunque cosa.

Lo sguardo le cadde sul bracciale con la rosa nera.

Un modo c’era. Pericoloso, ma c’era.

 

“Yelle trattenne a stento un grido mentre il becco dell’aquila le sfregiava il braccio e la allontano con un vortice dritto sul muso, evitando la spada che mirava alla gola.

“YELLE!” l’urlo di Amane la raggiunse feroce e subito si voltò verso di lei, ancora appesa, “PIANO BLACK ROSE!” continuò con un ghigno.

Yelle scoppiò ridere mentre un’ondata di speranza la investiva. Ovviamente c’era la possibilità che per lei finisse comunque male ma…meglio che uccisa da quei due bastardi.

I due gemelli si lanciarono uno sguardo confuso, ma non ebbero tempo di far nulla che le due agirono.

Amane improvvisamente chiuse gli occhi e si lasciò pendere dalla corda senza divincolarsi.

Yelle si lasciò cadere nel vuoto.

Eon si lanciò al suo inseguimento mentre Neo balzava in piedi e osservava la prigioniera guardingo.

Yelle all’altezza di Amane cambiò improvvisamente direzione, riprendendo a volare, e si diresse verso di lei, ignorando il suo inseguitore sempre più vicino.

“Dancing on the deserted land, echoing in the silent sky…” iniziò a mormorare Amane a bassa voce, come una cantilena e tese il braccio con il braccialetto all’esterno.

Yelle richiamò le ultime energie e si spinse avanti, non poteva farsi prendere adesso. Le sue dita strinsero il bracciale con la rosa nera e sotto lo sguardo sorpreso degli altri due, strappandolo sorpassò Amane continuando a sfrecciare verso i boschi.

L’aquila le afferrò col becco la caviglia.

Yelle urlò precipitando a terra.

Amane aprì gli occhi di colpo. Occhi neri. Completamente neri.

“… CRY YOUR WRATH, LULLABY OF CHAOS!” urlò guardando nel vuoto.

Per un attimo il tempo si fermò.

Solo silenzio.

Poi dal corpo della ragazza eruppe un ondata nera che spazzò via ogni cosa.

Ogni albero si sgretolò all’istante, ogni fiore marcì, ogni sasso diventò polvere nell’arco di quindici metri.

Ogni creatura vivente divenne cenere.

Amane cadde a terra esausta mentre gli occhi le tornavano del solito incantevole acquamarina.

“Yelle…Yelle…” iniziò a mormorare mentre si alzava da terra barcollante, guardando la desolazione intorno a sé. Terra bruciata. Nera. Era riuscita a contenersi un minimo e a ridurre il raggio di azione ma…se lei non si fosse allontanata abbastanza…

Cercando di mantenersi calma per evitare di perdere il controllo corse nella direzione in cui l’aveva vista volare.

“Yelle! Yelle!” iniziò a chiamare inoltrandosi nel bosco ancora vivo e rigoglioso. Doveva essere lì.

Silenzio.

“YELLE!” urlò ancora disperata, mentre il panico cominciava a crescere e gli occhi a tornare neri. L’aveva uccisa.

L’aveva disintegrata.

“Abbassa la voce Amane, mi gira tutto!” la trillante e scocciata voce di Yelle la salvò dall’oscurità e veloce corse verso un cespuglio di more. La trovò tra i rovi, la caviglia martoriata in maniera raccapricciante, il corpo pieno di tagli, le mani che stringevano il bracciale e la spada e un sorriso sul volto.

“È andata bene direi!” proruppe trattenendo le lacrime per il dolore, mentre Amane, ridendo la tirava fuori da lì e l’adagiava nell’erba.

“Definisci bene, per favore!” la rimbrottò amara guardando le ferite dell’amica che le riallacciava il bracciale al polso.

“Non sono morta.” Rispose lei alzando le spalle, “E tu devi soltanto ricreare l’arpa, dato che sono talmente brava da aver strappato all’idiota la spada prima che lo disintegrassi. Ammetto però, mi sono salvata per un pelo, lui è diventato cenere in un attimo sotto i miei occhi.”

