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Autore: TaliaAckerman    17/01/2015    3 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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26








«Ehi, aspetta!»
D’istinto, Jel si affrettò a seguire la figura di Jack.
«Non puoi mollarci qui così!»
«Dici?» fece Jack in tono beffardo, nonostante la criticità della situazione. «Avrei una piccola faccenda di cui occuparmi, ora».
«E noi che facciamo?» ribatté Gala appena dietro di loro in tono concitato.
Jack si fermò, si voltò verso di loro e li guardò seriamente. «Siete con noi o no?»
Il tempo di comprendere quelle parole e Jel prese una decisione. Prima che la ragionevolezza potesse fermarlo, annuì.
«Certo. Io combatterò».
Jack si aprì in un sorrisetto compiaciuto.
«È un vero onore allora» commentò. «Sappiate che non ho alcuna intenzione di starvi addosso tentando di non farvi ammazzare, quindi è meglio che andiate a prendervi delle armi…»
«Non ce ne sarà bisogno» mentre pronunciava quelle parole, il giovane avvertì un’ondata di sicurezza invaderlo. Non aveva idea del come, ma la prospettiva di combattere d’un tratto lo allettava. La morte di Sephirt non era stata sufficiente: in quel momento aveva l’opportunità di rendersi utile e ottenere vendetta per tutto ciò che aveva sopportato, e in solo vorticoso istante capì che non se la sarebbe lasciata sfuggire.
«Hm… capisco» gli occhi di Jack brillarono. «Maghi. Perché non me lo avete detto subito?»
"Non ce ne sarebbe stato bisogno» rispose Jel scuotendo la testa. «Ma d’altronde… meglio così, no?»
Jack sorrise e gli mollò una pacca sulla spalla. «Credo che io e te cominciamo a capirci, ragazzo» affermò con un’ombra di soddisfazione. «Qualche incantesimo ci farà giusto comodo».
Poi si voltò e affrettò il passo, dirigendosi verso un manipolo di arcieri che si stavano armando.
«Seguitemi!» lo sentì esclamare con decisione. «Dovete coprire la fanteria da dentro l’accampamento…»
Jel si voltò verso Gala e la afferrò per le spalle.
«Tu rimani qui» le ordinò in tono d’urgenza. «Non seguirmi per nessun motivo, è chiaro?»
«Ma… Jel, io voglio combattere con te…»
Non le permise di terminare la frase.
«Gala, è troppo tardi per scappare. Io devo dare il mio contributo, ma non posso permetterti di rischiare la vita ancora una volta. Resta nella tenda di Jack, non uscire finché non sarà tutto finito…»
«No!» la strega si divincolò. «Non sono più una bambina! Credi di essere l’unico qui a odiare i Ribelli?»
"Non ho tempo da perdere, Gala! Fa’ come ti ho detto!»
La ragazza strinse i denti e batté un piede a terra, arrabbiata, ma poi si voltò e corse in direzione della tenda del comandante in seconda. Jel avrebbe voluto accertarsi che la raggiungesse, ma stava perdendo momenti preziosi. I Ribelli potevano piombare loro addosso da un momento all’altro… Corse attraverso i cunicoli fra le varie tende, superando guaritrici affannate, soldati che raccoglievano ogni lama disponibile e arcieri che tendevano gli archi al massimo. Doveva trovare Jack, e alla svelta.
Raggiunse col fiato corto il limite nord dell’accampamento, e lo trovò a capo di un ampio drappello di uomini - almeno un centinaio. Era a cavallo, l’unico del gruppo, la spada saldamente in pugno e due lunghi coltelli assicurati ad un fodero sulla schiena. Si fece largo tra la folla di soldati e lo affiancò.
L’uomo lo fissò dall’alto in basso.
«Consigliere» lo accolse. «Prima volta in battaglia, eh?»
