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Autore: Naki94    08/01/2015    0 recensioni
A Mason Creek continuano le ricerche dell'agente dell'FBI Jersey Shown non solo sulla recente scomparsa di Sofia Monroe, ma di altri due ragazzi: Martin Hoover e Jason Davies. E mentre gli abitanti di Mason Creek, soprattutto i genitori dei ragazzi scomparsi, diventano sempre più inquieti, emerge dal passato la leggenda di un demone soprannuminato Lo Slender. Il detective Shown dovrà combattere contro le superstizioni di un paese intero mentre continua la sua indagine su un caso sempre più intricato.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Mentre chiudo alle mie spalle la porta della stanza degli interrogatori mi sento improvvisamente stanco e senza forze e con un terribile senso di nausea. Tutto quelle stronzate su quel mostro immaginario mi turbano, ma al tempo stesso mi iniziano a incuriosire. Chissà che dietro alla leggenda non vi sia la spiegazione di una realtà. Raggiungo al secondo piano la stanza dove è conservato il calco del gesso. Guardo l'orario. E' tardi, ma spero di trovare ancora qualcuno che mi possa dare delle informazioni.

Nel corridoio incontro Kooper con un mazzo di chiavi in mano. Appena mi vede mi parla costringendomi a fermarmi. «Ho chiuso gli uffici là in fondo, ma ti ho lasciato ancora aperto la stanza dei computer. Vado a casa, è stata una giornata difficile». Fa per andarsene, per fortuna, quando invece si volta di nuovo verso di me. «Hai scoperto qualcosa dagli interrogatori?».

«I due ragazzi scomparsi, Martin e Jason, sono usciti di casa per incontrarsi intorno alle due del pomeriggio. E sono pronto a scommettere che c'era insieme a loro anche Eric. Non so ancora dove si sono incontrati o dove erano diretti».

«Bene, buona notte».

Questa volta sono io che continuo la conversazione. «Ah, Kooper, tu sei a conoscenza della leggenda folkloristica di quel demone, vero? Lo Slender, lo chiamano gli abitanti di Mason Creek».

Noto in lui una reazione che non mi sarei mai aspettato. Sugli occhi illuminati dalle lampade a neon sopra la nostra testa gli passa un'ombra di terrore quando nomino il nome del demone di cui parla la leggenda. « Sì, la conosco. Nasce dalla storia di quei due satanisti trovati deliranti nel bosco. La gente qui tende a inventare questo genere di cose quando non trova alcuna spiegazione a quello che sta accadendo». Dice il tutto non molto convinto. Non che sembri di sapere qualcosa di più, ma l'impressione è quella di essersi trattenuto dal mostrarmi una paura che pure lui prova. Forse crede anche lui a tutte queste stronzate, ma non vuole certo ammetterlo da sceriffo quale è, per di più, certamente, non con me presente.

«Cos'è Carachura?». Domando.

«Credo faccia sempre parte di questa leggenda. Ma non so esattamente cosa sia».

Beh, per lo meno non si tradisce. Ovvio che lo sa, lo sa benissimo, ma per farmi vedere che a lui certe questioni non gli interessano finge di non sapere nulla, rimanendo sul vago. «Buona notte, detective Shown».

Lo seguo con lo sguardo fino alle scale, poi scuoto la testa e torno a me stesso entrando nella stanza. Sharon ovviamente non c'è, ma è stata gentile a lasciarmi il fascicolo e il calco sul banco al centro della sala. Quando lo apro e leggo scopro che è di una comunissima scarpa da tennis, la suola e il tacco non hanno lasciato dei rilievi profondi nel fango, segno della loro consumazione. Non sono scarpe nuove e il proprietario non deve essere molto pesante. Numero di taglia: quarantaquattro. Certamente non si tratta di una donna. Questo numero di taglia va a mio vantaggio, non ci sono molte persone a cui vanno bene scarpe di questa misura. Chiudo il fascicolo e lo metto tra la camicia e l'impermeabile. Nel farlo noto che nella tasca interna ho ancora i disegni di Irina Callaway.

