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Autore: Acquamarine_    10/01/2015    1 recensioni
[Spoilers seconda stagione] Assassini. Mostri. Pericolosi. Si definiscono in tal modo i personaggi trattati in questa analisi delle loro psicologie, delle loro azioni e reazioni. Siamo i peggiori e più crudeli giudici di noi stessi: applichiamo a noi stessi una razione di biasimo che non applichiamo agli altri.
Dalla prima one shot: “Sono molte cose – un assassino, un mostro, un pericolo –, ma non sono umano. Non più.”
#1. Lincoln - Human
#2. Finn - Murderer
#3. Bellamy - Protector
#4. Marcus Kane - Sacrifice
#5. Charlotte - Fear
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Bellamy Blake, Finn Collins, John Murphy, Lincoln
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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#3. Bellamy [1x08] 


"My mother, if she knew what I've done, who I am. She raised me to be better. To be good. And all I do is hurt people. I'm a monster."

Bellamy Blake (The 100 – 1x08)


C'è stato un momento in cui mi sono accorto che la mia vita non aveva alcun senso, che ero nient'altro che un uccello con le ali spezzate in caduta libera, ed è stato quando ho capito di non sapere più chi fossi. Avevo perso la mia identità, i miei valori; mi ero ritrovato catapultato in un corpo che sembrava il mio, con un'anima che certo non mi apparteneva. Ero prigioniero delle circostanze, eppure una martellante voce nella mia testa mi ripeteva che tutto ciò che era andato storto dipendeva da me. C'è sempre una via d'uscita, c'è sempre un'alternativa: se c'è una strada sbagliata, ci deve sempre essere un'alternativa giusta. La vita non è fatta di bianco o di nero, mi diceva.
L'essere costretto a fare qualcosa, non rende meno gravoso il peso della responsabilità: se questo qualcosa è sbagliato, continua ad esserlo, che sia giustificato o meno. La vita non è semplice come si spera, non lo è mai.
Se fai qualcosa di sbagliato, che sia giustificato o meno, sei irrimediabilmente un peccatore. Se continui a farlo sei un pericolo. Se diventa la tua prassi, sei un mostro.
Io ero andato contro tutto ciò che mi era stato insegnato per salvare quell'unica cosa che mi faceva sentire in qualche modo vivo: mia sorella. L'amore per lei era la parte migliore di me, quell'unica nota armoniosa in una cacofonia di dolore. Lei era stata il mio segreto e, in un qualche modo, il fatto che nessuno sapesse di lei l'aveva protetta dall'essere contaminata dallo sporco del mondo. Lei era pura, come nessun'altro sulla Terra poteva sperare di essere: era pronta a difendere le proprie idee, era coraggiosa ed equilibrata, incline ad amare e vedere il buono in chiunque, e questo proprio perché non era venuta a contatto con nessun essere umano a parte me e mia madre. Aveva vissuto nella bolla di sapone che le avevamo costruito attorno, protetta nella sua campana di vetro come la rosa del Piccolo Principe. E poi, d'un tratto, quella bolla era scoppiata, scagliandola in un mondo per il quale non era pronta, lasciata da sola ad affrontare orrori che non avrebbe mai potuto immaginare. In che mondo io sarei potuto restarne fuori? In che mondo avrei potuto lasciarla sola con se stessa? Avevo sentito la rabbia e la follia scoppiarmi dentro, assieme a quel senso di protezione che le dovevo anche solo per essere venuta al mondo. Lei era una cosa pura, la mia cosa pura, l'unica cosa bella della mia vita. Come avrei potuto non agire?
Tutto ciò che era venuto dopo era stato per spirito di sopravvivenza. Uccidere non era mai stato nei miei piani. Ogni essere umano sa di non poter privare nessun altro della vita; c'è chi fa finta che non sia così, ma nessuno si prende una vita senza pagare caro il prezzo. Uccidere non è semplice come si pensa. Uccidere non è solo premere un grilletto e restare a guardare; vuol dire mutilare se stessi, recidere un pezzo di anima che non tornerà mai più indietro. Ogni uomo o donna a cui togli la vita ti strappa via un pezzo della tua umanità e ti porti appresso i suoi occhi, incisi nella carne, fino alla fine dei tuoi giorni. Di notte, quando il resto del mondo dorme, i tuoi occhi restano sbarrati, fissi nel vuoto, mentre le orecchie ti fischiano per quegli insistenti sussurri, che si insinuano nelle tue orecchie e penetrano nelle profondità del tuo cervello. Le senti vibrare, quelle voci, come i puntuali rintocchi di un orologio, come il battito del tuo cuore. E assieme al sangue e alle lancette che si spostano, senti fluire nelle tue vene l'acido della malvagità, del peccato, del rimorso. La sicurezza di aver agito per una buona causa non può purificarti né rincuorarti. La morte ti scarnifica, piano piano, fa invecchiare la tua anima di colpo, ti riempie le vene e le vie respiratorie di sofferenza e dolore, ti incide nella carne e nelle ossa quelle parole che ti martellano nella testa. Assassino. Mostro. Pericolo.
Non provavo alcuna soddisfazione del vedere la luce spegnersi nei loro occhi, la vita fuggire col loro ultimo respiro. Non era ciò che volevo, ma era ciò che continuavo a fare, una volta dopo l'altra. C'è sempre un'alternativa. Allora perché non riuscivo a vederla? Perché tutto ciò che potevo fare era infierire sul poco di umanità che mi restava per poi crogiolarmi nell'autocommiserazione? Se ero davvero un mostro, perché tutto mi provocava una tale sofferenza? Se non lo ero, perché non cercavo un'altra soluzione?
Se nessuno poteva salvarmi, neanch'io, aveva senso cercare di sopravvivere?
Se non sapevo più chi ero, se avevo perso me stesso, allora ero ancora vivo? Ero ancora qualcuno?
Tutto ciò che sapevo me lo dicevano quelle voci, litanie lontane e leggere, martellanti e confuse. Tutto ciò che sapevo era che ero un assassino – che fossi giustificato o meno –, un pericolo – per me stesso o per gli altri? –, un mostro – ma lo ero irrimediabilmente?


Angolo Autrice:
Eccoci, con questo terzo capitolo e uno dei personaggi che mi piacciono maggiormente. Bellamy all'inizio non mi faceva impazzire, ma quando ha dimostrato un'umanità e una debolezza maggiori rispetto a quelle che sembrava avere all'inizio ho irrimediabilmente cambiato idea su di lui. È un personaggio complesso e dalle molte sfaccettature, io ho cercato di indagare sul suo lato debole e "colpevole", sperando di aver fatto un buon lavoro. Il tratto che maggiormente lo contraddistingue è sicuramente l'amore per Ottavia, e non potevo evitare di nominarlo. Un'unica nota da fare: so che probabilmente Bellamy non avrebbe modo di conoscere il Piccolo Principe, ma mi piaceva l'idea che certe storie restano con l'umanità sempre, anche dopo cent'anni di vita nello spazio, anche dopo disastri ed esodi vari. Ci sentiamo presto, con il prossimo capitolo su Marcus Kane. Baci!
   
 
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