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Autore: VahalaSly    28/01/2015    2 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Breathe Into Me

Capitolo Diciannovesimo:
Stanca di Mentire

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Piccolo riassunto: Amanda e Roberta, dopo aver scoperto che quest’ultima non è la figlia biologica di Luigi (padre di Amanda) sono costrette ad affidarsi ad Alessandro, che accetta di ospitarle per un po’ a casa sua. Vivono con lui per circa tre settimane quando, un sabato, tornando a casa, Amanda trova a giocare alla playstation con Alessandro Stefano, un ragazzo che aveva conosciuto per caso sulle montagne russe. Viene a sapere che i due sono migliori amici. Quella sera, mentre cenano tutti insieme, Stefano la invita fuori a cena la domenica successiva. Più tardi, dopo che il ragazzo se n’è andato, Alessandro entrerà in bagno mentre Amanda si sta lavando. Lui le confesserà che, quando a cena ha detto che non ha problemi all’idea di Stefano e Amanda insieme fuori a cena, ha mentito.  


“Ho visto Alessandro nudo”

Amanda pronunciò la frase prima ancora che il suo zaino toccasse terra, sedendosi sulla sedia di Giulia con un sospiro tormentato. Erano svariate ore che sentiva il bisogno di dirlo ad alta voce, forse per riconoscere la realtà della situazione, o forse solo per tentare di togliersi l'immagine dell'uomo dalla testa. Notando però l'espressione incredula dell'amica, seduta sul banco a pochi centimetri da lei, quasi si pentì di non essersi convinta il giorno prima a dirglielo per telefono.

Cosa?

“Alessandro. Nudo. Oh Dio” dirlo ad alta voce non stava migliorando la situazione.

L'espressione di Giulia si illuminò, e le sue labbra si piegarono in un sorriso entusiasta. “Non stai scherzando, vero?”

Amanda scosse la testa, scuotendo le braccia. “Ti pare che scherzerei su una cosa simile?” domandò, nascondendosi poi il volto tra le mani. “Come farò a guardarlo in faccia?!”

“Era così grande?”

“Che!? No! Non lo so! Non era così nudo”

Giulia emise un suono deluso, e Amanda dovette guardarsi attorno per assicurarsi che nessuno stesse facendo caso al loro scambio. “Come hai fatto ieri a guardarlo in faccia?”

“Non l'ho fatto. E neanche lui se è per questo. Ci siamo evitati per tutto il giorno”

Giulia sollevò un sopracciglio. “Quindi lui sa che l'hai visto nudo?”

“No! Spero di no.” Il pensiero si fece strada nella mente di Amanda, e la ragazza si voltò verso l'amica con espressione atterrita. “Oddio, e se lo sa? Che faccio se lo sa?”

“Magari se mi spieghi com'è successo...”

“Stavo facendo il bagno, e... un suo amico aveva fatto un commento sulla chiusura della porta, quindi potrei non averla chiusa a chiave...” borbottò, passandosi una mano sulla fronte con fare sconsolato. Quanto poteva essere idiota? Anche se l'affermazione di Stefano fosse stata vera, come aveva potuto pensare che rimanere chiusa nel bagno sarebbe potuto essere peggio di quello?

Lo sguardo di Giulia si fece solo più scintillante. “Ti imploro, dimmi che-”

“Alessandro è entrato mentre ero nella vasca”

“Io ti odio!” sbottò la ragazza riccia, stringendo le mani a pugno. “Quanto, quanto puoi essere fortunata?! Che è successo poi? E sii il più dettagliata possibile, che già mi devo accontentare delle briciole”

“Non è divertente” disse Amanda, lanciandole un'occhiataccia. “E' stato a dir poco imbarazzante”.

“Sì, sì. Ora però i dettagli!”

Dopo aver lanciato un'ultima occhiataccia all'amica, la ragazza cominciò a raccontarle quello che era successo, dovendo soffermarsi molto più di quanto avrebbe voluto – o almeno così si disse – sulla descrizione del busto di Alessandro. Il solo ricordo la fece arrossire violentemente, sopratutto quando si rese conto di come l'immagine le si fosse stampata perfettamente nella mente, quasi l'avesse ancora davanti agli occhi.

“Sapevi che era lui, che si stava spogliando, e hai scostato la tendina comunque? Non sei così senza speranze allora” fu il commento di Giulia, che però non prese altrettanto bene la seconda parte del racconto. “Cosa? Hai chiuso la tenda? Nel momento migliore?! Ritiro tutto.”

“Giulia!”

“Scusa, scusa, ma è la verità. Tutte queste occasioni sprecate” borbottò, sospirando drammaticamente. Rimase poi per qualche secondo in silenzio, quasi assaporando l'idea. Amanda dovette schiarirsi rumorosamente la voce per riportarla alla realtà.

