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Autore: VahalaSly    03/02/2015    2 recensioni
Tra una più che incasinata famiglia, due amiche che non si rivolgono la parola a vicenda e la sua incapacità di formare una frase di senso compiuto davanti al ragazzo che le piace, Amanda non desidera altro che un po' di tranquillità.
Ma quando quello che riteneva un amico le si rivolterà contro, scatenando una reazione a catena di problemi, Amanda si ritroverà a doversi appoggiare all'ultima persona che si sarebbe potuta immaginare...
/Attenzione: è presente romance tra un minore e un adulto/
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Breathe Into Me

Capitolo Ventesimo:
Giornate Disastrose

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Amanda arrivò a scuola con un ritardo di quasi mezz'ora, consegnando la giustificazione auto-firmata (viva la maggiore età!) e sedendosi al suo posto, ignorando le occhiatacce della professoressa di inglese.

Giulia non perse un attimo a farsi notare, cominciando a gesticolare verso Amanda con impazienza, ma la ragazza le fece segno di aspettare. Quello che aveva da raccontarle non poteva di certo essere espresso a gesti.

Dovettero dunque aspettare il suono della prima campanella per potersi finalmente appartare in un angolo della classe, tutto nella speranza che il professore di ginnastica si fermasse anche quel giorno a prendersi una lunga, lunga pausa caffè.

“Vi siete baciati?” domandò subito Giulia in tono un po’ troppo alto, avvicinandosi poi ancora di più ad Amanda. Quest’ultima guardò l’amica con diffidenza.

“Come fai a saperlo?”

“Non lo sapevo! Allora è successo davvero?!” l’esclamazione assomigliò particolarmente ad uno squittio. “Tu e Stefano! Non la coppia che mi aspettavo, ma una ragazza si sa accontentare…”.

Amanda alzò gli occhi al cielo, sorridendo tra sé e sé. “In realtà-” cominciò, ma un’ombra comparve sopra le loro teste. Lei alzò lo sguardo, solo per trovare Paolo osservarle con espressione curiosa, gli occhi ancora appannati dal sonno.

“Che fate di bello?” domandò, apparentemente ignaro di aver appena interrotto una conversazione più che personale. Non lo rimase a lungo, comunque, quando vide l’espressione vagamente assassina di Giulia.

“Oh, chiaccherata tra ragazze. Ricevuto. Torno al banco”.

“No, non preoccuparti. Andiamo in bagno” borbottò la ragazza, afferrando Amanda per una manica. “Per questo genere di discorsi mi serve una stanza a prova di urletti fangirlosi”. E detto questo si allontanarono, lasciando Paolo a cercare di decifrare il significato dell’ultima frase.

Non appena si furono rifugiate in uno degli scomparti del bagno, la porta accuratamente chiusa alle spalle, Amanda non perse tempo.

“Non mi sono baciata con Stefano, tanto per la cronaca”.

“Uh?”

“La cena è andata bene. Lui è stato davvero gentilissimo e tutto, ma a quanto pare non ha mai avuto intenzione di… provarci seriamente. Non sapendo che c’era una situazione irrisolta tra me e Alessandro”.

Giulia fece una smorfia. “E allora perché ti ha invitato a cena?”

“Stessa domanda che gli ho fatto io,” confessò Amanda. “A quanto pare credeva che Alessandro non avesse ancora fatto la sua… come dire… prima mossa, immagino? Lui non gli ha raccontato molto di noi”.

“Ok, ricapitoliamo. Lui ti ha invitato a cena per far “smuovere” Alessandro, ma ad Alessandro non serviva essere smosso, quanto infilato in un trita rifiuti-”

“Giulia...”.

“-quindi esattamente cosa avete fatto per il resto della serata? No, anzi, aspetta; ho una domanda più urgente: chi, esattamente, avresti baciato. Perché io in questo momento ho una persona sola in mente, e sappi che se ho ragione avrai bisogno di un riparo perché l’urlo che lancerò potrebbe seriamente distruggere qualunque vetro nel raggio di 10 metri”.

“Alessandro”.

