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Autore: pensamiancora    23/01/2015    1 recensioni
Procede a passo svelto, spedito, guarda la strada. Si è ripromessa di non girarsi mai più a guardare quello che lascia dietro, ma sa che continuerà a farlo. Non sa neanche lei cosa guarda, quando si gira. Un’idea? Il ricordo sottile di chi l’ha resa così fragile e al tempo stesso così forte e così diversa? E sa benissimo di non lasciarsi nulla dietro. Non c’è nessuno che l’aspetta, nessuno che le abbia detto addio, nessuno a cui l’abbia detto lei, nessuno da cui potrebbe realmente tornare.
Eppure ci torna spesso.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Sono cent’anni che non ho visto il suo viso
che non ho passato il braccio
attorno alla sua vita
che non mi son fermato nei suoi occhi
che non ho interrogato
la chiarità del suo pensiero
che non ho toccato
il calore del suo ventre
 
eravamo sullo stesso ramo insieme
eravamo sullo stesso ramo
caduti dallo stesso ramo ci siamo separati
e tra noi il tempo è di cent’anni
di cent’anni la strada
e da cent’anni nella penombra
corro dietro a te.
 
Stoccolma, 1960 – N. Hikmet
 

 
 
Amelia cammina dritta per la sua strada, la sua solita sigaretta tra le labbra che scandisce il ritmo dei suoi respiri – e dei suoi affanni - . Procede a passo svelto, spedito, guarda la strada. Si è ripromessa di non girarsi mai più a guardare quello che lascia dietro, ma sa che continuerà a farlo. Non sa neanche lei cosa guarda, quando si gira. Un’idea? Il ricordo sottile di chi l’ha resa così fragile e al tempo stesso così forte e così diversa? E sa benissimo di non lasciarsi nulla dietro. Non c’è nessuno che l’aspetta, nessuno che le abbia detto addio, nessuno a cui l’abbia detto lei, nessuno da cui potrebbe realmente tornare.
Eppure ci torna spesso.

Amelia ogni tanto va in un posto, un posto che conoscono poche persone; è una specie di giardinetto in cui andava fin da ragazzina per leggere i suoi libri, fumare la sua sigaretta di nascosto, essere quella che realmente era, lontana da occhi indiscreti. Lì poteva trasformarsi nella ragazza intellettuale, abbandonare un po’ la maschera di ragazza mondana e divertente, talvolta piangere, pensare al passato, pensare a lui.
Ha deciso di non girarsi a guardare, eppure è tornata in questo posto e ogni volta che torna lì comincia a pensarci. Non lo fa volontariamente: quel luogo è suo e certamente non può rinunciarvi soltanto per questo.
Si siede su una delle tante panchine, lega i capelli in uno chignon disordinato e chiude gli occhi, cullata dal vento. E’ sempre stato così: bastava chiudere gli occhi, pensare a sé stessa, alla sua vita, al suo cammino e in qualche modo quell'immagine, quel ricordo, quell’idea tornava a cercarla.
Non ha mai parlato con nessuno, di lui, se non con una cara amica. I primi anni ne parlava spesso, si sfogava, aveva ancora qualcosa da raccontare. Non era disillusa e ogni volta ci sperava sempre un po’, ancora riusciva a vederlo nella sua vita, ancora pensava di averlo per sé, almeno un pochino, almeno a metà.
Adesso non parla di lui da anni e probabilmente la sua amica crede che le sia passata. La verità è che ha soltanto capito che l’unico luogo in cui lui c’è e la sua presenza è viva, vivissima, è la sua mente. Nella realtà non c’è mai stato, neanche a metà, neanche un quarto.
Apre gli occhi e un raggio di luce le impedisce di vedere, così li richiude.



“Mi fa così male, Sandra, così male. Ci penso spesso, a volte mi viene da piangere, a volte mi sento come rassegnata. Ma in un modo o nell’altro riesce comunque a scavarmi dentro. Secondo te c’è soluzione?”
“Non lo so, Amelia, devi solo provare con tutte le forze ad andare avanti. Penserai a lui comunque, certamente, ma almeno non ti sarai preclusa nessuna possibilità. Vedrai, arriverà quello giusto, lo cancellerà.”

