“LA SOLA
COSA CHE MI CHIEDO E’: PERCHE’?
PERCHE’
NON
NE COMBINO MAI UNA GIUSTA?
PERCHE’
FERISCO TUTTI QUELLI A CUI VOGLIO BENE?
PERCHE’
ROVINO SEMPRE TUTTO?
PERCHE’
SONO
SBAGLIATA?
PERCHE’,
PERCHE’, PERCHE’?”
POV GINEVRA:
Dopo aver
pranzato ci prendemmo tutti una fetta di dolce al cioccolato offerto
dalla
casa, Riki invece se andò nella stanza perché
doveva fare una cosa: avevo
cercato di seguirlo ma mi aveva detto che era una sorpresa e quindi
dovevo
prima finire il dolce. Mi stavo mangiando il cervello per la sorpresa
ma avevo
anche altre cose a cui pensare, per esempio dovevo sistemare sul letto
il
vestito e gli accessori che avrei indossato quella sera: ovviamente
avevo
optato per il rosso. Il vestito era di raso con le spalline in pizzo e
le
scarpe nere, scelte da Alice, erano di un’altezza vertiginosa
con cui
sicuramente sarei caduta. Non appena alzai gli occhi mi accorsi di
essere arrivata
davanti la porta della nostra stanza così la aprii emozionata; il sorriso e
l’emozione
scomparvero all’istante perchè le luci erano tutte
spente- forse Riki si è
addormentato per la stanchezza- non potevo biasimarlo, era stata una
lunga
mattinata ma mentre
chiudevo la porta
sentii una certa delusione, speravo che mi avesse preparato qualcosa di
carino,
perché nonostante la mia dura corazza amavo i gesti semplici
e romantici. Fu il
pensiero di un istante perché non appena mi voltai notai una
cosa spettacolare,
assolutamente splendida: per tutta la stanza c’erano miriadi
di stelle luminose
e sul soffitto invece c’erano tutti i pianeti allineati con
il sole, la luna e
le costellazioni, per finire sopra il sole c’era la scritta
TI AMO. Per qualche
secondo restai stordita e imbambolata ad osservare il soffitto poi misi
a fuoco
la figura sorridente accanto al proiettore e gli corsi incontro per
baciarlo.
-E’
assolutamente il regalo più bello che abbia mai ricevuto, ti
amo anch’io- lui
mi strinse più forte e mi baciò
-Riesci
sempre a capire ciò che mi piace…avevo un
proiettore da piccola che mostrava le
stelle e suonava una ninna nanna e mi piaceva molto-
lui fece il suo classico sorriso da bimbo
scoperto con le mani nel sacco
-Ora ho
capito…te l’ha detto Alice- risi io
-Le avevo
chiesto di raccontarmi cosa ti piaceva da piccola ed ha parlato per
più di
un’ora, però ne è valsa la pena-
-Ora apri il
tuo- speravo gli piacesse
-E poi
festeggiamo…- sussurrò malizioso
-Amore
“festeggeremo” stasera dopo la festa, ora voglio
andare a sciare-
-D’accordo
piccola- ammiccai vittoriosa
Aprì
prima
il bracciale e poi il mappamondo con delicatezza e subito si
illuminò:
-Ho pensato
che con questo penserai sempre a me e su quello segneremo tutti i
nostri
viaggi- lo guardai timida
-Piccola
sono bellissimi- si infilò il bracciale e mi baciò
-Sono
contenta che ti piacciono, ora però andiamo, ho un conto in
sospeso con Angelo-
-Poverino,
il tuo sguardo non promette nulla di buono- era ironico
-Stamattina
ho fatto anche un po’ di pratica con gli sci e ho intenzione
di fare una gara
con lui e batterlo-
-Piccola,
sono contento che tu voglia fare il culo ad Angelo ma sei sicura di
saper
andare con gli sci?-
-Mi bastano
un altro paio d’ore di pratica e poi sarò pronta
per batterlo- io ed Angelo ci
eravamo sempre sfidati: con le moto, con i giochi di
società, con la cucina
anche con il karaoke (quel giorno rompemmo i timpani a Marco ed
Emiliano perché
eravamo stonati come campane) per non parlare poi delle gare di nuoto
al mare,
in cui rischiai di annegare per colpa di un crampo, e della gara a chi
infilava
più marshmallow in bocca. Era il nostro modo di dimostrarci
affetto e quindi
non mi sarei tirata indietro.