“OH MIO DIO! OH MY… DEAR JESUS LORD ON A CANDY HORSE, NON CI CREDO! DIMMI CHE NON SCHERZI! DIMMI CHE NON STAI GIOCANDO CON IL MIO POVERO CUORE!”. I vetri non si distrussero, ma i timpani di Amanda non furono così fortunati.

“Nessuno scherzo!” esclamò quando riuscì a riprendesi, sorridendo apertamente. “Io e Alessandro. Baciati. Sotto la pioggia. E’ stato…”

“Caliente? Meraviglioso? Passionale?”

“Romantico. E dolce”.

Giulia sbuffò. “Riesci a rendere noiose perfino le cose illegali,” disse, per poi fermarsi a riflettere: “Che poi, è ancora illegale? Voglio dire, tu ora hai diciotto anni. Non sono sicura che per un professore sia illegale andare con una studentessa maggiorenne”.

Amanda alzò le spalle. “Onestamente, non lo so nemmeno io. Ma non è poi così importante. Due settimane e lui non lavorerà più qui”.

“Ma guardati,” disse Giulia, un sorriso a trentadue denti sul volto. “Guarda come ti illumini a parlarne. Awww, sei adorabile. Quasi da diabete. Mi viene voglia di commissionare a qualcuno una fanfiction su voi due”.

Amanda tentò di tornare seria, ma cominciava davvero a credere di avere una paralisi facciale.

“Sono felice”.

“Si vede”.

“Credo davvero che potrebbe funzionare. Magari non per molto, ma… non lo so, non capisco perché non me ne sono convinta prima”.

Giulia sollevò un dito in aria con fare irremovibile. “Invece hai fatto proprio bene ad aspettare. Doveva soffrire un po’, dopo quello che aveva combinato. E’ fortunato che tu abbia deciso di perdonarlo, perché altrimenti avrebbe dovuto vedersela con me - oltre che perdersi il tuo bel sederino”.

“Giulia!” esclamò Amanda, arrossendo fino alla radice dei capelli.

“Che c’è?!”

“No! No, no, no. Non dire mai più niente del genere”.

“Sederino? E’ il termine che uso con mia nipote”.

“Appunto. Non… torniamo in classe e basta, ok? Ah.” disse Amanda, andando verso la porta.

Giulia sollevò le braccia, per poi lasciarle ricadere con forza. “Eh, ma come ti smonti in fretta”.

“Sei imbarazzante”.

“Io? Cosa preferivi? Culo, didietro? Carrozzeria? Se vuoi cambio lingua eh. Ass, booty, Arsch…”.

Amanda cominciò ad uscire, limitandosi a scuotere la testa con rassegnazione. Fu solo con la coda dell’occhio che notò un movimento vicino alla porta. Restò con lo sguardo fisso su quel punto per qualche istante, finché Giulia non la riportò alla realtà passandole una mano davanti agli occhi. “Sei ancora lì?”.

“Uh? Oh, sì, scusa. Credo solo di aver appena visto qualcuno uscire dal bagno”.

Giulia scosse le spalle. “Poco male. Non abbiamo mica detto niente di compromettente”.

“Ehm, direi che questo è opinabile,” disse Amanda, ma poi si limitò a seguire l’amica fuori dal bagno, dimenticando presto la faccenda.

Il sollievo, purtroppo, non durò a lungo. Per essere precisi, durò fino alle 11, quando, quasi simultaneamente con il suono della campanella, Michela si affacciò in palestra. “Prof, potrei rubarle Amanda per qualche minuto? La vogliono in segreteria”

Amanda fissò l’amica con espressione perplessa, sapendo bene che difficilmente la segreteria avrebbe mandato un’allieva a chiamarne un’altra, ma il professore non sembrò farsi lo stesso problema. Con un veloce gesto della mano le fece segno di andare, tornando poi a concentrarsi sullo schermo del suo cellulare.

Giulia, d’altro canto, sembrò rendersi conto anch’essa che c’era qualcosa che non quadrava, forse anche grazie all’espressione agitata di Michela. Senza curarsi troppo di avvertire il professore, seguì le due ragazze fuori dalla palestra, capendo di aver fatto la scelta giusta quando le vide svoltare verso l’uscita dell’edificio. Amanda le lanciò un’occhiata piena di confusione, e lei non poté fare a meno di rispondere allo stesso modo.

