Diabolik
Non aver
mai avuto paura
Capitolo
Due
…
“Il malore di
questa sera ha comunque un’origine, sicuramente avrà percepito una forte
stanchezza in questo periodo, del tutto normale dato che lei è in stato
interessante.” Concluse il medico.
Eva era certa di non aver
sentito bene, non poteva aver capito bene.
…
Diabolik correva a folle velocità per le strade deserte della
città.
Era uscito dall’ospedale urtando tutte le persone che si
trovava davanti, si era messo in macchina e aveva messo il piede sull’acceleratore.
Non aveva una meta, voleva solo correre dentro alla sua jaguar e tentare così di sfogare la rabbia ceca che lo invadeva.
Tanta era la sua furia, che sapeva di non poter tornare al loro rifugio. Se
avesse visto Eva in quel momento, forse non sarebbe riuscito a fermarsi e
l’avrebbe uccisa. Per questo filava nel buio della notte, scappando da tutto,
scappando da lei.
Eva poco dopo le notizie date dal medico era stata dimessa.
Era uscita fuori con la speranza che forse lui la stesse aspettando
all’ingresso. Non ci credeva molto ma lo sperava. La sua delusione non arrivò
quindi inaspettata quando si accorse di essere sola.
Si sedette un attimo davanti all’edificio per raccogliere i
propri pensieri. Non sapeva dove andare se tornare nel loro rifugio, o vestire ancora
i panni di Maria. Aveva paura, si sentiva maledettamente sola. In quel momento
per la prima volta da quando aveva deciso di condividere la propria vita con
Diabolik, lui non c’era. Lui non voleva esserci, era certa che non avrebbe desiderato
vederla.
Eva prese un taxì e dopo aver
riflettuto decise di tornare nel loro rifugio, si sarebbe di certo tradita a
vestire i panni di una sconosciuta.
A casa le luci erano spente, lui non c’era, e forse non
sarebbe tornato.
Eva si spogliò e si fece una lunga doccia, voleva lavarsi di
dosso l’angoscia, ma l’acqua non aveva questo potere. Dopo essersi asciugata si
preparò una tisana e si accomodò sul divano per cercare di riflettere. Stava
per berla quando le venne in mente che forse qualche erba poteva danneggiare il
bambino, e questo le provocò una crisi di pianto. Non poteva tenerlo, lei lo
sapeva e allora non aveva motivo di preoccuparsi di cosa beveva. Il loro
bambino doveva morire. Era condannato ancor prima di nascere. Diabolik non
avrebbe mai permesso che loro figlio venisse al mondo, era una vita pericolosa
la loro, vissuta al limite. Non C’era posto per bambini, pannolini e pappe.
Eva si chiedeva allora perché, una decisione già presa,
potesse dilaniarla tanto. Pianse a lungo fino ad addormentarsi che il sole era
alto.
Diabolik aveva raggiunto un loro rifugio fuori città, si era
calmato ed era soddisfatto di aver atteso di ritrovare il sangue freddo. Aveva
riflettuto, compreso che non era colpa di nessuno, che prendersela del tutto
con la compagna era una scelta egoistica. Entrambi avevano creato il
problema. Adesso dovevano solo porvi
rimedio. L’idea di un figlio era fuori discussione, era certo che anche Eva
sarebbe stata d’accordo.
Si fece una doccia e più calmo si mise in macchina per tornare
al rifugio dove sapeva che Eva lo stava aspettando.
Quando rientrò trovò la sua compagna addormentata sul divano,
il viso gonfio di pianto e la braccia strette sul ventre. Quando la vide la sua
rabbia si svegliò di nuovo. Non la svegliò e andò nella loro palestra ad
allenarsi.
Eva si svegliò che erano le tre passate. Passò i primi 10
minuti al bagno, la gravidanza e la nausee erano una novità per lei e non le
apprezzava particolarmente. Era china sulla tazza quando vide Diabolik sulla
porta. I suoi occhi erano duri e il viso tirato. Si vedeva che era arrabbiato e
trovarla così non aveva facilitato le cose.
Eva lo guardava seduta sul pavimento, senza dire una parola.
“Questa sera libereremo la vera Maria, i giornali
portano la notizia della scomparsa, andandotene così il colpo è rovinato” sentenziò
lui trattenendo a stento l’ira.
Eva rimase senza parole, era dunque questo ciò che lo
preoccupava.
“Scusami se non son rientrata nel mio ruolo dopo
aver saputo di essere incinta” rispose adirata
Diabolik si voltò e fece per andarsene.
