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Autore: Vanya Imyarek    08/02/2015    1 recensioni
Per i Greci, il kosmos è l'ordine del mondo, basato sul perfetto equilibrio tra opposti, come luce e tenebre, bene e male. Ora, se la gente odierna sapesse che il kosmos è minacciato da un fantasma con vari problemi mentali e un chiodo fisso pr la propria divinizzazione, e che è invece difeso da un paio di ragazzi doppiogiochisti, opportunisti e pure alquanto iettatori, tutti impegnati a cercare di procurarsi un'antica corona egizia dai poteri straordinari, ci sarebbe da supporre che il mondo piomberebbe nel panico generale.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Servi del Kosmos'
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                                                 CHAD

 

 

DEL  PERCHE’  I  FIGLI  DI  HYPNOS  DOVREBBERO  STARSENE  SEMPRE  A  DORMIRE

 

 

 

 

 

Dopo quella serie di giornate deliranti in cui tutto il nostro mondo era stato messo sottosopra, eravamo stati coinvolti in una missione moralmente discutibile e ci eravamo invischiati in una sorta di triplo gioco, ne seguirono diverse altre in cui imparammo un nuovo concetto di ‘normalità’.

Apparentemente, la nostra vita si era fissata nei classici binari della vita al Campo: esercitazioni, combattimenti, apprendimento del greco antico.

A dire il vero, io non sarei neppure riuscito a fare tutte quelle cose, se non fosse stato per Walt. Gli doveva essere giunta in qualche modo la voce del perché portassi quelle bende alle mani, e si era affrettato a trovare un modo di aiutarmi. Mi rivelò di essere ospite del dio Anubi, lo stesso che aveva causato tanti problemi a Dakao, che anche lui aveva il mio stesso potere, e che effettivamente anche lui aveva trovato delle difficoltà agli inizi.

A suo dire, dipendeva tutto da una faccenda emotiva: quei poteri rispondevano alle mie emozioni. Evidentemente, durante l’attacco dello zombie (che i seguito, scoprii, era classificato come Lestrigone) ero rimasto così sconvolto che il mio potere si era destabilizzato. Mi serviva molta concentrazione, per riportare le mie mani alla normalità e imparare a evocare quell’abilità solo quando ne avessi avuto bisogno. E qui ti ringrazio di nuovo, Walt, e in tutta sincerità, perché veramente non me la sarei mai cavata senza il tuo aiuto.

Una volta tornato ad avere delle mani normali e non avendo più bisogno di girare bendato come una mummia, stabilii una nuova routine e una serie di nuove interazioni al Campo. In particolare, mi sforzai di imparare a maneggiare quei benedetti coltelli: di scegliere un altro tipo di arma non se ne parlava, ormai mi ero affezionato a quegli affari, e mi piaceva l’idea di combattere lanciando coltelli.

Questo, però, comportava il fatto che dovessi usufruire di un bersaglio, e gli unici disponibili erano quelli del tiro con l’arco. Mi ritrovai così in una faida con un gruppetto di figli di Apollo, capitanati da Austin Jersey, che si lamentavano di quest’uso a loro dire improprio. In realtà non ce l’avevano tanto per il bersaglio quanto con me in persona: come scoprii grazie a Jersey, tra i nostri padri c’era una forte antipatia (dio della morte e dio della medicina, effettivamente ha un suo senso) e noi avremmo dovuto perpetrarla in perfetto stile mafioso.

A me sinceramente non importava un fico secco delle antipatie di Thanatos, tanto più che sospettavo stesse antipatico praticamente a tutti, ma a quanto pareva quelli ci tenevano molto, quindi per farli contenti finii per usarli in sostituzione al bersaglio ogni qualvolta li vedevo avvicinarsi. Loro facevano lo stesso con i loro dannati archi. Naturalmente voi questo lo sapete già, ma lo racconto per smentire ancora una volta Jersey: a lui non stavo antipatico fin dall’inizio perché ‘aveva il sentore di qualcosa di equivoco in me’, come adesso va strombazzando ai quattro venti: era tutta quella questione di pseudo mafia. Poi, naturalmente, c’è da dire a merito della discendenza di Apollo che qualcuno di loro se ne fregava altamente e mi ignorava del tutto, non sono così lanoso da fare di tutta l’erba un fascio, intendiamoci.

Anche Penelope, malgrado il lieve ostacolo del suo pessimo carattere, era riuscita a crearsi una routine e una, chiamiamola così, via sociale. Anche lei aveva iniziato ad allenarsi come combattente, visto che, come perfino lei concluse, sarebbe stato un peccato non far fruttare una spada particolarmente potente e rimasta fuori dai giochi per un sacco di tempo. Intanto, strinse una sorta di amicizia con Sadie Kane, visto che di carattere erano abbastanza simili … sì, lo so che ora Sadie negherà sdegnata. Ma per certe cose, avete comunque un carattere simile.