Lui si limitò ad annuire, ignorando il sarcasmo e scrutando il territorio lì attorno. Un’ampia macchia scura si andava delineando in lontananza, e lui non ebbe dubbi nell’indovinare cosa fosse. Cominciava a realizzare solo in quel momento a cosa sarebbe andato incontro; si era battuto con due tra i Ribelli più pericolosi al mondo, certo, e aveva attraversato situazioni dannatamente pericolose, ma una battaglia era qualcosa di diverso. Le possibilità di rimanere uccisi erano più alte che mai, nella bolgia dello scontro sarebbe bastato un secondo di distrazione e…
Le sue riflessioni furono interrotte dall’arrivo di un secondo soldato a cavallo.
«Comandante, ho schierato l’intero battaglione sul fronte settentrionale, ma ci rimangono gli altri lati scoperti. Chiedo il permesso di portare con me una cinquantina di uomini da distribuire lungo i fianchi».
«Non ce ne sarà bisogno, Caley» rispose Jack sicuro. «Saranno solo un manipolo da non più di cento uomini…»
Jel aveva i suoi dubbi: Theor non era uomo da mandare una legione di suoi uomini al massacro con tanta facilità. Se i Ribelli avevano deciso di attaccare proprio quel campo, proprio in quel momento, doveva esserci una ragione ben precisa.
Caley guardò con occhio critico prima Jack, poi la massa di Ribelli sempre più vicina. Il comandante in seconda gli poggiò una mano sul braccio. – Torna indietro, prendi il comando degli arcieri. Al mio segnale, appena saranno a gittata di tiro, ordina di scoccare.
«Sissignore» rapido com’era arrivato, Caley colpì i fianchi del proprio destriero con gli speroni e si voltò in direzione dell’accampamento.
«Az!» tuonò a quel punto Jack, e l’uomo che li aveva catturati emerse dalle retrovie dello schieramento di soldati ariadoriani. Sedeva sullo stesso destriero di un paio d'ore prima, quando lui e i suoi uomini li avevano circondati. «Ordina alla fanteria pesante di avanzare, devono disporsi in prima linea, con le lance».
Az annuì e guardò gli uomini appena dietro di loro. «Mekkri!» esclamò. «Avanti! In prima linea!»
Mentre Jack si scansava per far spazio ai combattenti a piedi, lanciò uno sguardo eloquente in direzione di Jel.
«È meglio se arretri, ragazzo. L’avanguardia non è posto per un Consigliere».
Jel non se lo fece ripetere due volte; tentando di modulare il respiro per tenere a bada l’agitazione ripiegò dietro le fila della fanteria, ma non così tanto da perdere di vista il battaglione di Ribelli che, più rapido di quanto si fosse aspettato, avanzava verso di loro. Stavano correndo, tutti. E il giovane comprese solo in quel momento la loro ferocia, la loro voglia di combattere. Ed erano molti più di quanto Jack o chiunque altro avesse supposto.
Solo un centinaio… Erano almeno il doppio.
Poco prima che la voce di Jack si levasse per dare il segnale agli arcieri, Jel pensò a Gala. Pregò con tutto se stesso che fosse rimasta nascosta.
«…ORA!»
«Tirate!» rispose la voce di Az, e Jel si voltò appena in tempo per vedere una marea di frecce scoccate alte, in cielo. Sconvolto, rivolse lo sguardo alle prime file dei Ribelli, fra le quali crollarono i primi cadaveri trafitti dai dardi.
«Lance puntate e scudi alti! – udì gridare Jack, a diversi metri da lui».
Mio dio… ma che diavolo ci faccio qui?
Combatti i bastardi che hanno ucciso Camosh.

Jel strinse i pugni. Erano in guerra, e questo valicava ogni sua eventuale contraddizione morale. In quel momento era lì, e i nordici li stavano attaccando. Per la diplomazia ci sarebbero state altre occasioni. Ora, se non si fosse difeso sarebbe morto.
S’impose di mantenere gli occhi fissi sulla prima linea, attendendo il disastro.
