“CI
SONO
MOMENTI IN CUI LA PAZIENZA, PER QUANTO DIFFICILE SIA ESERCITARLA,
E’ L’UNICA
MANIERA PER AFFRONTARE DETERMINATI PROBLEMI”
-Paulo Coelho
POV GINEVRA:
-Shh, non
è colpa
tua, tu non hai fatto niente e lui lo capirà- Alice mi
accarezzò la testa con
fare protettivo e mi guardò, per capire la mia reazione:
scossi la testa e
iniziai di nuovo a piangere sul cuscino. Era più di
un’ora che Riccardo era
uscito e ancora non avevo sue notizie, ero terribilmente preoccupata
perché ero
stata io la causa di tutto quel casino. Appena era uscito, Alice era
scesa per
prendersi un bicchiere d’acqua, così mi aveva
vista con il volto rigato di
lacrime e gli avevo raccontato tutto per avere la sua opinione; volevo
mi
dicesse che ero stata una stupida, una stronza e invece mi aveva
sostenuta.
-Tesoro,
basta piangere, Andrea è andato a cercarlo, vedrai che
farete pace e tutto
tornerà come prima- alzai lo sguardo ferita
-Non
è
vero…tu neanche immagini come mi ha guardata quando
gliel’ho detto, sembrava
che avesse visto un mostro-
-Ci è
rimasto male ma questo non significa che non ti ama più-
-Io lo amo e
lui non può abbandonarmi- gridai ormai senza voce
-Gin so cosa
stai pensando ma lui non ti abbandonerà come ha fatto
Nicolò- si, forse era
anche questo che mi faceva vedere tutto in maniera così
negativa
-Alzati e
vai a farti una doccia perché hai bisogno di rilassarti un
po’, appena Andrea
mi fa sapere qualcosa ti avviso- mi alzai riluttante dal letto e entrai
nel
bagno, avevo un aspetto orrendo: gli occhi gonfi e rossi, i capelli
aggrovigliati e la matita nera scolata intorno agli occhi che mi faceva
sembrare un panda: un panda triste e smarrito.
3 SETTIMANE
DOPO:
Entrai in
casa chiudendo la porta più silenziosa possibile e corsi a
chiudermi in camera
prima che Alice potesse corrermi
dietro incazzata per rimproverarmi di essere mancata tutto il giorno e
non aver
risposto alle sue venti chiamate, e sapevo come si sentiva frustata per
quella
situazione ma non ero davvero di aria. Dopo aver passato la notte in
bianco per
studiare storia mi ero presa un bel 4 che mi aveva rovinato del tutto
la
giornata; lo studio ormai era l’unica cosa che mi teneva
impegnata e non mi
faceva pensare a tutto il resto, mi ci ero impegnata anima e corpo ma
per colpa
di quel cretino ( si, sempre lui) avevo consegnato in bianco. Da quella
sera di
tre settimane fa la situazione tra noi si era letteralmente ghiacciata;
quella
sera Andrea si era girato un mucchio di locali e solo verso le due era
riuscito
a trovarlo e riportarlo a casa completamente ubriaco. Per i primi
giorni avevo
rispettato il nostro muto accordo di stare lontani l’uno
dall’altra, perché non
potevo certo biasimarlo se era arrabbiato, se fossi stata nei suoi
panni anche
io mi sarei sentita tradita, volevo dargli il tempo di pensare a quello
che era
successo sperando che alla fine mi avrebbe perdonata. Sono tre
settimane che
aspetto un cambiamento, che aspetto che lui venga finalmente da me per
dirmi
che mi ama e che tutto continuerà come prima;
perché…mi mancano terribilmente
le giornate in cui mi alzavo con lui al mio fianco, andavamo a scuola e
ci
scambiavamo bigliettini o semplicemente trascorrevamo il pomeriggio
insieme
accoccolati sul divano a bere cioccolata, e adesso sono distesa in
questo letto
che mi sembra enorme e freddo senza di lui, senza il suo profumo. Si
dice che
nella vita c’è sempre qualcuno che attende qualcun
altro e quando queste due
persone si incontrano, il passato e il futuro non hanno più
importanza: io
neanche la ricordo la mia vita prima di incontrare lui. Quindi
perché devo
ancora aspettare se è lui quello che attendevo? Un leggero
toc toc alla porta
mi fece voltare e subito dopo la porta si spalancò con un
Alice furiosa.
