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Autore: Horror_Vacui    24/01/2015    3 recensioni
Primo settembre, Londra, stazione di King's Cross, binario nove e tre quarti.
Come sempre, anche in quel giorno, la vita dava dimostrazione della sua crudele indifferenza allo scorrere del tempo e alle persone che erano state strappate via dal giardino del mondo.
Il sole continuava a sorgere, il vento a soffiare forte, la pioggia a cadere incessante, mentre a soli pochi mesi di distanza si era consumata la tragedia della Seconda Guerra Magica.
Il dolore avviluppava nelle sue spire scure le anime scucite dei superstiti, mentre i cuori sanguinavano per le ferite inferte dalle perdite subite.
Eppure eccoli lì, riuniti sul binario che aveva sancito il loro ingresso nel mondo degli adulti, gli studenti che avevano combattuto quell'ultima battaglia, pronti a concludere il percorso iniziato insieme anni prima, inconsapevoli della nuova minaccia che si profilava all'orizzonte.
Genere: Mistero, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Capitolo 1. Un triste ritorno

Harry Potter, diciotto anni appena compiuti e già eroe del mondo magico, sentì il freddo pizzicargli le guance mentre il respiro gelido appannava le lenti degli occhiali. Camminava tra la folla stringendo la mano guantata di Ginevra, lo sguardo sfuggente e la testa pesante.
L'orrore della guerra non lo aveva ancora abbandonato, un'ombra oscura lo avvolgeva assorbendo tutte le sue energie. Dopo un primo momento di sollievo, aveva dovuto fare i conti con la scia di morte lasciata dallo scontro. Era come se i granelli di felicità, che riteneva la vita gli avesse riservato, fossero finiti per sempre. Aveva sentito per notti intere l'alito della follia sul collo, ma la sua mente era stata temprata dalla tragedia e aveva retto il colpo.
Persino il rapporto con Ginevra era mutato, distorto dal dolore e dal senso di colpa. I mesi passavano e loro si allontanavano sempre di più, come barche alla deriva sospinte da due correnti contrarie. Ogni volta che la guardava rivedeva il volto esanime di Fred, le lacrime di Arthur e l'immobilità di Molly. Lei non era solo la sua ragazza, era l'ennesimo componente della famiglia Weasley che rischiava di mettere in pericolo.
Nessuno osava più dargli del paranoico, ma poteva leggere l'accusa e il risentimento in fondo a quegli occhi fiordaliso.
«Harry, a che pensi?» gli schioccò due dita sulla guancia, mentre un sorriso appena accennato le piegava le labbra screpolate.
«A niente...» disse lui massaggiandosi il volto.
«Sicuro? Stai bene? Vuoi che...»
«Sì, sto bene» rispose seccato, passandosi la mano libera tra i capelli.
Ogni giorno la stessa domanda e come sempre la stessa risposta giungeva puntuale, senza possibilità di replica. La ragazza s'irrigidì infastidita, ma la discussione non era ancora terminata.
«A quanto pare sì...» riprese a camminare più veloce, staccandosi da lui con uno strattone sdegnato.
Avrebbe tanto voluto condividere con Ginny i pensieri che lo affliggevano, ma sapeva che dopo aver aperto il vaso di Pandora niente sarebbe stato più come prima e quel sottile filo che li teneva uniti si sarebbe spezzato.
«Smettila, la gente ci guarda» disse a denti stretti. 
La vide corrugare la fronte e arricciare le labbra, nel tentativo di trattenere le lacrime che già luccicavano agli angoli degli occhi.
«Cosa vuoi che me ne importi?!» disse prima di voltargli di nuovo le spalle e correre via.
Harry sospirò, guardando la chioma rosso fuoco sparire inghiottita dalla folla, e maledisse mentalmente la sua impulsività.
Le corse dietro, schivando un gruppo di ragazze e saltando oltre un grosso baule, ma lei non accennava a fermarsi. Si fece largo tra una madre, intenta a stritolare la figlioletta in un caldo abbraccio, e un grosso paiolo poggiato a terra da un viaggiatore distratto. I suoi riflessi erano migliorati, ma non al punto da riuscire a schivare il ragazzino che gli si parò davanti in cerca di un autografo. Già leggeva i titoli dei giornali: “Eroe del mondo magico investe e schiaccia studente del primo anno”. Molto comico se non si fosse trattato di lui, ma di un altro eroe. Tipo Batman.

