Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Nat_Matryoshka    15/01/2015    6 recensioni
Dal testo;
"Fin dalla prima volta in cui l’aveva incontrata, Lyanna era sempre stata una ragazza forte, una guerriera più che una lady del Nord. Vinceva tornei (sotto mentite spoglie, è vero, ma un torneo l’aveva vinto), si batteva come un ragazzo, cavalcava, tirava con l’arco… non aveva mai visto né incertezza né paura tenderle i lineamenti, anzi sembrava non esserci posto per quei sentimenti in lei, almeno quando erano insieme. Era la sua lady di Ghiaccio: forte, pura, indomabile.
Fino a quando non aveva scoperto di essere incinta del suo terzo erede."

[What if: e se la Battaglia del Tridente avesse avuto un esito completamente diverso? Se Rhaegar e Lyanna fossero sopravvissuti e avessero avuto la possibilità di incontrarsi di nuovo, insieme ad Aegon e a Jon?]
Storia completamente revisionata!
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jon Snow, Lyanna Stark, Rhaegar Targaryen, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo XX
 

 
 


“Who will love you?
Who will fight?
And who will fall, far behind?”
[Birdy – Skinny Love]
 

 
 



La carovana era partita da poco per Approdo del Re, ma la folla che aveva accompagnato il commiato di Ned Stark, delle sue figlie e della scorta ancora restava ferma sulla piazza della fortezza, incerta se tornare all’interno o continuare a tenere lo sguardo puntato verso l’orizzonte, in attesa che gli sbuffi di polvere liberati dal galoppo dei cavalli si dissolvessero, perdendosi in lontananza, sfumando come le nuvole. Catelyn Stark strinse gli occhi fissando davanti a sé, cercando di raccogliere la forza che sentiva venirle meno da quando il marito le aveva parlato di quel viaggio: sapeva di avere accanto la cognata, il marito di lei e i tutti i suoi figli maschi, ma il pensiero di Ned e delle bambine che si allontanavano non era semplice da scacciare. Si strinse di più nel mantello e prese per mano Rickon e Bran, i figli minori, accorsi come tutti gli altri a salutare i viaggiatori, seguita poco dopo dal resto della corte e da Robb, il maggiore, che era accorso al suo fianco per stringerle il braccio, premuroso come sempre. Il principe era nel suo studio, Lyanna era appena rientrata, triste anche lei ma troppo fiera e orgogliosa per mostrarlo a qualcuno. Aegon e Jon osservavano la scena da una delle postazioni riservate alle sentinelle, pensierosi come gli altri.

Aegon guardava di sotto. Jon non l’aveva mai visto in quelle condizioni: per uno come il fratellastro, che non riusciva a star fermo un attimo e ardeva sempre di una fiammella vivace di allegria, restare in silenzio appoggiato al balcone era strano, quasi sospetto.

“Pensi che arriveranno presto a corte? Lord Stark, Arya e Sansa, intendo. Il viaggio sembra lungo.”
“Immagino di sì. In fondo, il Sud non è esattamente dietro l’angolo.” Jon si sporse in avanti, lasciando le dita penzolare in una specie di gioco ozioso. “Sansa non vedeva l’ora di partire, l’idea di trascorrere tanto tempo accanto al principe Joffrey la fa andare in brodo di giuggiole… cosa ci troverà in quel bamboccio biondo, poi, deve spiegarmelo. Eppure sembrava tanto offesa quando Arya gli ha tirato una freccia nel cappello…”
Stava per ridacchiare e rivolgere un’occhiata complice ad Aegon, quando intercettò lo sguardo del fratellastro… e, improvvisamente, capì il motivo di quell’umore cupo, di quella malinconia che sembrava afferrarlo e che non era affatto da lui. Si diede dello stupido: come poteva non averlo capito? Eppure, gli sguardi che il fratello lanciava a Sansa erano abbastanza eloquenti. Più di una volta lo aveva sorpreso a sorridere anche dopo che quei giochi di occhiate erano finiti, dopo che Sansa aveva distolto lo sguardo ed era tornata alle sue occupazioni, incurante del principe che la osservava nutrendosi di ogni minimo dettaglio del suo viso. E poi c’erano state le volte in cui aveva sorpreso Aegon che passava casualmente davanti alla stanza nella quale Sansa e la septa si esercitavano nel canto, la voce dolce della cugina che volava col vento… tutto concorreva ad una sola risposta.