Una volta fuori dalle porte, Michela finalmente si fermò, voltandosi senza esitare verso Amanda  - e ignorando apertamente Giulia.

“Sei completamente impazzita?!” domandò finalmente Michela, mostrando a pieno la sua incredulità. “Non posso credere che tu sia potuta finire in una situazione simile! E ovviamente lei ti ha appoggiato!” disse, indicando Giulia con un gesto.

Amanda ebbe la terrificante sensazione di sapere esattamente di cosa stava parlando.

“Non sono sicura di sapere cosa intendi,” si limitò a dire, sperando vivamente di sbagliarsi. Purtroppo non era così.

“Uscire con un professore! Cosa ti è passato per la testa, me lo dici?” il tono di Michela era decisamente sconvolto, e si poteva chiaramente percepire la preoccupazione che portava con sé.

Giulia si guardò automaticamente intorno, assicurandosi che non ci fosse nessuno nei paraggi, e Amanda prese una profonda boccata d’aria prima di parlare: “Eri tu la persona in bagno”.

Michela sbuffò. “E menomale che ero io. Ti immagini cosa sarebbe potuto succedere se ti avesse sentito qualcun’altro? La storia di Mirco non ti ricorda niente?”.

“Non ci aspettavamo di certo che qualcuno ci stesse origliando,” disse Giulia con fare infastidito.

“Come se avessi potuto fare altrimenti. Non siete certo state il fiore della discrezione”.

“Sicuro. Perché vuoi farmi credere che non ti sei appostata lì con il solo intento di impicciarti degli affari nostri? Sure”.

Michela arrossì. “Beh, forse non avrei bisogno se Amanda la smettesse di tagliarmi fuori da tutto! Da quando sei arrivata tu non riesco nemmeno più a parlarle! Dovresti cercarti una migliore amica tua, e lasciar stare la mia”.

“Cos’è? Un telefonino? Non hai di certo l’esclusiva!”.

Le due ragazze si erano avvicinate sempre di più tra di loro, e Amanda fu costretta a mettersi in mezzo tra le due, alzando le braccia. “Smettetela immediatamente!” sbottò, allontanandole con una leggera spinta. “Sono stanca di vedervi sempre litigare, e di finirci in mezzo. L’ho detto e ribadito più volte che sono amica di entrambe, accettatelo e fatela finita”.

Michela la guardò con aria ferita. “Sei amica di entrambe, eppure escludi solo me. E con che risultati! Davvero credi che una persona che tiene a te ti avrebbe lasciato essere usata da un professore? Perché spero tu sappia che è questo che sta facendo, e anche se non lo è, un professore che va dietro alle sue studentesse non è una brava persona, per quanto possa fingere di esserlo”.

Amanda scosse la testa, passandosi le mani sulla fronte. “Non è così, Micky. La storia è molto più complicata”.

“Allora perché non me ne hai parlato prima?!”

“Perché sapevo mi avresti giudicata senza stare ad ascoltarmi!” esclamò Amanda, che stava cominciando ad innervosirsi. “Perché sei sempre pronta a sentenziare, senza preoccuparti di capire le ragioni degli altri!”.

“Cavolo, ne sei davvero convinta.” mormorò Michela, e il tono sconfitto fece pentire immediatamente Amanda di aver usato parole così dure. “Io non ti sto giudicando, né lo farei mai.  Sono preoccupata per te, possibile che non lo capisci? E’ da mesi ormai che sei completamente distante, che non ti confidi più. E non accetto che tu mi accusi di non provare a capire le ragioni degli altri, perché se fosse così non sarei stata zitta per anni ogni volta che ti vedevo arrivare con un nuovo livido, aspettando che fossi tu a parlarmene”.

Amanda sentì Giulia trattenere il fiato alle sue spalle, e lei stessa spalancò gli occhi, sorpresa.

“Lo sapevi?”