“Fermo dove sei, non ti permetto di fare così. Non
mi merito di essere trattata in questo modo. Sono rimasta incinta di nostro
figlio, non è solo colpa mia” gridò lei mentre lo rincorreva per
il salotto.
Lui si voltò di scatto folle di rabbia, la prese per la gola
e la scaraventò sul muro. Sentire la compagna chiamare il problema “nostro figlio” lo aveva fatto andare su
tutte le furie.
“Non intendo nemmeno discutere di questo, domani
interromperai la gravidanza, e non voglio sentire dire mai più una parola in
proposito. Ti libererai di tutto.” Gli urlò mentre la teneva
saldamente contro il muro.
Eva boccheggiava, le mancava l’aria e lui non sembrava
nemmeno accorgersene. Sentiva gli occhi pizzicare e fece di tutto per evitare di
piangere, guardò il compagno negli occhi e vi lesse tutta l’ira di cui era
capace il re del terrore.
Con un filo di voce gli rispose “Termina quello che hai iniziato
se vuoi, uccidimi subito se è questo quello che desideri” concluse
con voce sempre più bassa e flebile.
Forse le sue parole fecero breccia tra la rabbia di lui
perché la lasciò andare e si allontanò come se avesse preso la scossa. Diabolik
le voltò le spalle e andò verso le cantine, lasciandola sul pavimento, poco
dopo ricomparve con la donna che avevano rapito e senza dire nulla lasciò la
casa.
Diabolik doveva liberare Maria Mcnott,
rapita per il colpo, e si concentrò solo su quel compito. Quando ebbe terminato
rimase in macchina a fissarsi le mani, le stesse mani che aveva messo intorno
al collo della sua compagna. Si sentiva vuoto, una sola cosa era importante per
lui, Eva. Non teneva a nulla, la sua stessa vita non voleva niente senza di
lei. L’amava incondizionatamente, completamente, ma non poteva permetterle di
pensare che avrebbero mai potuto tenere il bambino.
Quella situazione lo faceva impazzire, solo al pensiero perdeva
il controllo e diventava pericoloso.
Gli occorsero più di ventiquattr’ore
prima di ritrovare la calma necessaria per poter rientrare.
Eva dopo essere stata lasciata sola aveva dato sfogo alle
lacrime. Per ore non si era mossa fissando il vuoto. Lei aveva rinunciato
all’idea di un figlio, non lo voleva, non ci pensava mai. Adesso però l’impensabile
era accaduto, era parte di lei e di lui.
Solo in quel momento si rese conto che non avrebbe mai potuto
farlo, era certa che uccidere quel bambino equivaleva ad uccidere lei stessa.
Lo avrebbe protetto, a tutti i costi. Per salvarlo dovette prendere una
decisione difficile, ma una volta prese si mise subito all’opera. Aveva poco
tempo.
Quando Diabolik tornò a casa si rese subito conto che Eva non
c’era. Insospettivo fece un veloce giro della casa. I vestiti erano al loro
posto e anche tutte le altre cose, ma per il re del terrore qualcosa comunque non
andava. Il suo istinto lo aveva messo sull’attenti. Scese in laboratorio,
sembrava che fosse tutto come lo aveva lasciato, solo un cassetto non sembrava
perfettamente chiuso, era dove teneva le maschere di riserva. Ne mancavano
almeno quattro. Fulminato da un dubbio corse ad aprire la cassaforte che
conteneva molto denaro, gioielli e pietre preziose. I contanti erano spariti,
insieme a tutte le pietre sfuse. Una furia ceca gli fece mettere sotto sopra
l’interna stanza. Eva era scappata, lo aveva abbandonato per qualcosa che era
meno di niente.
L’avrebbe ritrovata a tutti i costi e avrebbe pagato caro il
suo gesto. La voglia di vendetta aveva preso il sopravvento su tutto. L’avrebbe
scovata ovunque fosse, nessuno poteva sfuggire alla sua mano, nemmeno Eva.
Diabolik aveva però sottovalutato la sua compagna. Nei tanti
anni trascorsi insieme aveva imparato da lui moltissime cose, tra cui come
nascondersi. Iniziò le ricerche tra tutti i loro rifugi, sapeva che era quasi
impossibile che avesse commesso un errore tanto banale, ma non poteva escludere
che fosse andata in qualcuno delle loro case all’estero. Il giro di tutte le
proprietà richiese meno di un mese. Eva Non era in nessuno dei loro rifugi, e a
quanto sembrava non ci aveva proprio messo piede.