“Sei pazza! Ma non sai che sollievo vederti viva e chiacchierona come sempre.” le mormorò abbracciandola, “E ora aspetta qui, vada a cercare Tara!” le disse allacciando la spada alla schiena e alzandosi.

“E se sta ancora combattendo?” le chiese Yelle ficcandosi una mora in bocca come consolazione.

“La libererò dal problema!” ghignò Amane prima di scattare via.

 

“È la vecchiaia a rallentarti?” Sho schernì Greff colpendolo con un pugno coperto di magma e gli occhi fiammeggianti, l’umo arretrò di qualche passo ma resistette e dopo averlo afferrato per il polso lo scaraventò lontano con un calcio al ventre.

“I mocciosi senza esperienza non dovrebbero parlare.” Ghignò mettendosi di nuovo in posizione di attacco, prima di caricare il ragazzo che atterrava in piedi e faceva esplodere intorno a sè altri due sprazzi di lava.

Ormai tutto il terreno intorno a loro era ridotto a un mare di lava in cui galleggiavano zolle di terra e spuntoni di roccia; da quando Shoichi aveva deciso di scatenarsi si erano susseguiti eruzioni e terremoti uno dopo l’altro, ma l’avversario incredibilmente resisteva. Era molto più agile di ciò che si era aspettato e anche la sua lava sembrava non disturbarlo troppo.

“Magma Dragon Fist!” urlò il ragazzo caricando un altro pugno ricoperto di lava che si scontrò con quello di Greff; Sho vide la mano dell’avversario ustionarsi nonostante la protezione coriacea, vide le vene del braccio gonfiarsi per lo sforzo, ma non un gemito uscì dalle sue labbra, non un lampo di paura o dolore nei suoi occhi.

“Magma Dragon Claws!” senza perdere tempo gli sferrò un calcio al viso, ma ancora l’uomo si protesse e ghignò.

“Tutto qua?” gli chiese prima di tirargli una testata tanto forte da fargli perdere per alcuni secondi la percezione della realtà; subito continuò a infierire con un pugno alle costole e un calcio al fianco, finché Sho non chiuse di scatto una mano e dal terreno sotto Greff spuntò un gigantesco spuntone di roccia; per evitarlo l’uomo fu costretto a mollare il ragazzo e a fare un salto all’indietro.

Shoichi si pulì il sangue che gli colava dal naso e si tastò le costole: come minimo gliele aveva incrinate, niente male; gli scocciava che ora era costretto a finire in fretta il combattimento per farsi medicare, si era appena ripreso da ferite gravi, Ka-chan e Tara lo avrebbero ammazzato se avesse continuato a giocare mettendo a repentaglio la sua salute.

“È stato divertente combattere con te vecchio, ma mi sembra l’ora di farla finita.” Gli disse arrogante stiracchiandosi e l’uomo scoppiò a ridere.

“Fammi vedere moccioso!” lo invitò prima di scagliarsi contro di lui e tentare di colpirlo con un pugno al viso, ma Shoichi, invece di difendersi e contrattaccare, lo evitò con un salto all’indietro e si distanziò da lui.

“Rock Dragon Wings!” pronunciò aprendo le braccia e due gigantesche pareti di pietra si innalzarono ai fianchi di Greff; poi chiuse le braccia con un movimento secco davanti a sé e le due pareti si schiantarono l’una contro l’altra.

Per alcuni attimi ci fu un silenzio interrotto solo dal bollire del magma, poi le due pareti iniziarono a creparsi e sgretolarsi.

“Ripeto: tutto qui?” chiese tossendo Greff emergendo dai residui di roccia, il corpo graffiato e sanguinante, ma lo sguardo fiero.

Shoichi fece un fischio di ammirazione e incrociò le braccia.

“Sei niente male, vecchio. Se non fosse che vuoi farmi fuori, non ti ucciderei.” Gli disse con un ghigno alzando le spalle, prima di inginocchiarsi e premere le mani a terra.

