Serie TV > The Walking Dead
Segui la storia  |       
Autore: Schully    18/01/2015    2 recensioni
Capitoli in revisione.
Mi sono messa a pasticciare dopo un finale di metà stagione mooolto deludente... se vi piace sognare forse questa storia fa per voi... premetto che l'ho scritta e pubblicata... non le ho dato il tempo di riposare sono troppo arrabbiata se c'è qualcosa da aggiustare dite son tutta orecchi.
Genere: Angst, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beth Greene, Carol Peletier, Daryl Dixon, Rick Grimes, Un po' tutti
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
La luce in fondo al tunnel…
 

Ciao a tutti scusate l’immenso ritardo con cui aggiorno ma l’ispirazione proprio non voleva venire, spero che questo capitolo vi piaccia e alla fine c’è una piccola citazione che chi ha letto Harry Potter dovrebbe conoscere, ringrazio coloro che seguono la fan e chi la recensisce grazie, siete meravigliosi. Un bacione alla prox.  
P.s  ho revisionato il pezzo finale del capitolo, già in fase di pubblicazione non mi soddisfaceva del tutto, soprattutto tutta la fase di Hershel, sembrava un po’ sconclusionata, chiedo scusa ma avevo fretta di far svegliare Beth. Leggendo la recensione di Korime ho capito che il dialogo era affrettato, quindi ho cercato di porvi rimedio  baci baci see you…
 

 
 
 