La violenza dell’impatto fra Ribelli e fanteria fu travolgente; il mago avvertì la massa di soldati attorno a lui puntare i piedi a terra per impedire ai nemici di guadagnare terreno, e d’istinto si unì a loro.
«Respingeteli!» sentì qualcuno sbraitare ordini, ma non era sicuro fosse Jack. Digrignando i denti per lo sforzo Jel mantenne la posizione, ben conscio che la resistenza non sarebbe durata per sempre. Avvertì la Magia, fomentata dalla paura e dalla volontà di battersi, scorrere nelle sue membra con intensità sempre maggiore, e la cosa lo incoraggiò.
Quando ad un tratto un unanime grido di sorpresa e paura gli fece alzare di colpo lo sguardo.
«Sono cavalieri!» urlò qualcuno, ma Jel non riuscì a comprendere il senso di tali parole.
Questo finché non vide un’intera linea di guerrieri a cavallo spuntare dal nulla e avventarsi sull’avanguardia ariadoriana.
L’ultima cosa che Jel fu in grado di distinguere con chiarezza fu la figura di Jack che, in sella a quello splendido esemplare bianco, spronava gli altri a combattere. Trascorse un istante, poi un Ribelle a cavallo piombò loro addosso, travolgendo i soldati davanti a lui. Jel si tuffò di lato appena in tempo per evitare di venire colpito dagli zoccoli dell’animale, ma si rialzò fulmineo, pronto a combattere. Uccidere o essere ucciso.
Richiamando il suo fedele incanto della padronanza d’aria si volse verso i Ribelle più vicino a lui e lo scagliò via, mandandolo a schiantarsi diversi metri più in là. Per un attimo si chiese come avrebbe fatto a distinguere gli amici dai nemici, questo prima di realizzare che le uniformi degli ariadoriani erano tutte del medesimo colore, lo stesso bluastro del mantello indossato precedentemente da Az.
Avvolto dallo stesso furore che aveva provato durante il duello con Sephirt il mago acquistò sicurezza, destreggiandosi fluidamente in mezzo alla baraonda. Non poteva permettere che i Ribelli penetrassero nell’accampamento e raggiungessero i feriti, le guaritrici, Gala…
Respingendo con i più svariati incantesimi gli uomini che tentavano di attaccarlo, il mago riuscì ad avanzare un poco, verso il pendio erboso poco distante dal campo che i Ribelli avevano precedentemente attraversato. Jack non era troppo distante da lui; non era più a cavallo, e perdeva sangue da una ferita alla testa, ma pareva animato da una furia incredibile. Agile ed esperto, sembrava essere in grado di uccidere chiunque gli si avvicinasse, ma molti soldati intorno a lui parevano non cavarsela così bene. A terra si potevano contare già decine di morti, di ambedue le parti. D’un tratto Jel si sentì afferrare per il collo e tirare all’indietro, ma istintivamente menò una potente gomitata in direzione del suo assalitore, che allentò la presa. Jel si voltò e gli strappò di mano la spada, e senza pensarci lo trapassò da parte a parte.
Ci fu un unico momento di immobilità.
Vide il Ribelle, un comune Uomo del Nord, crollare a terra, gli occhi vuoti, senza un lamento. Per un breve attimo si sentì terribilmente in colpa, ma durò poco.
Il giovane mandò al diavolo tutto e, tenendo la spada ben stretta in mano, voltò le spalle al cadavere e ricominciò a combattere. Scagliando incantesimi e aiutandosi con la spada si scoprì decisamente capace, in grado di dare un pesante contributo. Non aveva quasi mai utilizzato armi da taglio, ma in quel momento era perlopiù l’istinto a guidarlo. I Ribelli non erano certo tutti spadaccini provetti.
Riconobbe la voce di Caley gridare un: «Li stiamo respingendo!» quando con un tuffo al cuore individuò un gruppo di nemici che cavalcavano veloci verso sud-ovest per oltrepassare le linee di combattenti ariadoriani.
«JACK!» chiamò correndo nella sua direzione, sperando che il comandante in seconda riuscisse a sentirlo anche sopra il frastuono. «Jack, dobbiamo fermarli!»
