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Autore: Marra Superwholocked    21/01/2015    2 recensioni
A volte si ha la sensazione che qualcosa di oscuro aleggi intorno a noi. E, credetemi, è tutto vero.
Da bambini pensiamo ai mostri sotto al letto, ai fantasmi nell'armadio o alla strega cattiva che gira per le strade buie imprecando e lanciando incantesimi. Ma poi cresciamo e ci rendiamo conto che faceva tutto parte di un film, di una storia raccontataci dai nostri fratelli maggiori o di un libro che avevamo letto pochi giorni prima e che nulla di tutto ciò poteva succedere. Be', è lì ci sbagliavamo: tutto può succedere, basta solo avere la mente aperta.
E un TARDIS.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amy Pond, Doctor - 11, Nuovo personaggio, Rory Williams
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Angolo dell'autrice:
Buongiorno (o buonasera, dipende dai punti di vista xD) a tutti! Oggi sono felice perché Amy è andata in vacanza con Rory e non torneranno prima del 20 di marzoooo :D Hanno trovato per caso un biglietto della lotteria vincente e hanno così deciso di andarsene in crociera... Eheheh...
Ma torniamo a noi! Se qualcuno ha avuto dei problemi a trovare me o la mia/le mie storia/e (oddio che casino..), è perché ho deciso di cambiare nome utente, nickname: chi sa dello “scoppio” tra Tim Burton ed Helena Bonham Carter potrà capire... ç_ç Ci sono rimasta malissimo =(
Così ora (appena EFP accoglierà la mia richiesta) mi farò chiamare Marra_SuperWhoLocked (“Marra” è per una mia cara amica che non so perché ha cominciato a chiamarmi così; “SuperWhoLocked” sta per Supernatural + Doctor Who + Sherlock).
Un'altra cosa: mi scuso per i terribili ritardi sia per questa storia che per l'altra, ma ho mille cose da fare e non riesco ad organizzarmi a dovere... In più, non so per quale motivo, EFP non mi caricava le pagine delle ff che devo ancora terminare di leggere =( Ho bisogno d'aiuto ç_ç
*Appare un Castiel confuso*
OMMIODDIO
Castiel: “Tutto bene?”
NOPE. ADDIO, CUORE! *dies*

 

 

Capitolo 8
Oggetti di scena

 


E così, il resto del gruppo si incamminò cautamente verso l'Aula Magna, come aveva proposto Silvia e confermato il Dottore qualche istante dopo. Una volta scese le stesse scale che poco prima videro il passaggio del demone, attraversarono un piccolo spazio che collegava il settore in cui si trovavano al settore opposto, ma – prima di imboccare quel corridoio – trovarono altre scale e scesero anche quelle. Aprirono il primo portone, sempre guardandosi le spalle l'un l'altro, ed ecco che l'ambiente gelido e oscuro dell'Aula li accolse a braccia aperte.
Un primo sguardo gettato attorno a quelle sedie congelate e al palco illuminato con una sola luce d'emergenza confermò l'assenza di qualsiasi cosa. In effetti, nemmeno un demone sarebbe così pazzo da addentrarsi in quel luogo. Forse.
Amy e Rory si assicurarono che non fosse rimasto nessuno fuori dall'Aula e chiusero bene la porta d'entrata. Incrociarono i loro sguardi e per un momento, inconsapevolmente, pensarono la stessa cosa: che quella col Dottore fosse una vita pericolosa, a cui volevano rinunciarvi una volta per tutte. Glielo diremo quando tutto questo sarà finito, pensò Amy, poi lei e Rory si sedettero con gli altri ad aspettare.