*

Il freddo della solitudine la fece rabbrividire, Hermione lo sentì penetrare fino a gelarle le ossa e si strinse di più nel mantello. Chiuse gli occhi e fece un respiro profondo per scacciare via i pensieri. Non era il momento di lasciarsi andare, proprio quando molte paia di occhi attendevano impazienti un segno di debolezza.
Si sentiva sola e frastornata. L'abbandono di Ron, che aveva preferito diventare Auror piuttosto che seguirla, e la totale distruzione della propria vita babbana, avevano scosso le fondamenta su cui poggiava la sua intera esistenza.
Le notti erano insonni, i giorni deludenti e asfissianti e lei un po' alla volta stava diventando l'interprete di se stessa.
Aveva sbagliato a far affidamento su poche persone credendo che non l'avrebbero mai lasciata, ma forse quella era la vita, pochi attimi di luce e anni bui alla ricerca del più piccolo bagliore.
Per fortuna c'era ancora Harry. Le serate di Grimmauld Place erano inondate da fiumi lacrime e fazzolettini ma, nonostante avesse terminato per tutta la vita le riserve di parole di conforto, non si era mai tirato indietro.
Harry era la costante in un mare di incertezze ed Hermione temeva l'inevitabile momento del distacco. Il dopo-Hogwarts non le sembrava più così allettante come prima, quando ogni cosa era al suo posto, cuore compreso.
Guardò per l'ennesima volta l'orologio e scoprì che Ginny e il suo amico erano in mostruoso ritardo. Alzò gli occhi al cielo, incapace di trattenere uno sbuffo seccato e decise di salire sul treno: tra i suoi piani non rientrava la morte per assideramento.
Aveva già messo un piede sul primo gradino, quando una serie di rumori la fecero sobbalzare. Non sapeva cosa fosse successo, ma molte persone stavano correndo nella stessa direzione, tra queste parecchie ridevano e si scambiavano battute, cosa che la convinse a non prendere a cuore la faccenda. Vide però un gruppetto venirle incontro, in senso contrario al resto della folla. Quando si avvicinarono ebbe un tuffo al cuore: superbia, eleganza e una chioma biondo platino.
Draco Lucius Malfoy era appena giunto al binario nove e tre quarti, le valigie nascoste in chissà quale tasca del mantello nero. Al suo seguito riconobbe Blaise Zabini e l'odiosa Pansy Parkinson a braccetto di Theodore Nott.
In un'altra vita quella sarebbe stata la situazione perfetta per dare inizio ad uno scontro, ma era storia vecchia. Malfoy le passò accanto senza nemmeno averla notata, molto più simile al fantasma di sé stesso che al prepotente ragazzino che le aveva fatto crescere i denti.
La fine della guerra li aveva resi consapevoli del fatto che, da quel momento in poi, avrebbero potuto vivere da persone “normali”. Tuttavia qualcuno non riusciva a coglierne il lato positivo.
Pansy Parkinson, l'unica a non aver perso la propria aura di superiorità, la guardò disgustata per il tempo di un battito di ciglia.
Certe abitudini erano dure a morire.

L'aria all'interno del treno era carica del profumo di pelle dei sedili e dei dolci che la solerte signora trasportava sul suo piccolo carrello. Ad Hermione venne spontaneo pensare a Ron e quasi lo vide mentre s'ingozzava di cioccorane, scoprendosi a rimpiangere persino quel dettaglio insignificante. Cercava davvero di non pensare a chi le aveva fatto battere così forte il cuore, ma non c'era nulla che l'aiutasse, anzi, si sentiva a tratti vittima di un complotto. L'universo sembrava fosse impegnato a ricordarle che Ronald non sarebbe stato al suo fianco quell'anno e probabilmente nemmeno in quelli a venire.
Aveva visto Malfoy andare a sinistra, perciò si diresse a passo di carica dalla parte opposta, in cerca di uno scompartimento vuoto e accogliente. Sbirciò all'interno di uno scomparto e si affrettò a nascondere il viso dietro il libro che aveva in mano: Luna e Neville sedevano uno accanto all'altra, mano nella mano. Rabbrividì al pensiero di cosa sarebbe accaduto se fosse entrata là dentro, ossia sguardi imbarazzati, frasi di circostanza e il goffo tentativo di nascondere una dirompente felicità. Proseguì oltre, arrivando quasi alla fine del treno, ma non c'era traccia di Harry e Ginny. Aveva perso le speranze anche di trovare un luogo solitario, quando vide i suoi amici dentro l'ultima carrozza.
Ginny, il volto arrossato dal freddo e forse dal pianto, guardava fuori dal finestrino con il viso appoggiato ad una mano. I capelli rossi e lisci catturavano la luce grigia proveniente dall'esterno.
Harry, seduto accanto a lei, leggeva il quotidiano con le braccia poggiate sul tavolino di fronte a sé. Hermione non poté fare a meno di notare gli occhiali storti sul naso e un bernoccolo rosso sul sopracciglio destro. Un'altra abitudine di cui non sentiva la mancanza.
Si avvicinò con passo felpato alla coppia, notando la brutale differenza con quella che aveva osservato solo pochi attimi prima. Prese posto di fronte a Harry e biascicò un 'buongiorno' poco convinto.
«Hermione!» esclamò Ginny con enfasi «Harry, hai visto che è arrivata?» chiese assestandogli una gomitata tra le costole.
Il ragazzo tossicchiò tenendosi il fianco «Dov'eri finita? Ti abbiamo cercata dappertutto.»
«Dov'ero finita io? Vi stavo aspettando accanto alla terza colonna» ricacciò indietro il veleno. Aveva già un gatto, non voleva adottarne altri tre.
Ginny poggiò con studiata lentezza le mani sul ripiano, stendendole fino a raggiungere quelle di Hermione «L'appuntamento era davanti al terzo vagone, cioè molti metri più avanti.»
Lo disse con calma, scandendo bene ogni singola parola e guardandola dritta negli occhi, proprio come faceva quando voleva spiegare qualcosa a Luna Lovegood.
«Grazie, la prossima volta che avvertirò il bisogno di sentirmi una svitata sarai la prima a cui manderò un gufo» due, tre gatti, magari una decina, li vedeva già appollaiati sul suo divano... ne sentiva già la puzza.
Da quando Ron era andato via i loro rapporti si era raffreddati, in parte perché Ginny appoggiava la scelta del fratello e in parte perché Hermione passava molto tempo da sola con Harry. Vedere qualcosa di scabroso nel rapporto tra lei e il suo migliore amico sembrava essere un vizio di famiglia.
Harry si schiarì la voce spruzzando disagio da ogni poro.
«Ragazze...ehm... ecco...»
«Qualcosa dal carrello, ragazzi?» la voce della signora giunse provvidenziale a salvarlo da quella situazione spinosa.
«Cioccolata!» le guardò ancora una volta «Molta cioccolata, tanta cioccolata...» tirò fuori dalle tasche decine di galeoni pronto a svuotare il misero carrellino di tutte le provviste a base di cacao.

   
 
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