“Quindi pensi che lui ti stia evitando per questo?” chiese Giulia, riprendendosi.

Amanda scosse appena la testa, mordendosi il labbro inferiore. “No, non per questo. È successa un'altra cosa”

“Un'altra? Che sabato movimentato, complimenti”

La ragazza non sarebbe potuta essere più d'accordo.

“Quando sono tornata a casa, ho trovato Stefano sul divano a giocare all'XBOX con Alessandro e Roberta, che, tra parentesi, non lo sopporta. Hai mai visto Roberta non sopportare qualcuno? E' assurdo”.

Giulia corrucciò il volto, confusa. “Stefano?”

“Ricordi il giorno in cui siamo andati al luna-park, quando mi avete obbligata ad andare su quella giostra infernale da sola?”

“Esagerata”

“C'era un tizio seduto accanto a me. Biondo, canottiera nera.”

“Sì, ricordo vagamente. Era piuttosto gnocco. No, aspetta. Stai dicendo che l'hai rincontrato a casa di Alessandro? Te l'ho già detto che ti odio?”

Amanda annuì. “Aspetta di sentire questa: a quanto pare, è il migliore amico di Alessandro”

No shit

“E non è tutto. Mi ha invitata ad uscire, domenica sera. E' un tale casino...”

“Casino? Qua si parla di intrippo livello Gossip Girl. Serena Van Der Woodsen ti lucida le scarpe”

“Non ho idea di chi sia, ma grazie, ora sto infinitamente meglio” disse Amanda, storcendo la bocca. Giulia sembrò intuire l'umore dell'amica, perché strinse appena le labbra, l'espressione immediatamente più seria. “Alessandro non ha detto niente?”

“A cena no, anche se era abbastanza chiaro il fatto che la cosa non gli va a genio. E' stato dopo... dopo l'incidente in bagno. Mentre stava uscendo mi ha praticamente detto di... non lo so, provare qualcosa?”. Solo pronunciare quelle parole le sembrava talmente ridicolo che quasi scoppiò in una risata isterica. Era ormai la terza volta che Alessandro le diceva più o meno velatamente di provare dei sentimenti nei suoi confronti, eppure ogni volta le sembrava più assurdo.

Il volto di Giulia comunque sembrava tutt'altro che divertito. “Amanda!”

“Cosa?”

“Ma si può sapere che stai facendo? Ho sempre saputo che sei un po' masochista, ma qui stiamo raggiungendo dei livelli da malattia! Scusami, hai quel figo di Alessandro Navarra-” Amanda irruppe in un disperato shhh, controllandosi attorno con aria frenetica. “Che praticamente ti confessa il suo amore-”

“Non ha fatto niente del genere”

“E tu invece di saltargli al collo che fai? Lo eviti? Ma che problemi hai?! L'hai pure visto nudo! Ci sono solo due reazioni nel vedere un uomo nudo, ok? Schifata, o arrap-”

“Oddio, non dovevo dirtelo”

“E non provare a spacciarmi la bavetta alla bocca che avevi solo al ricordo per disgusto perché-”

“Sì, sì! Ho capito. Sono una scema” chiuse gli occhi, abbassando la testa con aria sconfitta. “E sono spaventata a morte”.

“Perché hai accettato?” domandò Giulia, il tono più tranquillo. “Con Stefano, intendo”.

“Non lo so. Alessandro... niente sembra sensato, capisci? Ogni cosa che faccio mi sembra uno sbaglio. E ho una tale paura che sia così... se è così ora, come pensi potrei mai gestire qualcosa di più? Inoltre, il pensiero di me e lui... perfino dirlo è ridicolo. Eppure è così giusto... non riesco nemmeno a capire cosa ci sia che non va, cosa continua a frenarmi. Mi sento come se non avessi più controllo sui miei stessi pensieri. Su niente, in realtà. Ha senso?”.

Giulia annuì appena, sospirando. “Io avrei una definizione per quello che ti sta succedendo, ma mi sa che te lo lascerò scoprire da sola”.

Amanda osservò l'amica per qualche secondo, riscuotendosi quando la campanella suonò prepotente. Si schiarì appena la voce, cercando di sfruttare gli ultimi secondi che le rimanevano. “Con Stefano invece, lui è semplicemente...”

“Bono”

“Eh, sì. Ed è anche simpatico. Mi piace la sua compagnia”

“Non emozionarti troppo che poi mi commuovo eh” ribadì sarcasticamente l'amica, ignorando l'occhiataccia che le lanciò l'altra.

“Voglio qualcosa di sicuro”

“Qualcosa di sicuro con un ragazzo che hai appena conosciuto? E, ci scommetto le tette, pure dongiovanni?”

Con un sospiro, Amanda si sollevò dalla sedia, restando però ferma dov'era. “Non è quello che intendo. Non voglio cadere da troppo in alto”.

