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Autore: Colpa delle stelle    26/01/2015    4 recensioni
Hanno vinto i giochi. Sono entrate nei cuori dei capitolini. Sono diventate famose. E sono sopravvissute. Ma quella era solo una delle tante battaglie.
La vita le ha messe di fronte a nuove prove e l'edizione della memoria le reclama, trascinandole in un nuovo vortice di pericolo e di sangue.
Chi dice che l'amore regali solo gioie? E che gli insegnamenti ricevuti da bambini siano davvero giusti?
Per quanto ferma nei suoi ideali, Lucinda arriverà a mettere in dubbio tutto quello in cui credeva e sarà difficile recuperare la certezza nelle sue scelte.
Incredibilmente alle sue aspettative invece, Camille è sopravvissuta ed è tornata nel Distretto 11, ma l'ultima cosa che le riserva il destino è proprio la pace che lei tanto desidera.
E Felicity, che aveva promesso di essere forte, sempre, capirà che davanti a certi tipi di dolore sarà complicato ritrovare il coraggio di alzarsi in piedi senza spezzarsi.
Gli Hunger Games ricominciano. Per cosa vale la pena combattere davvero?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The power of the elements'
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The power of the elements - Il sacrificio del fuoco



 
 
 Domani 

 
 
« Voglio lasciarmi andare, voglio farmi catturare,
rinunciare ai miei punti di riferimento,
sgusciar fuori dalla persona che sono,
abbandonarmi tutto alle spalle,
come un serpente che si libera dalla sua vecchia pelle. »

Khaled Hosseini


 
La lievitazione del pane era un processo lungo e difficile, che Felicity non sarebbe mai riuscita ad imparare. Era impulsiva, non aveva nemmeno un briciolo di pazienza. Camminava svelta ogni volta che passeggiava nel suo Distretto e anche se all'apparenza sembrava che stesse scappando da qualcosa, era solo il suo passo abituale. “Non rimandare a domani quello che puoi fare oggi” era il suo motto, solo cambiato in base ai minuti disponibili in una giornata. Perché dover camminare piano, quando poteva semplicemente affrettare il passo e ritrovarsi nel luogo che doveva raggiungere anche prima del previsto?  Felicity era sempre in anticipo e odiava le persone che erano in ritardo. O quelle che camminavano piano.
- Non ha senso. - esclamò Heather, facendo dondolare le gambe ai lati della sedia su cui si era seduta. - La tua teoria non ha senso. -
Felicity sollevò lo sguardo dal libro contabile che stava rapidamente riempiendo di numeri, ma lo riabbassò subito.
- Non è una teoria, ma un dato di fatto. - precisò, girando pagina e vergando il bianco del foglio con nuovi numeri. 
- Ci sono persone che non per forza vogliono correre quando camminano. - obiettò Heather, stupendosi poi lei stessa delle parole che aveva pronunciato. - Perché in quel caso non starebbero più camminando, ma semplicemente correndo. -
- Diciamo che la mia camminata è tendente alla corsa, okay? -
Depositò con foga la biro ancora aperta sul tavolo e la molla alla quale era attaccata se la tirò dietro, facendola cadere. Felicity sbuffò, ma Heather fu più svelta e gliela porse, sorridendo.
- Domani è il mio compleanno, lo sai vero? - disse, appoggiando i gomiti al tavolo.
Compiva quindici anni, si era salvata dagli Hunger Games due volte di fila. Felicity avrebbe voluto affermare “due in un colpo solo”, ma il fatto che l'indomani sarebbe partita per il tour della vittoria, dopo ben sei mesi di riposo, le impediva di farlo. Prima non ci credeva, ma al momento i fatti erano più forti di semplici parole: il tempo volava quando si stava bene.
- E non potrò festeggiarlo con te. – le ricordò, chiudendo il quaderno e alzandosi, per rimetterlo al suo posto nel buco dello scaffale. Era spaventosa la mole dei libri contabili della panetteria. Alcuni risalivano persino a secoli prima e nonostante le pagine fossero prive di immagini o di parole che potessero, anche solo descrivere, quei tempi ormai dimenticati, Heather e Felicity si divertivano a sfogliarli, per ridere di scritture fin troppo arzigogolate e di numeri troppo grandi o troppo piccoli. Quel negozio non era mai andato in bancarotta però, e di questo Felicity era estremamente fiera.
- Domani parti. - commentò Heather, con voce incolore.
Felicity sbuffò e si appoggiò al muro, con le mani dietro alla schiena. Tentare di giustificarsi era inutile; lei non voleva partire, la obbligavano ben sessant'anni di regole rispettate da parte di tutti i vincitori. O sopravvissuti, come li chiamava suo padre.
- Domani parto, ma non per molto tempo – la consolò, con finto trasporto. - E mi vedrai in televisione. -
Heather accennò a un piccolo sorriso.
- Non montarti la testa. -
- Non potrei mai. -