L’uomo alzò lo sguardo verso di lui ma, prima che potesse rispondere, un altro Ribelle attirò la sua attenzione e lui si voltò di nuovo menando fendenti.
Dannazione!
«Qualcuno mi segua!» gridò dopo aver respinto un nemico che aveva tentato di trapassarlo con un pugnale, guardandosi disperatamente intorno. «Ci stanno aggirando!»
Due o tre soldati risposero al suo appello, schierandosi con lui. Trovandosi inaspettatamente in una situazione di comando Jel si limitò ad esclamare: «Seguitemi!»
Corsero all’impazzata lungo il fianco dell’accampamento, e qualche altro ariadoriano si unì a loro cogliendo il messaggio. S’introdussero all’interno dei sentieri, fra le tende, eliminando ogni Ribelle che fosse riuscito ad oltrepassare il fronte di battaglia. Man mano che proseguivano verso il centro del campo, il gruppetto si diradò, e in poco tempo Jel si ritrovò solo.
«Gala!» gridò disperato. «Gala!»
Un uomo sbucò all’improvviso da dietro una tenda roteando la spada, e Jel fu colto così alla sprovvista da non riuscire a rispondere con un incantesimo. Parò con la propria lama un fendente appena prima che si abbattesse su di lui mozzandogli un braccio, e tentò di contrattaccare. Il ferrò si scontrò con violenza, ma Jel comprese che non ce l’avrebbe fatta a resistere senza Magia. Il Ribelle era decisamente troppo abile. Indietreggiò, cercando una minima pausa, ma l’altro non mollava. Jel scartò di lato appena in tempo per evitare che gli infliggesse una profonda ferita al ventre, ma la lama lo colpì comunque di striscio e il tagliò bruciò in maniera insopportabile; il mago cadde all’indietro e, come in un sogno, vide l’uomo di fronte a lui alzare la spada per infliggergli il colpo finale.
Oh no. Non questa volta!
Agitò una mano con forza e con un secondo di anticipo riuscì a deviare il colpo e sbalzare via il Ribelle, trovando il tempo di rialzarsi e riafferrare la spada, che nella caduta gli era sfuggita di mano.
«Gala!» chiamò di nuovo. Dove sei… dove sei!
«JEL!» la voce della ragazzina di lo colse completamente alla sprovvista.
Per un attimo il sollievo lo travolse, questo appena prima di rendersi conto che Gala avrebbe dovuto trovarsi esattamente dalla parte opposta rispetto a quella dalla quale l’aveva udita. Cioè la zona di battaglia.
Maledetta incosciente!
Dimenticandosi che tecnicamente era tornato indietro per impedire ai Ribelli di circondare il campo, si voltò e prese a correre nella direzione opposta. Ma perché non c’era una sola volta in cui Gala facesse come l’era stato detto?
Il clamore, che finora era rimasto affievolito per la distanza, cresceva man mano che il Consigliere si avvicinava alla zona dove la battaglia infuriava, e lui cercò di mantenersi lucido per localizzare Gala. Atterrò con la Magia un paio di nemici, poi fu coinvolto in un breve duello con uno dei pochi nordici rimasti a cavallo.
«Gala!» gridava col cuore in gola ogni volta che l’assenza di assalitori diretti glielo permetteva. «Gala, dove sei?»
Era qui… era qui!
Doveva recuperarla e portarla via, indietro, nascosta fra le tende. Avrebbe dovuto aspettarsi una sua ritorsione, – in lei l’avventatezza vinceva quasi sempre la paura – aveva commesso un madornale errore ad abbandonarla così, e ora doveva rimediare: in uno scontro del genere lei non aveva possibilità…
Non era più riuscito a scorgere né Jack, né Caley né Az, e la cosa non era esattamente incoraggiante. I cadaveri si andavano ammucchiando, e ormai anche lui stesso era esausto e sudicio di sangue, eppure in qualche modo aveva l’impressione che i combattimenti si stessero allontanando dal campo ariadoriano. Si guardò in torno ancora per cercare tracce di Gala, ma non vide nulla, così si unì alla folla di soldati che ancora si contrapponeva ai Ribelli e tentava di spingerli via, lontani dall’accampamento.
