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Autore: Vale29_86    15/01/2015    5 recensioni
"...E ad un tratto, c’è di nuovo “quella cosa” nel suo sguardo; qualcosa, che non riesco ancora a capire, ma che ho iniziato a notare da un po’ di tempo ormai. Da prima della Mietitura…
Non aveva mai avuto “questo” sguardo prima, almeno non con me. Non è solo dolcezza, è qualcosa di più. Qualcosa che non so spiegare… Mi guarda così per un momento, poi allunga la mano e la passa tra una ciocca dei miei capelli: - Sarà meglio andare a finire di prepararci… - afferma - saranno le dieci a momenti!... - io annuisco, Lui prende la porta, ma prima di entrare, si volta un momento e mi strizza l’occhio con un sorriso: - A dopo!... - dice. Ed è di nuovo il solito Aris..."
PREMESSA:
Tentativo di PREQUEL della saga di Hunger Games!
Una storia di pura invenzione che parte dal “Mondo“ di Hunger Games.
E' la storia di una grande amicizia (che forse è qualcosa di più), sullo scenario dei Giochi, vissuti proprio dai giovani protagonisti...
I personaggi citati, a parte Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, e il Presidente Snow, ​
sono tutti inventati da me. Ho anche ridisegnato il Distretto (10) in questione a mio gusto... Spero che la storia vi piaccia.
Buona Lettura! :)
Vale
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Caesar Flickerman, Claudius Templesmith, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Presidente Snow
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Incompiuta, Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The District'
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---------------------------------------------- Capitolo 11 ----------------------------------------------



Quando l’alba si affaccia alla finestra, Barsabas entra nella mia camera, per accompagnarmi nel mio viaggio verso l’Arena; forse, l’ultimo che farò... 
Aris mi saluta per andare in camera sua, dove lo aspetta Costa; mi posa un delicato un bacio sulla guancia: - «Ci vediamo dopo» - dice. Ed esce dalla stanza... 

Barsabas, mi aiuta ad infilarmi qualcosa addosso e mi porta sul tetto, dove un’hovercraft mi aspetta. Una volta salita a bordo, una donna con un camice bianco addosso, e una siringa in mano, mi si avvicina. Mi pianta la siringa nel braccio e vi inietta qualcosa; provo una fitta acuta di dolore all’avambraccio, mentre lo strano e metallico “corpo estraneo”, viene sputato fuori dall’ago della siringa e mi si immette sottopelle… 
- «E’ il tuo Localizzatore!» - dice, rispondendo al mio sguardo perplesso. Bene, ora gli Strateghi sapranno sempre dove sono! 

Inserito il Localizzatore, la Donna in camice bianco si dilegua, e Barsabas viene prelevato dal tetto. Ci conducono entrambi in una saletta dove è stata preparata la colazione. In realtà, l’ansia e la paura che provo, ora come ora, mi hanno del tutto tolto l’appetito, stringendo il mio stomaco in una morsa. Ma una volta nell’Arena, non ho idea di quando potrò mangiare di nuovo, così mi sforzo di mettere, almeno, qualcosa nello stomaco. 
Dal finestrino vedo che stiamo sorvolando la città, procedendo verso una landa selvaggia che si trova al di là. Dopo circa mezz’ora di viaggio, i finestrini si oscurano. Barsabas, mi dice, che significa che ci stiamo avvicinando all’Arena. 
L’hovercraft atterra, e una scaletta ci cala lungo un tubo sotterraneo che conduce alle Catacombe che si trovano sotto l’Arena; da qui veniamo condotti in quella che sarà la mia “Camera di Lancio”, dove il mio Stilista, mi aiuterà a vestirmi prima di entrare nell’Arena. 

