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Autore: Rov    28/01/2015    2 recensioni
"Le ombre sono creature sfuggenti, fedeli al proprio padrone che seguono per tutta la vita, dal grembo alla tomba."
Genere: Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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~~Chiara si tolse i vestiti e si infilò una comoda tuta che aveva preso da un cassetto, si lavò la faccia con l'acqua fredda e poi preparò altri indumenti per la serata, che infilò distrattamente nello zaino.
Dopotutto si trattava di una semplice uscita al pub, niente per cui fosse necessario agghindarsi o selezionare il proprio guardaroba; tuttavia, per non fare brutta figura, si soffermò nello scegliere una maglietta graziosa e un paio di pantaloni che non fossero jeans.
Poi ridiscese in cucina e si guardò attorno con attenzione.
Lili stava facendo merenda con un barattolo di yogurt alla vaniglia e le stava raccontando del suo primo giorno di scuola.
Dopo le lezioni, era subito andata in camera da letto cercare sua madre: la porta era chiusa a chiave dall'interno, ma quando Chiara aveva bussato non aveva risposto nessuno.
"Perchè poi ho detto alla maestra che non sapevevo rispondere, e allora ho pensato che forse era arrabbiata con me..."
Chiara cerco di analizzare la situazione con freddezza: l'idea di fare una telefonata a Nathaniel per informarsi su che cosa fosse realmente accaduto, sembrava essere la cosa più logica, tuttavia anche quella più controproducente; al contrario, la prospettiva di aspettare passivamente e sua madre girasse la toppa di quella chiave e scendesse in cucina era una prospettiva così snervante che nemmeno gli scoordinati racconti di Lili o le aspettative per la serata potevano annacquare.
"Ho una nuova migliore amica, sai?" chiese la bambina, mentre si puliva la bocca con un tovagliolo di carta. Ma Chiara non ascoltava.
Mentre si spalmava una fetta di pane e marmellata, un sinistro cigolio della scala le fece intendere che qualcuno stava scendendo le scale; così si girò, ancora con il coltello sporco in mano.
Una figura sciupata si parò davanti a loro.
Chiara la esaminò con occhi circospetti, riuscendo a cogliere un bagliore opaco nei suoi occhi: era la solita donna secca è scavata di sempre, con la ricrescita semigrigia dell'attaccatura dei capelli a fare contrasto con un color biondo sporco. Cerco di controllare velocemente se avesse un qualunque segno sulle braccia, ma sua madre aveva indossato un maglione a collo alto e a maniche lunghe.
"Che ore sono?" domandò poi, rivolgendosi alla figlia maggiore.
"Le cinque del pomeriggio."
A quel punto, la donna, ripercorse a ritroso la scaladi nuovo intenzionata a rintanarsi in quella camera da letto.
"Sii gentile, Chiara, accendini e portami una sigaretta."
Lili la precedette, andando a prendere la borsa della loro mamma che era abbandonata su uno dei braccioli del divano; la aprì con foga, quasi alla ricerca di un grande ed inestimabile tesoro.
Chiara vide un occhio all'interno di quel contenitore di pelle nera, che doveva avere come minimo cent'anni: c'era un fermacapelli con un fiore di plastica rosso ed uno celeste, un portachiavi fatto con le linguette delle lattina di coca-cola, qualche mozzicone di sigaretta usato è un telefono cellulare dalla batteria scarica.
Probabilmente, se si fosse impegnata a scavare di più tra quel corredo, avrebbe anche trovato un pacchetto nuovo e un accendino; in ogni caso, quando provò a concentrarsi in quella stupida ricerca, rinunciò immediatamente.
Guardò Lili mentre si sedeva sul divano e iniziano a giocare con il telecomando, alla ricerca dei cartoni animati, e pensò che cosa fosse realmente successo se sua madre fosse sparita.