«Respingeteli! Respingeteli e ricacciateli verso Nord!»
Era la voce di Jack. Era ancora vivo, dunque.
Alcuni Ribelli erano in fuga, ormai. Dopo tutto, gli Ariadoriani erano in netta superiorità numerica… eppure Jel si chiese ancora una volta come potessero i Ribelli essere così tanti, più di un centinaio in quella battaglia, infinitamente più numerosi nelle Terre del Nord. Jack si era aspettato che l’assalto venisse arginato in poco tempo, che i Ribelli accorsi fossero poco più di una compagnia, ed era quello che anche Jel aveva ritenuto probabile. Ma ancora una volta erano stati stupiti.
«GALA!» urlò disperato, guardandosi intorno, terrorizzato all’idea di poter scorgere il suo corpo fra quelli dei cadaveri sparsi sull’erba.
«Jel! Jel, sono qui!» l’udire la voce della ragazza riaccese di colpo l’animo di Jel. Non proveniva da troppo lontano. Usando al contempo spada e magia come armi si fece largo tra i guerrieri nordici e quelli ariadoriani, ansimando, pregando di raggiungerla in tempo. La vide dopo pochi secondi: era lì, nella calca, fra i Ribelli che ancora combattevano e quelli che fuggivano, fra gli Ariadoriani che si battevano con ferocia.
E, per la prima volta in vita sua, Gala combatteva. Combatteva veramente, fluida e dirompente, con una mano stretta a pugno per lanciare incantesimi e un pugnale nell’altra. Combatteva, il volto concentrato e teso, e colpiva più nemici possibili, uccidendo o soltanto ferendo, come se non avesse aspettato altro per tutta la vita.
Nel vedere Jel a pochi metri da lei il suo volto si illuminò, ma solo per un istante.
Il giovane era appena riuscito a scaraventare a terra un Ribelle che aveva tentato di ucciderlo con un coltello, quando lo vide: distintamente, appena dietro di lei, un nemico a cavallo che, adocchiata l’unica strega del battaglione, si stava dirigendo verso di lei al galoppo, la spada alzata.
«NO…!» il grido gli morì in gola, perché qualcosa lo aveva scagliato all’indietro con forza. Fece appena in tempo a vedere Gala che, tentando di scansarsi, perdeva l’equilibrio e rovinava a terra, poi un’altra ondata di quella forza incontrollabile lo sollevò e dal suolo e lo mandò a schiantarsi pochi metri più in là, sul terreno sporco di sangue.
C’è un altro mago.
La consapevolezza lo investì come un’ondata di spiacevole calore. Tra i Ribelli c’era qualcuno in grado di padroneggiare le arti magiche, e quel qualcuno era dietro di lui in quel momento. Ma doveva tenere duro, o Gala sarebbe morta. Doveva affrontarlo alla svelta.
Si rialzò, e si sorprese a sputare sangue; quando aveva sbattuto il volto a terra doveva esserglisi spezzato un dente.
Il Ribelle era di fronte a lui, incurante della confusione e dei combattenti che si accanivano intorno a loro.
Con la coda dell’occhio – e una stretta allo stomaco che sapeva molto di disperazione – Jel vide Gala che, a terra e dolorante, tentava di allontanarsi dal suo assalitore, che era appena sceso da cavallo per finirla.
No, no!
Tentò di scattare in avanti, ma il suo avversario lo afferrò per la collottola trattenendolo e spingendolo via; Jel barcollò, e strinse forte l’impugnatura della spada. Il mago non era armato. Poteva farcela. Si lanciò su di lui senza riflettere, senza nemmeno rendersi conto di quanto il suo rivale fosse più adulto e più potente di lui. In quel momento l’unica cosa che contava era riuscire a raggiungere Gala, perché se non l’avesse fatto sarebbe morta…
Una fiammata, poi un’altra.