Gli scarponi delle due pestavano con foga il terreno e l'aria del bosco era densa dei loro respiri pesanti. Heather fu la prima a cedere alla stanchezza della corsa e si appoggiò al primo tronco che le capitò a tiro, sorreggendosi con le braccia e provando nel frattempo a respirare a fondo. Felicity era piegata su di sé e, nonostante il fiatone, sembrava avere un'aria molto meno stravolta di quella dell'amica.
- Non ho il fisico per queste corse. - protestò Heather.
- Perché mangi torte tutti i giorni. -
Scoppiarono a ridere, ma si zittirono all'istante quando sentirono un rumore alle loro spalle. Felicity si girò di scatto quando sentì un ramo spezzarsi e fece cenno ad Heather di stare zitta, ma non ce ne fu bisogno: l'amica si era immobilizzata, con la schiena contro l'albero e gli occhi spalancati. Quando una bambina sbucò da dietro il tronco e gli puntò il dito addosso, entrambe sobbalzarono.
- Non l'avete visto, vero? - domandò, agitando la mano.
Felicity la osservò con tanti d'occhi.
- Cosa? - 
- Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. - precisò la bambina, con voce petulante.
Prima che Felicity potesse anche solo pensare di saltarle addosso, Heather si staccò dall'albero e le si avvicinò.
- Non abbiamo visto niente – si affrettò a dire. - Qualunque cosa tu stessi facendo. -
Ma Felicity non aveva mai avuto realmente voglia di saltarle addosso. La voce della bambina era insopportabile, così come lo sguardo di sfida che le stava rivolgendo, ma un particolare aveva catturato la sua attenzione e le aveva fatto trattenere il fiato. I polpastrelli della bambina erano neri e Felicity avrebbe potuto giurare che una ciocca dei suoi capelli fosse bruciata.
- Che hai fatto alla testa? - le chiese infatti, incrociando le braccia al petto e assumendo una perfetta espressione minacciosa.
La bambina però non si scompose e incrociò le braccia a sua volta.
- Mia madre mi ha chiuso per sbaglio i capelli nel forno. - confessò, a voce ferma.
Felicity sollevò un sopracciglio.
- Vivi al Giacimento? -
- Che te ne frega? -
Heather fece uno strano verso, che voleva nascondere una risata, e si mise una mano sugli occhi, quasi aspettandosi che l'amica la picchiasse.
- Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda. - ribatté Felicity, stringendo i pugni.
Quella volta fu la bambina a sollevare un sopracciglio.
- Ho sette anni. Io. -
Calcò sull'ultima parola, come se potesse essere una scusa valida e una specie di affronto nei confronti di Felicity.
- E sei una Strega del Fuoco. - sorrise lei.
La bambina impallidì.
- St-strega del fu-fuoco? - balbettò, senza parole. - Non ci sono Streghe del Fuoco nel Distretto 12. -
Felicity fece un passo avanti e si piegò fino alle punte dei piedi, in un buffo inchino.
- E invece ne hai una proprio qui davanti. -
La bambina ammutolì del tutto e passarono parecchi istanti, prima che si decise a parlare.
- Sei quella Felicity Weedon? - domandò, con un filo di voce. - Quella Strega del Fuoco che si è nascosta per quindici anni e che poi ha vinto gli Hunger Games? -
Felicity annuì e fece un balzo indietro, quando la bambina le corse incontro e le prese la mani.
- Sei il mio mito! - le confessò, in preda all'estasi. - Ho tifato per te in ogni momento! -
Heather fece una smorfia.
- Ti preferivo prima. - commentò invece Felicity, cercando di allontanarla.
La bambina, quasi rendendosi improvvisamente conto di quello che aveva fatto, fece un passo indietro e si aggiustò la frangetta.
- Non che tu sia chissà quale celebrità, comunque. -
Nascondendo un sorriso, Felicity si piegò sulle ginocchia, guardandola negli occhi alla sua stessa altezza.
- E tu come ti chiami invece? -
- Sono Mozely. -
- Mozely chi? - domandò Heather, curiosa.
Mozely la guardò male. - Solo Mozely. -
- Bene “solo Mozely” - scherzò Felicity, facendo cenno a Heather di tacere. - Che ci fai nel bosco tutta sola? -
- Mi esercitavo. -
Mostrò alle due le mani, quasi completamente nere, e si impegnò a nascondere il dolore che le procurava una bruciatura sul palmo sinistro.
- Qui il fuoco è scappato al tuo controllo. - commentò Felicity, sfiorandole la ferita con la punta di due dita. Come se si fosse improvvisamente ritirato, la bruciatura scomparve e Mozely si guardò il palmo guarito, stupefatta.
- Come hai fatto? -
Anche Heather si avvicinò.
- Ho tolto il fuoco. - spiegò Felicity, dondolandosi sui piedi, quasi imbarazzata.
La bambina fece un enorme sorriso. - Me lo insegni? -
Ci pensò un po' su, ma poi sorrise. - Sai accendere un fuoco? - domandò, evitando di rispondere.
- Si, so incendiare l'intera foresta se me lo chiedi per favore. - sbuffò Mozely, imbronciata.
Felicity allargò le braccia e fece un ampio gesto con le mani.
- Quello è il primo passo per imparare – spiegò, mostrandole i propri palmi. - Quando sai creare delle fiamme con le tue dita, tutto diventa più facile dopo. -