Mi sforzo di non vomitare la colazione, mentre mi faccio la doccia (probabilmente l’ultima che farò) e mi lavo i denti. Barsabas mi pettina i capelli, liberandomi dalle extensions (che non ho mai sopportato) e legandoli in un semplice codino. Poi arrivano i vestiti. Gli stessi per ogni Tributo. 
Pantaloni verde militare, con tasconi laterali (utili per tenerci qualcosa a portata di mano), comodi e resistenti. Una cinta intrecciata, nera e robusta. Una maglia grigio scuro, a maniche corte, abbastanza leggera. Calzettoni robusti e aderenti. Una giacca nera, di un tessuto sottile e resistente che arriva a coprire i fianchi. Scarponi neri, di pelle morbida con suola in gomma flessibile, sagomata e leggera...
Dovrei avere tutto. Poi, vedo Barsabas frugarsi in una tasca, da cui tira fuori un pendente attaccato ad un semplice laccio nero: - «Questo viene dal Distretto Dieci! E’ un portafortuna. Spero ne porti abbastanza anche a te.» - con un gesto delicato, mi infila il ciondolo, al collo: - «Ecco. Ora sei pronta!» - dice. 

Prendo il ciondolo tra le dita per guardarlo meglio. E’ un rettangolo d’argento non molto grande, ma abbastanza spesso, con su inciso, in oro un piccolo insetto, dalle ali spiegate… 
Mentre continuo ad osservarlo, sento la voce di Barsabas, parlare nuovamente:
- «E’ uno Scarabeo! Un’ insetto ormai estinto, che un’antico popolo, chiamato Egizio, considerava portafortuna.» - dice. Alzo lo sguardo, per guardare il mio Stilista: - «Grazie…​» - dico sorpresa e commossa: - «…ma tu come fai a…?!» - senza nemmeno farmi finire la domanda, risponde dolcemente: - «L’ho portato con me quando sono stato mandato nell’Arena…!». Sono confusa e sconcertata: - «Tu sei stato un Tributo?! Sei uno dei Vincitori?!... Quando?!» - gli chiedo stupita. La mia espressione sorpresa deve essere davvero buffa, perché Barsabas scoppia a ridere, e affabilmente dice: - «Una vita fà, Ragazzina! Una vita fà…!» - facendo, così, cadere il discorso… 


La tensione si fa più intensa ad ogni minuto che passa, mentre, resto seduta, ad aspettare la chiamata... 
Per distrarmi, il mio Stilista, mi chiede se ho voglia di parlare. Gli rispondo di “No”. 
La gamba comincia a muoversi da sola per l’agitazione, non riesco a tenere ferme le mani, e mi affondo le unghie nella carne... Barsabas, prende le mie mani nelle sue. Il calore della sua pelle è così piacevole che un po’ riesce a calmarmi. 
Restiamo così, finché la voce garbata di una donna, annuncia che è ora di prepararsi al lancio. 

Il mio Stilista​, continuando a tenermi la mano mi accompagna alla postazione di lancio, dove mi posiziono. Mi sorride: - «Sta attenta Mina. Voglio che me lo riporti intero quel ciondolo!» - dice scherzoso. Sorrido anche io, e senza pensarci troppo, dico - «Ci proverò…». 
Barsabas si china a baciarmi la fronte. Poi, un cilindro di vetro cala su di me, spezzando la stretta delle nostre mani. Il tempo di un’ultimo sguardo spaventato al mio Stilista, e la postazione inizia a salire. Resto al buio qualche secondo, poi la piastra metallica, mi spinge fuori dal cilindro, all’aria aperta. Per qualche minuto, resto accecata, dalla luce, troppo intensa, dopo il buio; e non ho idea di cosa, ci sia intorno a me. Poi sento la voce del leggendario annunciatore Claudius Templesmith, annunciare: 
- «Signore e Signori, che i Settantaduesimi Hunger Games abbiano inizio!». 


--------------------------------------------------***----------------------------------------------------


Un timer posto sopra la Cornucopia (un gigantesco corno dorato, con la coda ricurva, alto almeno sei metri), parte da Sessanta. Sessanta secondi in cui dobbiamo rimanere immobili aspettando il gong che ci darà il via. Se esci dal cerchio prima che i Sessanta secondi siano passati, le mine terrestri, ti fanno volare via le gambe. Sessanta secondi per studiare i tuoi avversari. Ventiquattro Tributi, su ventiquattro piattaforme circolari, disposte ad anello intorno alla Cornucopia e tutte sistemate alla stessa distanza da essa.
Nella bocca della Cornucopia, c’è tutto quello che serve per sopravvivere nell’Arena: Cibo, Contenitori d’Acqua, Armi, Farmaci, Accendini, Indumenti…
Intorno alla Cornucopia, sono sparpagliati vari oggetti e zaini, il cui valore diminuisce quanto maggiore è la loro distanza dal corno.