“Da quanto tempo…?” si interruppe, a metà tra il divertito – perché la tentazione di dare una gomitata al fratello era sempre fortissima, anche per una persona seria come lui – e lo stupito. Aegon e Sansa?
“Da sempre” era stata la risposta secca. “Da quando siamo cresciuti insieme. Finché sei solo un bambino non ti rendi conto di cosa significhi innamorarti di qualcuno, pensare che daresti volentieri la tua felicità in cambio della sua… e poi se ne va, pronta a sposare uno stupido pallone gonfiato a cui magari lei nemmeno interessa. Cosa potrei darle secondo te, Jon? Un regno? Un nome prestigioso da unire al suo? Non ho nulla, ecco tutto. Sono il figlio di un principe decaduto, di una famiglia ormai estinta… contro un Lannister non posso far nulla. Sono un drago privo di onore.”

In un altro momento avrebbe riso, forse lo avrebbe preso in giro, ma Aegon gli sembrava così desolato da impedirgli di proferire una sola frase di scherno. Cercò di consolarlo.

“Intanto sei, anzi siamo Targaryen, e questo non mi pare poco. Se nostro padre regnasse, tu saresti il suo erede legittimo e le potresti donare la corona e tutti i Sette Regni, altro che un po’ di pidocchioso oro Lannister. Pensi che qualcuno avrebbe qualcosa da obiettare di fronte a un drago? Qualunque leone perderebbe tutto il pelo a vederti… e nessuno può competere coi tuoi favolosi occhi viola, Altezza Reale.”

Aegon ghignò. Jon poteva non essere un compagnone, ma sapeva essere divertente quando voleva. Molto divertente. Il fratellastro gli affibbiò una pacca sulla spalla, ridacchiando.

“Sansa prima o poi lo capirà… se sei fortunato, le basteranno due giorni con quella mammoletta piagnucolona del principe Joffrey per accorgersi di quanto tu sia interessante. E io prometto di non prenderti in giro per questa confidenza, sua Altezza Principe Aegon VI Targaryen” concluse con fare pomposo, strappando un’altra risata al fratello, questa volta sincera e sonora. Gli occhi di Aegon brillavano, e per la prima volta Jon vide in lui un giovane uomo pieno di carattere e di forza, diverso dall’Aegon ragazzino e scherzoso che conosceva bene, il fratellastro col quale era cresciuto e che aveva imparato ad amare. Per una  volta tanto, i ruoli si erano scambiati: quello pronto a scherzare e a consolare Aegon era diventato lui, sempre così serio e posato da sembrare un anziano saggio nonostante la giovane età.

I due si avviarono all’interno del castello, Aegon davanti, Jon che lo seguiva. Gli rimase un attimo di tempo per immaginare un possibile scenario futuro, prima che la voce di sua madre lo distraesse riportandolo alla realtà: suo fratello e la cugina seduti sul Trono di Spade, due figure altrettanto nobili e belle l’una di fianco all’altra come due statue, come se quel posto fosse sempre appartenuto loro di diritto. Sorrise tra sé.
 



***
 
 


Approdo del Re
Tempo dopo
 




La capitale non era cambiata: l’ultima visita di Ned Stark risaliva a più di dieci anni prima, eppure tutto sembrava rimasto uguale, come se Approdo del Re riposasse all’interno di un tempo immutabile, che la manteneva drasticamente identica a se stessa. C’era il caldo innanzitutto, quella cappa di calore soffocante che sfiniva chi lavorava e seccava i nobili sfaccendati, mitigata ogni tanto da una brezza leggerissima che graziava gli abitanti con una carezza piacevole, un sollievo per chi era costretto a indossare abiti cerimoniali per gran parte della giornata. C’era l’etichetta da rispettare, sempre rigida, c’erano i suoi nuovi compiti da Primo Cavaliere del re… e c’era Jon Arryn da visitare, chiuso da mesi nella sua stanza e consumato da una malattia che nessuno riusciva ad identificare, diventato in pochi mesi l’ombra di se stesso, così diverso dall’uomo sorridente e gentile che Ned ricordava da gettarlo nello sconforto.

