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Autore: CrisBo    08/01/2015    5 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2.
Neanche cinque minuti

Il mezzodì faceva brillare le pianure erbose e i colli verdeggiavano imponenti sotto la luce del sole. Si sentiva l'odore, di quel verde, talmente spiccava, accompagnato dalle pietanze che gli hobbit lasciavano fiorire nei campi. Il rumore dei ruscelli si propagavano creando una buona freschezza tutt’intorno. I nani non erano abituati a quelle libertà di spazio, incapaci di trovare un equilibrio solido al di fuori dei luoghi coperti. Si erano persi più volte prima di trovare la casa di Bilbo e per raggiungere la Locanda del Drago Verde, a  Lungacque, si erano ritrovati a discutere con un hobbit grasso e ozioso davanti ai cancelli di una casetta fumante, chiedendo indicazioni. Quello non era propenso a voler spartire le sue conoscenze geografiche con loro e aveva guardato Bombur, convinto che si fosse sgraffignato i suoi funghi; Bifur, per pura cortesia, prese a lanciargli contro alcuni rametti rachitici e si era creato un po' di trambusto. Se non fosse stato per i giri di parole di Gandalf – bravissimo a far perdere il filo del discorso e a far ricadere la colpa altrove - sarebbero stati ancora lì a litigare con quel mezzuomo, invece che aspettare Bilbo nei pressi del sentiero che si diramava verso ovest, davanti ad un boschetto curato.
«Se è svenuto di nuovo? So di per certo che, in questi casi, è bene che il panico non incalzi o non gli permetterà di raggiungerci. Povero Bilbo.» Intervenne Berit, già impietosita dalle sue supposizioni sul conto di Bilbo, mentre lanciava una castagna a Kili, che la prese con una rapidità eccelsa. I nani non erano molto veloci ma come scattisti erano imbattibili, specialmente quelli più giovani. Ma anche quelli più anziani, in fondo. Fili lo sgomitò così forte che quello quasi smise di respirare per un paio di secondi. Bombur continuava a ciondolare dal suo pony e Dori era immerso in una conversazione naturalistica con Ori che, a quanto pareva, non ne poteva più; dovette ammettere che grazie a Dori sapeva distinguere una ghianda dalla gallama dovette convenire che non era proprio di suo interesse saperlo, in fondo.
 «..io ne punto cinquanta.» La voce di Bofur si sparse in mezzo ad un chiacchiericcio energico, sfoderando un bel sorriso che finiva in due fossette gioviali.
Berit gli sorrise e annuì, con aria complice.
«Quel presunto Scassinatore non verrà. Andiamocene.» Borbottò Dwalin, guardando torvo verso lo Stregone grigio, che restava fermo e impaziente puntando lo sguardo azzurro sul sentiero che s'apriva a sud-est. Sapeva bene che quella compagnia era divisa in due: chi dubitava delle capacità dello hobbit e chi, invece, sembrava fidarsi. Non amava quel particolare distacco ma Bilbo non gli rendeva facile il compito.
Era il primo critico di sé stesso.
«Verrà. C'è sangue Tuc in quel piccolo uomo, non dubitate delle mie parole.» Disse lo Stregone, risoluto.
Non lo avevano fatto la sera prima, nonostante si ritrovarono immersi in uno scambio fiorito di insulti per colpa della loro diffidenza. 
Bilbo Baggins era quello che si soleva dire un classico abitudinario. Non era dedito a battaglie nè tantomeno ad avventure, era un semplicissimo hobbit da salotto dai piedi grandi e pelosi, conscio della sua pochezza in qualsiasi ambito che non comprendesse andare al mercato e rifocillare lo stomaco; naturalmente anche oziare con la sua amata erba pipa, davanti alla porta di casa. La sera prima era stato più riluttante che mai a firmare il contratto che preveda la sua partecipazione a quel viaggio.
Thorin era rimasto impassibile davanti al suo continuo diniego, nonostante si sentisse sopraffatto da mille pensieri. Gandalf aveva donato a lui - Re sotto la Montagna -  la mappa e la chiave di Erebor e il viaggio che lo attendeva gli sembrava lungo e insidioso. I suoi compagni non erano grandi guerrieri ma avevano risposto all'appello e questo bastava a rinvigorirlo.
A crederci, sul serio, nonostante tutto.
Gli volò davanti un sacchetto di monete e si sentì Bofur ridacchiare quando vide un esserino infagottato correre a perdifiato lungo il sentiero, con in mano la pergamena. Era più lungo di lui, quel papiro.
«Aspettatemi!» Urlò lo hobbit, scarpagnando** lungo il sentierino che si dipanava. 
«Ehi, non è svenuto. Ma guarda un po’.» Rimbeccò Berit guardando un Nori sbuffante, sorridendo di grazia all'hobbit che, trafelato, li raggiungeva.
Sembrava del tutto sereno eppure per niente in pace con sé stesso; come suddiviso in due categorie contrastanti. Il sangue Tuc si mescolava ai saldi principi dei Baggins, probabilmente s'era arrovellato tutta la mattina se raggiungere o no i nani. Aveva prevalso il suo lato avventuroso, cosa di cui Gandalf non aveva dubitato neanche per un secondo.
Vedendolo correre a perdifiato per il colle alcuni hobbit pensavano che fosse impazzito. 
Forse troppa erba pipa di Pianilungone.
Thorin fece cenno loro di proseguire e presero Bilbo di peso per posarlo su un pony, contro ogni suo volontà. Arrivò anche l'ultimo sacchetto di monete a Gandalf, che sorrideva soddisfatto. Bilbo non sapeva se esserne contento o no quando sentì che avevano scommesso sulla sua venuta.Venne sovrastato dalla presenza di altri due pony, rispettivamente su entrambi i lati e si ritrovò due nani che lo guardavano con un sorriso alquanto inquietante. Un nano col cappello e dai baffi lunghi e una nana dai capelli arruffati, racchiusi in una treccia, scuri a differenza dei suoi occhi: d'un bel grigio pietra.