Il terreno su cui, ora, ci troviamo, e su cui posa la Cornucopia è piatto e scoperto. Guardando verso Nord c’è una vasta distesa di Bosco. A Sud c’è un lago, e quindi l’acqua che è vitale, ma è una pianura totalmente scoperta, senza nemmeno un posto in cui nascondersi. 

A Ovest c’è ancora bosco, mentre ad Est non si vede assolutamente nulla. 
Alla Cornucopia non mi avvicino nemmeno, sarebbe un suicidio! I Favoriti dei Distretti dell'Uno, del Due e del Quattro, la difenderanno a costo della vita. Non avrei speranza… Non per nulla, questa prima parte del Gioco, si chiama “Bagno di Sangue”! 

Ma c’è quello zaino, non è vicinissimo e quindi, forse, è probabile che contenga qualcosa di veramente utile. Io sono abbastanza veloce; se lo raggiungo e continuo a correre da quella parte, posso facilmente arrivare a ripararmi tra la vegetazione del bosco…
E, se Aris riuscisse a coprirmi le spalle, riusciremmo senza dubbio a prenderlo.
Se solo riuscissi a trovare Aris e Potessi cercare di fargli capire il mio piano…
Ma è inutile, da qui non riesco a vederlo da nessuna parte.


Il Timer scatta sullo zero e un “Gong” assordante ci dai il via.
Scatto immediatamente, senza badare agli altri e sono davvero veloce. Mi mancano pochi metri per raggiungere lo zaino, quando Aris mi affianca: - «Corri verso il bosco e nasconditi!» - ordina con tono autoritario. 

Ripenso alla nostra conversazione di ieri notte. Al nostro accordo. Ed è vero, non c’è tempo per ribattere, perché costerebbe la vita ad entrambi. Così, anche se a malincuore, obbedisco e faccio come dice.
Corro più veloce che posso. Forse gli altri non si accorgono di me, o forse sono troppo impegnati a combattersi tra loro, fatto sta che riesco a raggiungere il bosco e ad addentrarmi nella vegetazione, nascondendomi agli occhi degli altri. 

Quando trovo quello che sembra un buon punto per nascondersi, mi fermo. 
Ed è a quel punto che mi rendo conto che Aris non è con me.
Il terrore si impossessa di me. 
Dove Diavolo è?!
Che sia rimasto ucciso nel Bagno di Sangue?! Cerco di mantenere il controllo. Ha detto di nascondermi, ed è quello che faccio. Trovo un buon albero e inizio la mia prima sfida personale per scalarlo. Al “Dieci”, gli unici alberi che vediamo sono quelli fuori dalla nostra recinzione permanentemente elettrificata. Ma, durante l’addestramento, ho fatto un po’ di pratica nell’arrampicarmi, e al Distretto, io e Aris, anche senza alberi, ci arrampicavamo sempre ovunque; sui tetti delle case, sulle macerie della vecchia fonderia… ovunque.


Arrampicarsi su un albero è difficile, ma non impossibile. Ci sto riuscendo senza troppi problemi. Quando arrivo a un ramo abbastanza alto e nascosto, mi fermo, mi sistemo in modo da non cadere e aspetto. Aris arriverà di certo.
Il tempo che passa sembra infinito. Un’ora… forse due.
Ormai deve essere pomeriggio inoltrato, e sto cedendo alla paura che Aris sia morto, quando sento un fruscio tra la vegetazione che mi mette in allarme.
Poi, sento sussurrare il mio nome, riconoscendo la voce di Aris. Scruto il panorama dall’alto, alla sua ricerca e finalmente lo trovo. E’ solo, ed è al sicuro.
Scendo velocemente dall’albero e gli corro incontro buttandogli le braccia al collo:
- «Mi hai fatto morire di paura! Credevo che fossi dietro di me!» - gli dico agitata. 