Diabolik continuò le ricerche partendo dalle maschere con cui
Eva si era allontanata. Le tracce però svanivano quasi subito. La donna doveva
aver creato altre maschere per non farsi trovare. Era stata furba, ma niente lo
avrebbe dissuaso dal continuare a cercarla.
Gli occorsero altri sette mesi per trovarla. A tradirla era
stato un vecchio ricordo che era tornano in mente a Diabolik. Molti anni prima
avevano fatto un colpo in Italia, in una piccola isola Siciliana, che all’epoca
era stata la location scelta da uno Sceicco per la festa della bella moglie.
Mentre erano sull’isola a fare un sopralluogo prima dell’evento, videro dei
bimbi giocavano che sulla scogliera e tra le strade. Eva li aveva guardati con
uno sguardo leggermente triste. Lui
aveva subito capito a cosa pensava la sua compagna in quel momento. Eva si era
girata, gli aveva sorriso e gli aveva detto che per dei bambini era sicuramente
fantastica poter crescere in quella splendida isola.
Diabolik si maledisse per non aver ricordato prima quel
fatto. Aveva girato mezzo mondo per cercarla, stavolta era certo che l’avrebbe
trovata e partì subito per la piccola isola.
Eva dopo aver preso la difficile decisione di lasciare
Diabolik aveva dovuto fare molte tappe, all’inizio del suo peregrinare si era
spostata ogni quindici giorni in un luogo diverso. Con l’avanzare della
gravidanza però diventava sempre più complicato viaggiare. Era certa che
Diabolik non l’avrebbe mai perdonata per un simile tradimento, che l’avrebbe
cercata a lungo. Sperava solo che con il tempo e un pizzico di fortuna il suo
compagno si sarebbe arreso.
Nascondersi sapeva che sarebbe stato faticoso ma aveva avuto
un ottimo maestro e sperava di riuscire a far perdere le sue tracce. Il ventre
cresceva, e con lui anche i mal di schiena, i piedi gonfi e la sensazione di
essere diventata un barattolo gigante. Dopo aver tanto girato si era ricordata
di quella piccola isola ai confini della Sicilia in cui a nessuno sarebbe
venuto in mente di cercarla. Era il posto perfetto per ricominciare da capo e
se il fato l’avesse aiutata a non essere mai rintracciata da Diabolik.
Dopo aver trovato una bella casetta che dava sul mare Eva
aveva fatto il necessario per renderla accogliente per il futuro nascituro. Certo
era indubbio che il figlio che portava in grembo era il degno erede del suo
terribile compagno, fermo un momento non ci stava. Le tirava calci e pugni per
tutto il giorno, non facendola dormire quasi mai.
Lei si lamentava con il suo piccolo terrorista, ma lo faceva
sorridendo e mai si era pentita della sua scelta.
Diabolik arrivò sull’isola di mattina, travestito da turista.
Era leggermente fuori stagione, Dicembre non era proprio il mese più turistico
ma qualche avventuroso in giro lo si trovava sempre.
L’isola era molto piccola, con solo 3500 abitanti, non
sarebbe stato difficile trovarla, e quando ci sarebbe riuscito le avrebbe fatto
rimpiangere a caro prezzo l’essergli scappata tanto a lungo.
Prese una stanza in un piccolo bad & breakfast e cominciò
a chiacchierare con i proprietari sulla bellezza dell’isola e sul desiderio di
trasferirsi sul posto per cominciare una nuova vita.
Gli avventori lo presero in simpatia e gli raccontarono che
ogni tanto qualche straniero comprava casa e si trasferiva sul posto, come
quella donna che aveva deciso di far nascere qui suo figlio.
Diabolik comprese di aver trovato Eva e con qualche scusa si
fede indicare dove aveva comprato casa la donna.
L’uomo si incamminò verso la casa che gli era stata indicata,
era piccola ma accogliete con davanti il mare e ai lati ma non troppo attaccate
altre piccole abitazioni. Intorno la vegetazione era abbastanza rigogliosa. Ma
non sufficiente a nascondere un uomo in pieno giorno. Dovette quindi aspettare
fino a quando il sole non fosse calato per poter iniziare il suo appostamento.
Con il buio e la sua solita tuta nera non fù
difficile arrivare alla casa e nascondersi tra una piccola macchia di alberi
limitrofa. La prima cosa era capire se era veramente Eva la donna che abitava
l’immobile e non dovette attendere a lungo. Una donna apparve dal fondo della
strada con qualche busta della spesa, camminava lenta e tenendosi una mano sul ventre
gravido.