«Ben fatto, grazie.» Silvia prese il sacco di sale da cucina che le stava porgendo Marco, il più alto del piccolo gruppo che aveva scelto di andare nella mensa scolastica. Be', scelto non è proprio la parola adatta. Diciamo che egli aveva aderito solo perché Silvia, Catherine e Raffaele erano sotto la sua responsabilità e non doveva perderli di vista nemmeno un attimo, specialmente in quella situazione. E poi con gli altri c'erano già Ivan e Diego, tutto sommato. Ce l'avrebbero fatta, ne era sicuro.
«Perfetto, ragazzi. Ora... Torniamo con gli altri.» Il Dottore contò cinque sacchi di sale, ma nessuna bottiglietta di ketchup. Al suo posto, tuttavia, Catherine trovò della vernice bianca abbandonata dagli operai che lavoravano lì da pochi mesi per sitemare muri e controsoffitti.
Tutti e cinque presero un sacco di sale ciascuno, il Dottore rubò di mano a Catherine la tolla di vernice e il pennello mezzo incrostato degli operai ora al riparo da quell'incubo e raggiunsero di gran carriera l'altro gruppo.
«Dottore! Tutto a posto?» Amy fece svolazzare i suoi lunghi capelli rossi e stritolò l'amico in un lungo abbraccio. Quando lo lasciò andare, sul suo volto vide dipinta una nota di ansia.
«Sì» le mentì. E mentì anche a tutti gli altri: «Vi riporterò tutti a casa.»
«Metteremo fine a questa storia, troveremo Nadia e Salvatore e torneremo sani e salvi a casa. Bla, bla, bla.» Rebecca se ne stava raggomitolata su una sedia a guardarsi i piccoli ricci biondi che le cadevano sulle spalle. Li studiava con piccoli movimenti delle braccia per vedere che tipo di sfumature assumevano in base alla quantità di luce che li colpiva. «Dottore, tu sei davvero un bugiardo coi fiocchi. Saresti il cocco di papà.»
Il gruppo rimase a dir poco impietrito da quelle parole (Papà? Vuole dire Lucifero? Il Diavolo?!), ma nessuno si azzardò a emettere un solo suono. Nessuno tranne Rachele. «Re...becca?»
«Santo cielo, no! Smettetela di darmi tutti questi nomi assurdi e volgari! Amy, Rebecca... Io non sono come voi. Sono migliore. E di certo non mi faccio intimidire da una banda di schizzati.»
Silvia, che si era accorta prima di tutti che quella non era più la vecchia Rebecca, si era messa dietro tutti gli altri e con l'aiuto di Catherine era riuscita a scivolare e a trovare nelle quinte un ampio tappeto usato per un vecchio spettacolo: lo capovolsero.
«Conoscendo quel tipo di demone, vorrà farsi sentire da tutti noi e andrà certamente a cantarcele sul palco. Ama attirare l'attenzione si di sé.»
«Cathy, tutti i demoni son fatti così.»
Risero, ma dalle loro bocche uscirono risate un po' distratte, fredde.
«Silvia?» disse poi Catherine sottovoce.
«Mhm? Che c'è?»
«La vernice. L'abbiamo dimenticata di là.»
«Cosa?!» quasi urlò Silvia. «No, no, no! No, no, no, no!» Sembrava in preda al panico, con quei suoi occhi sbarrati e la bocca in una smorfia di terrore. «No, ti prego, dimmi che scherzi! Stai scherzando, vero? Vero?!»
No, Catherine non stava scherzando: non aveva avuto il tempo di pensare alla vernice e al pennello mentre scappavano sul retro del teatro. Come biasimarla? «Mi dispiace, scusa...»
«No... Cathy, non è colpa tua! Non è colpa di nessuno! Ma ora dobbiamo pensare ad un piano B» disse guardandosi attorno.
«Io ho questo» disse piano Catherine tirando fuori dalla tasca dei jeans un piccolo coltellino svizzero.
«Ma sei fuori di melone a portare a scuola una cosa del genere?!»
Catherine si strinse nelle spalle. «Be', non si sa mai. Invece della vernice possiamo usare il m-»
«No! Non se ne parla nemmeno!»
«Ma perché? Insomma, è l'unica soluzione!»
«Sei un genio, ma non te lo farò fare» disse Silvia severa.
«E, sentiamo, hai qualche altra opzione?»
Silvia puntò lo sguardo a terra. «Forse un'alternativa. Dammi il coltellino, tu cerca un pezzo di stoffa.»
«Ma-»
«Niente ma. C'è bisogno del tuo latino.»