Poi finalmente lo guardo: - «Sei ferito!...» - dico preoccupata. 
- «Solo qualche graffio…» - risponde lui, con fare noncurante: - «…ma ho preso questo!...» - continua. E dalle sue spalle fa scivolare lo zaino invitante che avevo tentato di raggiungere io e, in più, una specie di machete. Poi fruga in una tasca e tira fuori un piccolo set di coltelli: 
- «Mi sembra di ricordare, che “qualcuno”, è abbastanza bravo con questi…» - mi fa, guardandomi sottile, e porgendomeli. 

Io gli sono grata, ma sono anche infuriata con lui; se siamo una squadra non deve rischiare la vita da solo! Così gli tiro un pugno sul braccio: - «Questo è per aver rischiato da solo al Bagno di Sangue!» - ma non sono soddisfatta;  gli tiro un secondo pugno, nello stesso punto: - «E, questo per essere entrato nella Cornucopia senza nessuno che ti guardasse le spalle!!» - affermo. 
Lui, sbuffa scherzoso, e massaggiandosi il braccio borbotta: - «Mi saresti stata solo d’impaccio…» - sorridendomi, con la sua solita smorfia a mezza bocca. 

Appurato che il posto è abbastanza sicuro, decidiamo di aprire lo zaino per iniziare a controllarlo. Dentro troviamo una bella corda resistente, un contenitore con parecchia carne di manzo essiccata, un altro con frutta secca, una confezione di gallette, dei fiammiferi, un piccolo set di pronto soccorso, un solo sacco a pelo, ma abbastanza grande perché possiamo entrarci tutti e due (dopo tutto, io, non occupo tanto spazio), un piccolo telo impermeabile di un metro per un metro ​e, per finire, una borraccia bella grande. Ma totalmente vuota…

- «Dobbiamo trovare l’acqua!» - affermiamo nello stesso momento, voltandoci l’una verso l’altro, e rimanendo vagamente sorpresi dalla simultaneità, con cui lo abbiamo detto.
Poi, schiarendomi la voce, continuo: - «Forse ci conviene guardarci un po’ intorno, prima che faccia buio.  
Poi potremmo tornare qui; mi sembra un buon posto per nasconderci. Almeno per questa notte…!» - ​ non faccio in tempo a finire la frase.
Un fragoroso rumore, interrompe il mio discorso. Lo sparo di un cannone; il Bagno di Sangue, deve essersi concluso, e gli Strateghi, stanno contando i corpi…
Un colpo, due, tre… 


Otto colpi in totale. Otto morti. Otto nuove vittime degli Hunger Games, per la gioia del pubblico di Capitol City… ​
Sento lo stomaco torcersi, per il disgusto e la rabbia: come possono farci una cosa del genere, senza alcun rimorso?! Siamo esseri umani, esattamente come loro; come fanno a non vedere i loro stessi figli, nei volti dei ragazzi che mandano a morire per il loro divertimento?!
La voce di Aris, mi richiama dai miei pensieri: - «Tutto bene, Mina?!...» - chiede preoccupato. Io gli faccio cenno di si, con la testa: - «Si. Tutto bene…» - cerco di accennare un sorriso, per tranquillizzarlo. Non è il momento, di perdersi in pensieri inutili, per quanto veri siano…
Mi tende la mano ed io la prendo: - «Andiamo a cercare l’acqua!...» - dice.
Mi lascio guidare senza esitazione. Esploriamo il posto, da attenti osservatori; cercando di cogliere ogni possibile pericolo, ed ogni risorsa​. La foresta, sembra essere conifera; il sottobosco, è gremito di muschio e funghi, dalle forme più bizzarre. Alcuni hanno colori accesi e vivaci, altri riprendono i toni della terra. Ci sono foglie e cespugli carichi di fiori e bacche, di ogni tipo, e tra i pini altissimi, scorgo anche altri alberi, che però non riconosco…
Mentre camminiamo, vedo anche qualche coniglio, un paio di cervi, e dei volatili, non troppo grandi, che non posso identificare meglio, dalla fugace visione che ho avuto di loro. ​Comincio ad avere il sospetto, che altresì l’Arena, come ogni altra cosa creata artificialmente da Capitol City, sia una specie di “Ibrido”, di vari tipi di ambienti;
alcuni alberi e piante, e vari altri particolari, stonano decisamente con il resto, e non dovrebbero proprio essere presenti in questo tipo di habitat…​ ​ 