Alle 4 del
pomeriggio eravamo tutti in pista, anche se le persone erano in poche
perché di
certo tutti quelli dell’hotel, giovani come noi, si stavano
tirando a lucido
per la festa in discoteca che sarebbe cominciata alle 22:00. Ero ancora
carica
ed energica come la mattina e così, messi gli sci ai piedi
iniziai a
sgranchirmi; avevo deciso che per le seguenti due ore mi sarei allenata
con
Riccardo con gli sci, perché mi avrebbe insegnato molti
trucchi del mestiere
per battere Angelo. Lui era lontano dalla nostra postazione e si
allenava con
Marco ed Emiliano ed ogni tanto mi spiava per vedere i miei progressi:
gli
unici che non riuscivo a vedere erano Alice e Andrea che come me e
Riccardo
erano stati tutto il tempo chiusi nella loro stanza.
-Ma che fine
hanno fatto i due piccioncini?- avevamo deciso di fare una pausa e
intanto
continuavo a stendere le braccia su e giù, ma per sbaglio
colpii Riccardo in
faccia.
-Oddio amore
scusa, ti ho fatto male?- gli controllai il viso
-No
tranquilla…dovresti usare le mani per fare altro- rise lui
-E’
meglio
se stai attento a come parli perché adesso devo allenare le
gambe, non vorrei
colpire qualche “parte in basso”- sorrisi perfida
-In questo
caso non potrei più usare la mia “parte in
basso” e ci rimetteresti anche tu-
andai a fuoco ed ero sicura che se non avessi avuto la tuta, le neve
intorno a
me si sarebbe sciolta per il calore
-Allora per
questa volta sei perdonato- sussurrai all’orecchio poi
scivolai via verso i
ragazzi che discutevano.
-Si voglio
andare sul Canalone adesso, perché fra un po’
dobbiamo andarcene- Angelo
parlava e come al solito gli altri pendevano dalla sue labbra; io
arrivai alle
sue spalle abbracciandolo.
-Di che
parlate?-
-Quante
volte devo dirti di non gridarmi nelle orecchie?- rise lui
-Tante,
troppe… allora andiamo al Canalone a fare la gara? Ho
sentito che è una pista
bellissima- intanto mi ero staccata da lui perché Riccardo
lo stava guardando
male
-E’
una
pista pericolosa- si intromise lui e sapevo che quel tono era di sfida
-Io sono uno
sciatore esperto, conosco quella pista- e anche Angelo era sulla
difensiva
-Bene,
allora possiamo andare, ho voglia di vincere- presi Angelo sotto
braccio e lo
trascinai verso la funivia che ci avrebbe portato a 2800 m di quota, ma
Riccardo ci bloccò.
-Ginevra non
andare- il suo tono di voce basso e scandito mi fece capire quanto
fosse
arrabbiato
-Fidati di
me- mi voltai ma
lui mi prese per un
braccio e mi fece voltare
-Torna
presto- mi baciò a fior di labbra, gli rivolsi un sorriso e
scivolai via.
Durante il
tragitto in funivia restai aggrappata al braccio di Angelo
perché il vuoto mi
faceva paura e notai il suo sorrisetto compiaciuto.
-Ehi, lo sai
che ho paura dell’altezza-
-Scusa
principessina-
-Smettila o
ti butto giù dalla funivia-
-Ma davvero?
Come fai a buttarmi giù se siamo appena arrivati?- mi
guardai intorno e in
effetti il macchinario si era fermato
-Ci
penserò
al ritorno-
Scesi
imbronciata e mi allontanai di qualche metro: ero orgogliosa di me
stessa
perché riuscivo a reggermi in piedi sugli sci senza finire
ogni cinque secondi
gambe all’aria e nonostante Angelo fosse un professionista
speravo che con
qualche colpo di fortuna e qualche trucchetto, vincessi.
-Ansiosa di
perdere?- rise lui
-Si certo,
continua a sfottere…quando vincerò mi dovrai
portare in uno di quei ristoranti
chic che mi piacciono e pagherai il conto-sorrisi trionfante
-Non ci
contare molto
perché non vincerai- andò
avanti e fece strada; ci allontanammo sempre più dalla
funivia e faticavo a
stargli dietro, dopo dieci minuti abbondanti arrivammo su una discesa
che
portava all’interno di un boschetto e Angelo si
fermò: da quassù si vedeva ogni
cosa del paesaggio vasto.