«Ci stavamo chiedendo, signor Scassinatore, se prediligi una burrascosa tempesta dentro la tua umile casa o una bella giornata soleggiata ai pendii d'una montagna imponente.» Cominciò Bofur, restando a guardarlo.
Bilbo era rimasto senza parole.
Quel pony aveva preso ad agitare la criniera, gli veniva da starnutire e la pancia gli brontolava visto che aveva mancato la sua sapiente prima colazione. 
I nani lì intorno non facevano che parlottare a bassa voce e solo Thorin troneggiava la fila senza dire una parola. Gandalf sorrideva, questo solo gli permise di non irritarsi inizialmente per quella domanda, per quanto lo ritenesse responsabile di tutto quel trambusto nella sua testa riusciva a rimanere piuttosto rilassato vicino alla sua presenza.
«Questa domanda è alquanto fuorviante, mastro Nan-»
«Non lo è. È fuorviante solo nel caso ti trovassi perduto in due risposte differenti e questo, caro mezzuomo, è alquanto disdicevole per un piccolo hobbit che non predilige i cambiamenti.» Rimbeccò Berit con un tono volutamente altezzoso. L'aspetto ingannava molto quei suoi modi di fare, non riusciva a mostrarsi altolocata neanche per errore.
«Ma di che cosa state parlando?» Bilbo domandò alla fine di uno starnuto. Si mise a cercare un fazzoletto nelle tasche e già mostrava panico da tutti i pori.
Ed erano in viaggio neanche da cinque minuti.
«Le risposte sono semplici, non bisogna soffermarsi sui se e sui ma. Basta capire cosa si vuole davvero.» Intervenne Bofur.
«Ma..che c-c-c..?» un altro starnuto e gli occhi che subito gli lacrimarono. «Oh no, no no no. No.»
«No? Non è una risposta.» Borbottò Berit, alquanto delusa.
«No, ho dimenticato il mio fazzoletto. Bisogna tornare indietro.»
«Ha detto che s'è fatto male al di dietro?» interruppe Oin, voltandosi verso gli altri. Anche lui teneva in mano un sacchetto di monete sonanti.
«Tieni. Prendi questo.» Bofur si strappò dalla tasca un pezzo di stoffa sozzo e dall'aspetto consunto e lo lanciò alla volta dello hobbit. Bilbo lo afferrò tra le dita ma avrebbe preferito non farlo. Gli si dipinse uno sguardo disgustato: ma in quella compagnia ce n'era uno normale?
«Ehi, Bofur: cosa ci hai fatto con quello?» Kili avanzò facendo trottare il pony. Guardava il fazzoletto nelle mani di Bilbo con un’aria sorniona.
«Oh, niente di strano. L’ho usato per quel gioco che ho inventato. Si chiama: acchiappa il fango.»
«Dissento. Acchiappa il fango l’ho inventato io.» Intervenne Berit, tentando uno scappellotto alla nuca di Bofur. Quello si mise a sogghignare le schiaffeggiò una mano con un altro fazzoletto di tal fattura, tirato fuori da chissà dove.
«Veramente quello è: spolpa il pompelmo. Kili lo ha provato su Ori due lune fa.» Fili s’era accostato a Berit e sorrideva come il suo fratello minore.
Bilbo si sentiva leggermente schiacciato da tutti questi nani, non aveva idea di dove mettere quel coso che gli aveva dato Bofur e non riusciva a seguire i loro discorsi. Di solito amava i giochi, specie quelli che prevedevano il "lanciare piccoli oggetti" ma non era proprio il momento opportuno per pensarci. Il cavallo nitriva e gli sventolava la criniera sotto al naso. A furia di muoverlo per il fastidio sembrava un coniglio. 
«Non l’ha provato su di me. Io l’ho provato su di lui.» Ori allungò il collo per osservarli da davanti. La sua voce non era molto convincente e tutti si misero a guardarlo con aria un po' scettica. Dori, affianco a lui, non si era neanche accorto che mentre parlava della famiglia delle Fagacea, suo fratello aveva già smesso di ascoltarlo.
 «Un dì Ori discese e si prese uno spavento...» Cominciò Bofur, sorridendo pieno.
«…ché Kili lo colpì al petto veloce come il vento.» Finì Berit.
Due menti in uno, come al solito. Bilbo non aveva più espressioni facciali per delineare il disturbo emotivo di quella conversazione.
«Per tutte le trippe e le barbe dei nani, volete fare silenzio?» Dwalin borbottò al gruppo dietro e intervenne Balin con un
«suvvia, sono ragazzi» che venne preso con un grugnito secco da parte del nano di Durin. Quel viaggio stava cominciando molto male. Bilbo era abituato ad un altro tipo di socialità, nella Contea.
Come poteva proprio pensare di -
Venne distratto da una corrente d’aria che creò Bombur: il nano si ritrovò a saettare in avanti perché il pony s’era imbizzarrito. Bofur subito fece uno scatto con le redini per andarlo a recuperare, trottando dietro di lui a discreta velocità. 
«Vai così Bombur. Coorriii finchè sei in tempo! Corrriiiiiii!» Gli urlò dietro Berit, portandosi una mano alle labbra. Fili le diede manforte e presero a ridere energicamente, facendo unire Kili al quadretto. Anche Ori e Nori non riuscirono a trattenersi. 
Un altro sacchetto di soldi, partito da un punto imprecisato della Compagnia, volò in testa a Bofur che stava trattenendo il pony del fratello per la coda.
Per poco non ruzzolarono giù dalla loro cavalcatura per le risate, quelli dietro. Anche Gandalf tossiva e rideva, spargendo fumi d’erba pipa  dappertutto.
Bilbo constatò una cosa veramente preoccupante: quelli avevano la propensione a ridere delle disgrazie altrui,non c’era da stare tranquilli.
 