“Quindi hai intenzione di rimanere per tutta la vita direttamente ancorata al terreno?”

“Lo sai? Non ti sopporto quando fai la poetica”

Il sorriso di Giulia si limitò ad allargarsi. “Solo perché ho ragione. E tu lo sai che è così, così come sai benissimo cosa fare. Devi solo accettarlo. E ti conviene farlo in fretta.”

Alessandro in quel momento entrò in classe, salutando con il solito tono tranquillo, ma per Amanda fu tutt'altro che tale. Con uno scatto abbandonò il tavolo di Giulia – lanciandole un'ultima occhiata di sostegno – e si sedette al suo posto, costringendosi a tenere lo sguardo sollevato. Quando Alessandro lo incrociò, la sua bocca si aprì in un sorriso sincero, mascherato poi con una mano passata ad accarezzarsi la corta barba, e Amanda si ritrovò a chiedersi se lui l'avesse davvero evitata il giorno prima, o se invece avesse fatto tutto lei. Non era praticamente nemmeno mai uscita dalla sua stanza. Era davvero così idiota?

La sua domanda non trovò risposta, il familiare suono di un bigliettino che atterrava sul suo banco che attirò repentino la sua attenzione. Non ebbe nemmeno bisogno di alzare gli occhi per sapere da parte di chi fosse, e se avesse davvero avuto bisogno di una conferma, il contenuto era decisamente inconfondibile:

Altrimenti, mal che vada, c'è sempre l'opzione del threesome.

 



I giorni successivi passarono con una dolorosa lentezza, lasciando ad Amanda e Alessandro la possibilità di sentire a pieno tutta la tensione che si era ora creata tra di loro, un po’ per l’incidente con la vasca da bagno, un po’ per la situazione di stallo in cui si trovavano.

Amanda non riusciva a capire cosa stesse facendo. Proprio come le aveva detto Giulia, doveva smettere di trascinarsi in quella nebbia di insicurezza e prendere una decisione.

Tuttavia, quando la domenica arrivò, Amanda afferrò un vestito dall’armadio e cominciò a prepararsi con movimenti automatici, sentendosi come se non riuscisse più a seguire il filo della sua stessa vita. Voleva tutto e non voleva niente, rimpiangeva ciò che le era stato offerto e desiderava ciò che aveva rifiutato.

E’ la tua vita si disse, chiudendo la porta del bagno dietro di sé, smetti di comportarti come se non fossi tu a controllarla.

Si lavò il viso con acqua gelida, cercando di svegliare la sua mente che sembrava fluttuare in mondi lontani, distaccata dal corpo come un aquilone cui filo è stato reciso.

Si legò i corti capelli in un morbido chignon, lasciandovi fuori i ciuffi più corti che le ricaddero sul volto, poi cominciò a truccarsi con mano incerta, applicando un poco di correttore sotto le profonde occhiaie causate dalla notte insonne e stendendo un leggero strato di fondotinta. Impiegò circa venti minuti a finire l’opera, usando alcune tonalità di marrone per gli occhi e un rosa pallido per le labbra, poi, dopo aver dato un’ultima sistemata al vestito, aprì la porta e uscì in corridoio.

Mancavano pochi minuti alle otto, l’orario a cui Stefano le aveva detto sarebbe venuto a prenderla attraverso un messaggio il giorno prima. Si incamminò con passo lento verso il salone, non completamente stabile sui tacchi che aveva addosso, e si rilassò quando vide Roberta che la aspettava seduta sul bracciolo del divano.

“Sembri la mamma” fu il suo commento, e per quanto Amanda ne avrebbe decisamente preferito un altro, sapeva che la bambina lo intendeva come un complimento. Inoltre, la ragazza aveva già notato la somiglianza tra lei e Michela non appena aveva indossato il vestito nero: la profonda scollatura coperta da una stoffa velata e il taglio semplice e corto erano tratti tipici dell’abbigliamento della madre. L’abito, d’altronde, era stato un suo regalo.

Alessandro, sdraiato sul divano con un libro in mano, alzò lo sguardo quasi automaticamente, lasciandolo poi scorrere con avidità su Amanda, soffermandosi per un secondo di troppo sulle gambe nude.

“Allora?” sussurrò lei, ruotando leggermente da entrambi i lati. “Che ne dici?”

L’uomo aspettò qualche secondo prima di rispondere, incontrando gli occhi della ragazza quasi con difficoltà. “Sei perfetta” sussurrò, mentre un sorriso malinconico gli curvava le labbra.

Amanda si aprì a sua volta in un sorriso, ma nel suo vi regnava solo soddisfazione. Improvvisamente non le interessava più nulla della cena, di Stefano o della sua incapacità di prendere una decisione.

Alessandro la trovava perfetta.