Si sentì un mostro, ma in pochi istanti realizzò che, forse, il tremore che aveva avuto allo stomaco per tutto il giorno non era reale paura di tornare a casa e di scoprire che sua madre se n'era andata chissà dove: era semplicemente quella di trovarla a casa, chissà in quale stato o per opera di chissà chi, mentre non avrebbe avuto altre risposte da darsi, se non quella di accettare la loro normalità.
Odiò se stessa e poi odiò sua madre.
"La mia nuova migliore amica ha i capelli biondi, proprio come me!"
E Chiara si accoccolò sul divano, vicino a Lili, perché forse quello era l'unico modo di allontanare i mostri.

Non era stato difficile trovare la casa di Astrid: l'indirizzo che Chiara aveva puntato su un pezzo di quaderno corrispondeva ad una simpatica villetta in un quartiere residenziale non lontano dalla scuola.
Si erano dati appuntamento alle sei e mezza, ma Chiara aveva dovuto aspettare il rientro di Nathaniel dall'ufficio, in modo che Lili non rimanesse da sola a casa. Si augurò che Astrid non le facesse storie.
Quando spinse il pulsante del campanello, quello suonò a vuoto un paio di volte; poi, una nervosa signora, evidentemente in gravidanza, si apprestò ad aprire la porta.
"Ehm, salve..." sussurrò Chiara, non del tutto sicura che la ragazza che abitava in quella casa avesse avvisato che quel giorno avrebbe ricevuto visite.
"Astrid!" si limitò a strillare la signora, mentre il suo sguardo era fisso in un punto indefinito alle sue spalle, in direzione delle scale.
"Dille di entrare!" ribatté la voce della giovane, probabilmente ancora nella zona notte.
La donna obbedì silenziosamente, appoggiandosi una mano al ventre rigonfio.
"Ti spiace se non ti accompagno, vero?"
"Nessun problema."
"Ottimo, allora sali le scale va in fondo a sinistra. È nella camera con la porta rosa."
Chiara si guardò intorno: quell'ambiente era lindo pulito, leggermente asettico. C'erano le zanzariere ai vetri delle finestre del soggiorno e un tavolo in cristallo celeste con un vaso di fiori  davanti alla tv. Sembrava una bella casa, di gente benestante, con qualche piccolo sfizio per un bel quadro o un tappeto costoso.
Quando fu in cima alle scale, Astrid la stava aspettando facendo capolino dalla porta e con la mano le faceva cenno di venire verso di lei.
"Entra!" esclamò, sedendosi sul letto.
"Allora, cosa che s'è portata?" chiese guardandolo zaino della sua nuova ospite.
"Scusa per il ritardo, mia sorella..."
"Nah! Non ti devi scusare! Dai, tira fuori quella robaccia!"
La stanza di Astrid non era come chiara se l'era immaginata: avrebbe pensato di trovarsi di fronte a una stanzetta ordinata, con qualche mensola bianca alle pareti, una specchiera per i cosmetici e una marea di poster di star della tv; invece c'era un mucchio di vestiti aggrovigliato su una sedia, probabilmente roba che doveva finire a lavare, e i mobili erano piccoli e rosi, gli stessi che una bambina come Lili avrebbe desiderato per arredare la propria cameretta.
Le pareti erano colorati di rosa, un color pastello con dei ghirigori bianchi agli angoli e un davanzale ridipinto da una pacchiana vernice dorata.
"Non ho portato niente di speciale." commento Chiara, estraendo dallo zaino la maglietta e paio di pantaloni e aveva scelto.
Asprid la guardò con disappunto.
"Lo vuoi consiglio?" domandò poi, mentre faceva spallucce.
"Mettiti questo!"
Le allungò un paio di jeans con uno strappo e una serie di lustrini con le tasche: roba di marca, senza dubbio, ma con tutti quegli spifferi avrebbe patito un gran freddo. Tuttavia Chiara non ebbe il coraggio di dirglielo. Quando indossò quei pantaloni, le venne proposta una maglietta con La stampa di una chitarra in due varianti.