“Lo prendo come un complimenti…Oni-Oji.” Lo ringraziò l’altro con un sorriso, spolverandosi le braccia.

Shoichi lo guardò sorpreso, mentre la terra intorno a lui si crepava.

“Sai chi sono?” chiese divertito, ma anche preoccupato che lo avesse riconosciuto.

“Sono un veterano…ho visto tante cose, compreso il tuo potere. E non riesco a capire cosa tu ci faccia qui.” Gli fece presente mentre si metteva in posizione di difesa.

“Per soldi e…beh, ho fatto una promessa e ora devo difendere una persona.” Rispose il biondo prima il terreno sotto di lui si spaccasse e erompesse un cono di lava impressionante.

Dal cono, a velocità incredibile, scattò Shoichi: le vene del corpo rilucevano rosse come se loro stesse di magma, la pelle sembrava a scaglie rosse e tutti i suoi arti erano ricoperti di magma.

“Half Magma Dragon Transformation!” urlò investendo Greff con una forza bestiale, “Secret Art of the Magma King Dragon!” senza fermarsi iniziò a bersagliarlo di una scarica di calci, pugni, ginocchiate e testate; infine gonfiò le guance e lo investi con un cono di magma, un ruggito che rimbombò nel cielo.

Shoichi guardò l’uomo cadere a terra e cercò di rallentare il respiro; era sempre una tecnica faticosa. Ma se vinceva nel valeva la pena.

Stava già per andarsene, quando udì dei colpi di tosse.

Voltandosi si ritrovò faccia a faccia con Greff e scioccato si preparò a infierire, quando l’umo alzò una mano in segno di resa.

“So riconoscere una battaglia che non posso vincere…ti chiedo solo di darmi una morte degna di onore. Sono stato un generale, mi sono unito alla gilda oscura solo per volere del re…voglio morire come un soldato, con la spada nel cuore, guardando il mio avversario negli occhi e sapendo che ho perso perché lui era più abile.” Gli chiese drizzando la schiena e portandosi una mano al cuore. Un uomo fiero, un generale vero, senza paura della morte.

Shoichi sorrise e annuì, estraendo la sua spada in scaglie di drago.

“Hai la mia stima generale.” Rispose mentre l’uomo annullava la magia e la sua pelle tornava rosa e morbida.

Con un solo, veloce ed indolore colpo lo trafisse al cuore.

L’uomo cadde sereno in ginocchio e poi sulla terra.

Shoichi gli chiuse gli occhi e si allontanò in silenzio.

 

Jin e Fey erano ormai lontani dalla radura, presi in una loro personale gara di velocità altamente distruttiva. Era impossibile non capire dov’erano passati: alberi fulminati e distrutti, il terreno fumante solcato da strisce nerastre…ma di certo la questione non li preoccupava.

Dovevano stabilire chi era il più veloce, una questione d’orgoglio per cui si scambiavano colpi su colpi. Nessuno voleva cedere.

Jin saltò un tronco e ruggì un cono di fulmini contro l’avversario alla sua destra, che lo evitò scivolando dietro un masso e riprendendo a correre. Non avevano un obiettivo o una metà, semplicemente abbattere o superare l’altro, ma erano sempre pari. Avevano tentato di combattere ma Fey si limitava a schivare alla velocità della luce e tentare di colpirlo di tanto in tanto, tra l’annoiato e il superiore, per cui Jin aveva proposto la gara, lasciando Hiroshi al suo combattimento a mani nude con la tigre.

Fey zigzagava tra gli alberi tenendo d’occhio Jin e al momento propizio tentò di colpirlo con un calcio laterale al ginocchio, ma il ragazzo saltò in aria evitando il colpo e continuò a sfrecciare ridotto a un fulmine egli stesso.

“Cominci ad avere il fiatone?” gli urlò il ragazzo ridendo e continuando a spingersi in avanti.