Vedo radici, erbe, e bacche mediche che, stando a quanto ho appreso durante l’addestramento, sono sempre difficili da reperire, quindi decido di raccoglierle, non si sa mai; se fossimo impossibilitati a ripassare di qui, potrei non riuscire più a trovarle in altre zone dell’Arena. Raccolgo anche qualcosa di commestibile, presto o tardi ci verrà sicuramente fame; meglio essere premuniti… 


Stiamo seguendo le tracce di muschio che crescono spontanee nel bosco; il muschio cresce dove c’è umidità, cioè vicino all’acqua. Quindi speriamo che seguendolo riusciremo a trovare una sorgente, o un ruscello, ma ormai, stiamo camminando da ore, e di acqua non ce n’è traccia.
Comincio ad avere veramente molta sete.
La lingua e la gola sono secche, e in bocca non mi è rimasta nemmeno una goccia di saliva; dicono che tra tutte le morti, quella per disidratazione, sia la più tremenda, ed io vorrei, davvero, evitare di scoprirlo… 


Anche Aris, sembra accusare, la sete e la stanchezza: se va avanti così, finirà per crollare prima di sera. E’ vero che dobbiamo proteggerci sia dagli altri Tributi, che dalle insidie della foresta, ed è vero che se non troviamo l’acqua siamo comunque spacciati; ma è vero anche, che se continuiamo in questo modo​, senza sosta, e senza riposo finiremo col collassare lo stesso! 
Gli propongo di fermarci per riposare almeno un po’; Lui non vorrebbe, è davvero teso, e lo capisco; ma con un po’​ di pazienza, alla fine riesco a fargli capire che continuando in questo modo, finiremo solo per disidratarci ancora più velocemente.
Lui non è affatto tranquillo, ma accetta suo malgrado... 


Ci sediamo per qualche momento, su un tronco d’albero abbattuto, riparato dal fitto del bosco, e riprendiamo fiato; dovremmo essere abbastanza al sicuro dagli attacchi, in questo punto. 
Prendo qualcuna delle bacche commestibili che ho raccolto durante il cammino, e gliele porgo: non saranno come l’acqua, ma almeno in minima parte, ci aiuteranno a non disidratarci. 
Poi, riprendiamo il viaggio.​

Ormai, il tramonto deve essere vicino, ma di sorgenti o ruscelli non ce n’è ancora traccia; 
sto iniziando a perdere la speranza, quando noto un bizzarro cambiamento del consueto comportamento degli animali. Conoscendoli un po’, da ciò che ho appreso durante l’Addestramento, so che le varie specie animali, cercano sempre di evitarsi tra loro, per questioni di sopravvivenza. Vedere prede e predatori, convergere tutti verso uno stesso punto, quindi, può voler dire, solo due cose: la prima, è che stanno scappando, da qualcosa di più pericoloso degli usuali predatori, e la seconda, è che si dirigono tutti verso una risorsa per loro vitale (che potrebbe essere, appunto, l’acqua).
Entrambe le opzioni, sono abbastanza importanti, per non tenerle in conto, se vogliamo sopravvivere; così ne parlo ad Aris, ed insieme decidiamo di seguire le tracce delle creature, che abbiamo intravisto. 


Quando, dopo qualche altro metro, finalmente, sentiamo il rumore scrosciante di una sorgente, abbiamo la certezza di aver fatto la scelta giusta. Una piccola distesa di acqua, tanto limpida da riuscire a vederne il fondo ghiaioso, si para davanti ai nostri occhi. Piccoli torrenti e ruscelli, scendono elegantemente dalle rocce circostanti, che riparano la fonte dagli occhi di un visitatore inconsueto…
Vedo gli animali abbeverarsi senza timore, e il loro istinto, di solito è infallibile; l’acqua deve essere potabile. Decidiamo di rischiare e beviamo anche noi.​
Non credo di aver mai bevuto, un’acqua così fresca e buona…​