Al mio cuore manca un battito, mentre la sento pronunciare quei nomi, Judith e Glenn… mi suonano terribilmente famigliari. Sento che devo proteggerli. Non mi è ancora molto chiaro come, ma sento che è mio dovere farlo. Li stringo al petto protettiva, cercando di calmarli, soprattutto il maschietto. La bambina ha smesso di piangere già da un po’, in realtà e mi guarda incuriosita e stupita allo stesso tempo. Poi con una vocetta squillante dice queste parole:
«Io ti conosco, tu sei la ragazza della foto…  la foto nel portafoglio dello zio D…»
Un rumore alle nostre spalle interrompe quello che stava per dirmi. Cadaveri che camminano, si avvicinano lentamente dal fondo del corridoio da cui sono giunta.
«Non è sicuro qui, seguimi…» nonostante sia così piccola, Judith ostenta una certa sicurezza, mi fa quasi sorridere l’idea di affidarmi a lei, ma senza indugiare oltre la prendo per mano e la seguo in questo labirinto di corridoi; arriviamo di nuovo di fronte ad un portone e lo spingo. Mi trovo di fronte un’enorme sala comune, la luce del sole entra da dei finestroni protetti da sbarre a maglie molto sottili. Tavoloni di legno sono disposti in file ordinate, guardando meglio mi accorgo che sia i tavoli sia le panche sono inchiodate al pavimento. Distratta dal nuovo ambiente non mi sono accorta che i bambini sono spariti.
Preoccupata, mi metto a cercarli chiamandoli a gran voce. Alla mia sinistra si apre un corridoio con file di celle su ambo i lati, una scala metallica al centro porta al piano superiore, anch’esso diviso in celle lievemente più piccole, almeno da quel che riesco a vedere. Conosco questo posto, è una prigione.
Tocco lieve le sbarre della cella di fronte a me e un’immagine si fa vivida nella mia mente: un ragazzo dai capelli neri e arruffati mi fa una carezza e si allontana, dicendomi:
«Non mi dici addio?»
«No» rispondo sorridendo e baciandolo sulla guancia. Poco dopo qualcuno di cui non riesco a vedere il volto, ma solo le labbra e parte delle guance ricoperte da uno strato di barba e fuliggine, mi dice con un tono di voce duro che il ragazzo di prima è morto; odo la mia voce rispondere che ormai non ho più lacrime da versare e sento che le sue braccia mi stringono, avverto il tono dei suoi muscoli, la barba ispida che mi irrita la pelle e l’odore di sigaretta nel suo alito. Normalmente mi darebbe fastidio, ma ora è come il nettare degli dei, non me ne staccherei per nulla al mondo.
Ma come è arrivata, la visione scompare e mi ritrovo nuovamente aggrappata a queste sbarre, una fortissima emicrania, la testa in procinto di scoppiarmi e una innumerevole quantità di domande che se non troveranno una risposta mi faranno impazzire.
È come se il mio cervello rimettesse insieme i pezzi alla rinfusa, è come se dovessi comporre un puzzle senza la foto di riferimento. Cammino toccando qua e là, sperando che una qualche visione ritorni, ma nulla. Coraggio, Beth, trova una soluzione, si dice la mia mente, ma nessun’illuminazione viene in mio aiuto. Devo uscire da qui e ritrovare i bambini. Mi alzo decisa, i dubbi li lascerò per dopo.
Ho capito che urlare i loro nomi non serve a niente, quindi armata di santa pazienza comincio a perlustrare questo posto, palmo a palmo. Dopo circa mezzora in cui non ho trovato nulla, il mio mal di testa è definitivamente esploso, pagherei oro per un’aspirina. Un rumore improvviso mi coglie alla sprovvista, sembra un’esplosione. Ho come un déjà-vu, ho già sentito questo rumore, le gambe mi portano all’esterno dell’edificio, seguendo percorsi che conoscono a memoria, anche se il mio io cosciente ne è inconsapevole. Arrivata finalmente alla mia meta, vengo abbagliata dalla luce del sole, che per un momento rende tutto bianco e indefinito, poi lentamente i miei occhi si abituano e cominciano a mettere a fuoco delle sagome che corrono urlando.
Tutto intorno un fumo denso e acre mi irrita la gola, è un gusto già sentito. Il mio cuore ha un sussulto e il mio cervello ricorda le ore noiose e interminabili di scienze, quando il professore con la sua voce profondamente fastidiosa decantava le innumerevoli qualità del cervello umano: la capacità per esempio di ricordare attraverso un odore, un gusto. Ed ora ho la certezza che è quello che mi sta accadendo, forse per svegliarmi davvero ho necessità di guardare dentro di me e scoprire i miei limiti e le mie possibilità. Forse devo passare attraverso l’inferno per ascendere al paradiso.
Il mio sguardo si posa su due figure poco distanti, stupita mi accorgo che sto osservando me stessa e Maggie, sono entrambe aggrappate ad un recinto e guardano qualcosa di fronte a loro con espressione agghiacciata. Ho paura ma so che se voglio delle risposte devo guardare anch’io, mi volgo nella direzione dei loro occhi e vedo la cosa più brutta che mai al mondo avrei voluto vedere.
Mio padre è in ginocchio e un essere spregevole gli punta una Katana alla gola. Accade in un attimo, non ho il tempo di metabolizzare quello che vedo, che in un colpo solo il tizio decapita mio padre, il cui corpo si accascia in un lago di sangue. Vedo l’altra me urlare e disperarsi e mi accorgo che sto urlando con lei; vorrei poter fare qualcosa ma è come se i miei piedi fossero inchiodati al terreno, non riesco a muovermi. Intorno a me è il fuggi, fuggi generale, tutti urlano, le pistole sparano, nessuno si accorge che sono qui. Ho perso di vista per un attimo l’altra me, ma ora la rivedo che corre via insieme ad un uomo, Maggie è sparita. Finalmente le mie gambe decidono di ubbidirmi e riesco a muovere qualche passo nella direzione in cui sono scappata, mi pare assurdo solo pensarlo. Però tant’è, quindi… correndo riesco quasi a raggiungerli, l’uomo è di spalle, indossa un gilet di pelle con disegnato qualcosa che non riesco a vedere bene, sembrano ali di angelo, sulle spalle porta una balestra e vedo che ha le mani sulla schiena dell’altra me per spingerla ad andare avanti, sento che le dice di camminare, di non voltarsi. Li seguo velocemente con il cuore che mi martella in gola, credo di averli raggiunti ma mi sono sbagliata, un buio innaturale si materializza, confondendo un’altra volta i miei sensi.
