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Autore: Rov    25/01/2015    2 recensioni
"Le ombre sono creature sfuggenti, fedeli al proprio padrone che seguono per tutta la vita, dal grembo alla tomba."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Il resto della settimana trascorse lento e fuligginoso a tal punto che Chiara iniziò a pregare che quel dannatissimo lunedì arrivasse in fretta.
Quando arrivò, la ragazza si sentì svegliare da qualcosa che le tirava i capelli: era Lili e stringeva tra le mani una Barbie di capelli biondi, facendola saltellare qua e là sulla trapunta.
"Andiamo?"
Chiara si era alzata mollemente e si era sciacquata la faccia con l'acqua fredda, mentre quel getto l'aveva fatta rabbrividire.
Infilò un paio di vecchi pantaloni blu, una maglia scolorita e una felpa rossa color vinaccia, mentre Lili se ne stava seduta ad aspettarla a gambe incrociate sul tappeto.
Giocava con il velcro delle proprie scarpe e di tanto in tanto strizzava le mani tra di loro, racchiudendole in un pugno sotto il mento; si vedeva che era eccitata, di quel sano desiderio di scoperta che tanto piace ai bambini e Chiara, anche se non lo avrebbe confessato a nessuno, avrebbe potuto affermare di provare lo stesso.
Quando scesero dalla scala per fare colazione, si accorsero che la loro madre non c'era.
Nathaniel era appollaiato su una seggiola, mentre leggeva il giornale del giorno e sorseggiando una tazza di caffè.
"E' lunedì per tutti!" esclamò, accennando alla sedia vuota.
"Chi inizia prima e chi inizia dopo."
Forse la madre di Chiara aveva accennato qualcosa riguardo ad un colloquio di lavoro; tuttavia, qualunque fosse il motivo della sua assenza, non bastava a giustificare l'irrequietezza della maggiore delle sue figlie.
"Che ti prende?!" le domandò il patrigno, guardandola negli occhi.
L'espressione di Chiara si fece buia e, all'improvviso, si ritrovò a guardare nella direzione della scala. Pensò a sua madre, china sul materasso della camera da letto, con gli occhi neri di pianto ed un principio di ematoma su una delle braccia.
Non ne aveva la certezza, anche perché quella era stata una notte tranquilla. Nessun urlo, nessuna litigata. Eppure aveva paura.
Ad un tratto, prima che qualunque giustificazione potesse uscire dalla propria bocca, sentì un tonfo e cacciò un grido.
Un grosso corvo si era schiantato contro il vetro della finestra.
L'impatto fu stridulo e isterico, prima che quella strana sagoma nera iniziasse a scivolare lentamente verso il terreno, attecchito inerte alla lastra opaca.
Nathaniel si era immediatamente irrigidito, ma poi aveva cercato di mantenere la calma, soprattutto per calmare la bambina che aveva iniziato a piangere.
"Non è niente, Lili! Sono cose che succedono!" poi si era avvicinato verso la porta d'ingresso, porgendo a Chiara un paio di buste per il pranzo.
"Ci penso dopo a sistemare l'uccello." disse il patrigno aprendo la porta d'ingresso ed estraendo le chiavi di un'automobile..
"Dai, andiamo! Vi porto in macchina."
Chiara si sentì talmente scossa, con quelle buste di carta in mano, il cuore a mille e il desiderio di salire le scale di corsa per aprire la porta della camera da letto di sua madre, e quando sentì lo scatto dell'ingresso rabbrividì.
Dal piano superiore non proveniva alcun rumore.
"Muoviti, non ho tutto il giorno!" disse Nathaniel.
Perchè non aveva sentito sua madre uscire di casa, quella mattina?
Lili iniziò a tirarla per il bavero del cappotto, cercando di restituirla alla realtà.
"Andiamo, Chiara!"
E le gambe della giovane, come nel movimento volontario di un'automa, avanzarono silenziosamente.

Il sole splendeva intenso; la giornata perfetta per dire che si potesse trattare di un nuovo inizio.
Lili aveva già dimenticato il corvo morto non appena il suo patrigno le aveva slacciato la cintura del seggiolino e Chiara le si era seduta accanto.
Per fortuna la scuola elementare era più vicina, così Lili non avrebbe dovuto trascorrere troppo tempo da sola con Nathaniel!
Percorsero tutta la via dal lungo marciapiede grigio, passarono davanti al negozio di dolciumi, un fruttivendolo e ad un enorme viale alberato isolato alla fine del quale s'intravedeva in lontananza l'edificio smorto della scuola elementare.
C'era cercava di ripercorrere mentalmente il percorso svolto durante la passeggiata della settimana prima: il viale alberato se lo ricordava bene, e loro avevano percorso tutto costeggiando il lato sinistro.
Ad un tratto, come sorpreso da qualcosa di sconvolgente ed inconfessabile, Chiara strabuzzò gli occhi. Si portò una mano alla bocca stringendo le nocche con forza.
"Dov'è il parco?" esclamò, senza pensare che nessuno in quella macchina avrebbe potuto restituirle una risposta sensata.
"Quale parco?"
"Quello che c'era quì la settimana scorsa!"
Non poteva cogliere lo sguardo di Nathalien, che in quel momento era concrentro sulla guida, ma Chiara si immaginò che nascondesse un velo di disappunto.
"Non lo so, amore. E' la prima volta che faccio questa strada."
In quel momento poco importava con quale odioso appellativo le si stesse rivolgendo il suo patrigno; c'era era rimasta a fissare lo spazio erboso dove si era aspettata che comparisse un castello con una bandierina rossa.
Lo scivolo era sparito, e non c'era nemmeno traccia delle altalene.
"Lili, tu te lo ricordi, vero?" domandò poi, guardando negli occhi la sorellina.
"Chiara, forse avete fatto una strada diversa. Magari ci siamo rimessi soltanto a metà del viale e abbiamo lasciato indietro il parco. Non mi sembra si tratti di una tragedia poi così grave!"
Chiara quel punto allungò una mano nella tasca del suo zaino, ne estrasse una bottiglietta d'acqua e bevve un sorso. Forse erano passati velocemente, non era stata abbastanza attenta, oppure aveva ragione Nathaniel: quel parco non poteva essersi spostato, o peggio essere sparito, da un giorno all'altro.
"Guarda quanti bambini!" esclamò quel punto Lili, distratta dall'andirivieni di madri che si rincorrevano sul marciapiede stringendo le mani dei loro piccoli.
Sembrava un'allegra parata di soldatini che si avviava saltellando; tutto sommato una scena pittoresca graziosa, che niente aveva a che vedere con il cadavere di un corvo spiaccicato sul davanzale della finestra un parco sparito.
Chiara decise di non pensarci
"Va bene così." si ripetè, cercando di convincersi di essere una persona sincera.