Mozely masticava rumorosamente, godendosi ogni boccone di pane con evidente soddisfazione. Heather sbucciava due mele con un coltellino rovinato. Felicity semplicemente pensava, coricata sull'erba. Il cielo quel giorno non era terso, ma punteggiato di nuvole candide e bianche. Un cielo a pecorelle, come le avevano insegnato a scuola. E nonostante potesse sembrare un passatempo da bambini, si divertiva ancora a dare a ognuna di loro una forma e nei casi estremi, quando la noia non voleva abbandonarla, addirittura a contarle. Mozely sembrava avere l'intenzione di fare lo stesso, perché si stese accanto a lei, allargando le gambe e le braccia.
- Quando tornerai dal Tour della Vittoria voglio allenarmi tutti i giorni con te – chiarì Mozely, tremendamente decisa. - E voglio anche giocare di nuovo con te. - aggiunse indicando Heather, che le fece un sorriso.
- Possiamo giocare tutti i giorni. - annuì la ragazzina, buttando le bucce della mela in una buca.
La coprì con un po' di terreno e porse loro alcune fette. Mozely mangiò le sue in due bocconi.
- Voglio diventare brava. Davvero brava. Come te. - confessò, tormentandosi le mani. - Ma ho paura. -
Felicity si sentì a disagio e non trovò le parole giuste da dire, ma a risolvere la situazione ci pensò Heather.
- La discrezione è fondamentale in casi come questi – le fece presente, sedendosi di fronte a lei. - Discrezione e silenzio. Devi essere certa di poterti fidare delle persone, prima di mostrare i tuoi poteri. Chiunque potrebbe denunciarti, in qualunque momento. -
Mozely annuì, seria, e si mise a contare con le dita.
- Tu, Felicity, mia mamma, mio papà e i miei due fratelli – elencò. - Non lo sa nessun altro. -
- Questo è un bene – parlò allora Felicity, continuando a fissare il cielo. - Meno persone lo sanno, più sei salva. -
- Ti manca tua zia? - le domandò Mozely.
Heather sobbalzò e fece una smorfia, ma Felicity non ebbe nessuna reazione violenta. E l'amica se ne stupì. La ragazza non voleva che qualcuno nominasse la zia, si dava della colpevole per quello che le era successo e i sensi di colpa non accennavano a diminuire, nemmeno a distanza di anni. Ma quel giorno, Felicity si limitò a sorridere mesta e a fare un cenno affermativo con la testa. Mentalmente, contava le nuvole.

L'arena cambiava le persone, era un fatto appurato.  Che Felicity fosse riuscita a trovare la calma interiore e la pace con se stessa non era chiaro, ma Heather era certa che fosse sulla buona strada per la guarigione.
A persone forti come lei, gli ostacoli che incontrava sul suo cammino non potevano che rafforzarle.

 
Angolo d'autrice:

Rieccomi dal mondo dei malati! Sono state delle giornate incredibilmente orribili e mi dispiace di aver ritardato a pubblicare. Ma ora sono qui, con un solo giorno di ritardo, e non capiterà più! Davvero! (Parlo soprattutto con Giulia e Camilla.) :D
Grazie a tutti coloro che seguono la mia storia e vi invito a passare nel contest della sopracitata Giulia (su EFP conosciuta come Felicity Weedon) che ha indetto sul forum di EFP. Si chiama Photographer's World, spero di aver azzeccato il nome. E vi invito anche a passare sulla nostra pagina, sara divertente! Cit. qualcuno che al momento non ricordo. La febbre mi sta facendo delirare, per cui vi saluto.
Alla prossima,
Colpa delle stelle
   
 
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