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Autore: Emilia Zep    03/02/2015    3 recensioni
Dalle aspre terre di Tessaglia all'Atene splendente del V secolo, le avventure e il destino di una giovane strega di anni e anni fa.
La storia vince il premio "miglior trama" al contest "A spasso nel tempo" indetto da Maylrohin sul forum di EFP
Genere: Avventura, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Hermione Granger, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Erano passati pochi mesi dalla partenza di Melisso, quando una mattina venne Mirrina a chiamarmi in camera, smangiucchiando un biscotto.
- C’è una ragazza che chiede di te, di sotto. –
 Io mi stropicciai gli occhi. Nonostante fosse quasi mezzogiorno, m’ero alzata da poco ed ero ancora assonnata.
- Non ti ha detto il suo nome? –
- Filò, mi sembra. O qualcosa del genere. Da come è vestita sembra una ragazza libera. Una per bene -  Mi porse metà del biscotto che aveva in mano.
- Se è venuta da sola non sarà tanto per bene! – Risi
-Non è proprio da sola. – Rifletté – C’è una bambina con lei –
Ci guardammo perplesse. Non conoscevo nessuno con quel nome e, soprattutto, era molto strano che una donna libera si esponesse a parlare con ragazze come noi. – Tira fuori lo scudo – Scherzò Mirrina – Magari è una moglie gelosa - Scesi di sotto, incerta. Seduta sulla via mi aspettava una ragazza.  Non l’avevo mai vista prima e, dagli abiti che portava, sembrava davvero una donna per bene. Avrà avuto la mia età o poco meno. Mi parve bellissima. Il sole batteva sui suoi riccioli fulvi illuminandoli di rosso acceso. Poco più in là, una bambina di sei o sette anni giocava a impastare casette col terriccio della strada. La ragazza le gettava un’occhiata di tanto in tanto mentre se ne stava ad attendermi seduta sul gradino davanti alla porta. Appena mi vide si alzò a salutarmi – Sei tu Ermione di Tempe? – mi chiese allegramente – Io mi chiamo Filò. – Si presentò abbracciandomi – Sono la figlia di Brontino, il vasaio. O almeno lo ero, prima che mio padre mi ripudiasse – Aggiunse ridendo - Felice di conoscerti –
Le sorrisi.
- Sono qui per conto del mio maestro, Pantoo di Samo. Ne hai mai sentito parlare? –
Scossi la testa – A dire il vero no. – Ammisi
-Già – Rifletté Filò – In effetti non frequenta molto le cene mondane. Intendiamoci, qualche volta sì, ma forse non vi sarete mai incrociati. –
- Credo di no. –
- E’ un matematico – continuò – Viene da Samo ma vive ad Atene da diversi anni. Prima però ha viaggiato moltissimo, ha studiato dai geometri egiziani, è stato anche in Persia. L’altro giorno ha sentito dire che c’era in città una ragazza di Tempe ed è rimasto turbato. Non so dirti il perché, non me ne ha fatto parola. Ma dopo un po’ mi ha chiesto se potevo fargli un favore. Vorrebbe parlarti.  Sarebbe venuto lui stesso a domandartelo ma temeva che potessi fraintendere le sue intenzioni. Non voleva che pensassi che ti cercasse per un incontro d’altro genere, cosa che, non mette in dubbio, non potrebbe che essere un onore. Ma mi prega di dirti che sono altre le ragioni per cui chiede di parlarti. –
Non riuscivo ad immaginare cosa potesse volere da me quel matematico samio. Acconsentii a seguirla. –Urania! – Gridò Filò alla bambina che ancora giocava con la terra – E’ ora di andare –
Rimasi immobile per un attimo fissando la bambina. Aveva capelli scuri e due occhi grandi – E’ tua figlia? –
Filò scoppiò a ridere – Oh no no. – rispose – E’ la figlia di Pantoo. Sai Urania è la musa della geometria e dell’astronomia, così la porto sempre con me sperando che mi ispiri! – scherzò – In realtà – Mi spiegò poi mentre camminavamo – Quando sono fuggita per studiare da Pantoo lui mi ha accolto in casa sua. Non voleva che facessi nulla per sdebitarmi ma io ho insistito e gli ho chiesto di potermi prendere cura di Urania fintanto che vivevo da lui. Urania mi si è talmente affezionata che lui alla fine ha acconsentito. E poi sai, non ha la mamma, poverina. –
Le chiesi perché fosse fuggita di casa. Mi raccontò che quando suo padre aveva scoperto che andava a lezione da Pantoo l’aveva picchiata e le aveva bruciato le tavolette di cera e i libri. Lei però aveva continuato ad andarci di nascosto allora lui l’aveva frustata e chiusa in camera a chiave per giorni e giorni. Non poteva vedere nessuno, nemmeno sua madre e sua sorella. Ma una notte Filò era riuscita a fuggire, calandosi dall’alto. Allora suo padre l’aveva ripudiata. Questo voleva dire che non era più sua figlia e che chiunque avrebbe potuto fare di lei ciò che voleva. Contava quanto una straniera che non era di nessuno e se mai avesse avuto dei bambini, da grandi non avrebbero potuto avere la cittadinanza. Se Pantoo non l’avesse aiutata non avrebbe potuto fare altro che prostiuirsi.