-Mi spieghi
perché non sei tornata a mangiare? E perché non
hai risposto alle mie chiamate?
E’ per il 4 in storia o per l’innominabile?- aveva
deciso di non pronunciare il
suo nome perché pensava di intristirmi di più
-Non avevo
fame, non avevo voglia di parlare, è per entrambi-
-Wow,
allegria portami via…ok, senti qui urge un piano, non posso
più vedervi in
queste condizioni e anche Andrea si è stufato di andare a
prendere
l’innominabile da ogni locale della città alle tre
del mattino-
-Un piano?
Si, certo come no- le avevo provate tutte per cercare di parlare con
lui ma era
stato inutile
-Sempre
molto ironica…-
-Potrei
organizzarvi un picnic al parco e poi portare l’innominato
lì con una bugia-
-Appena
capirà, se ne andrà… ho già
provato una cosa simile- sorrisi amara
-Allora
proviamo con la tattica della gelosia, ti ricordi che sabato Greta
farà una
festa a casa sua aiutata dagli altri della classe?- annuii stanca
-Ti metti un
bel vestito, un paio di tacchi e poi alla festa ti metti a flirtare con
Jacopo,
e vedrai come ti
perdon..-
-No, no e
poi no, ma ti rendi conto di quello che dici? Ci siamo lasciati a causa
di un
bacio e della sua ipergelosia e tu ora mi chiedi di flirtare con un suo
compagno di classe?-
-Ok, senti
ora basta! Non dovrei dirtelo però qualche sera fa quando
Andrea è andato a
prenderlo dall’ennesimo locale, mi ha detto che
l’ha trovato appiccicato ad una
bionda mentre una mora gli baciava il collo-
-Cosa?!- ok
la gelosia, l’allontanamento e il muso che mi ha messo per
giorni però questo è
troppo
-Io ora non
voglio giustificarlo, penso solo che gli errori capitano e so per certo
che lui
ti ama, ma soltanto perché il suo orgoglio è
stato ferito non vuol dire che può
fare finta che non esisti e farti soffrire-
-Sai che ti
dico? Ho voglia di fare shopping, ho bisogno di un vestito e di un paio
di
tacchi- in quel momento avevo un istinto omicida per Riccardo
-Finalmente!
Così si parla sorella, andiamo-
Dopo quattro
ore di shopping sfrenato per i negozi in centro ero distrutta mentre
Alice
sembrava ancora carica come il coniglietto della pubblicità
della Duracell e
saltellava da una parte all’altra indicando ogni capo
d’abbigliamento che
vedeva nelle vetrine. Pochi minuti prima per esempio aveva visto una
sciarpa
bordeaux al manichino e mi aveva trascinata dentro per comprarla, e la
stessa
cosa era successa dieci minuti dopo con un bauletto color tortora in
saldo.
Avevamo anche sfiorato la rissa perché in un negozio di
intimo di marca c’erano
degli sconti pazzeschi e le donne correvano di qua e di la per
afferrare
reggiseni e Lingerie varia; Alice aveva afferrato un completo di pizzo
nero e
leopardato ma nello stesso istante anche un'altra ragazza
l’aveva preso e così
era iniziato il litigio, alla fine ero riuscita a convincere la ragazza
a
prendere un altro completo di colore blu, consigliato da me, dicendole
che si
intonava meglio con i suoi occhi. Io invece avevo optato per un
completo nero
con dei piccoli fiori dorati e un Babydoll in raso nero(dormivo solo
con quelli
dato che il riscaldamento in casa era sempre molto alto).