"Ce l'ho anche blu."
"No, credo che questa grigia andata più che bene. Grazie!" disse poi Chiara, sforzandosi di abbassarsi per poter vedere la sua immagine completa in un piccolo specchio a muro.
"Ah, quella roba puoi tenertela! Ne ho un sacco. Mi piace comprare i vestiti uguali, poi a volte mi stanco e non li metto più. Comunque, credo che stiamo molto bene."
Chiara non sempre se ringraziare di nuovo o limitarsi ad annuire; si soffermò guardare uno degli scaffali in cui erano stipati ordinatamente una serie di CD musicali.
"Ti piace la musica forte?" chiese Astrid, notando il suo interesse.
"Si, decisamente!"
Lei rise, sdraiandosi sul letto facendo ciondolare in piedi dal bordo.
"Grande! Però devo darti una brutta notizia: quelli non sono miei, ma di mio fratello. Glieli tengo qui perché in camera sua ne ha troppi."
"Quanti fratelli siete?"
Astrid la guardò piegando leggermente il capo, come se avesse posto una domanda stupida.
"Due, perchè?"
"Sai, è che tua madre..." rispose Chiara, visibilmente in imbarazzo.
"No, il nuovo arrivo non è di famiglia... Mettiamola così!"
Astrid sbuffò e aprì un cassetto dell'armadio, iniziando a trafficare con qualche cianfrusaglie che faceva parecchio rumore.
"Anche io e mia sorella siamo così."
"Così come?"
L'imbarazzo continuava ad avvampare: appena Astrid le aveva fatto intendere che sarebbe nato un fratellastro, Chiara si era subito illusa che quello potesse essere un punto in comune ma...
"Hey, non ti preoccupare!" ridacchiò la ragazza, richiudendo il cassetto.
"Ti stavo solo prendendo un po' in giro."
A quel punto, Astrid si appollaiò nuovamente sul materasso e si sfilò uno dei calzini intenzionata a mettersi lo smalto alle dita dei piedi.
"Lo vuoi anche tu?" chiese.
"No, grazie. A casa non saprei nemmeno come togliermelo."
"Beh, ma posso prestarti un solvente..." continuò quella, con un tono di voce simile a quello di Luca quando voleva farla sentire una persona stupida.
Chiara, per tutta risposta, si accovacciò e si tolse la scarpa destra, facendo leva sul calcagno eaccorciandosi sul letto accanto alla ragazza, che sembrava molto concentrata nel suo lavoro di precisione.
"Mio fratello è un bel ragazzo, lo sai?" disse Astrid, lanciandole una strana occhiata.
"Magari ti piace."
Chiara si raddrizzò dalla sua posizione e fece una risatina sommessa, portandosi una mano tra i capelli e iniziando ad attorcigliarsi con noncuranza uno dei riccioli sul dito indice.
"Beh, grazie." era una risposta alquanto stupida, ma non avrebbe saputo cos'altro dire. Astrid sembrò cogliere e il suo imbarazzo, ma se estrasse il secondo calzino e continuò ad applicare lo smalto con la dovuta attenzione.
"Parlami del tuo ragazzo!" esclamò poi.
"Dopo ti racconto di Kyle."
Chiara prese  tra le mani un cuscino a forma di bon bon e se lo strinse al petto, come per abbracciarlo.
"Si chiama Luca." si lasciò sfuggire, ma poi fece una lunga pausa, quasi insicura se continuare quel racconto o meno.  Astrid ogni tanto le lanciava un'occhiata, annuiva le sorrideva: tutto sommato doveva essere una ragazza amichevole, che cercava semplicemente di fare conversazione su qualcosa di quel semplice parlare.
Chiara prese coraggio e continuò strizzare il bon bon.
"Stiamo assieme da un po', tra alti e bassi. Direi più bassi e alti, ultimamente."
"Per via del trasferimento?"