-Bello vero?
Forse però è troppo difficile per te-
-No, ce la
posso fare, ti prego, ti prego, ti prego- gli feci gli occhi dolci e mi
guardò
un ultima volta incerto
-Oh, va
bene: arriviamo fino alla fine del boschetto, stammi sempre dietro e se
c’è
qualcosa che non va, avvisami-
Si diede la
spinta e iniziò a scendere lungo il pendio, io feci lo
stesso e iniziai a
prendere velocità dietro di lui, tutto ciò che
aveva a che fare con la velocità
mi piaceva ed emozionava un po’ come la moto; rimanevo sempre
dell’idea che la
sensazione più bella fosse quella del vento sulla faccia.
Dopo alcuni minuti
che parvero secondi ci addentrammo all’interno de boschetto e
rimasi incantata
a guardare gli enormi alberi ricoperti dalla neve; Angelo era a qualche
metro
da me ma non mi
preoccupava perché ci
sarebbero voluti ancora una decina di minuti per arrivare al traguardo
immaginario deciso da lui, così rimasi dietro di lui e mi
voltai per guardare
il paesaggio ma notai che iniziava a nevicare di nuovo e ne fui
contenta. La
neve però iniziò a scendere sempre più
veloce, il vento si alzò all’improvviso
e in pochi secondi iniziò una vera e propria bufera che mi
mandò nel panico:
non era certo una situazione a cui ero preparata. Angelo si
voltò preoccupato e
mi gridò di rallentare mentre si fermò anche lui,
ma capii troppo tardi e
quando cercai di rallentare, per il panico e la poco
visibilità, persi il
controllo degli sci e andai a sbattere contro un albero a qualche metro
di
distanza. Rimasi lì immobile e intontita e quando capii
cos’era successo mi
tastai la fronte umida, guardai le dita ed era sangue: dovevo aver
battuto la
testa contro l’albero così cercai di alzarmi per
cercare Angelo ma non appena
ci provai la caviglia sinistra mi provocò una fitta e
ricaddi sulla neve:
dovevo rimanere ferma per evitare danni peggiori alla caviglia. Dopo
qualche
secondo sentii una voce chiamare il mio
nome, e vidi all’improvviso la figura sfocata di
Angelo correre verso di
me.
-Oddio
Ginevra come stai? Che hai fatto alla testa? – mi prese tra
le braccia e
iniziai a battere i denti per il freddo: ormai era sera e la
temperatura a
causa della bufera stava scendendo velocemente. Poche volte avevo avuto
paura
nella mia vita e avevo cercato sempre di affrontare tutto ma adesso
avevo
davvero paura: una paura profonda e terribile di morire, di non
farcela. Avevo
pian piano superato la morte di Niki, grazie alla vicinanza di Riccardo
e dei
miei amici ma forse tutto quel casino era successo per una sola
ragione: io
dovevo morire ma non volevo. Quella sera di agosto in macchina ero
sfuggita
alla morte e per il senso di colpa volevo morire, avevo cercato di
uccidermi;
adesso che invece avevo ritrovato la voglia di vivere, per uno strano
scherzo
del destino, rischiavo seriamente di morire assiderata insieme ad
Angelo.
-Ginny, ehi
Ginny so che fa freddo e hai preso una bella botta ma per favore, ti
prego non
chiudere gli occhi- non mi ero neanche accorta di aver chiuso gli
occhi,
sentivo solo la stanchezza che intorpidiva le ossa e pesava sulle
palpebre, ma
dovevo restare sveglia
-Tu come
stai?- la voce mi uscì a tratti
-Io sto bene
ma tu rimani con me ok? Ci staranno già cercando, lo so
perché Riccardo sarà
già impazzito perché non siamo ancora tornati-
feci un lieve sorriso
-Mi devi
fare un favore, so che sembra drammatico ma…- mi bloccai per
riprendere fiato,
era come se non mi passasse più aria nei polmoni
-non so
quanto ci metteranno a trovarci e se io...non dovessi farcela- le
lacrime mi
scesero calde sulle guance mentre sentivo di nuovo il torpore
-Non dire
così, ci troveranno- la sua voce però tradiva
paura
-Se non
dovessi….dì a Riccardo che lo amo e mi
dispiace-la stanchezza era troppa
-Glielo
dirai tu, tieni quei cazzo di occhi aperti Ginny-
-Va bene ma
non ti arrabbiare- lui rise e mi strinse più forte
-Ti ricordi
tutte le volte che venivi da me e i ragazzi ti stavano intorno come
cagnolini?-
voleva tenermi sveglia e gli ero grata ma non avrei resistito per molto
-Si, Marco
si era preso una cotta per me-
-E ti
ricordi quanti disastri combinavamo ogni volta che cucinavi per noi?