Era giunto alla capitale da poco tempo, troppo poco per abituarsi alla girandola di apparenze e giochi di potere che formava la corte, ma non se ne preoccupava: si rendeva bene conto di non appartenere a quell’ambiente, così come sarebbe stato impossibile vedere un metalupo in giro per le strade del Sud. Dentro di sé si sentiva un uomo del Nord, legato ai suoi principi e alle leggi che avevano comandato la vita dei suoi genitori e di tutti gli Stark, fin dai tempi di Tohrren Stark e di Brandon il Costruttore, fin dall’inizio della loro storia. Era orgoglioso della sua ascendenza e sperava che un po’ del rigore giusto con cui amministrava la legge a Grande Inverno fosse riconosciuto anche lì, dove i Leoni e i Cervi correvano insieme sotto un sole che li sfiniva e faceva brillare d’oro gli stendardi. Erano le sue figlie a preoccuparlo, non tanto la piccola quanto Sansa, che smaniava per essere accolta nel seguito della regina e già si acconciava i capelli come una nobildonna di Approdo del Re, come se nulla la legasse più all’ambiente in cui era nata e cresciuta… ma respinse quel pensiero, costringendosi a restare con la mente su Jon e sulla visita imminente all’amico: c’erano questioni più urgenti che richiedevano la sua attenzione.

Da quando la malattia aveva iniziato a roderlo, il Primo Cavaliere era stato spostato dalle sue stanze in una più vicina ai locali dove alloggiava il Gran Maestro Pycelle, così da essere controllato con più efficacia. L’uomo, però, non era riuscito a migliorare granché la situazione del malato, se non per quanto riguardava il dolore: Jon era disteso a letto da giorni, circondato da medicamenti e pozioni e costantemente rifornito di latte di papavero, l’unico rimedio in grado di donargli sonni tranquilli. Per Ned, abituato ad un uomo energico nonostante l’età che avanzava, vederlo in quello stato era sempre scioccante.

“Eddard… mio caro ragazzo, qual buon vento ti porta qui?”

Se non altro, il suo vecchio amico cercava di metterlo a suo agio. Jon tentò di alzarsi dal letto, ma un violento colpo di tosse lo costrinse a stendersi di nuovo. Ned lo raggiunse, una mano tesa per aiutarlo a sostenersi e per salutare l’uomo che era stato come un secondo padre per lui.

“Venti burrascosi, mio buon amico… un vento di nome re Robert, che mi ha chiesto di farti da sostituto fino a che non ti sentirai meglio” rispose Eddard, cercando di non far trapelare il suo vero stato d’animo dalla voce. Aveva evitato accuratamente di parlare della malattia, ma ora che lo visitava di nuovo si rendeva conto di quanto fossero critiche le condizioni dell’altro. Non era certo che quello di Primo Cavaliere fosse un incarico momentaneo, ma non voleva farglielo capire. Non poteva farglielo capire.
Jon, però, sembrava avergli letto nel pensiero.

“Ah, Ned… non sei mai stato capace a mentire, ragazzo, fin da quando eri un bambino. Sia io che te sappiamo benissimo che la mia malattia è troppo forte per essere sconfitta… e che tra poco vi lascerò. Ragion per cui vorrei che mi ascoltassi attentamente e facessi esattamente quello che ti chiedo di fare, anche se possono sembrarti ordini incomprensibili. Va bene?”

Eddard Stark, sempre grave e composto come si addiceva ad un lord del Nord, si sentiva esattamente un ragazzino confuso e spaventato al capezzale di un caro piegato dalle sofferenze. Si tese in avanti, quasi avesse paura che quelle parole scappassero fuori, si intrufolassero in luoghi dove non sarebbero dovute entrare.