“Di tua madre? Pensi davvero che avrei potuto non accorgermene, in tutti questi anni? Ma che avrei dovuto fare? Ogni volta che provavo a tirare fuori il discorso inventavi scuse, ci giravi attorno. E io ho sempre rispettato la tua scelta, ho sempre rispettato ogni tua decisione, perché ti voglio bene, e perché ho sempre creduto nella tua capacità di giudizio”.

“E allora credici anche questa volta. E’ la prima volta che sono davvero, davvero certa su qualcosa”.

Michela scosse la testa. “Non sono così sicura di crederci più. Vuoi sempre vedere il meglio in chiunque, Amanda, ma davvero pensi che se il professor Navarra l’ha fatto con te non potrà farlo anche con la prossima studentessa di turno? Come puoi fidarti di un uomo del genere?”

“Non è successo così, non come pensi tu” disse Amanda, faticando a trovare le parole per spiegare quello che davvero era successo tra di loro, qualcosa che a malapena riusciva a comprendere lei stessa. “Nessuno dei due voleva questo. Ma ormai mi sono innamorata, e non intendo tornare indietro”.

“Innamorata?” domandò Michela, “Oh Amanda, in che casino ti sei andata ad infilare”.

“Nessuno. Non se questa storia rimane un segreto”.

“Mi stai chiedendo di non dirlo a nessuno”.

Amanda si limitò ad annuire, e l’amica abbassò lo sguardo. “Non starò di nuovo a guardarti restare ferita fingendo che tutto vada bene”.

Giulia a quelle parole fece per parlare, ma Amanda la bloccò con un gesto. “Se lo dirai a qualcuno, Alessandro perderà il suo lavoro, oltre a rischiare molto altro. Non potrei mai perdonartelo”.

“D’accordo allora, non lo dirò a nessuno,” disse Michela, superando velocemente Amanda e Giulia, e afferrando la maniglia della porta d’ingresso, “ma quello che ho detto non cambia: non resterò a guardare. Non di nuovo”. La aprì, voltandosi poi verso Giulia. “Spero che tu sia felice: ora è tutta per te.”

E detto questo tornò dentro l’edificio, chiudendosi la porta alle spalle.


Amanda aprì la porta dell’appartamento il più silenziosamente possibile, richiudendosela alle spalle e lasciando cadere la cartella a terra. Se la giornata era cominciata male, stava continuando sempre peggio.

Voleva andare a controllare se Alessandro fosse già sveglio, ma allo stesso tempo temeva lo fosse. Non era sicura di avere la forza di confrontarlo, non quando le parole di Michela ancora le risuonavano chiare in testa. Ovviamente, sapeva bene che l’amica si sbagliava: non avrebbe mai dubitato delle intenzioni di Alessandro, non dopo tutto quello che era successo. Era anzi ancora parecchio infuriata con lei, che aveva preferito saltare alle sue conclusioni senza aspettare una spiegazione. Ed era incredula, incredula al pensiero che Michela sapeva da chissà quanto tempo dei suoi problemi con la madre. Non riuscì ad evitare di sentirsi arrabbiata per il fatto che l’amica avesse preferito far finta di nulla, ma allo stesso tempo ne era sollevata. Dopotutto, non parlandogliene non le aveva dato molta scelta. E lei non le aveva mai parlato di tantissime cose, perché era stata troppo occupata a cercare di non sembrare una vittima, di dimostrare di essere capace di risolvere tutto da sola.

E per colpa di quella sua testardaggine ora Michela aveva perso completamente fiducia in lei.

Cosa avrebbe dovuto fare se avesse deciso di non mantenere la parola? Se lo fosse andata a raccontarlo anche a una persona sola?

E invece preferiva davvero l’idea di aver perso la sua amicizia?

Michela non aveva di certo un carattere facile, ma se c’era qualcuno che si era comportata da terribile amica, quella era stata Amanda.

Un colpo di tosse le fece sollevare lo sguardo. Alessandro, uno spazzolino infilato tra i denti, era fermo sullo stipite della porta che la osservava con preoccupazione. Fu solo allora che si rese conto che, persa nei suoi pensieri, si era lentamente lasciata scivolare lungo il muro, le gambe strette al petto.