- E’ una cosa terribile – mormorai
- Oh no, non tanto – disse Filò – Mio padre avrebbe anche potuto farmi uccidere, sai? Invece ha deciso diversamente. Probabilmente mi ama molto se ha agito così. - Aggiunse con una nota amara –Io l’ho disonorato davanti a tutti. Sono fuggita, ho scelto di occuparmi di cose virili. Senza contare che ora vivo in casa di un uomo che non è mio marito come fossi una concubina, non c’è differenza agli occhi della gente, anche se Pantoo mi ha davvero accolto come una figlia, invece.
 – Devi amare molto quello che studi – Le dissi. Mi guardò con occhi pieni di luce – Follemente. –
In effetti, pensai, non avevo mai sentito di una matematica donna, prima d’ora. Da noi era una scienza che non si praticava e il solo immaginare una ragazza ateniese in quell’occupazione mi pareva stridente. Le donne libere quasi mai erano istruite. Le più colte che conoscevo erano le mie compagne etère ma anche su di loro l’interessarsi ad una scienza simile mi sarebbe parso fuori luogo.
- Perché Pantoo ha accettato di istruire una donna? – chiesi
Filò sorrise – Lo so, è molto strano – mi disse – Ma lui crede che noi possiamo essere intelligenti quanto gli uomini. Dice che nei suoi viaggi ha incontrato donne molto più sapienti e sagge di tanti uomini e da cui non ha avuto che da imparare. Perché poi abbia accettato di istruire me non lo so – scoppiò a ridere – Deve averlo colpito la mia insistenza più che altro. Ero talmente indietro, all’inizio, rispetto agli altri ragazzi che lo seguivano. Ho dovuto faticare moltissimo per raggiungerli. Ma cosa vuoi, non ero mai andata a scuola! In compenso tutto quello che avevo imparato fino ad allora l’avevo orecchiato, rubato, oppure compreso da sola, e questo mi ha fatto sviluppare un grande intuito. Così ora riesco ad essere più rapida di molti altri. Pantoo però ogni tanto mi rimprovera quando salto troppi passaggi, dice che sono irruenta e così arrivo a conclusioni affrettate. – Sorrise – Be’ ogni tanto è vero. – Ammise fermandosi – Eccoci qui, siamo arrivate. –
Entrammo in una casa accogliente, dal braciere si spandeva nell’aria odore di cedro. Ci accolse un uomo sui trentacinque anni o poco più. Alto, ancora bello. Ispirava calma a guardarlo. Ci sorrise, gentile – Ben arrivata – mi disse guardandomi negli occhi – Io sono Pantoo.- si presentò, poi mi pose una mano sulla spalla – Grazie per essere venuta. -  Urania sgusciò dalla stretta di Filò e gli andò in incontro correndo – Padre! – lo chiamò attaccandosi a un lembo del suo mantello. Lui si chinò alla sua altezza per darle un bacio, poi la prese in braccio, facendola ridere – Urania, hai già conosciuto Ermione, immagino – Le disse poi mentre ci invitava ad accomodarci in casa –
La bambina mi guardò titubante – Sì – disse ed esitò – Non ci siamo presentate però -
Pantoo le sorrise –  Be’ allora fallo adesso- le disse – E dai il benvenuto alla nostra nuova amica –
Urania mi si fece davanti tutta contenta – Io sono Urania, figlia di Pantoo – annunciò solennemente.
- Lieta di conoscerti, Urania – le risposi con un piccolo inchino – Io sono Ermione, figlia di Arione –  Al pronunciare il nome di mio padre per un momento mi passò per la mente che non lo avevo più rivisto da quando ero andata via, a otto anni. Lo immaginai invecchiato e mi chiesi se sarei stata in grado di riconoscerlo, incontrandolo per strada, e soprattutto se lui sarebbe riuscito mai a riconoscere me. Per un attimo mi parve di provare un poco di invidia per quella bambina.