“Sogna pure!” gli rispose Jin con mentre il cielo rombava, “Che ne dici se la finiamo? Voglio dimostrarti chi è il più veloce!” aggiunse poi attirando la sua attenzione e tentando un altro ruggito del drago del fulmine.

“E come vorresti fare?” chiese il ragazzo sarcastico evitandolo per un pelo con uno scatto.

“A quella parete rocciosa là in fondo, parte la vera gara: vince chi torna prima alla radura!” spiegò Jin concentrandosi; si era divertito abbastanza, ora doveva tornare indietro a vedere come se la cavavano gli altri, in particolare Asuna, l’unica senza magia.

“Preparati a mangiare la mia polvere!” accettò Fey con gli occhi che scintillavano.

In contemporanea raggiunsero la parete.

Per non perdere tempo e velocità, la usarono per acquistare maggiore slancio saltandoci incontro e ripartendo nella direzione opposta.

Jin evocò una pioggia di fulmini sul terreno circostante, ma Fey riuscì a evitarli tutti rimediando solo qualche bruciatura.

L’albino approfittò di un ammasso roccioso per prendere la rincorsa e superare con un salto Jin dall’alto.

Il dragone ruggì e Fey fu costretto a deviare per non finire carbonizzato, perdendo il vantaggio.

Due chilometri.

Uno fianco all’altro si precipitarono in una galleria attraverso una caverna e continuarono a correre nel buio pece illuminato a intermittenza dalle scariche elettriche emesse da Jin.

Un chilometro.

Gomito e gomito sfiorarono la superfice argentata di un laghetto e risalirono una cascata come se stessero correndo su una collina.

Cinquecento metri.

“Mi spiace Fey.” Mormorò Jin e il ragazzo si voltò a guardarlo preso alla sprovvista e pronto ad un attacco, ma rimase a bocca aperta nell’osservare gli occhi d’oro puro dell’avversario.

“Thunder Dragon Slayer Secret Art: Lightening ‘Fly!” L’intero corpo di Jin venne avvolto da fulmini dorati e per un attimo a Fey sembrò di veder spuntare dalla sua schiena due grosse ali da drago. Poi sparì.

Fey continuò a correre e in meno di trenta secondi fu alla radura.

Jin era già lì, i vestiti carbonizzati, salvi solo i pantaloni interi fino al ginocchio e la maglia in mithril.

Fey lo guardò stupefatto col fiatone e Jin gli puntò la spada contro.

“Ho vinto.” Asserì con un sorriso vittorioso e per alcuni attimi i due si scrutarono.

“Hai vinto.” Annuì alla fine ridendo guardandosi intorno e, sotto lo sguardo scioccato di Jin, iniziò a sfregarsi la mano con la stella nera, “Se non ti dispiace, invece che ingaggiare una lotta all’ultimo sangue con te, me ne andrei pacificamente. Se mi batti in velocità, non ho molte speranze in combattimento e sono piuttosto stanco…vi abbiamo dato la caccia per giorni. Inoltre gli altri stanno perdendo e questa non è la mia guerra.” Gli disse tranquillo per poi mostrargli il dorso della mano: la stella sparita e ora scintillava un lupo grigio stilizzato.

“La Gilda Mercenaria Fenrir...” mormorò Jin abbassando la spada.

“Non mi pagano abbastanza per morire per questi invasati…” commentò l’albino alzando le spalle e scuotendo la testa. Jin avrebbe aggiunto qualcosa, se dal cielo non fosse caduta tra lui e il ragazzo la gigantesca tigre dai denti a sciabola con un tonfo assordante.

“Fey…” ruggì dolorosamente quella barcollando nel tentativo di alzarsi, il manto carbonizzato i più punti, mentre Hiroshi raggiungeva Jin cercando di capire cosa stesse succedendo. Aveva scagliato via il suo nemico e voleva finirlo, ma perché Jin se ne stava lì pacifico a parlare?!