Quasi scoppiò a ridere quando si rese conto che quella era davvero l’unica opinione che le interessava. Non si era preparata che per lui, per vedere la sua reazione. Il sorriso le morì sulle labbra. Davvero intendeva ancora fingere di non sapere quello che voleva?

“Alessandro, ascolta.  Io-“

Il campanello suonò prepotente, interrompendola prima ancora che riuscisse a finire di formulare la frase.

Alessandro le rivolse un ultimo sguardo prima di voltarsi nuovamente e tornare a concentrarsi sul suo libro, e Amanda non potè fare a meno per sentirsi in colpa per il modo in cui stava giocando con i sentimenti dell’uomo.

“Io-” riprovò, ma il campanello suonò ancora, e questa volta lui non si disturbò nemmeno di staccare gli occhi dalla pagina.  “Per una volta che è riuscito ad arrivare puntuale, non farlo aspettare” mormorò con malinconico sarcasmo. “Hai tutto il tempo del mondo per parlare con me”.

Amanda scosse la testa, rilasciando un forte sospiro, poi afferrò la giacca appesa all’attaccapanni, diede un leggero bacio sulla fronte a Roberta e si precipitò giù dalle scale.

Stefano era seduto sul primo gradino fuori dal portone principale, i capelli accuratamente scarmigliati e una sigaretta tra le labbra. Il fascino del cattivo ragazzo che si portava dietro, con una noncuranza quasi naturale, era innegabile, ma Amanda non riuscì a goderselo quella sera, non appieno almeno.

“Eccoti qui!” esclamò lui non appena la vide, emettendo poi un breve fischio. “Eccoti sul serio! Devo chiamare un’ambulanza?”

“Come?”

“Vuoi dirmi che Alessandro non è svenuto vedendoti così? Nemmeno un po’ di sangue dal naso? Mi dispiacerebbe lasciarlo lì a morire mentre noi ci godiamo la cena” concluse con una smorfia divertita, sollevandosi in piedi. Cercando di nascondere il rossore, Amanda sollevò egli occhi al cielo, segretamente soddisfatta.

Stefano si avvicinò dunque ad una lunga macchina nera,  vagamente simile a quella che possedeva Luigi (somiglianza che provocò una piccola morsa allo stomaco ad Amanda), e aprì la portiera del passeggero, lasciando sedere Amanda.

“Te la cavi bene con questo genere di cose” disse lei non appena anche Stefano si fu seduto, le portiere chiuse e l’aria condizionata accesa.

Lui la adocchiò curioso. “La galanteria?”

“Gli appuntamenti”

L’uomo scosse le spalle, mettendo in moto la macchina. “Sai come si dice: la pratica rende perfetti”.

 

Arrivarono a destinazione nel giro di un quarto d’ora. Parcheggiarono a qualche metro dal ristorante in cui aveva prenotato Stefano, un piccolo locale piuttosto intimo e tranquillo. Un enorme cartellone appeso alla porta assicurava specialità italiane preparate esclusivamente con ingredienti freschissimi, ma Amanda aveva guardato troppi episodi di Kitchen Nightmares per fidarsi.

Cambiò rapidamente idea quando vide i deliziosi piatti che i camerieri stavano servendo agli altri clienti, il loro profumo che la raggiunse non appena superò la porta d’ingresso.

“Uno dei migliori ristoranti della città” disse Stefano con aria soddisfatta, “ma non dirlo a nessuno, altrimenti non avrò più un posto dove portare ignari appuntamenti”.

Amanda fece una smorfia. “Sei proprio un Don Giovanni”

“Il che potrebbe quasi suonare come un complimento, bada bene.”

Si lasciarono condurre ad un tavolo da un cameriere che non riusciva a smettere di lanciare occhiate malevole a Stefano, sedendosi l’uno di fronte all'altra davanti ad una deliziosa finestra che dava ad un balconcino, al momento chiusa per i nuvoloni che annunciavano un’imminente pioggia.

“Allora: tu e Alessandro” disse Stefano, afferrando il menù che Amanda aveva appena aperto e mettendolo da parte. “E’ chiaro che la corrente situazione non sta andando da nessuna parte”

La ragazza spalancò gli occhi, sorpresa. “Non credevo avremmo parlato di questo, stasera” borbottò dopo essersi schiarita la voce, abbassando lo sguardo. Stefano in risposta piegò lievemente la testa con fare curioso.

“Mi sembra di averti già fatto capire che sei una ragazza che mi interessa molto, Amanda, ma non vado dietro a persone che sono chiaramente innamorate di qualcun altro. Sopratutto se quel qualcun altro è il mio migliore amico”.

“Allora perché invitarmi fuori a cena?” domandò, cercando di ignorare la parte riguardo l’innamoramento, non affatto sicura di poterla negare.