“On ihmi e eh ao ontahata!” sbiascicò, portando il mento in avanti nel tentativo di non far uscire dentifricio. Scosse poi la testa, alzando un dito e allontanandosi di fretta. Amanda lo sentì aprire il rubinetto in bagno, e pochi secondi dopo tornò con un asciugamano tra le mani e uno spazzolino in meno tra le labbra.

“Non dirmi che ti ho contagiata!” ritentò, asciugandosi il volto. “Vuoi distenderti?”.

Amanda scosse la testa, tentando di sorridere. “No, sto benissimo. Tu invece non avresti dovuto alzarti dal letto, anche se ti senti meglio”.

“Volevo preparare qualcosa a Roberta, ma non mi ero accorto fosse così tardi” lanciò un’occhiata all’orologio. “Dovrebbe già essere qui da un pezzo”.

“E’ andata a casa di un’amica, resta lì anche a dormire. Vista la facilità con cui si prende la febbre, ho pensato fosse meglio allontanarla dal paziente alfa”.

Alessandro ridacchiò. “Pensi sempre a tutto eh?”.

“Purtroppo no” rispose lei. Cercò di far suonare la frase come una battuta, ma fallì miseramente. Di nuovo, Alessandro si fermò ad osservarla.

“E’ successo qualcosa?”

Amanda fu tentata di rispondere negativamente, ma, dopotutto, era proprio stata quella sua mania una delle cause principali del suo ultimo, freschissimo problema. “Michela ha scoperto di… uhm, noi due. Non l’ha presa proprio bene”.

L’espressione di Alessandro si fece immediatamente più seria. “Pensi intenda dirlo a qualcuno?”.

“No. O almeno, così ha detto”. Il sollievo negli occhi dell’uomo fu evidente, ma anche il senso di colpa che lo seguì.

“Però?”

“Però ha resto piuttosto chiaro che non intende più avere niente a che fare con me,” mormorò Amanda, chiudendo gli occhi. “Crede che tu mi stia prendendo in giro, e non vuole restare a guardare”.

“E’ comprensibile”.

Amanda spalancò gli occhi, guardando Alessandro con fare incredulo.

“Andiamo, Amanda, non è forse la prima cosa che penserebbe chiunque? Lo penserei anche io, se non fossi direttamente coinvolto. C’è un motivo se le relazioni tra insegnante e studente sono vietate. C’è una disparità di potere che rischia di rendere qualunque rapporto impari e potenzialmente pericoloso, oltre alla inevitabile differenza di età”.

“Mi stai dicendo che ha ragione lei?”.

Alessandro scosse la testa, accucciandosi a terra e posando una mano sulla guancia di Amanda, accarezzandole dolcemente il volto. “Sto solo dicendo che capisco la sua preoccupazione, e ancora di più il suo scettiscismo. Lei non ha vissuto la storia con noi. Non può sapere che io non mi sono innamorato della mia allieva, ma di Amanda. Ed è questo che cambia tutto”.

“Quindi cosa dovrei fare? Lasciarla andare?” sussurrò Amanda, socchiudendo gli occhi.

“Dalle un po’ di tempo, poi raccontale semplicemente la verità”.

“La verità?”.

“Dille che ti amo,” disse lui, sfiorando le labbra di lei con le sue. “Dille che sono l’uomo più fortunato del mondo ad averti trovata, e ad aver avuto la fortuna di essere ricambiato. Dille che ti ho ferito, una volta, e che strapparmi il cuore avrebbe fatto meno male”.

Amanda, malgrado gli occhi lucidi di commozione, scoppiò a ridere. “Scusami,” disse tra una risata e l’altra, tirando nel frattempo su con il naso, “è che certe volte sei così… intenso!”.

Fortunatamente l’uomo non sembrò prendersela, aprendosi a sua volta in un sorriso. “Sono pur sempre laureato in filosofia. Essere intenso è il mio lavoro,” disse, sistemando una ciocca di capelli dietro l’orecchio di Amanda e alzandosi. “Ora però credo che raggiungerò Flash a letto. Mi è stato promesso un brodo caldo, dopotutto”.

“Alessandro?” lo richiamò la ragazza.