Urania continuava a guardarmi – E’ vero che sei una citadista – mi chiese, come si trattasse di un segreto.
- Citarista – la corresse Filò – Vuol dire una persona che suona la cetra –
- E’ vero?- Insistette Urania
Sorrisi – Sì, certo, è vero. – risposi
- Lo sapevo che era vero! – esclamò – Io ho sentito dire che le ragazze che suonano la cetra e il flauto sono tutte bellissime! –
-E questo da chi l’hai sentito? –Scherzò Filò 
- Da Milone! –Rispose Urania – Ha detto che tu, Filò, eri più bella di tutte le citadiste e le flautiste che ci sono ad Atene –
Filò arrossì violentemente – Urania non si dicono le bugie! – protestò – E poi si dice ‘citariste’ con la ‘r’! –
- Ma non era una bugia! – Si difese Urania – Te lo giuro, l’ho sentito. – Poi tornò a rivolgersi a me –Ma tu sai suonare la cetra come gli aedi? –
- Perché invece di sommergere la nostra ospite di domande –Intervenne Pantoo, che aveva osservato la scena ridendo –Non la invitiamo a sedersi e a riposare. -
Mi offrirono da mangiare e da bere. Durante il pranzo parlammo amabilmente. Raccontai ad Urania che avevo imparato a suonare molti anni prima e che adesso ero specializzata in versi d’amore ma un tempo raccontavo le gesta di eroi ed eroine. Commentammo l’impresa che era stata fatta da poco sulle trascrizioni dell’Iliade e dell’Odissea. Filò disse con entusiasmo che aveva sentito parlare di alcune aggiunte, ai poemi di Omero, di episodi meno noti della storia “Pare che un aedo di Chio abbia tramandato un intero canto sulla maga Circe! “ Pantoo mi chiese poi quali fossero le mie odi preferite e mi confidò che anche lui amava Saffo moltissimo e che sapeva i suoi versi a memoria fin da quand’era ragazzo. Tra l’altro, mi disse, l’isola da cui proveniva era proprio vicina a quella della poetessa. Poi si lasciò andare ad una dissertazione appassionata sulla presenza della matematica nella musica e io mi sentii avvinta più che se stessi ascoltando un racconto sui viaggi di Argo. Sembrava lui stesso stupirsi mentre parlava, come se si ritrovasse a scoprire al momento la meraviglia inspiegabile di quel legame. Mentre discorrevamo ebbi una strana sensazione, quasi che Pantoo non vedesse in me la donna che ero diventata in quegli anni ateniesi ma che, per qualche ignota ragione, sapesse rivolgersi alla ragazza che avevo lasciato sui monti della Tessaglia. Mi sentii turbata ma allo stesso tempo anche liberata e di colpo mi scoprii estremamente a mio agio sia con lui che con Filò. Ormai si era fatto pomeriggio. Urania era uscita a giocare in cortile con i bambini dei vicini e Filò si era appartata leggermente con la scusa di mettere via le stoviglie. Pantoo mi guardò in silenzio per qualche secondo poi prese un respiro – Ti starai domandando perché desiderassi parlarti – cominciò piano – Non so se lo sai, ma in città sei nota come “il fiore di Tempe”. E’ da lì che vieni? –
- Sì – risposi guardandolo negli occhi –Conosci la valle? – chiesi.
Pantoo scosse la testa – Molti anni fa però conobbi una donna di Tempe.- Fece una pausa - Se vieni da lì presumo che tu sia una maga .-
Per la prima volta da quando ero in quella città non mentii – Sì – ammisi – sono una maga –
Il matematico abbassò lo sguardo, con l’espressione di chi ricorda qualcosa – Allora prima di tutto –mi disse - devo chiederti questo. Ti è capitato di sconoscere a Tempe una donna di nome Sofia? Ha capelli scuri e sguardo profondo, una risata genuina… -
Gli occhi mi si inumidirono.
-La conosci? –
 -Sì – Risposi –  E’ stata la mia maestra. Oltre che l’amica più cara che potessi desiderare.–
Pantoo mi fissò in silenzio, con una strana luce nel volto – E dimmi, - mi chiese animato - Cosa fa? Come sta? –
Lo guardai negli occhi senza riuscire a parlare. Presi un respiro ed esitai, la voce mi si spezzava in gola – E’ morta – dissi poi, piano.