Noi
volevamo aiutarti e invece ti facevamo saltare i nervi-
-Già
come
quando vi preparai i cannoli: tu facesti cadere tutta la farcitura
sulla mia
maglietta e non ti parlai per due giorni- mi ero davvero arrabbiata
-E per farmi
perdonare ti feci consegnare a casa un mazzo di rose rosse con un maxi
pacco di
marshmallow e una confezione di cioccolata calda-
-Sei stato
un santo a sopportarmi- aveva le labbra viola e tremava anche lui
-Non sono un
santo, ma un semplice innamorato- la testa pulsava
-Innamorato?-
-Si, di te
ma sono arrivato troppo tardi- lo guardai sbalordita ma forse in cuor
mio
l’avevo sempre saputo e adesso che eravamo entrambi fragili e
stanchi non
avevamo timore di parlare dei nostri sentimenti.
-Io…
amo
Riccardo- tossii senza fiato
-Lo so, si
vede da come vi guardate ma rimarrai sempre la mia piccola principessa
e
prometto che ti riporterò da lui, starai bene- mi
cullò e mi addormentai immaginando
Riccardo che mi abbracciava e i
suoi intensi occhi neri a infondermi coraggio e speranza di rivederlo.
Sentii
all’improvviso un rumore forte e martellante e anche se
aprire gli occhi mi
costava una fatica immane, ci provai: un’enorme elicottero
stava atterrando ad
alcuni metri da noi, non eravamo più nel bosco ma su una
piana desolata e la
bufera era cessata.
-Ci hanno
trovato- all’improvviso come una doccia gelata mi
baciò e io confusa ricambiai,
poi capendo il terribile sbaglio mi allontanai come scottata; non avevo
provato
niente, come se avessi baciato mio fratello ma questa giustificazione
non
sarebbe bastata a Riccardo.
-Io…scusa,
non dovevo, fa finta che non sia mai successo-mi fissò
imbarazzato
Oddio, che
avevo fatto? Non volevo baciarlo, non lo amo, ma ero stata colta alla
sprovvista e per un attimo avevo creduto che fosse Riccardo:
Riccardo….cosa gli
avrei detto? Non riuscivo a ragionare, era come se il mio cervello
fosse
congelato. Alzai lo sguardo e vidi due soccorritori correre verso di
noi con
una barella, ci chiesero se eravamo solo noi due e cosa era successo
intanto
uno dei due, un uomo sulla trentina, mi trasportò
all’interno dell’elicottero;
la stanchezza stava prendendo di nuovo il sopravvento e così
una volta che
l’elicottero partì e Angelo si sedette accanto a
me, sprofondai nel sonno.
Un forte
odore di disinfettante mi entrò nelle narici e sentii un
vociare di persone,
forse erano già tutti al piano di sotto a fare colazione e
come al solito mi
avevano lasciato dormire fino a tardi eppure qualcosa non quadrava: di
solito
Riccardo veniva a darmi il buongiorno con un bacio sul naso e io
inevitabilmente mi svegliavo e scendevo giù con lui, ma non
sentivo le sue
braccia sulla mia pancia né il suo mento ruvido per la barba
sulla mia spalla.
Allora aprii gli occhi preoccupata e cercai di alzarmi ma sentii un
forte
capogiro e mettendo a fuoco la stanza d’ospedale, ricordai
tutto: la bufera, io
che sbatto contro un albero, il bacio e l’elicottero che ci
salva. Sentii la
mia mano stretta in quella di qualcun altro e quando abbassai lo
sguardo vidi
la testa di Riccardo sul letto e un improvviso senso di colpa mi
assalì;
allungai la mano e gli accarezzai i capelli, lui scattò e si
voltò verso di me.