L'intera centrale di polizia di Mason Creek riposa nel silenzio. Nessuno passeggia per i corridoio, nessun rumore di stampante o fotocopiatrice, nessun telefono che squilla e il tempo sembra essersi fermato. Me ne sto per andare al Jerom's Room quando torno indietro fino alla stanza dei computer. Voglio capire di più a proposito di quei satanisti arrestati nel 1992. Mi accendo una sigaretta e lascio che il fumo mi riempia i polmoni, mentre nella stanza si crea un nebbia sottile. Jeremy Daughtry, quarantaquattro anni e Richard Campbell, trentanove. Furono arrestati il tredici dicembre 1992 nei pressi del bosco, vicino al fiume, a Mason Creek. Gli inquirenti gli accusarono entrambi di riti satanici. Riti che hanno portato alla scomparsa dei loro due figli. Nonostante le ore di interrogatorio unite ad una lunghissima ricerca sul perimetro effettuata dallo sceriffo e dalla task-force dell'FBI, i corpi dei due bambini, Hart Daughtry e Hellen Campbell, entrambi di undici anni, non sono mai stati ritrovati. I due padri vennero scoperti in un evidente stato di delirio e choc. La prova che li incriminò fu il sangue trovato sui loro indumenti. Il DNA corrispondeva a quello dei due bambini. Jeremy Daughtry, laureato in fisica e specializzato in astrofisica è tornato a Mason Creek per sposarsi con Laura Garner. Richard Campbell si laurea in matematica, non si specializza. Viaggia molto per gli Stati Uniti prima di conoscere Jeremy ad una conferenza all'università di Princeton. Si trasferisce a Mason Creek assieme all'amico e nel 1979 sposa Kelly James. Come possono due persone così brillanti impazzire improvvisamente? Cazzo, guardo fuori dalla finestra e la luce del sole, seppur fioca e scialba, attraversa la stanza come una lama sottile fino ad illuminare il pacchetto di sigarette vuoto accanto alla tastiera del computer.

Non passo nemmeno al Jerome's Room e tiro dritto sulla Bluerain Street, il bar di Hoogan ha appena aperto. La luce dell'alba sfiora i tetti di Mason Creek mentre entro nel locale ancora vuoto.

Compro un altro pacchetto di sigarette e un nuovo accendino. Mi siedo al banco e ordino del caffè, mentre lascio vagare la mia mente tra i dettagli del caso.

«A che ora posso trovare aperto il negozio di strumenti musicali sulla Jackson?». Chiedo alla barista. E' una bella ragazza, gli occhi verdi mi ricordano quelli di Sarah.

Lei allora guarda il grande orologio appeso alla parete e risponde. «Fra mezz'ora lo trovi già aperto il vecchio Bob».

«E' lontano da qui?» domando.

La ragazza mi versa altro caffè e risponde. «E' abbastanza lontano, io non me la farei mai a piedi».

Prendo il pacchetto di sigaretta dal tavolo e lo apro sbuffando.

C'è silenzio fra noi mentre mi bevo il caffè pensando a un modo per raggiungere il negozio di musica. Non voglio chiamare Wide, dopo entrerebbe con me in negozio e non posso immaginare la sua reazione se venisse a sapere così, a bruciapelo, che il plettro trovato nel cortile di Irina, sotto la finestra, è di suo figlio. Poi penso al distintivo allacciato alla cintura. Potrei farlo vedere alla ragazza e chiederle di prestarmi la macchina. Mentre penso lei si avvicina di nuovo al lato che occupo sul bancone. «Sei quel detective dell'FBI, vero?».

Annuisco e mi accendo una sigaretta.

«Non posso darle un passaggio in città perché sto lavorando, ma ho il mio scooter sul retro se può aiutare».

«Perché vuoi aiutare?».

«Perché sta indagando su un caso...su un caso importante e se le serve una mano ogni cittadino di questa città dovrebbe dargliela».

«E' un bel pensiero». Rispondo. «Magari tutti la pensassero come te. E' nobile da parte tua un gesto simile, ma questo mestiere mi ha condotto a un'unica conclusione: non c'è nobiltà nell'animo umano. Inoltre ho notati che hai fatto una pausa alla descrizione del caso su cui sto lavorando».

Lei si irrigidisce. «E questo cosa vuol dire? Sono una sospettata?».

Mi scappa un breve sorriso e rispondo. «Sei sospettata di non avermi detto tutta la verità». La guardo negli occhi e il ricordo di Sarah si rianima nella mia mente, finché la ragazza non cede e spontaneamente confessa. «Mia sorella minore fu una delle prima a sparire, non può immaginare cosa abbiamo passato». Gli occhi le diventano improvvisamente lucidi. «E' passato così tanto tempo da allora...nemmeno una traccia. Per questo voglio aiutarla, se posso».

La afferrò per la mani che intanto avevano iniziato a tremare, continuo a fissarla negli occhi, ma non dico nulla finché non è lei a rompere il silenzio. «Ma ora, che ho visto dal vivo le sue capacità, non posso far altro che tornare a sperare di nuovo, per quei nuovi ragazzi scomparsi. E' riuscito a leggere le mie emozioni e a notare quell'incrinatura nel discorso, è molto bravo. Vedrà che la città le sarà riconoscente un giorno».

«Pensare che non è nemmeno il lavoro che volevo fare». Borbotto quasi tra me e me.

«Come?».

«Niente, è solo che c'è molta oscurità intorno a noi, molto male in questo posto. Sono accadute e stanno accadendo cose veramente terribili. Vedo solo il buio».

«Nel cielo buio in cui lei è costretto a navigare, forse non si accorge di essere lei stesso una piccola luce».

La porta alle mie spalle si apre, ed entra un cliente. 

   
 
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