 Lui si raggelò, parve mancare – Ne sei sicura? – Chiese
Feci segno di sì – Non avrei mai voluto darti questa notizia. –
 Rimase in silenzio con lo sguardo perso non so per quanto. Mi sembrarono ore. Poi si alzò lentamente e con passo incerto uscì di fuori, senza dire una parola.
Filò mi guardò senza capire. Poi vedendo che anch’io avevo gli occhi tristi mi abbracciò e mi preparò un infuso con il miele.
- E così sei una maga? – mi chiese stupita.
- Già –
- E pensare che avrei giurato che esistessero solo nelle vecchie storie! –
Dopo un po’ Pantoo rientrò. Il suo sguardo era tornato presente, anche se addolorato. –Perdonami – mi disse sedendosi - Ma quello che mi hai detto mi ha sconvolto nel cuore.  Vedi, Sofia significava molto per me. Non ho mai amato nessuno così. Ho pensato a lei ogni giorno da quando non ci siamo più visti. – Guardò verso il cortile dove si sentivano giocare i bambini – Urania – disse – E’ sua figlia. -
Restammo in silenzio. Filò sembrava stupita.
E così, pensai, era lui l’uomo che Sofia teneva segretamente nel cuore. E la misteriosa Urania di cui era stata tanto gelosa era proprio quella bambina con cui avevo parlato e scherzato fino a poco prima. Sorrisi nel ripensare a quella mia scenata e a tutte le lacrime che avevo pianto.
- Anche lei ti amava, Pantoo – mi sentii di dirgli – moltissimo. E pregava per Urania ogni notte davanti agli altari di Ecate. Una volta mi disse che separarsi da te era stato peggio che morire e, non so perché, ma credeva fosse tutta colpa sua. –
- No no, affatto– Intervenne Pantoo – Io non lo penso. Mi dispiace molto che lo credesse. Doveva tornare dalla sua gente, invece. Lei era fatta per la magia, ci si applicava, si appassionava, sapeva fare cose portentose. Non era una donna che avrebbe potuto vivere chiusa dietro a un telaio, sarebbe morta. –
E ci raccontò che si erano conosciuti in Asia dove si erano ritrovati ad apprendere lo studio del cielo dagli astronomi caldei, lui per la scienza e lei per la magia. Si erano amati ardentemente ed avevano vissuto insieme tre anni appassionati, continuando a girare per le terre d’Oriente. Ma a un certo punto Sofia aveva cominciato a sentirsi in dovere di tornare a casa. Sembrava molto preoccupata per via di un mago, di cui si sentiva parlare in Asia, e che lei temeva potesse minacciare la sua gente. Da tempo si tormentava ma continuava a rimandare quel ritorno perché sapeva che l’avrebbe portata a separarsi da Pantoo.
- Non potevi andare con lei? –Chiese Filò
- Purtroppo – rispose lui – un giorno mi spiegò, disperata, che a una maga non è permesso sposarsi con un uomo comune né tanto meno avere figli con lui. –
Guardai Pantoo, davanti a me, e mai come in quel momento mi parve inadatta la definizione di ‘uomo comune’.
- Se fosse restata con me non sarebbe mai più potuta tornare dalla sua gente. E io sentivo che questo per lei avrebbe significato rinunciare a se stessa. E io lo capisco, e’ come se a me fosse stato chiesto di non occuparmi più di scienza. – guardò Filò –A te è stato imposto  dalla tua famiglia. E sei fuggita. Io non avrei mai voluto che lei si sentisse così. Per questo, quando rimase incinta e pensò di essersi ormai preclusa ogni possibilità di ritorno le dissi che avrei preso io il bambino con me. Le promisi che l’avrei allevato con ogni cura e le giurai che prima o poi l’avrebbe rivisto. Nacque una bambina e la chiamammo come la musa sotto cui era nato il nostro amore. Per lei fu dolorosissimo staccarsi da Urania ma non avrebbe potuto portarla con sé. C’erano regole ancora più rigide tra la sua gente, da quando un trovatello era stato causa di eventi nefasti.   –
Mi chiese poi come fosse morta Sofia e io gli raccontai che aveva combattuto fino alla fine e aveva salvato l’Ellade dall’imporsi di un essere malvagio. Narrai nei dettagli di Adrasto e di quel che era successo a noi e alla nostra valle.