-Fammi
capire, tu vorresti un gelato a gennaio?- ero abituata alle stramberie
di Alice
ma questa le superava tutte
-Assolutamente
si, andiamo a quel bar laggiù- indicò un punto
alle mie spalle e trascinandosi
dietro le buste sorrise divertita
-Quindi hai
intenzione di seguire il mio consiglio?- rigiravo la mia cioccolata
mentre lei
impassibile divorava il suo gelato pistacchio e cioccolato
-Si, anche
lui ha sbagliato…non capisco perché i ragazzi
tutte le volte che hanno un
problema cercano consolazione nell’alcool, è
assurdo-
-Ehi questo
non è vero: Andrea non si è mai ubriacato dopo
che litigavamo-
-Ah no? E
che faceva?-ero ironica, molto ironica
-Andava a
dormire da suo cugino, credo si sfogasse con lui-
-E secondo
te come si sfogava?- chiesi sempre ironica
-Be
parlavano…credo-
-Questo
è
quello che pensi tu- subito scattò dal divanetto
-Merda! Hai
ragione tu perché una volta quando tornò da me la
mattina dopo disse che aveva
mal di testa perché il cugino aveva tenuto la musica ad alto
volume e si chiuse
in bagno per cambiarsi e lavarsi la faccia-
-Lo sapevo-
terminai la cioccolata e mi infilai il cappello
-Forza
torniamo a casa che sta iniziando a piovere-
Sistemai
tutto ciò che avevo comprato nell’armadio e poi
presi le chiavi della moto che
avevo lasciato sul letto e le infilai nello zaino già
preparato per il giorno
dopo: era un po’ che non
uscivo in moto
e dato che ormai era tardi ci sarei uscita il pomeriggio seguente. Non
sapevo
se il piano di Alice avrebbe funzionato ma di certo non avevo altra
scelta,
avevo provato di tutto ma lui non mi parlava era tornato tutto come
all’inizio
quando non ci sopportavamo ma adesso era molto peggio perché
almeno allora
litigavamo, ora sembriamo due perfetti sconosciuti. Più
volte i nostri compagni
di classe avevano cercato di farci riavvicinare, eravamo la coppia
d’oro della
scuola e appena la notizia si era sparsa, mi guardavano tutti con
compassione;
ero grata loro perché nonostante fossi piombata
lì da pochi mesi mi avevano già
accolta come una della famiglia. Nel frattempo avevo anche parlato un
po’ con
mia madre, le avevo spiegato l’intera faccenda
dall’inizio e lei mi aveva
consigliato di agire –a volte gli uomini sono proprio tonti,
e alla donna tocca
sempre corrergli dietro- mi aveva detto ridendo. Già,
è proprio un tonto se non
capisce che lo amo…
Sentii la
porta che si apriva e un fascio di luce comparse sul pavimento, mi
stiracchiai
lentamente e strofinai gli occhi assonnata, poi un pensiero mi
attraversò la
mente; era notte quindi forse era successo qualcosa altrimenti non mi
avrebbero
svegliata. Scattai all’improvviso in piedi e correndo verso
la porta che non
era ancora del tutto aperta andai a sbattere contro qualcuno e
schiacciai anche
il piede di questo qualcuno.
-Ahi Gin, il
piede- Alice saltellò prendendosi il piede dolorante
-Che
è
successo? Riccardo non è rientrato? Sta male?-
-Calma lui
dorme, scusa se ti ho svegliata-
-Perché
sei
in piedi?- una volta svegliata non mi addormento più
-Ho bisogno
di un caffè e devo ripetere letteratura per il compito-
-Ma sono le
cinque del mattino!-
-Lo so ma
sono troppo ansiosa per dormire, lo sai che in letteratura non vado
molto bene-
-Ti do una
mano-
Mentre lei
seduta al bancone della cucina ripeteva e sorseggiava il
caffè io invece
seguivo tutto quello che diceva e le correggevo qualche data sbagliata,
era
bello studiare con la casa silenziosa, non volava nemmeno una mosca e
fuori era
ancora buio.
-Pirandello
distinse il comico dall’umoristico nel saggio
“L’Umorismo” scritto nel 1907
e..-
-Nel 1908-
la corressi mentre imbevevo un biscotto con le gocce di cioccolato nel
caffelatte, più tardi mi sarei fatta la mia solita
cioccolata.