Stefano fece una smorfia, poggiandosi con aria stanca allo schienale della sedia. “Perché conosco Alessandro, e so che tende a non mettersi in gioco finché non è sul punto di perdere. ”

“Ah” esclamò Amanda, sentendo le guance scaldarsi. “Allora… ahem… potresti aver preso un granchio”.

“Uh?”

“Alessandro si è già messo in- voglio dire, mi ha già detto- due volte in effetti…  ” alzò lo sguardo verso Stefano, incontrando un’espressione assolutamente esterrefatta. “Sono un'idiota.”

L’uomo non commentò l’ultima affermazione, stringendo le labbra. “L’avessi saputo prima, avrei invitato lui a cena” disse, e non vi era traccia di umorismo nella sua voce. “Anche se non so quanto la cosa ti avrebbe spronato”.

Il cameriere tornò al loro tavolo, chiedendo le ordinazioni, e Amanda si limitò ad ordinare lo stesso piatto di Stefano - una bistecca ai ferri con patate di contorno - troppo presa dai propri pensieri per soffermarsi  sul cibo, e un’aranciata.

“Prendiamo entrambi una birra” la corresse lui, “Ne avremo bisogno”.

“Credo sia giusto avvertirti che io e l’alcool non abbiamo proprio un buon rapporto” disse Amanda una volta che il cameriere si fu allontanato, il ricordo dell’ultima volta che aveva bevuto ancora fresco. Stefano le lanciò un’occhiataccia, scuotendo appena la testa. “Non dirmi che anche tu sei astemia”.

“Non esattamente. Chi altro lo è?”

“Alessandro. Motivi familiari” mormorò Stefano, alzando le spalle.

Amanda capì immediatamente, incupendosi. “Suo padre” disse, e l’uomo annuì, osservandola nuovamente con interesse.

“Sono sorpreso che te l’abbia detto. Le persone a cui lo ha raccontato possono contarsi sulle dita di una mano.” Si fermò un istante a ragionare, poi riprese. “ Immagino tu sappia anche di Veronica, allora”.

La ragazza annuì, non proprio felice di intraprendere quel discorso. “Non credo si libererà davvero mai di lei”, disse, e restò sorpresa nel rendersi conto che lo pensava davvero, ancora di più nello scoprirsi gelosa. Gelosa di un fantasma del passato.

Le birre arrivarono al loro tavolo. Amanda afferrò immediatamente la sua, capendo cosa aveva voluto dire Stefano poco prima quando aveva affermato che ne avrebbero avuto bisogno. Stefano invece continuò a fissare la ragazza, assorto.

“Credo proprio che l’abbia già fatto”.

Ad Amanda ci volle qualche secondo per riprendere il filo del discorso. “Per quale motivo?”

“Dallo stato in cui stava nel periodo che… non ho mai capito in effetti cosa sia successo tra voi due. Si è sempre rifiutato di dirmelo. Immagino sia perché sei una sua studentessa”.

Ed ecco un altro particolare che Amanda stava disperatamente cercando di dimenticare.

“L’ho visto passare tra un bel po’ di relazioni più o meno stabili dopo Veronica, prima di stabilirsi con quella piattola di Lara - per la cronaca, mai piaciuta - e ti posso assicurare che non ha mai battuto ciglio ad una rottura. Perfino quando si è lasciato con Lara stessa, con cui è stato insieme per un tempo schifosamente lungo. Eppure per te… quando ho scoperto chi eri, credevo fosse perché sei una sua alunna, per la differenza di età e bla bla bla... ho pensato si sentisse in colpa, tipico, ma il modo in cui ti guarda non lascia molto spazio a fraintendimenti. Alessandro è chiaramente innamorato di te”.

Amanda fissò il ragazzo con sguardo vuoto, la bottiglia ancora tra le labbra. "Come scusa?"

Stefano ingoiò due o tre sorsi di birra, lanciandole un'occhiata di sbieco.

“Lui non è innamorato di me” riuscì infine a dire, la voce poco più di un sussurro. “E’ solo attrazione” per qualche misteriosa ragione.

“Ah! Quindi è per questo che ti stai tirando indietro,” disse Stefano, “è tutta una questione di autostima”.

Amanda scosse la testa. “No, niente del genere. E’ solo che… insomma, lui innamorato di me? E’ ridicolo”.

Stefano annuì, guardandola come si potrebbe guardare un bambino che ha appena scoperto che Babbo Natale non esiste. “Esattamente. Autostima. Tu non credi di essere abbastanza per lui, il che è ridicolo, ovviamente. Qualunque cosa lo renda felice è chiaramente abbastanza, la cosa è più che logica.”

“Io non-” cominciò lei, ma poi smise di parlare. Era vero che si sentiva così, ne avevano già discusso con Giulia quella che sembrava una vita fa. Stava davvero continuando a tirarsi indietro solo per quello?