-Amore- si
alzò e mi baciò piano preoccupato
-Oddio, sei
sveglia, quanto sono felice- Alice corse verso di me seguita da tutti
gli
altri.
Ero
abbastanza confusa e indolenzita ma ero felice di rivedere i miei amici
e
ascoltarli chiacchierare e fare battute, mancava però una
persona e subito mi
ricordai di quel maledetto giorno d’agosto: ero nella stanza
d’ospedale con i
miei genitori ma Nicolò non c’era.
-Dov’è
Angelo?- ero terrorizzata dalla paura e Riccardo serrò la
mascella
-Sta facendo
dei controlli medici-
-Che
controlli?-
-Sta bene,
tranquilla, sei tu quella conciata peggio- disse arrabbiato
-Che hanno
detto i medici?-
-Hai un
lieve trauma cranico e una distorsione alla caviglia, in un paio di
settimane
ti rimetterai- alzai le coperte e mi guardai la caviglia fasciata
stretta,
Riccardo mi osservava teso
-Ehi…-
gli
presi la mano e lo costrinsi a guardarmi
-Sto bene,
sarebbe potuta andare peggio e invece sono qui con te- continuai
-Sapevo che
con lui non saresti stata al sicuro-
-Riki, lui
non c’entra, è stata solo sfortuna, ti prego non
te la prendere con lui-
-E’
questo
che mi fa arrabbiare… tra me e lui io sarò sempre
la seconda scelta- cercò di
divincolarsi dalla presa ma lo trattenni e avrei voluto gridare contro
me
stessa
-Riki tu sei
la mia prima scelta…quando io e lui stavamo in mezzo alla
bufera ho pensato che
io…non c’è l’avrei fatta e
sai cosa ho chiesto ad Angelo? Gli ho chiesto di
dirti che ti amavo. Ho pensato solo a te e alla paura che avevo di non
rivederti mai più-
-E’
solo che
ti amo così tanto e sono quasi impazzito ieri sera quando il
tempo passava e
non tornavi, e quando non vi trovavano mi sentivo così
impotente perché volevo
venire a cercarti ma non me lo permettevano-
-Lo so
amore, però ti prego non pensiamoci più- volevo
dirgli la verità ma non ora
-Ti amo,
questo lo sai vero?- chiese lui
-Si lo so-
-A proposito
buon anno-risi piano e mi diede il primo bacio
dell’anno…però, era iniziato
proprio bene l’anno!
6 GENNAIO:
Era la
mattina della befana, scattai dal letto come una molla e stando bene
attenta
alla caviglia non ancora guarita, corsi in punta di piedi al piano di
sotto per
prendere la mia calza appesa al caminetto. Tutta la casa taceva e
nessuno si
era ancora svegliato, nemmeno Riccardo che di solito si alzava prima di
me, ma
quella era una mattina particolare: Angelo, Marco ed Emiliano se ne
sarebbero
andati. Mi dispiaceva che se ne andassero ma ero felice
perché erano stati
molto più tempo rispetto a quanto avevano deciso in
precedenza e avendo perso
il volo dell’1 avevano posticipato il ritorno a casa. Sfilai
dal gancio la mia
calza, enorme e piena di dolci fino all’orlo: Riccardo
conosceva i miei gusti e
sapendo quanto amassi i dolci aveva deciso di rovinarmi la dieta
riempendomi di
quelle schifezze che tanto amavo. La aprii e presi due cioccolatini, e
tornando
in camera spiai Riccardo che dormiva beata: sembrava un bambino. Con la
delicatezza di un elefante in una cristalleria mi avvicinai a lui e gli
diedi
un bacio a stampo.
-Mmh…sai
di
cioccolata- aprì gli occhi e mi fissò incantato
-Non ho
resistito- alzai la calza e gliela mostrai
-La mia
solita curiosona- mi buttò sotto le coperte con lui e sperai
che la mia
decisione non avrebbe rovinato tutto: gli avrei detto del bacio dopo la
partenza dei ragazzi.