Disperato, Jel non poté far altro che schivare. Ma com’era possibile che un mago tanto capace avesse preso parte ad una battaglia di così poca importanza? Saltò all’indietro evitando di ustionarsi per un pelo, poi riuscì a contrattaccare; se voleva riuscire ad eludere le sue difese in fretta dovevano combattere ad armi pari. Vedeva Gala lottare come poteva contro l’uomo che l’aveva attaccata, ma era solo questione di tempo prima che soccombesse contro la forza del Ribelle. L’aveva presa così alla sprovvista che lei non era riuscita a rispondere con la magia…
Valeva la pena tentare: d’istinto, affidandosi alla volontà di riuscire, Jel applicò fulmineo i movimenti dell’Evocazione, pronunciando la formula a voce alta.
Una lingua di fuoco scaturì dalle sue mani protese, mentre il Ribelle di fronte a lui compiva i medesimi gesti. Le due Evocazioni si scontrarono a mezzaria, così violentemente che molti soldati vicino a loro furono sbalzati via. Anche Jel lottò per rimanere in piedi, mentre il suo debole tentativo di evocazione veniva distrutto da quello del mago nordico. Il giovane evitò di venire colpito scattando di lato, e ne approfittò per gettarsi a capofitto verso il punto in cui Gala stava combattendo.
Ma era troppo tardi. La ragazzina era a terra, indietreggiando appoggiandosi ai gomiti, mentre il Ribelle di fronte a lei alzava la spada per colpirla mortalmente…
Fu come in un sogno che accadde.
Jack comparve all’improvviso vicino a lei, nuovamente in sella al proprio stallone nordico; roteò fluidamente l’affusolato coltello che teneva in mano e lo abbatté sul braccio del combattente, proprio sotto la spalla, mozzandoglielo in un colpo solo. Poi agguantò la strega per la collottola e la sollevò attirandola a sé.
«Sappi che non ti salverò un’altra volta, ragazzina!»
Jel sorrise nel sentire le sue parole per metà scocciate e metà divertite, ma il gigantesco sollievo durò molto poco.
Il mago riuscì a scansarsi un attimo prima che il suo precedente avversario gli scaraventasse addosso una nuova fiammata. Si voltò, ricordandosi di reggere in mano una spada, e si lanciò sul nemico. Questa volta fu lui ad indietreggiare, sorpreso dall’attacco frontale del giovane, limitandosi a tentare di schivare o deviare i suoi colpi.
Jel sapeva che la maggior parte dei Ribelli stavano fuggendo in quel momento, ma si mantenne concentrato: era la sua battaglia.
Un fendente, poi un altro. Con immensa fatica, il Consigliere riuscì a combinare un attacco con la spada con il richiamo del vento, e mentre il Ribelle tentava di respingere la spada con la Magia, la massa d’aria lo travolse allontanandolo da Jel e mandandolo a sbattere a terra a qualche passo da lui.
Fu allora che il giovane si rese conto che attorno a lui la battaglia era terminata, e molti Ariadoriani lo avevano affiancato. Alcuni di loro, tra cui Jack, si erano spinti all’inseguimento dei fuggitivi, ma Gala era lì, malconcia ma viva, salva.
Senza aspettare alcun ordine Jel scavalcò un cadavere e puntò la spada alla gola del mago nordico.
«Arrenditi» disse a denti stretti. «È finita».
L’uomo lo guardò con disprezzo, ma non disse una parola. Nei suoi occhi si leggeva distintamente la pesante ombra della sconfitta. Non pareva intenzionato a combattere ancora.
«Abbassa quella spada, ragazzo» lo apostrofò una voce familiare dietro di lui, e Az apparve al suo fianco fissandolo con apparente aria di rimprovero.
Ansimante, Jel fece suo malgrado ciò che gli era stato detto e lasciò che Az afferrasse per le spalle il Ribelle rimettendolo rudemente in piedi.