“Apri il mio baule. In fondo, sotto ad un gruppo di mantelli da viaggio, troverai un quaderno rilegato in pelle, una serie di pergamene cucite tra loro da un filo spesso… è il mio diario, dove ho annotato alcune notizie che vorrei restassero segrete. Ti ho fatto chiamare anche perché sento di potermi fidare solo di te all’interno di questa corte, non posso rischiare che quanto voglio mostrarti finisca nelle mani della regina, dei Maestri o di una delle spie della Corona. Prendilo e nascondilo nell’angolo più segreto della tua stanza, in un luogo che soltanto tu conosci… e quando avrai finito di leggerlo, distruggilo. Lo farai, Ned?”

Eddard annuì, spostandosi verso il fondo del letto in cerca del baule e del diario. In fondo al cassone di legno c’era effettivamente un libricino rilegato in pelle, che l’uomo si affrettò a nascondere all’interno dell’abito. Sul viso dell’amico comparve un’espressione di sollievo, come se la vista del libretto finalmente in buone mani riuscisse da sola a farlo sentire meglio. Tentò di piegare le labbra in un sorriso.

“È tutto in quel libro, Ned. La Genealogia delle maggiori Casate dei Sette Regni… sono arrivato alle mie conclusioni grazie a quelle pagine, è stato il mio punto di partenza e sarà anche il tuo, ma prima leggi il diario, ti sarà tutto più chiaro. Ricorda solo di farlo sparire… nessuno deve sapere che l’ho scritto, mi raccomando Ned. Nascondilo immediatamente…”

La voce dell’amico si era fatta più flebile, mentre un colpo di tosse spazzava via le ultime parole di quella frase. Ned non voleva farlo stancare: strinse la mano del buon Jon Arryn e chiamò il Maestro perché gli somministrasse le medicine della sera, non prima di avergli rivolto un cenno col capo come a concludere la conversazione. Poco dopo arrivò anche il Maestro Pycelle, seguito da uno degli assistenti guaritori incaricati di occuparsi del caso di Jon: Ned li sentì borbottare tra loro, prima che un numero sufficiente di passi non lo mise al sicuro dalla loro vista, abbastanza al sicuro da estrarre il libretto e rigirarselo tra le mani. Nell’aprirlo gli cadde lo sguardo su una frase casuale, la prima riga di una pagina vergata con la calligrafia precisa e nitida del Primo Cavaliere:
“… ho parlato al ragazzo, giù alla fonderia: proprio come immaginavo, ha i capelli neri, scurissimi. Mi ha detto di chiamarsi Gendry e di essere figlio di una povera donna del Fondo delle Pulci, ma di non sapere nulla di suo padre.”
Non aveva idea di quali informazioni Jon avesse accumulato durante le sue indagini, ma di una cosa era certo: quel libro doveva essere nascosto immediatamente.

In qualche modo, sentiva che ciò che vi era stato scritto avrebbe potuto compromettere il regno.
 
 


***
 
 


“Padre, quand’è che potrò sposare il Principe Joffrey? Dovremo aspettare molto?”

Sansa continuava a preoccuparlo. Era passato qualche giorno dal colloquio con Jon che gli aveva rivelato l’esistenza di quel diario nascosto dalla vista dei Maestri e di Robert e ancora non riusciva a controllare il nervosismo e i pensieri che erano nati in lui dopo una prima lettura del manoscritto: sembrava che Jon avesse smosso le acque di un lago enorme, una distesa all’apparenza calma ma che nascondeva un fondo oscuro e misterioso, un territorio dove un lupo come lui non avrebbe mai dovuto avventurarsi. L’affetto che provava per l’ex Primo Cavaliere lo tratteneva dal lasciar perdere tutto e fingere di non aver mai letto quanto lui gli aveva affidato, ma doveva ammettere che quella situazione lo intimoriva.
E sua figlia sembrava al settimo cielo: la permanenza a corte la divertiva moltissimo, come se non avesse sognato altro nella sua vita di ragazzina di dodici anni, amante dei balli e delle storie di principesse e cavalieri valorosi. Se non fosse stato tanto turbato dallo stato di salute di Jon probabilmente avrebbe discusso con lei chiedendole cosa le piacesse tanto di Approdo del Re e perché fosse così infatuata di Joffrey, ma sentiva di non averne la forza. Per cui si limitò a blandirla: “Non avere tanta fretta, Sansa… tu e il Principe dovete ancora conoscervi, organizzare un matrimonio in fretta non sarebbe un bene per nessuno dei due. E poi, non vorresti tornare al Nord prima di sposarti? Rivedere la mamma, Robb, Jon, Aegon, i tuoi fratelli…”

Il pensiero di Grande Inverno era un peso sullo stomaco che gli annebbiava la mente, ma come avrebbe potuto abbandonare Jon Arryn? E Robert, che contava su di lui?