-Forza
bell’addormentato
alzati, dobbiamo accompagnare i ragazzi in aeroporto- si
alzò di scatto e mi
fece un sorriso smagliante
Mezz’ora
dopo
eravamo tutti in aeroporto seduti ad attendere il volo che aveva dieci
minuti
di ritardo e l’agitazione era palpabile: Angelo evitava il
mio sguardo e
Riccardo ci fissava perché evidentemente si era accorto che
qualcosa non andava
tra noi. Marco ed Emiliano invece facevano battute e mi stavano
appiccicati
come cozze, tristi per la partenza.
-Mi raccomando
chiama sempre e tu amico trattala bene- disse Marco
-Altrimenti
prendiamo il primo aereo e ti facciamo il culo- rise Emiliano
-I
passeggeri del volo per Catania sono pregati di recarsi al check-in per
l’imbarco-
una voce attraverso l’altoparlante ci avvertì che
era arrivato il momento di
salutarci
-Non ti
dimenticare di noi- Marco mi abbracciò seguito da Emiliano,
Angelo fu l’ultimo
-Perdonami
per…-sussurrò all’orecchio
–Spero che siate felici insieme, te lo meriti-
annuii con le lacrime agli occhi
-Sei il mio
fratellone, ti voglio bene-
-Anche io-
Restai
lì
ferma a guardarli andare via mentre le lacrime scendevano silenziose,
se ne
andavano e con loro se ne andava un pezzo del mio cuore: un braccio mi
strinse
e sorrisi. Non ero sola, avevo lui- per il momento- gridò
una vocina nella mia
testa.
-Andiamo a
casa, dobbiamo parlare- Riccardo mi guardò preoccupato dal
mio tono serio
Il tragitto
dall’aeroporto a casa sembrava interminabile e le mie dita
picchiettavano
fastidiose contro il vetro, al ritmo del piede che faceva su e
giù sul
tappetino della macchina. Vidi il profilo di casa in lontananza e il cuore
accelerò all’improvviso, Riccardo
intanto mi fissava stranito. Dopo aver finalmente parcheggiato, scesi
in fretta
seguita da Riccardo, Alice e Andrea ed entrai dentro casa.
-Che mi devi
dire?- stavo appendendo il cappotto e la sua voce alle spalle mi
gelò
-Andiamo in
camera- si incamminò e giunti in camera chiusi la porta alle
mie spalle e lo
raggiunsi sul letto
-Quando io
ed Angelo abbiamo fatto la gara io ero eccitatissima perché
andavo veloce la
vista era bellissima e poi non avevo mai preso la funivia poi
però è arrivata
la bufera io sono entrata in modalità panico e non vedevo
più niente e quindi
sono andata a finire contro un albero e ho battuto forte la testa ma
Angelo mia
ha ritrovata e io avevo paura e non sapevo se ti avrei rivisto e poi mi sono addormentata
e…-
-Ehi,
piccola, rallenta non sto capendo che vuoi dire- mi interruppe
-Ok rapido e
indolore….io e Angelo ci siamo baciati- mi tappai subito la
bocca perché ero
stata una stupida, non doveva andare così e ora lui mi
fissava gelido con la
mascella serrata e gli occhi grandi per la delusione.
-Io non lo
amo ok? Lui mi ha baciata ed ero confusa, pensavo fossi tu ma quando ho
notato
l’errore l’ho subito respinto-
-Riccardo?
Per favore dì qualcosa- era immobile e avevo paura di averlo
perso sul serio
stavolta, tutto per colpa mia
-Ho bisogno
di riflettere- si alzò come in trans e si avviò
giù per le scale
-Aspetta,
per favore perdonami, ho sbagliato- lo afferrai per un braccio e si
allontanò
-Esco, non
mi aspettare-
-Ti prego
non fare cazzate per colpa mia-
-Cazzate?
Cazzate dici? Quella che hai fatto tu è stata una cazzata-
gridò arrabbiato
-E’
vero e
mi dispiace così tanto-
-Devo
andare-
-Ok…-
Abbassai lo
sguardo sulla caviglia pulsante, l’avevo sforzata correndo
giù dalle scale ma
mi piaceva quel dolore, me lo meritavo perché io avevo fatto
soffrire lui e
senza di lui non ero niente: neanche la ricordavo la mia vita prima di
lui….
ANGOLO
AUTRICE:
Grazie mille
a chi segue la storia, non smetterò mai di ringraziare e
grazie anche alle mie
amiche che continuano a sostenermi e a seguirla :D
Un bacio :*
Blackshadow90