“Basta Adras. Abbiamo perso, non vale la pena morire qui e abbiamo già incassato i soldi per il lavoro. Se tutti sono come loro, di certo non rimarrà nessuno vivo per inseguirci.” Gli disse dandogli qualche pacca sul dorso e la tigre emise un basso brontolio, scocciato ma d’assenso, alzandosi e voltandosi.

“Ma cosa…?” balbettò Hiroshi cecando di seguirli, ma Jin lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.

“Alla prossima Jin!” lo salutò con un gesto della mano prima di voltarsi e sparire nella vegetazione con Adras, lasciando Jin e Hiroshi a guardarsi perplessi e divertiti.

 

Asuna aveva ormai raggiunto il limite della pazienza consentitale.

Con una parata laterale protesse il fianco e cercò di sfondare la guardia avversaria.

Quello stupido ragazzo non aveva fatto altro che ricordarle i doveri di una guardia, di osservare quanto fosse patetica e soprattutto dirle come una donna non avesse possibilità come guardia, criticando le sue capacità. Lei non aveva risposto concentrata sul combattimento, ma non significava che non sentiva…

“Da secoli inoltre le donne sono relegate ai lavori domestici per ovvi motivi che…” continuò a cianciare quello deviando la punta della lama alla destra e balzando all’indietro.

“Basta!” esplose Asuna con gli occhi che ardevano spostando il peso sul piede sinistro e tentando un affondo laterale, ma il ragazzo parò e contrattaccò fulmineo squarciandole la divisa sul fianco.

Asuna strinse i denti e colpì con forza la sua lama creandogli un’apertura e ferendolo in profondità alla spalla. Con quella ferita avrebbe dovuto come minimo rallentarlo…

Il ragazzo sogghignò e sistemò gli occhiali balzano all’indietro; poi spostò la spada nella mano sinistra.

“Ambidestro.” Pronunciò con arroganza prima di lanciarsi di nuovo all’attacco e incalzando la ragazza che rispondeva colpo su colpo.

Tentò nuovamente una stoccata ma il ragazzo si difese e rimasero alcuni istanti a fare forza lama contro lama, incenerendo l’avversario con lo sguardo uno a pochi centimetri con l’altro.

Poi ad Asuna balenò davanti il viso sorridente di Jin: “In uno scontro all’ultimo sangue non puoi combattere pulita come se fossi in un’accademia, il tuo obiettivò è sopravvivere”

Senza esitazione Asuna colpì allo stomaco il ragazzo con un pugno deciso e poi alle tempie con l’elsa della spada; lo stava disarmando quando il ragazzo la fece cadere a terra con una spazzata improvvisa e le puntò rapido la lama alla gola.

“Se giochi sporco, aspettati che il tuo avversario faccia lo stesso…” le disse massaggiandosi la pancia dolorante e tossendo qualche goccia di sangue.

Asuna si limitò a guardarlo con odio. Era in trappola.

“Ora…a te la scelta” le propose sogghignando, “Puoi arrenderti, farti ammanettare e venire con me alla capitale per essere processata per esserti finta una guardia e alleata con dei malviventi. Oppure puoi morire qui come una cagna.” Le disse tracciandole un sottile taglio sulla gola.

La ragazza sorrise amara: era proprio un idiota se pensava che i suoi compagni l’avrebbero lasciata viva fino al processo; tanto valeva morire con onore.

“Piuttosto la morte.” Rispose con disprezzo sputando.

“Come vuoi…” rispose con evidente gusto l’altro alzando la spada, pronto ad abbassarla e trafiggerla.

E nel momento in cui la lama scintillava sopra di lei Asuna, sentì un moto di adrenalina, di paura.

Non voleva morire.

Non ora.

Non aveva concluso niente, non aveva mantenuto la sua promessa e non aveva neanche ringraziato Jin per il suo aiuto con la spada. Che cosa stupida da pensare in quell’istante...ma le rodeva di non avergli dimostrato di esser migliorata.

Voleva continuare quel viaggio.

Il ragazzo abbassò la lama con ferocia e Asuna agì d’istinto.