“Io voglio stare con lui” ammise infine, sentendo l’effetto dell’alcool darle più coraggio. “Ma mi sembra una cosa impossibile. Non solo per… beh, me. Alessandro, lui… lui è la mia fantasia. Le fantasie non sono fatte per diventare realtà, e se lo diventano non possono che essere una delusione. Non credo di essere pronta a perderla”.

“Volevo farlo stasera, però” continuò, osservandosi le mani poggiate sul grembo. “Poco prima che arrivassi. Volevo… non lo so, non lo so cosa volevo fare. Ma era qualcosa.”

Stefano sorrise incoraggiante. “Qualcosa è abbastanza. Qualcosa è qualcosa, che è più di niente”.

“Qualcosa” ripeté Amanda, quasi assaporando la parola. Era da parecchio, dopotutto, che non faceva qualcosa.

I loro piatti finalmente arrivarono, e Stefano, forse contento dei risultati della serata, passò ad argomenti più leggeri, lasciando ad Amanda solo il compito di ascoltare. Di tanto in tanto, però, la osservava come se stesse cercando di captare i suoi pensieri, con la curiosità che avrebbe potuto mostrare nell'assistere ad uno spettacolo teatrale.

Erano appena le dieci quando uscirono dal ristorante, ridacchiando divertiti e vagamente brilli. Le nuvole, come previsto, avevano portato con loro la pioggia, che ora cadeva fitta. Stefano non si scompose, afferrando un ombrello (che Amanda era più che sicura non gli appartenesse) dal portaombrelli  vicino alla porta e aprendolo sopra le loro teste.

“Dovevi vedere la faccia di Lara quando ha aperto il regalo. Il rossetto era giallo canarino, ci mancava solo si mettesse a cantare. Quando Alessandro ha capito che avevo suggerito male di proposito mi è quasi saltato al collo, ma ne è valsa la pena. E sai qual’è la cosa migliore? Che Lara il regalo se l’è pure tenuto. Me la immagino con il suo rossetto giallo canarino mentre firma le pratiche ad un cliente” disse Stefano, scoppiando poi a ridere.

Amanda scosse la testa, sinceramente divertita. “E’ stato incredibilmente meschino da parte tua approfittarti così del fatto che è daltonico” disse, senza riuscire a fingere il disappunto che avrebbe dovuto accompagnare quella frase. “E poi, visto che c’eri, potevi farglielo comprare verde”.

“Non l’avevano! Era la mia prima scelta. Stai riaprendo una vecchia ferita, amica mia”.

Detto questo, Stefano afferrò le chiavi della macchina, aprendola e accompagnando Amanda fino alla sua portiera, aspettando che vi salisse. Dopodiché richiuse l’ombrello e lo lanciò verso il ristorante, osservandolo atterrare a pochi centimetri dal portaombrelli da cui era stato precedentemente preso.

“Mi accontento” disse, entrando veloce in macchina e mettendo in moto.

Il viaggio di ritorno sembrò molto più breve, forse anche a causa dell’atmosfera più leggera, amichevole. Ora che avevano messo le cose bene in chiaro, Amanda si sentiva decisamente più serena. Le piaceva Stefano, le piaceva davvero, ma non era Alessandro. E andava benissimo così.

Quando arrivarono a casa di Alessandro dovettero girare parecchio per trovare un parcheggio, e alla fine Stefano si limitò ad accostare in seconda fila a qualche metro dal portoncino, lasciando scendere Amanda.

“Ora che ci penso, probabilmente avrei dovuto tenerlo, l’ombrello” borbottò, osservando la ragazza mentre cercava di ripararsi dalla pioggia e contemporaneamente chiudere la porta. Amanda scosse la testa, ridacchiando.

“Va benissimo così. Grazie mille per la serata, dico davvero. Mi sono divertita”.

Stefano sorrise a sua volta, annuendo. “Anche io. E ora va a fare qualcosa, su, su!” disse, facendole segno con le mani di sbrigarsi. Amanda gli lanciò un’ultima occhiata, poi chiuse la portiera con un tonfo, correndo verso il portone della palazzina.

Lo raggiunse in tutta fretta, frugando nella borsa mentre saliva i gradini, non rendendosi perciò conto della figura appollaiata su di essi, apparentemente ignara della pioggia. Questo almeno finché la suddetta figura non si sollevò di colpo, facendo fare alla ragazza un veloce salto indietro, la quale finì così per sbilanciarsi, oscillando sui gradini.

Alessandro le afferrò velocemente un braccio, rimettendola in equilibrio, e i loro sguardi si incontrarono. Amanda non riuscì a nascondere la propria sorpresa, corrucciando le sopracciglia mentre osservava i vestiti completamente fradici dell’uomo, quasi fosse stato ore sotto quella pioggia.