Una volta dissetati, riempiamo la borraccia, e ci sciacquiamo la faccia dal sudore.
Svuoto un contenitore dalla frutta secca, che avvolgo, momentaneamente, nel piccolo telo impermeabile trovato nello zaino, e riempio la scatola con un po’ di argilla raccolta dalla riva della sorgente; è un’ottimo disinfettante, e con le sue proprietà, potrebbe tornarci utile.
Il sole è calato, e tornare indietro, a questo punto, sarebbe solo inutile e pericoloso, così decidiamo di accamparci nei paraggi, almeno per questa notte, ma ci allontaniamo di qualche metro dalla fonte; per non rischiare di essere trovati, durante la nottata, da qualche Tributo in cerca di acqua...
Troviamo un buon albero, in una parte di bosco ben protetta, e (a quanto pare) ancora inesplorata e sicura. Non abbiamo molta fame, forse per via di tutta la tensione, di questa situazione, ma proviamo a mettere almeno qualcosa nello stomaco; domattina, potremmo non avere il tempo di mangiare o fare niente, dobbiamo approfittare dei momenti di calma. Mangiamo qualche pezzo di carne essiccata, un paio di gallette a testa, della frutta secca, e il resto delle bacche che ho raccolto oggi: nei prossimi giorni, dobbiamo assolutamente imparare a cacciare; presto, la piccola scorta dello zaino finirà, e non sopravvivremo certo di sole bacche!
Finito di mangiare, vorrei medicare le escoriazioni di Aris, ma Lui non me lo permette; non vuole che “sprechi le nostre risorse di pronto soccorso per qualche suo stupido graffio”, dice. Ma alla fine, lo convinco, almeno, a lasciarsi spalmare un po’ dell’argilla che ho raccolto…
Saliamo sull’albero e ci sistemiamo in una comoda biforcazione tra i rami, dove stendiamo il sacco a pelo legandolo e assicurandolo per la notte. Assicuriamo lo zaino ad un ramo, perché non cada, poi ci infiliamo nel sacco a pelo.


A quel punto, un silenzio innaturale cala all’improvviso nell’Arena, subito interrotto dall’inno di Panem, che precede il riepilogo delle morti: attraverso i rami del nostro albero vedo il sigillo di Capitol City, che sembra fluttuare in aria sull’enorme schermo, trasportato da un hovercraft della capitale.
L’inno finisce e il cielo si fa buio per un’istante. Poi, una dopo l’altra appaiono le foto (le stesse usate per annunciare i punteggi, delle Sessioni Private) degli Otto Tributi morti, col numero del Distretto di appartenenza: la prima è la ragazza del Sei.
Poi tutti e due i ragazzini del Sette. Entrambi i tributi del Distretto Otto, ed entrambi quelli del Nove, e infine, la ragazza del Dodici. E’ tutto. Il sigillo di Panem, riappare con uno svolazzo musicale conclusivo, poi tornano l’oscurità e i rumori del bosco.
Sento lo stomaco torcersi nuovamente, poi la voce di Aris, interrompe il silenzio: - «Almeno, sappiamo chi ci rimane da affrontare!...» - afferma con un tono così freddo, da lasciarmi senza parole. Lui, che ha sempre pensato prima agli altri che a se…
Poi continua, dicendo che ci conviene cercare di dormire; la giornata di domani, sarà sicuramente più faticosa di quella appena affrontata!…​


​(CONTINUA nella PARTE 12...)​​​​​​​​​



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Note dell'Autore:
'Sera Gente di EFP!! :)
Qui la storia inizia ad essere più complicata;
mi dovrete dare un pò di tempo, per chiarirmi le
idee e continuare a scriverla:
Siamo entrati nell'Arena, c'è stato il Bagno di Sangue, e il primo giorno
si è concluso... Che succederà?! 
Lo scoprirete solo leggendo!! ;)

A presto (spero),

Vale

P.s.:
Vi piace la nuova "Copertina", con i protagonisti della Storia?!?
Che ne pensate?! Ve li eravate immaginati diversamente?!? Come?!? :D


 
   
 
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