Tramite lei, conobbe anche il fratello, Carter, e la sua ragazza Ziah. Finora, con noi gli egizi erano stati i più ben disposti a fare amicizia; non che voi greci foste scostanti, ma almeno all’inizio la vostra era più che altro cortesia. Mi ricordo ancora di quando Percy era venuto a trovarci, poco dopo la fine della riunione il primo giorno, per sapere come stessimo lì. Molto gentile da parte tua, Percy, lo dico sul serio. Annabeth, al contrario, non sembrava interessata ad ulteriori comunicazioni con noi, anche se non ebbe mai un atteggiamento ostile.

Più interessati sembravano i semidei legati al mondo degli Inferi come noi, che infatti si riducevano a Nico e alla sua sorella Romana Hazel. Quest’ultima, devo dire, ci fece uno strano effetto all’inizio, per l’aspetto e il nome simile ad Hazelle (di carattere, scoprimmo invece più tardi, era tutto l’opposto). E poi, per me, c’erano i figli di Hypnos.

Questi ultimi sentirono dire di me il primo giorno del mio arrivo, e il quarto qualcuno fu sveglio abbastanza da realizzare completamente la notizia. A quel punto, mentre per ad allenarmi con i coltelli, mi si presentarono davanti in massa, estremamente incuriositi dal sottoscritto. Fu un incontro un po’ spiazzante, perché continuavano ad addormentarsi davanti a me; ma tra un sonnellino e l’altro, riuscii a svegliarne abbastanza da scoprire che fossero figli del dio del sonno, e che fossero piuttosto interessati a me, in quanto i nostri padri erano fratelli gemelli. Bene, a quel punto avevo capito che la cosa più importante per la vita sociale, lì al Campo, era sapere chi fosse figlio di chi.

Nonostante quello strano esordio, riuscii ad affezionarmi a quelle sottospecie di lobotomizzati. Forse perché non avevo mai avuto dei parenti così stretti, forse perché con quella mania di addormentarsi dovunque e in qualsiasi situazione, che li esponeva tra l’altro a tutti gli scherzi di chiunque ne avesse voglia, mi facevano un po’ pena, fatto sta che iniziai ad avere più contatti con loro che con chiunque al Campo … eccettuata naturalmente Penelope, per ovvi motivi.

Oltre a tutto questo, in quei giorni riuscimmo ad avere qualche notizia di quello che era successo a chi aveva fatto parte della nostra vita prima che finissimo in quel casino. Per quanto riguardava me, la vicenda non aveva fatto molto scalpore, il che dimostra quanto poco ne capiscano i giornalisti. Ebbi solo qualche menzione in certi programmi che parlavano di persone scomparse, e scoprii che la mia clinica era stata coinvolta in un’inchiesta, per capire come mai avessero lasciato un soggetto potenzialmente pericoloso libero di aggredire un povero segretario. Se questo significava che il mio psicologo avrebbe passato dei guai, bene, ne ero contento.

Penelope, invece, a causa della sua famiglia, fece molto più scalpore. Centinaia di riviste chiesero e ottennero interviste al patrigno e alla sorellastra, che ogni volta ripetevano più o meno le stesse parole: erano sconvolti, non avrebbero mai pensato che Penny potesse fare una cosa del genere, volevano solo che tutto tornasse come prima, e sdolcinatezze varie. La madre di Penelope, invece, non parlò con nessun giornalista: pareva che fosse caduta in depressione. Penelope non ci credette minimamente.

E questa era la nostra vita ufficiale, quella che avete avuto sotto gli occhi per tutto il tempo; adesso, è il caso di rivelare i retroscena.

Nel giro di un paio di giorni, avevamo raccolto tutte le informazioni possibili sulla corona di Tutmosi: era nascosta in una stanza teoricamente segreta, ma grazie agli dei nulla è segreto per la capanna undici, ed era protetta da appositi incantesimi egizi. Da quel poco di conversazione che avevamo origliato il giorno del nostro arrivo, avevamo capito solo che era stato posto un incantesimo di fuoco, onde controbilanciare gli effetti della magia dell’acqua che Regina era in grado di praticare. E questo ci dava la ragionevole certezza che molti incantesimi protettivi fossero ad personam per i nemici del Campo … e magari noi avremmo anche potuto riuscire a prenderla.