“Non volevo spaventarti” disse lui, lasciandole andare il braccio e indietreggiando di qualche passo. La ragazza continuò a fissarlo perplessa.

“Si può sapere che stai facendo qui fuori alla pioggia?” domandò la ragazza. “Starai morendo di freddo” aggiunse poi, addolcendo il tono di voce.

Alessandro abbassò lo sguardo con aria imbarazzata, i capelli che gli ricaddero pesantemente sul viso. “Mi prenderesti per pazzo se ti dicessi che ti stavo aspettando?”

“Potevi farlo anche dentro. Lo sai, vero?”

“Sì… sì, avrei potuto” mormorò, quasi se ne stesse rendendo conto per la prima volta. Se Amanda non fosse appena venuta a sapere che Alessandro era astemio, avrebbe sicuramente creduto fosse ubriaco. “Non riuscivo a stare fermo ad aspettarti” disse poi, chiudendo gli occhi. “Lo so che ti ho detto che non mi aspetto nulla da te -ed è così!- ma mentirei se dicessi che il pensiero di te e Stefano… non sono capace di lasciarti andare. Non posso. Non voglio. Ho lasciato che troppe cose mi sfuggissero dalle mani, ho sempre pensato che ciò che deve succedere succederà, indipendentemente dai nostri sforzi, ma non sono pronto a perderti senza lottare. Non quando sono convinto che-”

Amanda non seppe mai di cosa era convinto Alessandro, perché proprio in quel momento, mentre la pioggia cadeva leggera e la pallida luna illuminava la notte, lei decise di fare qualcosa.

E fu così che, sollevandosi sulle punte dei piedi, lo baciò.

Un bacio lieve, quasi appena accennato, che riuscì ad ammutolire l’uomo e ad esprimere tutto ciò che Amanda non era mai riuscita a dire. Un bacio che parlava di futuro.

 

“Non ho voglia di andare a scuola” borbottò Roberta, stropicciandosi con fare impacciato gli occhi e tirando fuori un ciuffo biondo dalla tazza di latte. Amanda sospirò pesantemente.

“Solo un’altra settimana e poi abbiamo finito. Dobbiamo tenere duro” disse, ma la realtà è che era lei stessa incredibilmente tentata dall'idea di rimettersi a letto e tornare a dormire, la mancanza di sonno della notte precedente che si faceva sentire.

D'altronde, non era di certo colpa sua. Difficile addormentarsi quando tutto ciò a cui riusciva a pensare erano le labbra di Alessandro, meravigliose perfino bagnate e fredde per via della pioggia. Il bacio della sera precedente era stato così diverso, oh così diverso da quello che si erano scambiati mesi prima, dolce e onesto. Amanda quasi era esplosa di gioia quando aveva sentito l’uomo sorridere sotto le sue labbra, quando le braccia di lui l’avevano circondata, ricordandole quanto le era mancato il suo tocco.

Con un sonoro sbadiglio lasciò cadere la testa sul tavolo, chiudendo gli occhi. No, di andare a scuola proprio non aveva voglia nemmeno lei, ma era la penultima settimana, e quel giorno aveva un’interrogazione a cui non poteva mancare.

Un clacson suonò insistente sotto la loro finestra, e mentre Flash cominciò ad abbaiare furioso, sia Amanda che Roberta si risvegliarono improvvisamente dallo stato comatoso in cui si trovavano.

“Lo scuolabus!” esclamò la bambina, saltando giù dallo sgabello e afferrando lo zaino. Flash cominciò a girarle intorno con entusiasmo, forse sperando in una passeggiata mattutina.

Amanda sollevò lo sguardo verso l’orologio.

“Che? E’ così tardi?” domandò. Le lancette ferme sulle 7:40 furono una risposta più che sufficiente.

Mentre Roberta si lanciava fuori dalla porta, correndo a tutta velocità per le scale, Amanda si affacciò dalla finestra, urlando un vago “Arriva”, nella speranza che l’autista riuscisse a sentirla. Poco dopo la sorella spuntò dal portone ed entrò nel pulmino, che non perse tempo a chiudere le porte e sfrecciare via.

Quello che si dice un promettente inizio di giornata.

Flash abbaiò nuovamente, questa questa volta chiaramente seccato di essere stato lasciato indietro. Amanda si voltò verso di lui, chinandoglisi accanto e accarezzandogli dolcemente il muso: “Che c’è? Il tuo padrone non ti ha ancora portato fuori stamattina? Uh?” domandò, dandogli poi un veloce bacio sul capo peloso. “In effetti, ho l’impressione che il tuo padrone non si sia proprio svegliato”.

Quando si era alzata quella mattina e non lo aveva trovato in cucina, aveva dato per scontato fosse uscito presto per andare a correre - non sarebbe stata la prima volta - ma sarebbe dovuto essere tornato già da un po’. Inoltre, raramente dimenticava di portarsi dietro Flash.