Quando la luce finalmente torna mi ritrovo in una radura, sette cumuli di terra con croci improvvisate sono ordinati uno di fianco all’altro e due figure sono in piedi di fronte ad esse. Osservandoli meglio mi accorgo che sono due adolescenti, la ragazza deve avere circa sedici anni e il ragazzo poco meno di lei. Poco distante un’altra figura attira la mia attenzione, è eterea, quasi trasparente, ma non potrei confonderla con nessun altro: quello che mi sta osservando da lontano è il fantasma di mio padre, mi sorride ed io incerta gli sorrido in risposta avvicinandomi.
I due ragazzi sembra che non possano vedermi, li vedo bere da un paio di bicchieri, come in un macabro brindisi. Hershel mi aspetta ai piedi della prima tomba a sinistra, con la coda dell’occhio noto che sulla croce c’è inciso un nome, ma ora non è importante, mio padre è qui, lui saprà cosa fare, lui avrà tutte le risposte.
«Ti stavo aspettando» dice continuando a guardare diritto di fronte a sé. Io avrei un’infinità di domande ma l’unica parola che riesco ad articolare è:
«Papà!!» Mi butto tra le sue braccia e mi stupisco del fatto che anche se sembrano incorporee riescono a sostenere il mio peso. Mi è mancato moltissimo il suo abbraccio, il suo tocco gentile sul capo. Singhiozzando mi stringo forte a lui, abbandonandomi ad un pianto liberatorio. Mio padre mi lascia sfogare, poi mettendo due dita sotto il mio mento fa in modo che il mio viso si alzi e che io possa guardarlo negli occhi. Nel suo sguardo vedo tutto l’amore che prova per me, la sua calma, che con gesti lenti e pacati sta trasmettendo anche a me.
«Papà…» ci sono così tante cose che vorrei chiedergli, che non so nemmeno io da dove cominciare.
La prima domanda che inaspettatamente esce dalle mie labbra è:
«Di chi sono queste tombe?»
Hershel guardandomi negli occhi mi risponde:
«Tu conosci già la risposta»
«No» dico io «non può essere…»
Hershel continua a guardarmi fisso e un’altra domanda sorge sulle mie labbra:
«Sono morta?»
«No, direi di no… non ancora, puoi scegliere.»
«In che modo? Non ci sto capendo più niente. Sei qui per me?»
«No, sono qui per loro!» esclama puntando un dito verso i due ragazzi poco distanti. Osservandoli bene mi accorgo che i loro visi mi ricordano qualcuno, soprattutto la ragazza, e poi improvvisamente la risposta arriva al mio cervello, con una mitragliata di immagini colorate e incredibilmente dettagliate su tutto quello che è stata la mia vita fino ad ora. La fattoria, la fine del mondo e il mio amore infinito per Daryl.
Ora ricordo, ricordo tutto, so di chi sono quelle tombe. Spaventata, guardo nuovamente i ragazzi e mi accorgo che il contenuto dei loro bicchieri non è acqua ma candeggina, ne riconosco l’odore. Si stanno suicidando, condannandosi a diventare degli erranti.
Mi giro agghiacciata e finalmente metto a fuoco il primo nome sulla tomba:
Daryl Dixon, amato fratello, rispettato compagno.
«No, no, no, non può essere» urlo a squarciagola guardando verso mio padre, «dimmi che non è vero? Ti prego!» Lui si limita a farmi un cenno con il capo, guidandomi tra le altre tombe; ci sono i nomi di tutti, Rick, Carol, Maggie… il mio cuore sprofonda in un baratro di tristezza.
«Sono qui per loro» ripete mio padre, Judith e il piccolo Glenn.
«No! Non puoi portare via loro, perché? Perché mi fai vedere tutto questo, se non posso fare niente per cambiarlo?»
«Questo è il loro destino» dice con voce severa «non mi credi?»
E con un gesto della mano ci rende visibili. Judith è appoggiata con la schiena alla croce di legno della tomba di suo padre e Glenn le tiene il capo in grembo, mentre la ragazza gli accarezza dolcemente i capelli. Lei alza lo sguardo su di me:
«Eccoti, finalmente sei venuta a prendermi, peccato che tu non ti sia scomodata per lo zio Daryl, lo avrebbe sicuramente apprezzato.»
Il sarcasmo evidentemente l’ha imparato da lui, mi scappa un sorriso.
«No, non sono venuta a prenderti, voglio che tu viva, vorrei solo capire come è possibile che sia avvenuto tutto questo. E magari… poter fare qualcosa.»
«Arrivi tardi. Ma se vuoi capire che è successo… beh, è molto semplice in realtà: la colpa è tua! Tu sei morta, e il gruppo ha perso la speranza! Sono caduti come mosche, uno a uno, ed ora tocca a noi» dice con voce arrabbiata. Il mio cuore perde un colpo, la colpa è mia, non è possibile, io non volevo tutto questo, io volevo solo fermare Dawn. Mi volto e vedo Hershel che mi sorride bonario. Non capisco il suo cambio repentino di umore, ma poi ci arrivo:
«Io non sono morta, l’hai detto tu prima, posso scegliere, e se davvero tutto questo è colpa mia, non posso permettere che accada. Farò in modo che non accada mai!»
«Ci hai messo un po’ ma alla fine ci sei arrivata, questo è il fantasma del Natale futuro, ti è sempre piaciuta quella storia, quando eri bambina» risponde, ridendomi bellamente in faccia. Lo guardo stranita, mio padre ha davvero un senso del umorismo bislacco.
«Hai finito il tuo percorso, ricordati che ti voglio bene, è ora di svegliarsi. Un giorno tornerai qui, e quel giorno io sarò qui per te, per condurti in un luogo migliore, ma quel giorno non è oggi.»
«Grazie papà, per tutto, ma ho un’ultima domanda: è vero o è successo tutto nella mia testa?»
«Certo che è successo tutto nella tua testa, ma perché diavolo dovrebbe significare che non è vero? E, a proposito, vedi di non tornare qui troppo presto. Mi aspetto che tu abbia una lunga vita, figlia mia! Anche tu devi darmi dei nipotini, probabilmente sarà dura convincere Daryl a diventare padre ma sono certo che ci riuscirai.»
Facendomi l’occhiolino si dilegua senza darmi nemmeno il tempo di rispondere. All’improvviso la radura comincia a vorticarmi intorno, vengo travolta da un vento caldo e impetuoso che sembra quasi sollevarmi in aria. Perdo l’orientamento e chiudo gli occhi in preda alla nausea, concentrando il mio pensiero su Daryl e sui miei cari. Quando il mondo smette di girare, sollevo le palpebre e quello che vedo mi riempie il cuore di gioia. La luce del sole entra prepotente dalle finestre che danno sul centro semi-distrutto di Atlanta. Guardando in basso mi imbatto negli occhi azzurri più belli che abbia mai visto, mi fissano con una tale intensità che il mio cuore potrebbe esplodere:
«Ti sei svegliata, finalmente»
Daryl Dixon è qui per me e io non ho intenzione di abbandonarlo mai più.
 
 
Continua…
 
 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > The Walking Dead / Vai alla pagina dell'autore: Schully