Ma dietro ordine di Thoth, non lo facemmo: avremmo rovinato tutta la nostra copertura, e il momento migliore per farlo sarebbe stato durante un ipotetico attacco dei seguaci di Setne. A questi ultimi noi riferivamo tutto quello che potevamo scoprire sulle difese della corona, e anche, devo ammettere, sulle caratteristiche di ciascuno dei principali combattenti del Campo … voi in ascolto, in poche parole. Mi dispiace, però non potevamo fare altro.

 Generalmente comunicavamo mentalmente con Setne, cercando di non confermare in alcun modo le sue riserve sul nostro conto. A volte, però, accadeva che il fantasma convocasse delle riunioni al quartier generale, alle quali dovevamo presenziare anche noi; generalmente erano abbastanza svegli da scegliere un momento della giornata in cui la nostra assenza potesse passare inosservata.

Non so quanto riuscirete a crederci, ma durante quelle riunioni di solito non si parlava della corona: l’argomento era quello che si poteva fare per migliorare ulteriormente il mondo. Iniziammo a conoscerli meglio, durante queste riunioni, e io riuscii anche nel mio obiettivo di scambiare qualche chiacchiera con Hazelle. Scoprii così che oltre che bella era anche una persona fantastica, intelligente e spiritosa. A dire il vero, un po’ tutti lì sembravano persone a posto, con le uniche eccezioni di Mortimer, troppo stupido e violento per essere considerato passabile, e Luciano, che invece era troppo scaltro e impenetrabile, e non si capiva mai dove volesse andare a parare veramente.

Ma a parte loro, erano tutte persone oneste e fermamente convinte della bontà della propria causa … cosa che faceva un effetto un po’ strano. Non credete che (all’epoca) fossimo del tutto privi di sensi di colpa: parlando con le persone del Campo, ci sentivamo a disagio pensando che avremmo dovuto riferire tutto di loro e dei loro piani all’esercito di Setne, mentre parlando con quelli dell’esercito di Setne, ci intristiva il pensiero che avremmo dovuto rovinare i loro tentativi di migliorare l’universo conosciuto. Perché vi ricordo che alla fin fine noi lavoravamo solo per Thoth, la nostra vera fazione era quella del kosmos.

E adesso si arriva alla terza parte del nostro gioco. Sabotare piani come quello per l’esercito di Setne era una tortura per chiunque avesse un senso morale a posto, e anche con i reati tutto sommato secondari che incoraggiavamo, e con la valida giustificazione, ci sentivamo comunque estremamente in colpa.

Dato che eravamo nella capanna undici, favorire il furto era un gioco da ragazzi, anche se sulle prime li incoraggiavamo a rubare con il metodo piuttosto rozzo delle scommesse. Ovvero, noi dicevamo che a nostro parere loro non sarebbero mai stati capaci di rubare una determinata cosa, loro asserivano il contrario, noi proponevamo una piccola posta se ci sarebbero riusciti. Sì, sì, lo so che non è una bella cosa sfruttare in questo modo le persone. Ma loro avevano molte più possibilità di noi di farla franca, essendo figli del dio dei ladri. Naturalmente lo applicavamo soprattutto ai più giovani, i più anziani ed esperti probabilmente avrebbero capito che c’era qualcosa sotto. Oh dei, probabilmente sapevano anche del nostro giro, ma per ragioni loro se ne stavano zitti. Devo dire che non l’ho mai capito.

La nostra seconda attività principale era il vandalismo, e per quella bisognava esporsi in prima persona. Non era particolarmente difficile: dopo aver trovato il modo di superare la parte più problematica, ovvero sparire dal Campo senza che qualcuno se ne accorgesse, bisognava solo recarsi nei luoghi più periferici e malfamati della città, trovare qualche gruppo di teppisti annoiati, e proporre di andare a rigare qualche auto, o a spaccare qualche vetro, o a fare una bella rissa con qualche loro gruppo rivale. Sembrano semplici bravate, ma non avete idea dei loro effetti: quei tizi si sentivano forti a farle, e le ritentavano con sempre maggior frequenza, anche quando noi non c’eravamo. Probabilmente in quel periodo abbiamo creato un piccolo allarme delinquenza da quelle parti.

E a questo punto, suppongo di avervi scandalizzati ormai abbastanza, dunque si può riprendere con la narrazione delle vicende che riguardano la corona. La storia si sposta, a questo punto, alla notte del tredici ottobre, che credo vi ricorderete tutti benissimo.