“Ma la mamma può sempre venire a trovarci, così come Robb. E anche Jon. Joffrey deve restare qui, invece… e noi due ci amiamo, perché dobbiamo aspettare? È la stessa cosa che mi ha detto la mamma, ma io sono stufa di aspettare!”

Arya, seduta a fare colazione poco lontana, sbuffò. “Che seccatura che sei. Joffrey è uno stupido vigliacco, che non sa combattere con la spada e si fa sempre coprire le spalle dalle sue guardie. Come puoi desiderare di sposarti con un tipo del genere? Io non voglio vivere sotto al suo stesso tetto. Neanche a Nymeria piace.”

Sansa stava per ribattere alla sorellina, decisamente offesa, ma un’occhiata da parte della septa le fece capire che non aveva senso alimentare ancora quei battibecchi inutili. Le lanciò un’occhiataccia e si chiuse nel suo sdegnoso silenzio, voltando le spalle ad Arya con cipiglio offeso.
I metalupi… Ned sorrise, guardando i due animali che riposavano ai piedi delle figlie, placidi come se montassero la guardia alle loro padroncine: Nymeria era un animale bianco e grigio, dagli occhi vivaci e dal temperamento simile a quello di Arya, Lady – sua sorella – aveva il pelo più chiaro e lo sguardo dolce e indulgente, un carattere paziente e un’eleganza innata, una piccola Sansa in versione animale. Ricordava bene il giorno in cui Jon li aveva trovati, durante un giro di ricognizione nelle loro terre, e di come i cuccioli fossero stati uguali nel numero ai ragazzi Stark: uno per ogni figlio, come se una mano dall’alto avesse deciso di abbinare quelle creature ai giovani figli della Casa del Metalupo. Robb aveva avuto Vento Grigio, Bran Estate, Rickon Cagnaccio… e per Jon Spettro, l’unico albino tra i cuccioli, un lupacchiotto bianco dagli occhi rossi simili a rubini di cui si era innamorato anche Aegon. Perfetto per il nipote, che era un misto di ghiaccio e fuoco.
Arya e Sansa avevano insistito per portare a Sud i loro animali, e Ned ne era stato felice: le avrebbero protette. Se anche lui fosse stato lontano col pensiero, perso dietro a quei misteri che iniziavano ad emergere attorno a lui, almeno le figlie non sarebbero state da sole.

O almeno, così sperava.
 

 
 





Noticine di Nat
Aegon  e Sansa. Scommetto che non ve lo aspettavate!
Scherzi a parte, la mia passione per la SanSan è forte e dura dalla seconda stagione della serie, ma chi mi segue sa che sono una sperimentatrice e non posso rinunciare a formare nuove coppie, soprattutto quando la storia lo permette… per cui ho provato a seguire anche questo sentiero, sperando che l’andamento della storia possa continuare ad incuriosirvi. Tra l’altro ci sono parecchie fic nel fandom internazionale su di loro e alcune non sono nemmeno male, per cui… è stato più forte di me!
Vi sarete accorti che il what if è in pieno svolgimento e che, per questo, le vicende stanno prendendo pieghe abbastanza differenti dalla storia… ma non voglio comunque spoilerarvi nulla, per cui vi lascio tutta la suspence (?) e la sorpresa di vedere cosa dovranno affrontare Ned, Lyanna e gli altri! Questo capitolo è dedicato tutto a lui per ragioni di svolgimento della trama, ma la storia ruota anche attorno agli altri personaggi, as always.
L’aggiornamento questa volta è lampo,  ma la sessione invernale mi aspetta… spero davvero che la Musa non mi abbandoni. Nel frattempo vi ringrazio di cuore per aver inserito la mia stori tra le seguite, le preferite e le ricordate, siete sempre di più e mi riempite di gioia!
Nat
   
 
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