-Va bene
basta ,perché se continuo a ripetere scorderò
tutto-
-Finalmente-
alzai le braccia al cielo
-Stronza-
-Lo sai che
ti voglio bene- risi io
-A
proposito, non mangio a pranzo oggi- mi guardò pensierosa
-Perché?-
mi
chiese sospettosa
-Ho voglia
di uscire in moto, torno stasera-
-Va bene ma
stai attenta-
-Si
tranquilla-
Un rumore di
ciabatte strascicate a terra ci fece girare lo sguardo verso le scale,
dove
c’era Andrea con i capelli in disordine e mezzo nudo:
probabilmente se non
fossi innamorata di
Riccardo e se Alice
non fosse la mia migliore amica, mi sarei messa con Andrea. Lui
è uno di quei
ragazzi rari, bello e gentile allo stesso tempo, un confidente e un
amico
perfetto, il figlio che tutti vorrebbero avere, e so per certo che lui
è quello
giusto per Alice; chissà magari tra una decina
d’anni mi ritroverò in una
chiesa ad assistere al loro matrimonio…è un
po’ presto per pensare al futuro ma
l’amore per Riccardo mi ha fatto vedere tutto con occhi
diversi. Prima
immaginavo solo il mio di futuro, costellato di successi, che niente e
nessuno avrebbe
potuto modificare e invece negli ultimi tempi ho iniziato a sognare ad
occhi
aperti, ad immaginare a come sarei stata io come moglie o addirittura
come
madre, io che i bambini non li ho mai sopportati e tutto questo mi fa
paura
perché non so se io e Riccardo avremo un futuro, per il
momento mi basterebbe
ottenere il suo perdono.
-Buongiorno,
consigli tra amiche?- sorrise vedendoci sedute l’una affianco
all’altra
-No,
ripassavamo letteratura perché non riuscivo a dormire-
-Allora non
sono l’unico che non ha chiuso occhio- si versò il
caffè nella tazza e si
sedette
-Eri agitato
anche tu?- possibile che io fossi l’unica a non preoccuparmi
per il compito?
-Non
c’entra
il compito- in quel momento entrò in cucina anche Riccardo e
ci mancò poco che
mi strozzassi con la cioccolata perché anche lui era a torso
nudo e dopo quasi
un mese di lontananza smaniavo di toccarlo e baciarlo, stavo diventando
matta.
-Parli del
diavolo e spuntano le corna- borbottò Andrea
-Che
c’è?-
Riccardo rispose ancora addormentato
-Hai russato
come… un elefante- Alice scoppiò a ridere seguita
a ruota da me
-Io non
russo-
-Si invece e
non mi hai fatto dormire-
-Te lo
ripeto io.non.russo-
-Ti
registrerò nel sonno, altroché-
-Basta voi
due e sbrigatevi perché abbiamo il compito a prima ora-
Alice era capace di
zittire sempre tutti
-Uffa- era
partita proprio male la giornata
SABATO:
-Gin dove
sono le mia scarpe di vernice nere?-
-Nel bagno,
tu invece hai visto i miei orecchini?-
-Armadio,
anta destra, primo cassetto- il cellulare di Alice suonò per
la decima volta
-Ma che ore
sono?- chiesi disperata
-Non lo so,
ma a giudicare da tutte le chiamate perse siamo in ritardissimo-
-Avete
finito?- chiese per la milionesima volta Andrea che aveva una pazienza
infinita
rispetto a Riccardo
-Ma quanto
cazzo ci mettete a infilarvi un vestito e un paio di scarpe?-
gridò infatti
quest’ultimo; spalancai la porta e trovandomelo davanti gli
puntai il dito
contro minacciosa: odiavo quando le persone mi mettevano fretta, ero
dell’idea
che la puntualità fosse una dote a me sconosciuta. In
passato i miei genitori
mi rimproveravano sempre per questo e così io avevo
attaccato un enorme
cartello sopra il letto con scritto – La
puntualità è la virtù
dell’annoiato-
di Evelyn Waugh.
-Tu…mi
spieghi perché cavolo stai gridando da mezz’ora?!-
-Perché
siamo in..-
-Non siamo
in ritardo, sono gli altri che sono in anticipo-
-Ma la festa
è iniziata mezz’or..-
-Le feste
non hanno orari, e ora se non ti dispiace dovremmo andare, sono
già le 22 e 30-
detto questo girai i tacchi e scesi al piano di sotto
-Mi fai
impazzire- lo disse a bassa voce ma lo sentii ugualmente e sorrisi di
rimando
Venti minuti
dopo ci ritrovammo nella bellissima e gigantesca villa di Greta da cui
provenivano luci multicolore e musica a tutto volume: da quello che
avevo
capito i suoi
genitori erano musicisti
affermati e molto spesso capitava che lei rimanesse sola in casa per
alcuni
giorni perciò ne approfittava per divertirsi. Pensavo che
come invitati ci
saremmo stati solo noi della classe e invece entrando trovai una marea
di gente
che ballava, chi beveva e fumava e chi invece si era appartato in
qualche
angolo; c’erano bicchieri rossi sparsi ovunque con dentro
cocktail di ogni
colore e mi capitò di vedere anche qualcuno che ingeriva
pillole colorate: era
un vero e proprio delirio.