La strada non era molto illuminata e dovette aspettare che
arrivasse davanti alla porta per avere la certezza assoluta che si trattava di
Eva. Si era tagliata i capelli corti e li aveva tinti di nero per non dover
portare una sempre una maschera. Sembrava in salute anche se era evidente che
la gravidanza era molto avanti. Diabolik non la vedeva da mesi, era bellissima.
Dopo essere entrata la donna si chiuse la porta alle spalle.
E l’uomo sentì girare diversi chiavistelli e serrature.
Con cautela si avvicinò fino ad arrivare sotto ad un
finestra, con un piccolo microfono direzionabile puntato contro l’abitazione
poté ascoltare Eva mentre parlava apparentemente da sola.
“Ti prego
stai buono per un pochino, credo che tu abbia messo un piede sopra il mio rene.
Non ti devi agitare, tra meno non molto avrai tutto lo spazio che vuoi. Vedrai
che ce la caveremo bene io e te” sentì dire lui dalla sua posizione
seminascosta. Capì che la donna parlava con il futuro nascituro e non voleva
sentire altro.
Attese che la notte si facesse più scura, i chiavistelli e le
serrature per lui non erano certo un grosso problema, dubitava che Eva li
avesse messi per fermare lui. Aprì la
porta con molta delicatezza, e in un attimo scivolò dentro la piccola abitazione.
Non si sentiva un rumore, ma il suo istinto lo mise subito in guardia. Dalla
cucina Eva gli puntava contro una pistola ad aghi.
Eva teneva puntata con mano ferma la piccola pistola contro
il compagno. Cercava di trovare tutta la sua forza per non far capire a chi le
stava davanti quanto fosse spaventata. Sapeva che c’era il rischio di essere
rintracciata per questo si era fatta istallare un piccolo congegno che le
segnalasse una eventuale effrazione.
“Pensavi davvero di riuscire a scappare da me
Eva?” chiese beffardo Diabolik
“Questi aghi contengono cianuro, non mi
costringere ad usarli, vai via e lasciaci in pace” rispose la
donna sperando che credesse alle sue parole.
Il piccolo sentendo la paura della madre scalciava come un
forsennato e lei non potè evitare di sobbalzare per
il dolore di quella scarica di calci e pugni. Diabolik approfittò di quel
piccolo attimo di distrazione per disarmarla.
La guardava fisso negli occhi a pochi centimetri dal sui
viso, non l’avrebbe mai perdonata, lo sapevano entrambi. Le teneva le palme
alzate strette nella morsa d’acciaio delle sue mani.
“Perché non ci lasci in pace, che cosa potremmo
mai farti da qui, siamo dalla parte opposta del mondo” gridò Eva,
sapendo che se lui avesse deciso di ucciderla non lo avrebbe potuto impedire.
“No, Eva, Diabolik non perdona e lo sai” rispose
lui avvinandosi ancora di più alla donna, finendo per toccare con il proprio
corpo l’addome prominente di lei.
Eva era terrorizzata, ma cercava di restare lucida per
tentare di salvare almeno la vita del bambino
“Lasciami, ti prego, portare a termine la
gravidanza e permettimi di affidare il bambino a qualche famiglia. Poi potrai
avere la tua vendetta uccidendomi come più ti soddisfa. Ti scongiuro, se mi hai
amato sul serio di esaudire la mia richiesta” aveva gli occhi lucidi, avrebbe
fatto di tutto per proteggere il neonato.
Il piccolo si muoveva ed essendo a contatto anche Diabolik lo
percepì. Era pieno di vigore. A quel contatto l’uomo si allontanò, lasciando
libere le mani della donna.
La coppia si guardò fisso ed in silenzio per dei minuti che
parvero ore, per quanto desiderasse Eva, non vide alcuna pietà o compassione
negli occhi dell’uomo che amava.
“Non posso lasciarvi vivere, lo capisci? Anche se
nascesse come tu vuoi lo ucciderei comunque.” Rispose con
fermezza lui.
Eva gli si avvicinò, gli prese una mano e la mise sopra il
ventre dove il piccolo si agitava incessante.
“Ti prego fai vivere solo lui, è innocente, non ha
fatto nulla, ti prego prendi me…” Eva
dovette aggrapparsi forse a lui, un dolore atroce l’aveva attraversata.
“Oddio, no non adesso.” Disse lei con
uno sguardo di puro terrore.
Diabolik comprese subito che qualcosa non andava, forse il
bambino stava per nascere. E dal volto di Lei capi anche che aveva tanta, tanta
paura.