Con passo leggero si diresse verso la camera di Alessandro, bussando lievemente alla sua porta. Quando non ricevette risposta la aprì lievemente, sbirciando all’interno.

La stanza era quasi interamente al buio, fatta eccezione per poche linee di luce che penetravano dalla serranda non completamente abbassata. Quelle le bastarono a delineare una vaga figura distesa nel letto, accompagnata dal suono del suo respiro pesante, interrotto da qualche sporadico colpo di tosse.

“Ale?” bisbigliò, aprendo un altro poco la porta ed entrando. “Posso?”

Un mugugno fu l’unica risposta che ricevette, che lei interpretò come una conferma. Si avvicinò ad Alessandro, sentendo Flash seguirla all’interno della stanza e accomodarsi  senza troppi complimenti sul letto. Amanda,ignorando la propria incertezza, lo imitò.

“Che ore sono?” borbottò Alessandro con voce impastata da un punto imprecisato sotto il lenzuolo.

“Otto meno un quarto”.

Silenzio. Poi con uno scatto un ammasso di lenzuola si sollevò in aria, rivelando l’uomo nascosto al loro interno. Alessandro, ora seduto, la fissava con sguardo incredulo, i capelli completamente appiccicati ad un lato della testa. Amanda dovette trattenersi dal scoppiargli a ridere in faccia.

“Dimmi che stai scherzando”.

“Mai stata più seria”.

“Merda”. Con movimenti impacciati fece per scendere dal letto, ma un attacco di tosse lo obbligò a fermarsi.

Amanda lo osservò preoccupata, portando automaticamente una mano a tastargli la fronte. “Sei bollente,” disse, corrucciando le sopracciglia “mi sa che stare sotto la pioggia non sia stata la migliore delle idee”.

Alessandro scosse le spalle, osservandola furbescamente. “Non sono dello stesso avviso”.

La ragazza arrossì, incapace di trattenere un sorriso . “Hai la febbre” si limitò a dire, cercando di ridarsi un certo contegno - inutilmente - “non credo ti convenga uscire oggi”.

L’uomo scosse la testa, sbadigliando. “Non posso non andare, devo interrogare”.

“Lo so bene. Devi interrogare me”.

Alessandro fece una smorfia. “Quindi è così che stanno le cose eh, signorina Ferri? E io che credevo fosse preoccupata per la mia salute”.

Amanda ridacchiò, sollevandosi in piedi e obbligando l’uomo a distendersi, cercando di non soffermarsi troppo su i muscoli che riusciva a tastare sotto la maglietta. “Mi ha beccata, professore. Il mio è stato tutto un lungo piano cominciato mesi fa per riuscire a rimandare la mia interrogazione di fine anno”.

“Mi sono lasciato giocare come un principiante” mormorò lui, sistemandosi sui cuscini, “che imbarazzo. E di grazia, cosa mi concede in cambio della mia collaborazione?”.

“Sta forse chiedendo una bustarella? E io che la credevo un uomo di princìpi”.

“Solo nei giorni festivi”.

“Che ne dice allora di questo? Appena tornerò da scuola mi preoccuperò di prepararle un bel brodo caldo e una spremuta, farò uscire il suo povero cane,” a questa affermazione Flash alzò la testa, “e se farà il bravo le leggerò anche una storia”.

Alessandro emise un grugnito. “Perché ho la sensazione che questo sia il trattamento della febbre standard riservato a Roberta?”.

“Perché lo è,” ammise Amanda, ridacchiando “ma magari riusciamo ad aggiungerci qualche extra”. E detto questo gli diede un leggero bacio sulle labbra, sorprendendo decisamente più se stessa che lui. Quando si staccò Alessandro chiuse gli occhi e si lasciò affondare nei cuscini con espressione contenta.

Amanda gli sistemò le lenzuola, coprendolo per bene. “Torno tra qualche ora, tu approfittane per dormire”.

“Devi proprio andare?”.

“Ehi, c’eri anche tu tra i professori che si sono lamentati delle mie assenze”.

Alessandro sbadigliò profondamente. “Mi sono solo aggregato alla massa”.

“Beh, il resto della massa non sarebbe affatto contento se ne facessi un’altra. Inoltre, devo proprio parlare con Giulia” disse, evitando di aggiungere che doveva parlarle proprio di lui.

“Mh-mh” borbottò lui, rigirandosi nel letto e finendo con la faccia premuta sul cuscino, per poi mugugnare un vago: “Buona notte, Amanda”.

“Buona notte, Alessandro”.


 


Sono una persona orribile. Non odiatemi D:
Il giorno in cui inventeranno una cura contro la procrastinazione mi offrirò da cavia, lo prometto!

  
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