-Diamo
inizio alla festa- gridò Alice seguita da Andrea, Riccardo
invece sparì subito
tra la folla seguito da una mora alta e formosa.
Dovevo
mettere in atto il mio piano per far ingelosire Riccardo e invece ora
non ero
più sicura di volerlo fare, almeno non qui; presi un paio di
cocktail e feci un
giro per salutare tutti i miei compagni di classe e per non so quale
miracolo riuscii
a trovare anche Greta che correva avanti e dietro per controllare che
non
mancasse niente. Mi appoggiai allo stipite vicino la porta ed estrassi il telefono
che forse stava
squillando, quando sentii qualcuno che mi toccò il braccio,
una brunetta mi
sorrideva gentile:
-Ciao,
questo te lo offre il ragazzo laggiù- indicò col
mento un ragazzo biondo e alto
all’angolo che mi fece l’occhiolino
-Grazie-
dissi alla ragazza e mentre rispondevo iniziai a bere quello che
sembrava un
cocktail alla fragola
-Amore, come
stai?- era mia madre
-Mamma, ti
chiamo domattina-
-Cos’è
questa musica?-
-Sono ad una
festa, ci sentiamo domani ok?-
-Va bene
tesoro- misi il cellulare nella borsa e la stanza iniziò a
girare intorno a me,
ero stata una stupida: Nicolò mi aveva detto centinaia di
volte di non
accettare mai da bere dagli sconosciuti perché molte volte
ci mettevano dentro
droga o roba simile. Dovevo trovare Alice o Andrea, iniziai a camminare
per la casa
ma non li trovai così
salii al piano di
sopra, per andare al bagno: dovevo provocarmi il vomito per far uscire
quello
che il ragazzo mi aveva messo nel bicchiere. Aprii varie porte e dopo
tre
tentativi trovai la porta, buttai la borsa a terra e mi appoggiai al
water;
ficcai il dito in gola e vomitai. Mi sollevai ancora barcollante e mi
spruzzai
la faccia con l’acqua, poi presi la borsa e mi appoggiai alla
parete in
corridoio per riprendermi, quando sentii dei passi e una risata bassa.
-Piaciuto il
drink?- lo guardai con odio
-Io mi sto
annoiando che ne dici se ce ne andiamo?- si avvicinò e mi
bloccò alla parete
contro cui ero appoggiata
-Lasciami-
ringhiai e cercai di allontanarlo ma ero ancora intontita
-L’hai
sentita? Lasciala!- in pochi secondi Riccardo gli fu addosso e lo stese
a terra
con un pugno, e io mi rifugiai tra le sue braccia
-Lo ammazzo-
lo tenni fermo perché non volevo che si mettesse nei guai
-Ti prego
lascia stare, voglio tornare a casa- mi guardò dolce e mi
trascinò al piano di
sotto.
POV
RICCARDO:
“Non
dovevo
lasciarla sola” me lo ripeto un mucchio di volte
perché sono stato uno stupido
e se non fossi andato al piano di sopra, chissà cosa le
avrebbe fatto quel
coglione…
Appena vidi
Stefano andai spedito verso di lui perché sapevo che di lui
potevo fidarmi:
-Ehi per
favore stai accanto a lei due minuti, torno subito-
-Che
è successo?
Ha bevuto?- la fece appoggiare a lui
-Uno stronzo
le stava mettendo le mani addosso-
-Lo sistemo
io, dov’è?-
-Voglio
pensarci io- andai in cerca di Alice e Andrea che sembravano spariti
quando
finalmente li vidi ballare nel salone; appena videro la mia faccia
seria
capirono che qualcosa non andava e mi seguirono fino
all’ingresso dove avevo
lasciato Ginevra con Stefano.