Lui si voltò, e ad Amanda in quel momento sembrò più bello che mai, ma anche più reale. Finalmente lo vedeva veramente, senza alcun tipo di fantasia a fare da filtro, senza alcuna emozione contrastante. Finalmente vedeva Alessandro. E lo desiderava come non lo aveva mai desiderato prima d’ora.

“Sì?”

“Ti amo anche io”.


Proprio come previsto, con il passare delle ore la temperatura di Alessandro si alzò di nuovo, fino a raggiungere il suo picco alle sette di sera, sfiorando i quaranta gradi.

L’uomo si rivelò essere un pessimo paziente, rifiutando di prendere qualunque medicina e di ammettere di avere freddo, tremando talmente forte da far scappare Flash dal letto. Finalmente, dopo essere stato sommerso da coperte su coperte e aver declinato un’ultima volta l’antibiotico, riuscì ad addormentarsi, solo la punta del naso visibile da sotto il mucchio di lana.

Amanda, a sua volta esausta, si sdraiò accanto a lui, ascoltandone il respiro. Chiudendo gli occhi poteva quasi perdercisi, abbandonando il filo di pensieri e sentendo ogni singolo muscolo distendersi e rilassarsi. Cercò di sincronizzare il proprio respiro a quello di Alessandro, e da lì ci vollero pochi minuti perché anche lei scivolasse nel  mondo dei sogni.

Quando si risvegliò il sole era già calato da un pezzo, come dimostrava la completa oscurità che regnava nella camera. Si voltò assonnatamente verso Alessandro, sollevandosi a sedere quando trovò il letto vuoto.

“Proprio non lo capisce che deve rimanere a letto” borbottò tra sé e sé, dando una sistemata alle coperte tutte arrotolate prima di alzarsi e cercare a tentoni la porta. Una volta aperta le ci volle qualche secondo per abituarsi alla forte luce emessa dalla lampada del corridoio, e il fatto che fosse ancora stordita per il sonno non la aiutò di certo.

“Buon giorno” mormorò, una volta in salone alla figura accanto al bancone della cucina che riusciva a malapena a distinguere attraverso gli occhi socchiusi. Se li strofinò con forza, cercando di aprirli del tutto.

“Sono le due del mattino, ma buon giorno anche a te,” rispose Alessandro, alzando un bicchiere d’acqua nella sua direzione, quasi stesse brindando. Amanda nemmeno lo vide, concentrando tutta la sua attenzione su ben altro.

“Sei, uhm” si schiarì la voce. “Perché sei a petto nudo?”. Questo è un attentato bello e buono.

Alessandro fece una smorfia, bevendo un sorso d’acqua. “Stavo morendo di caldo. Non guardarmi così, lo so che dovrei stare sotto le coperte, ma rischiavo veramente di evaporare”.

“Almeno mettiti una maglietta!” O no. Uh? Credo di avere una carenza di ossigeno. “Probabilmente hai caldo perché stai sfebbrando, ma se ti scopri adesso siamo punto a capo”.

L’uomo alzò le braccia in segno  di resa, non facendo altro che evidenziare i muscoli del petto e delle braccia. Amanda dovette fisicamente sforzarsi per  tenere le mani al loro posto.

Quando finalmente si fu allontanato a prendere la maglietta, Amanda si lasciò cadere sul divano, piegando la testa all’indietro nel tentativo di schiarirsi la mente. Mai come in quel momento si era sentita un’adolescente in preda agli ormoni, o una maniaca sessuale, a dipendere dalle interpretazioni.

“Vuoi una tazza di latte?” le chiese la voce di Alessandro alle spalle, facendola sobbalzare. Si voltò verso di lui, osservando la camicia a bottoni che aveva indossato.

“Hai sbagliato bottoni,” ridacchiò, indicando come i due lati della suddetta non combaciassero. “Hai saltato il primo. Aspetta…”. Afferrò l’uomo per la manica, tirandolo verso di sé, e lo fece sedere accanto a lei sul divano. Si sentiva la mente annebbiata, e fu forse solo questo che le diede il coraggio di afferrare il secondo bottone della camicia e farlo scivolare fuori dal suo occhiello, continuando così fino a che la camicia non fu completamente sbottonata.