Parla, falle perdere tempo, devi rallentare le lancette dell'orologio. «Come dobbiamo chiamarti, dunque? Chi sei?» Sì, be', non è originale, ma basterà. Poi ti inventerai dell'altro. Vero?!
«Mi chiamo Marianne, ma potete chiamarmi Mary» rispose il demone.
«Okay, Mary.» Il Dottore premette le dita ai lati del farfallino e se lo sistemò ben bene. «Dobbiamo cominciare a ragionare» disse poi più serio che mai.
Mary si concesse una risata a pieni polmoni. «Ma io non voglio ragionare! Io voglio solo uccidervi tutti» chiarì sorridendo.
Il Dottore non diede segno di preoccupazione. Forse perché l'unica cosa che gli venne in mente in quel preciso istante fu una canzoncina, una stupida canzoncina, cantata da delle stupide bambole fatte di stupido legno. Le odiava.
Tick tock, Dottore. No, no, questa volta non erano le bambole. Era la voce nella sua testa e più vi prestava attenzione, più riusciva a capire di chi fosse. Dottore, l'orologio va avanti e tu te ne stai lì impalato a guardare?
Rose, smettila l'avvertì lui in silenzio.
Lei rise in lontananza e la sua voce svanì come fumo nell'aria. Già gli mancava. Ogni tanto gli faceva compagnia tormentandogli la mente nei momenti più difficili, quelli in cui non riusciva a ragionare. Oppure lo confortava, ma era raro. Lui la chiamava Rose. Ma non era lei. Aveva le sue sembianze e la sua meravigliosa voce. Ma non era lei. Dunque, cos'era? Non lo sapeva nemmeno lui. Be', forse sarebbe più giusto dire che non lo ricordava. Non ricordava più il Momento perché l'aveva incontrato tre vite fa (anche in quella precedente, a dire il vero) e ne erano passati di anni e di sventure da allora... Quello che non sapeva era che l'avrebbe incontrato di nuovo.
«Sono riuscita a fuggire dall'Inferno con non poche difficoltà e secondo te io mi faccio abbindolare da un paio di marmocchi?» Mary cominciò a camminare lentamente attraverso i ragazzi che quel giorno volevano solo fare qualche ipotesi per la trama di un cortometraggio. Non li degnò nemmeno di uno sguardo. Amava giocare con le sue prede. Raggiunse gli scalini che portavano al palco senza notare lo strano trambusto a pochi passi da lei.
«Silvia! Cathy!» sussurrò Rachele quando si accorse che le due amiche le erano spuntate alle spalle all'improvviso. «Dov'eravate finite? Mi stavo preoccupando!»
«Zitta!» ruggì Mary al centro del palco, illuminata a dovere e visibile a tutti.
Tra i presenti calò finalmente il silenzio. Si sentiva solo il lontano ronzio dei neon e la pioggia che cadeva senza sosta, battente e fredda.
«Perché ci metti così tanto?» chiese il Dottore.
«Mhm? Che intendi dire?» Mary fece finta di pensarci su.
«Ucciderci. Se lo desideri con tutto il cuore, ammesso che tu ne abbia ancora uno, perché ci fai aspettare e sperare?»
«Oh...» Fece un passo, uno solo, più indietro. Silvia se ne accorse e con lei anche Catherine. «Mi piace far andare la fiamma a fuoco lento, far rosolare ben bene e poi metterci del pepe. Si capisce?»
«Sì. Si capisce. Fin troppo, direi. Ma perché?»
«Un ordine di papà.»
«Vale a dire?»
«Lui ti vuole morto stecchito» disse sorridendo.
Catherine e Silvia si scambiarono un'occhiata fugace, ma significativa. Insieme affiancarono il Dottore, il quale notò la mano fasciata di Silvia.
«Ehi, tu» la provocò Silvia sorreggendosi involontariamente al braccio del Dottore. «Se vuoi lui, dovrai passare prima sui nostri cadaveri.»
I loro compagni di scuola rabbrividirono per la sfrontatezza con cui Silvia parlò al demone. Avrebbero voluto avere il coraggio di registrare quella piccola scena, ma nessuno si azzardò a tirare fuori un solo cellulare. Non solo perché avevano paura di muoversi: in effetti, che senso avrebbe avuto registrare una cosa del genere se poi non ci fosse stato un lieto fine per loro?
Mary sembrò intimidita da quella ragazza pronta a tutto pur di salvare uno stupido alieno con false promesse, ma era tutta recitazione. «Volentieri, pasticcino» disse preparandosi a fare un salto di due metri.
Silvia rise.
Catherine si schiarì la voce.
Mary saltò.
E ripiombò a terra un istante dopo.
Frastornata e umiliata, Mary guardò ai suoi piedi e notò un vecchio tappeto sgualcito e umido. Umido di sangue, quello di Silvia. «Stupide cacciatrici» ringhiò poi furiosa.

   
 
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