-Ha bevuto?-
Alice era allarmata
-Non lo so,
l’ho trovata al piano di sopra con un tizio appiccicato
addosso-
-Portiamola
a casa- la stavo per prenderla in braccio ma lei mi bloccò
-Ce la
faccio a camminare- le tesi allora il mio braccio per farla appoggiare
Durante il
tragitto in macchina, Alice non fece altro che sgridarmi
perché diceva che tutto
quel casino era scoppiato a causa mia, che se io avessi perdonato
Ginevra
adesso lei non starebbe così male e non avrebbe rischiato di
essere stuprata
per la seconda volta, che ero un cretino orgoglioso perché
non vedevo quanto
lei ci tenesse a me, e Ginevra nonostante stesse male cercò
di zittire l’amica
dicendo che era stata colpa sua e io non c’entravo niente;
era stata tutta
colpa mia invece.
Arrivati a
casa portammo Ginevra sul divano e mentre Alice le preparava una
camomilla, io
e Andrea le togliemmo le scarpe e le mettemmo una coperta; Alice
arrivò con la
camomilla e si sedette accanto a me.
-Ci spieghi
che è successo?-
POV GINEVRA:
Ora mi
sentivo molto meglio e dovevo raccontare ciò che era
successo così Alice
avrebbe finalmente capito che non era colpa di Riccardo
bensì mia, che ero
stata una sprovveduta:
-La musica
alta mi stava dando fastidio e così mi sono messa vicina
alla porta poi mentre
rispondevo al telefono una ragazza mi ha portato un drink e mi ha
indicato il
ragazzo che me lo offriva-
-Ma Gin lo
sai che..- sapevo cosa stava per dire Alice
-So che non
si accetta da bere dagli sconosciuti, ma stavo parlando al telefono e
senza
accorgermene ho bevuto, e quando la testa ha iniziato a girarmi ho
capito che
mi aveva messo qualche droga dentro-
-Così
sono
andata al bagno e ho vomitato ma quando sono uscita dal bagno, lui
è arrivato e
mi ha bloccata-
-Torno
lì e
lo ammazzo- Riccardo scattò in piedi
-No ti
prego, rimani qui con me- lo supplicai
-Non lasciarla
di nuovo- disse dura Alice e fu questo che lo trattenne
-Ti porto in
camera- mi prese in braccio e mi portò al piano di sopra, mi
posò sul letto e
restò a guardarmi
-Devo
chiederti scusa- disse
-Non
ascoltare Alice, non è stata colpa tua ma mia, fin
dall’inizio…-
-No invece,
mi sono comportato come un bambino viziato e ti ho tenuta lontana per
tutto
questo tempo solo per uno stupido bacio, ho avuto paura e ho fatto
soffrire
entrambi, sei tu che devi perdonarmi-
Non sapevo
che dire, ogni frase che mi veniva in mente mi sembrava superflua per
quella
circostanza anche perché ero troppo felice per riuscire a
formulare una frase
di senso compiuto così gli presi il viso tra le mani e lo
baciai: pensai che
questo era il modo migliore per fargli capire ciò volevo
dire. Ricambiò il
bacio rendendolo sempre più passionale e gli allacciai le
braccia dietro al
collo accarezzandolo, quando il suo cellulare iniziò a
vibrare e sbuffò.
-Pronto?-
iniziò a parlare ed annuire poi chiuse e mi
guardò pensieroso
-Chi era?-
chiesi
-Nessuno- si
girò e capii che stava mentendo
-Riki per
favore, non dobbiamo avere più segreti-
-Se te lo
dico, prometti di non lasciarmi?-
-Prometto-
mi stava mettendo paura
-Mio cugino
è invischiato in un traffico di droga, dovrebbe arrivare un
nuovo carico e io
devo solo aiutarlo a scaricare, gli ho detto che questa è
l’ultima volta che lo
aiuto- non mi sconcertai più di tanto perché
anche Angelo aveva fatto qualche
in traffico in passato
-Questa
sarà
l’ultima volta?-volevo averne la conferma
-L’ultima,
giuro-
-D’accordo,
quando dovrebbe arrivare?-
-Non lo sa
neanche lui, mi chiamerà il giorno stesso-
-Quando ti
chiamerà verrò con te-
-Ma..-
-Niente ma,
non voglio stare a casa preoccupata senza sapere dove sei-
-Non
riuscirò a farti cambiare idea vero?-
-Assolutamente
no- sorrisi orgogliosa
ANGOLO
AUTRICE:
Bonsoir :D
Siete arrabbiati con me? Lo so, lo so, sono assolutamente in
ritardissimo e non
ho scuse ma in compenso vi scritto 12 pagine… iniziate a
prepararvi perché manca
poco al finale, baci
Blackshadow90