Pantoo mi ascoltò attentamente. Quando ebbi finito mi guardò pieno di tenerezza – Mi dispiace –disse toccandomi un braccio – Deve essere stata molto dura per te in questi anni –
Mi guardai indietro e sentii che era vero. Anche se tanto spesso mi ero ritenuta fortunata per la sorte che mi era toccata, quei due anni ad Atene erano stati in realtà i più duri della mia vita. Per la prima volta dopo tanto tempo scoppiai a piangere e diedi sfogo a tutte le lacrime che mi ero tenuta dentro. Pantoo e Filò lasciarono che mi liberassi dal peso che avevo sul cuore, pur standomi vicini. Quando ebbi finito mi sentii più leggera.
- C’è dell’altro che devo chiederti. – mi disse poi Pantoo, quando mi fui tranquillizzata – Si tratta di Urania. - cominciò - Vedi, lei è una bambina molto particolare. Ogni tanto fa cose… fuori dal comune… –
Capii subito di che stava parlando.
- Quando vive emozioni forti, per esempio. – Proseguì.
- Sposta oggetti senza toccarli. – Ipotizzai – O, non volendo li rompe. O sembra evocare, alle volte delle forze strane, piccoli lampi rossi, per esempio. -
Pantoo annuì colpito – Proprio così. –
Gli sorrisi – E’ normale. Molti piccoli maghi manifestano questi segni di magia involontaria. –
- Tante volte non capisce cosa le accade e si spaventa. Quanto avrei bisogno di Sofia in questo momento… – mormorò – Vedi – mi disse - io vorrei che Urania imparasse a coltivare il suo dono, a gestirlo. Ma io non sono in grado di aiutarla. E così, mi chiedevo se tu potessi fare qualcosa per lei.-
Sospirai.  – Quasi tutto quello che so me l’ha insegnato Sofia. Sarebbe un onore per me poterlo passare ad Urania e ti assicuro che mi dedicherei giorno e notte all’istruzione di tua figlia ma purtroppo io non sono libera. Appartengo a Tasia e non mi è permesso di gestire il mio tempo come credo. Non potrei, ad esempio, frequentare troppo spesso la tua casa senza che a lei ne venisse nulla. –
Pantoo mi guardò – Ti propongo un accordo.- mi disse - Ma solo se lo vorrai, non devi sentirti in alcun modo obbligata ad accettare.-
Rimasi in attesa.
-  Io cercherò di riscattare la tua libertà e tu insegnerai a mia figlia a dominare i suoi poteri. –
Rimasi di sasso – Ne sei sicuro? –
- Se riuscirò a convincere Tasia. -
 
Non seppi mai perché si offrì di riscattarmi. Avrebbe potuto pagare a Tasia il prezzo delle mie ore, come facevano in tanti, e io, da parte mia, non avrei voluto nulla in cambio, per istruire la figlia di Sofia. Col tempo mi convinsi che aveva agito così perché in fondo gli stava a cuore la libertà della gente. Non lo vidi mai possedere schiavi e tante delle sue scelte mi sembrarono volte a lasciare gli altri liberi.
Del resto mai avrei creduto che Tasia si sarebbe convinta a cedermi. Eppure qualche giorno più tardi venne a cercarmi.
- C’è un matematico samio che si offre di pagare per la tua libertà –mi disse – Ne sei al corrente? –
- A dire il vero sì- risposi
- E ti sta bene? –
Annuii –Mi sta bene. -
Tasia sospirò – Devi averlo fatto davvero innamorare –disse – non vuole pagare per acquistarti, vuole proprio liberarti. – Mi guardò negli occhi –Non potrà mai offrirmi tutto quello che vali –mi disse – Si vede da com’è vestito. A te non importa? –
Scossi la testa.
- E sia. Accetterò ugualmente.- disse - Non mi hai mai delusa e, se sei riuscita a rendere un uomo tanto folle da volerti liberare, vuol dire che i miei insegnamenti sono valsi a qualcosa! Purché non finisca per innamorarti anche tu! -  mi ammonì.
Le ragazze mi salutarono con mille feste – Non ce l’avevi detto che avevi un innamorato così devoto! –
- Mi raccomando, fatti sposare da questo Pantoo – mi disse Arinna.
- Ma sei matta! Assolutamente no!  – saltò su Mirrina
- E perché no? In fondo anche lui è straniero, non potrebbe sposarla se la ama? –
- Ma che sciocchezza!-
- Fatti pagare per ogni notte piuttosto –Intervenne Bacchide ridendo – E metti su un’attività come ha fatto Tasia.-
- Così quando ci libereremo anche noi verremo a lavorare per te! – propose Mirrina
- Vienici a trovare, non dimenticarti! –
 

 
  
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