Il pavimento cadde e si ritrovarono in acqua tutti quanti, piombando nell'oscurità con un tonfo. Bofur non riusciva a vedere i suoi compagni né tantomeno le figlie di Bard. Salivano ancora le grida della gente e li sentiva nella testa nonostante l'acqua attutisse il dolore. Annaspò fino alla superficie con fatica, aggrappandosi al bordo d'una barca abbandonata con una pesantezza disumana. Ci si arrampicò fino a rotolare dentro, scontrandosi con delle botti legnose che rotolarono via.
Non si fermò a respirare, sputava acqua ed era completamente fradicio, cosa che gli rallentava ogni mossa. Arrancò fino al bordo e s'affaccio verso la città di Esgaroth e il fiato gli si spezzò.
Non c'era più niente, le palafitte bruciavano e le persone cadevano dalle loro abitazioni, si buttavano sulle imbarcazioni e riempivano l'aria di urla. Smaug cadeva su di loro con ferocia, aprendo le fauci brucianti e sbattendo le ali che rimbombavano in un turbine, provocando uragani d’urto. 
Tremava il suolo, l'acqua e il cuore al suo passaggio. Si mise a cercare i suoi amici, ricacciando indietro le lacrime, urlando i loro nomi con tutta la voce che aveva in gola. Intravide le due figlie di Bard sui pioli di un ponte rimasto integro, piangenti e tremanti. Accanto a loro Fili che issava Kili di peso dall'acqua.
Non vedeva l'elfa silvana dai capelli rossi e la cercò con lo sguardo, cercando di richiamare l'attenzione dei ragazzi. Tutto scorreva a rallentatore e il solo suono che sentiva era il crepitio delle fiame. La Montagna Solitaria era annebbiata dal fumo e remò con tutte le forze che aveva, evitando di pensare.


 



* galla = è una malformazione batterica che cresce sulle piante, viene scambiata per un frutto "strano" alle volte.
** scarpagnare= correre a saltelli, un tipo di corsa che di solito si pratica su un dislivello. È un termine ideato da Stefano Benni nel suo libro "Saltatempo" , gliel'ho brutalmente rubato perchè lo trovo bellissimo.

   
  
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