Lili si era allontanata dall'automobile correndo come una forsennata.
"Non vuoi che ti accompagni?" le aveva domandato la sorella maggiore, aprendo la portiera con un pizzico di apprensione, ma lei aveva scosso la testa.
"So trovare da sola la mia classe."
Chiara aveva riso debolmente: presto o tardi quella puffetta sarebbe diventata una bambina peperina ed impertinente proprio come lei! Non poté fare a meno che annuire e darle un buffetto sulla guancia.
"Classe della signorina Lynch. Ho controllato." le raccomandò Chiara, allungando a Lili una delle due buste per il pranzo.
"Ti aspetto alla fermata dell'autobus."
E poi Lili si era allontanata, con i suoi capelli biondi che ondeggiavano leggermente al vento della corsa, in direzione dell'ingresso della scuola. Quando fu ormai irriconoscibile tra la miriade di bambini, Chiara tornò a sedersi sul sedile posteriore della vettura.
"Possiamo andare?" domandò il patrigno.
Chiara annuì, senza aggiungere molto altro, e la macchina si rimise immediatamente in moto.
Il liceo comunale di Hoppertaff non doveva destare poi molto dalla scuola elementare, e questo era un bene, considerato che Chiara non aveva assolutamente voglia di parlare di nulla.
"Beh, come ti senti?"
Lei sbuffo. Evidentemente era utopistico sperare di avere un po' di tempo per se stessi!
"Pensavo solo che ne volessi parlare con qualcuno." continuò l'uomo, ora inforcando una strada secondaria davanti al parcheggio di un autonoleggio.
"Sai, io a volte credo che sia tutto molto più semplice se ci si dice le cose come stanno."
Chiara si fece scivolare uno degli auricolari del proprio Ipod nell'orecchio destro: non voleva sembrare maleducata o indisponente, semplicemente le sembrava che non ci fosse nulla da dichiarare che entrambi già non sapessero.
"Me lo aspettavo che conta sarebbe stato più complicato fare amicizia."
Più che complicato, impossibile.
"Non dovresti avercela con me per averti fatto cambiare città: adesso sai abbastanza grande per capire che certe cose sono necessarie se si vuole voltare pagina."
Chiara pensò che la pagina non era stata per niente voltata; certo, poteva cambiare lo sfondo o le motivazioni per cui ci sarebbero stati dei problemi, ma quelli li avrebbero seguiti ovunque.
Delle ombre crudeli.
La macchina passò davanti al negozio di animali dove un cucciolo di cocker guardò in direzione del finestrino con due grandi occhi languidi. Sembrava tutto così normale in quella cittadina; un posto dove potenzialmente ogni nuovo avventore avrebbe potuto darsi delle buone ragioni per vivere felice.
"E' il miglior regalo che io possa farti."
"Regalo?" disse Chiara in uno strano sibilo mugugnato a bassa voce.
"Sì, una buona occasione per permetterti di costruire un futuro migliore di quello di tua madre."
Chiara sentì il sangue avvampare alle sue guance, in una smorfia di disgusto.
"Dovresti pensare più agli affari tuoi."
Nathaniel scosse la testa.
"Non è quello che farebbe qualcuno che ti vuole bene."
A quel punto l'automobile frenò e si parcheggiò davanti a un edificio lungo e stretto, colorato di giallo. C'erano cinque ragazzi seduti sulle scale; una di loro aveva una bandana per capelli e teneva in mano un libro di Milton, mentre un'altra aveva la mascella squadrata e leggermente allungata come quella di un cavallo.
"Fine della corsa!" esclamò l'uomo, voltandosi a guardare Chiara sul sedile posteriore.
"Buona giornata." aggiunse.
Chiara raccolse lo zaino dal tappetino, e se lo issò in spalla.
"Noi non ci vogliamo bene; è inutile che tu finga che sia così." disse poi, prima di aprire la portiera e di allontanarsi sul marciapiede.
Nathaniel fece spallucce.
"Libera di pensare come meglio ti senti. Buona giornata, amore." 

   
 
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