Quella sera c’era in programma, per noi, una delle riunioni dell’esercito di Setne di cui ho parlato sopra, a quanto avevamo capito per discutere del finanziamento di un centro di ricerca contro il cancro. Bene, non era quello il genere di cose che avremmo dovuto sabotare, per fortuna. Fatto sta che avremmo dovuto aspettare fino al ragionevole orario delle due di notte, per dare gentilmente il tempo all’intera capanna undici di addormentarsi e di non accorgersi della nostra assenza.

Questo risultato, forse, poteva essere raggiunto anche molto prima, non fosse stato che un’improvvisa luce e un ancor più improvviso chiasso da una delle capanne vicine svegliò tutti. La capanna fu un risuonare di mugugni assonati.

 “Ma chi è che rompe a quest’ora … e che due, ma la vogliono spegnere quella luce? … cioè, possibile che non permettano a noi di stare svegli tutta la notte, e quello si mettono a fare tutto ‘sto casino? … ma insomma chi è? … Oh, dei, non ci crederai mai … sono quelli di Hypnos!”

“Eh?” chiesi io a questo punto, avvicinandomi a una delle finestre per guardare meglio la capanna diciassette. Era inconcepibile, ma la capanna illuminata e rumorosa era proprio la loro. Assolutamente incomprensibile: chi aveva mai visto dei figli di Hypnos che stanno svegli non dico di giorno, ma addirittura la notte?! Ci doveva essere un’emergenza di qualche tipo.

“Io vado a vedere cos’hanno” annunciai, prima di uscire. Speravo che l’emergenza fosse l’improvvisa sparizione dei loro cuscini dovuta a qualche buontempone del Campo, ma sarebbe stato troppo semplice. Quando feci il mio ingresso nella capanna, la trovai immersa nel caos più totale.

“Dai, muovetevi, potrebbero arrivare qui da un momento all’altro!” incitava il capo capanna Clovis.

  “Ma dove le teniamo le armi di solito?” chiese qualcun altro, passando al setaccio tutta la stanza. “Voi non tenete armi qui dentro” feci notare io, catalizzando su di me l’attenzione generale.

“Chad! Ecco, adesso ci aiuti tu” dichiarò Martha, una dei ragazzi più giovani, ancora mezzo addormentata.

“No, voi ve ne tornate a dormire, perché di questo passo sveglierete tuto il Campo” mi ritrovai a dichiarare come se fossi davanti a un gruppo di bambini monelli, malgrado un paio di loro fossero anche più grandi di me.

 “Chad, qui si tratta di un’emergenza” disse Clovis nel tono più sveglio e serio che gli avessi mai sentito. “L’esercito di Setne è qui vicino al Campo, e si sta portando dietro un dragone”

“Che?!” fu la mia intelligente risposta. Io non ne sapevo niente! Dannazione, com’era possibile che quelli di Setne non mi avessero avvertito? Se avevano in mente un’invasione, tanto più con una bestia di quel genere, la cosa più logica da fare sarebbe stata avvertire me e Penelope, in modo che eliminassimo tutti gli eventuali ostacoli!

“Clovis li ha visti in sogno” spiegò Julian, il più grande della capanna dopo Clovis. “Stanno passando proprio qui, vicino alla baia, con un dragone enorme. E sai che i nostri sogni sbagliano molto di rado”

Era vero: i figli del dio del sonno potevano vedere qualunque cosa in sogno. Erano molto più utili di Penelope con i suoi sogni incomprensibili, per inciso.

 “E va bene, mettiamo che l’abbiate vista giusta … cosa contate di fare?” chiesi. Qui più che altro la questione era cosa dovessi fare io: dovevo anzitutto accertarmi che quelli di Setne ci fossero veramente, e poi gestire la situazione in modo da non scoprire nemmeno per un attimo che gioco stessi giocando. Insomma, con i sospetti che Setne poteva avere su di noi, non era il caso di scherzare.

“E lo chiedi? Avvertiamo tutto il Campo e catturiamoli!” fu a risposta di Martha. Ah, ecco una buona occasione per passare per un traditore! Insomma, anche se quelli del Campo fossero riusciti a catturare gli intrusi, il gioco mio e di Penelope sarebbe stato scoperto. Senza contare che quelli di Setne avrebbero anche potuto chiedermi di unirmi a loro all’attacco. Sempre che fosse ciò che stavano facendo, e non stessero semplicemente cercando un modo di portare un mostro, da utilizzare in seguito, alla loro base.

“Eh no, datevi una calmata” intervenni. “Okay che vi sbagliate di rado, ma se fosse stato davvero un sogno? Finireste per svegliare l’intero Campo a quest’ora per niente. Non aumenterebbe molto la vostra popolarità”

“Non è che abbiamo questa gran vita sociale …” obiettò Julian, come a dire che non avevano nulla da perdere.