«Portatelo alla tenda di Jack e aspettate che faccia ritorno. Dobbiamo interrogarlo» ordinò asciutto.
Allontanandosi sfiniti, molti dei sopravvissuti guardarono Jel con curiosità, o ammirazione o semplicemente gli batterono una pacca sulla spalla per complimentarsi della vittoria. Alcuni di loro parevano piuttosto sconvolti, altri solo stanchi.
È la guerra, ricordò a se stesso il giovane guardandosi intorno spaesato, tentando di contare i morti. Non si accorse che Gala gli si era avvicinata, ma avvertì una mano della ragazza stringere la sua. Alzò lo sguardo e incrociò gli occhi grandi della compagna. Non piangeva.
Incredibilmente, sembrava più che altro sollevata. Erano vivi dopotutto.
Maledetta incosciente, si ripeté il giovane ancora una volta, poi le circondò le spalle con un braccia e sorrise. Per l’angoscia e il dolore ci sarebbe stato tempo più tardi. In quel momento, a discapito di tutto, era semplicemente felice di essere ancora lì, con Gala.


***


«Dovrete aspettare il ritorno di Jack per ripartire» sottolineò Az mentre con una smorfia di dolore si sedeva su una seggiola all’interno della tenda di comando. Con una mano leggermente tremante si tastò lo squarcio che gli si era aperto appena sotto il ginocchio, e Jel lo vide strizzare gli occhi per il dolore.
«Posso provare a sistemartela, se vuoi» si offrì timidamente Gala, ma l’uomo la mise a tacere con un’occhiataccia.
«Non ce n’è alcun bisogno» rispose infastidito, poi però parve ripensarci. «In realtà potreste anche rendervi utili… » con un cenno indicò l’esterno. «Unitevi alle nostre guaritrici, contate i cadaveri, curate i feriti che potete salvare. Non appena Jack sarà tornato potrete avere l’autorizzazione a riprendere la vostra strada».
Sempre che torni vivo… si ritrovò a pensare Jel, a disagio. Era passata quasi un’ora dal termine della battaglia con i Ribelli, ma di Jack e degli altri che avevano inseguito i nemici rimasti non c’era ancora traccia.
Pensando fosse meglio non discutere ancora con il capitano, i due maghi si diressero verso l’ingresso della tenda, ma un attimo prima che uscissero la voce di Az li richiamò: «Consiglieri… grazie per il vostro aiuto».
Jel annuì, chinando il capo.
«È stato un onore» rispose.
L’uomo rivolse loro il primo vero sorriso da quando li aveva incontrati, e Jel lo considerò un buon segno.
Lui e Gala camminarono fra i cunicoli delle tende, imbattendosi talvolta in qualche cadavere isolato. Un paio di volte incrociarono anche qualche soldato ariadoriano che discuteva della battaglia con un compagno, oppure un ferito leggero che barcollava verso la propria tenda. Ad un certo punto, a terra, Jel riconobbe il corpo del Ribelle che lo aveva aggredito mentre tentava di trovare Gala e avvertì uno strano groppo alla gola.
«Gala…» disse a mezza voce. «Non sei costretta a venire con me. Non è una passeggiata fare questo genere di cose…»
«Lo so» il viso oltremodo turbato della strega parlava da solo, ma lei tenne duro, caparbia come sempre. «Posso e voglio aiutarti. Possiamo salvare molti di loro con la magia».
Jel annuì, chiedendosi ancora una volta come potesse Gala dimostrare un animo così saldo. Avanzarono; per ogni corpo di un guerriero ariadoriano che ritrovavano uno di loro si accertava che non respirasse più. Su cinque feriti non trovarono nemmeno un sopravvissuto, finché non arrivarono nel punto in cui le tende si diradavano e si apriva il campo di battaglia vero e proprio.
Sembrava che tutte le guaritrici dell’accampamento si fossero riunite lì. I gemiti e le urla di dolore che si levavano dai sopravvissuti erano rivoltanti, per non parlare del penetrante odore di sangue.