“Sandra, per la prima volta mi sento innamorata.”
“Davvero, Amelia?”
“Sì, davvero. Passano giorni, talvolta mesi, e non ci penso. Non piango più da un anno.”
 
“Credevo di averti dimenticato, Leonardo, ci avevo creduto sul serio. Ma poi sei tornato, sempre nel modo che piace tanto a te, e allora ho capito che era stato tutto inutile.”
“Ci tengo a te, Amelia. Non ti prendo mai in giro.”
“Ma?”
“Ma cosa?”
“C’è sempre un ‘ma’ nelle tue frasi.”
“Ma non posso. Non si può.”

“Sandra, forse questa è la volta buona che lo dimentico.”
“Lo credi sul serio?”
“No. Ma ci spero tanto.”
 
“Sei uno stronzo! E io lo so! Il problema è proprio che lo so!”
“Sono un egoista cronico, lo sai bene. Te l’ho detto fin dal primo momento.”
 
“Godiamoci questo momento, Amelia. Domani sarà tutto finito. Non perdiamoli questi attimi. Non voglio niente da te: devi solo abbracciarmi.”
“Domani sarò di nuovo sola.”
“Mi dispiace così tanto.”
 
“Sandra, gli dirò che lo amo.”
“Non farlo! Lui sa benissimo che lo ami, che senso ha dirglielo?”
“Che senso ha non dirglielo, se lo sa?”
“Non dargli questa soddisfazione, almeno.”
 
“Leonardo, io ti amo.”
“In qualche modo saremo legati tutta la vita, io e te.”
“Ma non mi amerai.”
“No.”
 
“Hai mantenuto la tua promessa.”
“Sì. Ci hai sofferto?”
“Quando ti ho chiesto di sparire non ne ero tanto convinta, ma alla fine credo sia stata la cosa giusta. Hai fatto bene a mantenerla.”
“Ci hai sofferto?”
“E così, ti sposi.”
“Già.”
“Sei felice?”
“Mi sento sereno.”
“In fondo va bene lo stesso, no?”
“Sì, va bene lo stesso.”
 
“Davvero non ti manco?”
“Sì che mi manchi, Amelia, come potresti non mancarmi?”
“Tua moglie ti rende felice?”
“Mi rende sereno.”
“Forse è quello che ti serviva…”
“Già.”
 

Amelia si è arresa.
Il giorno del matrimonio, ha assistito al fatidico sì, ha visto l’amore della sua vita scegliere un'altra donna come amore della sua vita e ha chiuso. In quello stesso istante ha preso delle forbici e, mentre tagliava a pezzi il cuore, ha tagliato anche il filo che la legava a lui.
C’è stato solo un altro incontro tra di loro. In un caffè, da semplici conoscenti. Hanno parlato del bambino, un bel bambino simile al padre, molto solare, molto amato, molto curato. Hanno parlato del loro futuro, del loro lavoro, dei loro colleghi, delle loro passioni, dei loro viaggi. Dei viaggi che non si erano mai raccontati, di quelli che non si sarebbero raccontati mai.
Non hanno parlato mai della loro storia, se così poteva essere definita.
Poi si è rassegnata.

Le andava bene l’idea di aspettare che un uomo arrivasse a frugarle il cuore, un uomo che fosse in grado di accettare l’idea che una parte del suo cuore apparteneva a lui. Le andava bene l’idea di crollare ogni tanto, magari soltanto una volta all’anno, e di trovarlo tra le righe di un libro di poesie d'amore. Le andava bene l’idea di girarsi ogni tanto a guardare il suo passato, i suoi errori, le sue ferite, tutte col suo nome.

Poteva andar bene una vita trascorsa a pensarci raramente, ad amare quel ricordo sottile, quell’idea così dolce e terribile.
Poteva andar bene avere nel cuore un po' di lui.
Andava bene.
Ormai il danno era fatto, d'altronde. Da quel giorno non era mai più stata la stessa.
Ma poteva andare bene.

 
 
  
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