“Non ti ricordi quella volta che vi hanno caricati sulle canoe mentre dormivate, e spediti al largo? Non fosse stato per Percy, a quest’ora sareste ancora lì. E in quella stazione non avevate fatto niente. Ci tenete a fare arrabbiare soggetti con questa nobiltà d’animo?”

 Ero sicuro di aver toccato il tasto giusto. I figli di Hypnos, ovviamente, non gradivano gli scherzi di cui erano vittime. Facevano di tutto per evitare che qualcuno si infilasse nella loro capanna senza che loro lo sapessero. Normalmente io davo loro una mano, ma in quest’occasione questa loro, chiamiamola così, fobia mi tornò molto utile.

“E allora cosa vorresti fare?” chiese Alicia.

“Perché non facciamo noi una specie di sortita?” proposi.

 “Perché ci sono le arpie” notò con una certa logica Martha.

“In tal caso spiegheremo loro come stanno le cose. Se insistono nel volerci attaccare, faremo tanto casino da tirare in piedi tutto il Campo. Non credo proprio che Chirone vorrà farci morire tutti. E poi ho i miei coltelli” Effettivamente prima di uscire mi ero preso la mia famosa giacca. Ormai la portavo sempre, quindi era stato un gesto automatico. Non sono mai inutili, i gesti automatici.

“Okay …” mormorò Clovis, ancora dubbioso.

“Bene. Su, andiamo a controllare. In che punto sarebbero esattamente quei tizi, secondo il tuo sogno?”

Clovis, mai molto pratico con i nomi dei luoghi del Campo per il tempo trascorso a dormire, preferì guidarci direttamente lì, il che escludeva la possibilità che potessi portarli direttamente tutti con il viaggio nell’ombra. Era fuori dai confini, dunque non avremmo potuto contare sulla protezione magica. Giuro che, causa la preoccupazione del momento, mi dimenticai completamente di Penelope. Me ne ricordai naturalmente a metà tragitto, e allora sarebbe stato strano tornare indietro a prenderla.

Scarpinammo per un bel pezzo, e stavo iniziando a suggerire ai miei cugini che forse era stato proprio un sogno normale, e che la spiegazione stava nel loro timore inconscio di un invasione, quando sentimmo una specie di mugghio.

“E’ il dragone!” sibilò Clovis, mettendosi a correre (cosa che non sapevo neppure fosse capace di fare) nella direzione del suono. Io e i suoi fratelli lo seguimmo a ruota. Fantastico, avremmo dovuto affrontare veramente uno scontro. E avrei dovuto anche proteggere i miei cugini. Se non avevano allertato il Campo mettendosi in una situazione di maggior sicurezza, era colpa mia, dunque ero responsabile per loro. E poi non li avrei lasciati morire in ogni caso.

“Oh, buonasera. Qual buon vento ti porta fuori dai sicuri confini del Campo?” chiese una voce dall’ormai familiare accento italiano.

“Lascialo stare!” strillò Martha, dirigendosi verso il punto dove era sparito Clovis. Li raggiungemmo tutti dopo qualche istante, e lo spettacolo che ci trovammo davanti mi fece tirare qualche accidente mentale.

La scena era dominata da un immenso dragone, un biscione lungo quattro metri e che si dimenava soffiando a più non posso, il muso trattenuto da una specie di assurda museruola formato gigante, a cui qualcuno aveva applicato una targhetta a forma d osso. A trattenere la museruola, c’erano quelli che poco sopra ho bollato come i peggiori soggetti dell’esercito di Setne: Mortimer e Luciano.

 L’italiano fu il primo e vedermi, e non mutò assolutamente l’espressione che stava rivolgendo a tutti gli altri. Il messaggio era chiaramente non è il caso di rivelarti. Ma il figlio di Kratos, contrariamente al suo solito, aveva dimenticato un fattore: la stupidità di Mortimer.

 Quest’ultimo, infatti, che in teoria non sapeva manco chi fossi, sgranò gli occhi e se ne uscì con un “Chad?!”

 Le occhiate confuse che ricevetti da tutti i miei cugini mi fecero arrivare a una conclusione piuttosto preoccupante, ovvero: ero completamente fregato.

 

 

 

 

Ladies & Gentlemen,

ed ecco uno dei nostri eroi in una situazione non del tutto amena, a causa del suo triplo gioco. Come se la caverà, secondo voi? Be’ questo verrà detto tra un paio di capitoli. Nel prossimo, invece, sarà narrao un fuori programma alla riunione, questa volta per colpa di Hazelle, che rischierà di avere conseguenze piuttosto pericolose.

 

 

  
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