Le sue mani si strinsero intorno al freddo acciaio e riuscirono a fermare la punta a un centimetro dalla sua gola candida; il filo le tagliava le mani in profondità ma lei neanche se ne accorgeva, concentrata su una sola cosa: vivere.

Prima che lui potesse reagire chiuse le gambe e lo colpì con entrambi i piedi sull’elsa facendogli perdere la presa; di ritorno lo colpì col tacco sul cavallo dei pantaloni, facendolo piegare dal dolore allucinante, e sfruttando lo slancio si mise in ginocchio.

Lanciò la spada che aveva tentato di trafiggerla e la riafferrò per l’elsa; senza neanche pensarci lo infilzò dritto nello stomaco.

Vide i suoi occhi dilatarsi e il sangue colarle sulle mani. Caldo e viscido.

Poi tossendole sul viso altro sangue, si spense.

Il peso del corpo del ragazzo che si accasciava su di lei fu troppo e cadde a terra con il cadavere addosso, mentre la consapevolezza di averlo ucciso iniziava a farsi strada in lei. Aveva ucciso un ragazzo. Con le sue mani.

“Jin…” iniziò a singhiozzare spaventata mentre lacrime cristalline le scendevano lungo le guance e le mani le dolevano terribilmente, senza forza per muoversi.

 

 

Miel estrasse affaticata la sua daga d’ombra dal bestione che giaceva a terra.

“Dannazione se erano forti…” mormorò barcollante e cercando di stimare l’entità dei danni: un lungo taglio sulla gamba dov’era affondata una delle falci prima che potesse spezzarle il manico, uno sullo stomaco, una o più costole incrinata dovute a dei maledetti calci che l’avevano presa alla sprovvista e la spalla sinistra slogata e che lei stessa aveva sacrificato pur di prenderlo di sorpresa e conficcargli la daga nel cuore.

“Era il capo della spedizione, in teoria…” Commentò Shorai estraendo la lama celata dalla fronte della donna araba, “In realtà era questa cagna a comandare; lei era quella furba e manipolatrice, lui quello stupido ma violento.” Le spiegò tenendosi il braccio destro, massacrato da numerose escoriazioni dovute alle catene con cui aveva combattuto la donna in rosso.

“Un duo temibile eh?” sogghignò Miel chiedendosi come facesse l’amica a stare in piedi con una caviglia ridotta in poltiglia per un tentativo di difesa andato male.

“Puoi dirlo forte! E spero non mi rimanga la cicatrice!” si lamentò passandosi le dita guantata su un profondo sfregio sulla fronte e che continuava sulla testa.

“Non se ti lasci curare da Tara…”la rassicurò la bionda mentre osservava Shorai che iniziava a frugare negli abiti dei cadaveri e li spogliava di qualsiasi oggetto di valore. Ecco come stava in piedi: il richiamo dell’oro!

“Non ti spiace se…?” le chiese fermandosi dalla sua attività, ma Miel scosse la testa, ben sapendo che era solo cortesia in nome della loro amicizia: non avrebbe permesso a nessuno di prendere questi piccoli tesori e probabilmente ora avrebbe fatto il giro anche di tutti gli altri cadaveri.

“A proposito” continuò l’assassina, “Sono contenta di essermi unita a voi, la mia fazione faceva schifo.” Commentò pratica mentre Miel si guardava intorno: tutti i suoi compagni erano massacrati, feriti, grondanti di sangue, loro e avversario, e molti non stavano neanche in piedi; Tara, nonostante ferita, correva ovunque cercando di portare aiuto e aveva organizzato un piccolo campo medico vicino a Rey, che l’aiutava cercando ci rimediare per esser stato inutile nel combattimento o curando ferite lievi o trascinando chi come Gigi o Yelle, non aveva le forze di stare in piedi; in un angolo Asuna era in piena crisi isterica tra le braccia di Jin, che tentava di consolarla e fasciarle le mani.

In poche parole erano ridotti a degli stracci e sarebbero stati k.o. per un bel po’ ma…erano vivi.

Avevano vinto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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