A quel punto si fermò, alzando lo sguardo verso il volto di lui. Alessandro la stava guardando con la stessa intensità, una familiare emozione che bruciava viva nei suoi occhi, facendola sentire in fiamme.

La consapevolezza che lui la desiderava quanto lei desiderava lui eliminò le ultime difese che le erano rimaste, e prima che potesse rendersene conto gli aveva stretto le braccia al collo, baciandolo con tutta la passione che sentiva animarla. La risposta di Alessandro non si fece attendere: in pochi istanti l’uomo la afferrò in vita, sollevandola e avvicinandola al proprio corpo, lasciando poi scorrere le mani lungo la schiena e i fianchi.

Quando una di esse raggiunse il bordo della sua maglietta, sollevandola, Amanda staccò le sue labbra da quelle di Alessandro, allacciando lo sguardo al suo. Mentre le dita di lui sfioravano ogni centimetro della sua pelle nuda, Amanda poté leggergli negli occhi ogni singola emozione, ogni insicurezza, e ogni goccia di desiderio. Lentamente e con esitazione, anche lei tese le mani verso il petto dell’uomo, prima sfiorandolo con la punta delle dita, percorrendo la linea che va dal collo all’ombelico e fermandosi poco prima dell’elastico del pantaloni; poi vi distese entrambi i palmi, salendo lungo la pancia e fino alle spalle, tastando ogni muscolo come aveva desiderato fare per decisamente troppo tempo.

Sollevò le braccia mentre lui le sfilava la maglia, poi chiuse gli occhi quando sentì scattare l’apertura del reggiseno. L’istinto di coprirsi il petto nudo fu più forte di lei, arrossendo per l’imbarazzo.

“Sei bellissima,” sussurrò lui, sfiorandole la spalla con il dorso della mano e lasciandola scivolare fino al polso. Amanda abbassò lo sguardo, e lui si fermò. “Se non vuoi-”

“No, no. Certo che lo voglio” disse lei, sollevando nuovamente le sguardo. “Solo… se magari spegnessimo le luci mi sentirei più a mio agio”.

Alessandro curvò un poco la testa. “Sei imbarazzata”.

“Lo sai? In spagnolo questa frase avrebbe tutt’altro significato1”.

“Caspita. Sei molto imbarazzata. Se è per colpa mia…”

Amanda scosse la testa. “No. Beh, sì. E’ che non ho mai fatto niente del genere e... non sono ben sicura di quello che ti aspetti”.

“Mai?” domandò Alessandro, con sincera curiosità. “Ora sì che mi sento un vecchio maniaco,” disse, ma era evidente il suo tono scherzoso. “Per quanto riguarda quello che mi aspetto,” chinò il viso verso di lei baciandole dolcemente il mento, “abbiamo già,” la baciò sul collo, “superato” scese ancora, “le aspettative” concluse, lasciandole un leggero bacio sulla clavicola.

“Adulatore” disse Amanda, ma Alessandro era effettivamente riuscito a sciogliere la tensione che si era sentita addosso, per cui si lasciò baciare con trasporto sulle labbra, togliendo finalmente le braccia da davanti al petto e spostandole sulle spalle dell’uomo, immergendo le mani nei suoi capelli. Quest’ultimo qualche secondo dopo si alzò all’improvviso, voltandosi verso il divanetto al loro fianco e corruciando le sopracciglia.

“Qui c’è un po’ troppa compagnia” disse, adocchiando Flash che li osservava scodinzolando dalla sua postazione. “Sarà meglio spostarci” aggiunse poi, afferrando Amanda tra le braccia e incamminandosi verso la camera da letto.

La ragazza scoppiò a ridere, stringendosi al collo di Alessandro e dandogli un veloce bacio sulle labbra. Bastò quell’attimo di distrazione per farli finire contro lo stipite della porta.

“Auch!” esclamò Amanda, scoppiando poi di nuovo a ridere. “Questa giornata è un disastro”.

Alessandro sorrise. “Qualcosa mi dice che la conclusione rimedierà a tutto,” poi, con un leggero calcio, chiuse la porta.
 


1Embarazada in spagnolo vuol dire "Incinta". Amanda è pazza. 
  
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