«Tu occupati di quelli che riesci» ordinò a Gala con un sorriso di incoraggiamento. «Io farò lo stesso. Rimaniamo qui finché Jack non torna. Poi… poi ripartiremo per Città dei Re».
Gala sembrava decisamente agitata, ma fece un cenno affermativo con la testa e, pochi metri più in là, si chinò sul primo ferito.
Jel fece altrettanto. Aiutò a rimettersi in piedi un uomo che nello scontro aveva perso una gamba – dopo aver limitato la fuoriuscita di sangue con un incanto di guarigione – e tentò di rassicurare un soldato morente nei suoi ultimi istanti di vita. Rimarginò alcune ferite non particolarmente gravi poi, rendendosi conto di non avere bende con sé, si avvicinò ad una bionda guaritrice che tentava di tenere fermo un uomo poco distante da lui.
«Posso darti una mano» si offrì gentilmente, al che la ragazza si voltò verso di lui. La sua bellezza stonava stranamente in quel contesto di sangue e disperazione. Tutte le Ariadoriane avevano i capelli biondi, certo, ma nella sua figura risaltava una grazia non comune. Gli occhi azzurri concentrati brillavano di una incredibile dolcezza, messi in risalto dalla carnagione chiarissima. Le sanguinava il labbro inferiore, ma Jel immaginò fosse per la forza con cui se lo stava mordendo nello sforzo di convincere il giovane steso sull’erba a lasciarsi tagliare un braccio che aveva tutta l’aria di essere marcito.
«Grazie, ho bisogno d’aiuto» rispose portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e guardandolo affannata. «Per favore, tienigli le spalle a terra».
«No, ti prego, non farlo!» implorò l’uomo a terra tentando di dimenarsi per liberarsi dalla sua stretta. «Non…»
Jel poggiò con decisione una mano sulla bocca e si rivolse in fretta alla ragazza.
«Forse non ce ne sarà bisogno» spiegò. «Se non ti dispiace…» la scansò con delicatezza e si inginocchiò accanto al corpo dell’Ariadoriano, che al di là del dolore ora lo fissava stupito.
«Ma che…?»
Jel appoggiò entrambi i palmi sull’arto sanguinolento – il ferito strinse visibilmente i denti tentando di non urlare - e chiuse gli occhi. Ormai pronunciare a bassa voce le parole per la guarigione era diventato quasi un’abitudine. L’energia benevola parve scaturire dalle sue mani più rapidamente delle altre volte, e nel vedere la lieve e tiepida luce dorata che andava ad avvolgere la ferita capì che avrebbe funzionato. La ragazza lo fissava a bocca aperta mentre, non del tutto ma almeno in parte, i profondi tagli nella carne del braccio si rimarginavano e il sangue si coagulava e seccava. Poco a poco, il volto del soldato parve abbandonare l’espressione contorta e dolorante, lasciando spazio allo stupore e al sollievo.
Quando il giovane ebbe finito, la guaritrice lo guardò allibita.
«Ma…. come hai fatto? Sei… sei un mago?»
Divertito dal suo stupore lui sorrise, annuendo. Poi le assestò una leggera pacca sulla spalla.
«Ti consiglio di occuparti di qualcun altro. C’è tanto lavoro da fare».








NOTE:

Salve gente, sono tornata :)
Finalmente ho trovato un periodo in cui riesco a dedicarmi per bene alla scrittura e a postare senza giganteschi ritardi.
Che ve ne pare del capitolo?
È in assoluto la prima vera battaglia che mi ritrovo a descrivere, sono sicura di aver fatto un po' di casino >.< Ma in ogni caso ho mantenuto la promessa no? Finalmente un po' di capitoli densi d'azione!
Un ringraziamento speciale ad Arya373 e _Edvige_ che hanno recensito gli scorsi capitoli <3
Al più presto possibile, TaliaFederer.
  
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