"No, è solo che Luca non è una persona molto espansiva."
Astrid in esso a soffiarsi sulle unghie dei piedi.
"E a te dà fastidio?"
"A dire il vero non tanto: gli voglio bene e mi ci sono abituata, anche se a volte mi chiedo che cosa sto facendo."
Lo disse come una confessione naturale; come se quel racconto loro stesse rivolgendo a una persona reale, ma semplicemente a se stessa.
"Secondo te sta con qualcun altra?" domandò Astrid, facendole cenno di levarsi le calze così avrebbe potuto mettere lo smalto anche a lei.
Mentre se le sfilava, Chiara inghiottì un sorso di saliva amara: no, quel pensiero non era pronta a pronunciarlo nemmeno davanti ad una perfetta estranea. Le sembrò strano, come a volte, è semplice fare delle confidenze a qualcuno che non si conosce: si ha la sensazione che quell'interlocutore sia una parete bianca che puoi imbrattare a tuo piacimento, senza che quello si lamenti o ti giudichi proprio perché non conosce la tua realtà.
"Non dire altro..." commento Astrid, facendo un sorrisetto a mezza bocca e aggiustandosi i capelli con una mano.
"Io ho rotto il naso ad una tizia che ha baciato Kyle."
Lo disse con un'informazione di servizio, senza alcun colore nella voce.
"Non era niente di speciale: solo un bacio, però io mi sono sentito esplodere lo stesso! Poi sono andata da lei, a scuola, e l'ho avvertita che se ci avesse provato un'altra volta le avrei rotto molto più che il naso."
Chiara non poté far altro che trattenere una risatina.
"Sei percolosa!" commentò, sfoderando il migliore dei suoi sorrisi.
"Diavolo! Puoi dirlo!"

Aspettarono pazientemente che arrivasse l'ora di uscire, facendo trascorrere il tempo chiacchierando del più e del meno. Il discorso si orientò sui film, sugli insegnanti che Chiara non aveva ancora incontrato e su qualche racconto divertente delle loro vite d'infanzia.
"Mio fratello una volta mi ha investita, sai?"
"Sul serio?"
Astrid annuì.
"Non ha fatto apposta: faceva l'idiota guidando in retromarcia..." disse alzandosi in piedi e slacciandosi l'apertura dei pantaloni; se li calò all'altezza della coscia e mostrò a Chiara una piccola cicatrice da i bordi frastagliati.
Era scura, corta una profonda.
"Sono caduta su un coccio di vetro: un fondo di bottiglia rotto. Per fortuna che non c'ho sbattuto la testa!"
In quel momento, non appena Astrid si fu sistemata nuovamente i pantaloni, qualcuno bussò alla porta.
Che aveva bussato, non si prese la briga di aspettare una risposta che lo invitasse ad entrare: fece la sua comparsa un ragazzo con la maglietta di un concerto troppo grande per lui e un paio di chiavi nella mano destra.
"Allora, ti ci vedo portare in macchina o no, a questo pub?"
Astrid gli sorrise radiosamente.
"Oh, Chiara, questo è mio fratello Lev!"
Il giovane non perse molto tempo a presentarsi; alzò una mano in segno di saluto e fece nuovamente tintinnare le chiavi, prima di prendere a grattarsi il pizzetto come per sottolineare il fatto che potesse avere molto di meglio da fare.
"Dai, sbrigati." aggiunse poi, sparendo nella propria camera da letto.
Astrid si girò, mentre si infilava una stretta giacca di jeans.
"Allora, come ti sembra?"
Chiara si sistemò lo zaino su una spalla e tentennò il capo: sinceramente le sembrava fuori luogo fare un commento di qualunque genere, ma probabilmente era a causa del fatto che non aveva niente da dire.
Fece una pausa, notando che Astrid aspettava il suo responso con l'acquolina alla gola.
"Beh, speriamo non guidi in retromarcia!"

   
 
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