Avevano passato una vita insieme, anche se lo avrebbe sempre
negato dopo quanto successo, l’amava e non poteva vederla così.
“Devi calmarti, stenditi.” Rispose
lui con voce glaciale.
Eva era in preda al panico e ai dolori, temeva per la vita
del bambino, sapeva che era troppo presto e lui l’aveva già avvisata che lo
avrebbe comunque ucciso.
Dopo aver acconsentito a malincuore a stendersi Eva guardava disperata
colui che era stato il suo compagno.
Per Diabolik era un momento molto difficile.
“Chi devo andare a cercare?” le chiese con
freddezza l’uomo.
Eva ansimava e faticava a parlare. “Non c’è
nessuno, meno che mai a notte fonda, l’unico medico dell’isola è andato fuori
qualche giorno per il Natale.” Rispose Eva in preda all’angoscia.
Che ironia, aveva cercato Eva per porre fina alla sua vita e
a quella del bambino, e ora era l’unico che poteva aiutarla a farlo nascere.
La donna stesa davanti a lui interruppe i suoi pensieri
“Ti prego fai nascere nostro figlio, devi
aiutarlo.. devi” lo implorò lei.
Lui non voleva, sapeva di non volerlo ma le urla di Eva lo
costrinsero ad aiutarla. Avrebbe pensato ad ucciderlo dopo la nascita, era
l’unica soluzione ormai.
Il travaglio fù difficile, Il
bambino non era nella posizione corretta e farlo uscire quasi uccise Eva. Dopo
ore che a Diabolik parvero giorni il pianto del bambino riempì la stanza. La
madre con un filo di voce gli chiese di vederlo e di poterlo stringere.
Diabolik non si rifiutò, la donna perdeva sangue e doveva arrestare l’emorragia
o sarebbe morta di certo. Ci mese tutte le sue conoscenze mediche, e tutto
l’amore non detto per lei, nel tentativo di strapparla alla morsa della signora
con la falce.
Finalmente riuscì a fermare il sangue, la sua compagna per lo
sforzo e le perdite aveva perso i sensi mentre continuava a stringere il bimbo.
Diabolik la pulì e la sistemò sul letto pulito, poi prese il
piccolo, con l’intenzione di porre fine a tutta quella storia. Si sedette sul
letto accanto alla sua donna.
Era incredibilmente leggero il bambino, e terribilmente
simile a lei. Diabolik lo stava stringendo tra le mani e tra poco loro figlio
sarebbe scomparto. Passarono lenti i minuti e si chiese perché non procedesse e
basta, aveva ucciso tantissime volte e senza il minimo rimorso. Il piccolo si
mosse e aprì leggermente gli occhi, erano li stessi occhi verdi di lei. E aveva
anche un piccolo ricciolo nero sulla fronte.
Diabolik lo fissava esterrefatto, era loro figlio.
Eva si era svegliata ma non disse nulla. Fissò il padre
mentre osservava il piccolo e piangeva in silenzio sperando in un miracolo.
Diabolik per la prima volta in vita sua ebbe veramente paura,
di quello che non aveva il coraggio di fare e di cosa avrebbe significato per
lui avere un figlio.
Eva gli mise una mano sul braccio e lui la fissò sbalordito,
poi la mano prese a scuoterlo … forte … sempre di più.
Fino a quando finalmente non aprì gli occhi, sudato e con il
cuore a mille nel cuore della notte.
Accanto a lui c’era Eva che lo scuoteva per un braccio,
bella, bionda, splendida e sempre accanto a lui.
“Caro che è successo? Ho fatto molta fatica a
svegliarti ti agitavi tantissimo e mi sono preoccupata” Gli chiede
lei mentre guardava in apprensione il viso di lui.
“Niente, ho fatto solo un brutto sogno, un vero e
proprio incubo” gli rispose mentre regolarizzava il proprio respiro.
“Ed è finito tanto male?” chiese lei
incuriosita.
“No, non tanto male, ma non vorrei mai doverlo
rivivere” sbuffò Diabolik ancora intontito per quanto vissuto durante
la notte.
“Forse sei preoccupato per il colpo, la collana
con la perla nera ti è sfuggita due volte, ma vedrai che quando domani prenderò
il posto di Maria Mcnott andrà tutto bene” cercò di
tranquillizzarlo Eva.
“Il colpo è annullato, domani andremo a fare dei
controlli medici” rispose enigmatico lui.
“Annullare il colpo?Controlli? Ti senti male?”chiese lei
perplessa.
“I controlli sono per te, a scopo preventivo” rispose lui
con un sospiro.