La festa di Mauro!
Arriviamo
alla festa di Mauro che sono quasi le otto e un quarto.
Sempre in
ritardo, noi.
«Colpa
di Giaco» esordisce Tita, non appena Mauro apre la
porta e ci rivolge un’occhiataccia.
Entriamo
in casa sua e gli consegnamo subito il regalo.
«Siete
grandi! Mamma, che bel regalo!» grida, avvolgendoci tutti in un abbraccio
impossibile. Ci ritroviamo attorcigliati in cinque: io, Tita,
Giaco, Gabri e Mauro.
Tita è la prima a divincolarsi, imbarazzatissima
per la vicinanza di Gabri. Irrecuperabile.
Devo fare
qualcosa, ho deciso.
Il festeggiato
ci accompagna nello scantinato in cui ha organizzato la festa e noto che c’è un
bel po’ di gente, tra cui molti delle nostre compagne di classe.
Perfetto.
«Tita, mi accompagni in bagno?» le chiedo.
«Adesso… subito?»
«No, tra
due anni! Certo!» esclamo, trascinandola via.
Chiediamo
indicazioni a Mauro e ci fiondiamo su per le scale.
«Senti,
vai, io mi sono dimenticata le salviette!» dico, all’improvviso.
Mi è
venuta un’idea, devo metterla subito in pratica.
«Dai, ti
accompagno giù e torniamo insieme» propone.
«Ma no,
figurati! Dai, vai, ti raggiungo subito» la esorto, spingendola su e tornando
nello scantinato.
Mi dirigo
immediatamente da Giaco, non vedendo Gabri nei
paraggi.
«Oh
Giaco, ma Gabri dov’è finito?»
«Non lo
so proprio. A che ti serve?» domanda, fissandomi attentamente. «Cos’hai in
mente? E dove hai lasciato Tita?»
Sto per
rispondergli, quando una tizia carina ma troppo montata che credo sia al primo
anno, si avvicina a noi e sorride a Giaco.
Oh, no. Le
piace il mio nanetto diabolico?!
«Ciao»
esordisce, facendo gli occhi dolci a Giaco. Lui sembra non capire niente,
rimane impassibile e la fissa.
«Ciao… Antonietta?» intervengo, per cercare di rompere il
ghiaccio.
«Marianna»
abbaia lei, fissandomi con un’occhiata che lascia poco spazio all’interpretazione.
Vuole che me ne vada.
Sarei felice
di accontentarla, ma non permetto a nessuno di trattarmi in quel modo.
«Marianna… mmh, no, non mi dice
niente. Si vede che sei così insignificante che non ti fai ricordare.» Detto
questo, le scocco un sorriso e me ne vado, partendo alla ricerca di Gabri.
Chi si
crede di essere questa gallina?
Se deve
provarci con Giaco, lo faccia pure: non sarò di certo io a fermarla, per
carità. Magari è pure la volta buona.
Però non
sopporto che mi si tratti con sufficienza, quella ragazzina ha sbagliato
persona. Si vede che non sa chi sono.
Mi viene
in mente Tita e affretto il passo, girando per i due
locali che compongono lo scantinato.
Finalmente,
trovo Gabri che parla con un tipo di nome Ambrogio o
qualcosa del genere.
«Gabri!» esclamo, raggiungendolo e fingendomi trafelata. Devo
convincerlo fin da subito, altrimento anche questo
tentativo risulterà inutile.
«Che
succede, Berty?»
«Si
tratta di Tita! Non so che fine abbia fatto, lei… credo che stia poco bene, è andata in bagno e non
rientra più! Aiutami, ti prego, vieni con me!»
Spero di
essere abbastanza convincente, ma Gabri reagisce non
appena sente il nome della mia amica e dubito che abbia ascoltato il resto
della frase.
«Andiamo»
dice Gabri.
E mi
trascina letteralmente verso le scale.
Saliamo i
gradini due alla volta e io, alle spalle di Gabri,
faccio di tutto per non ridacchiare, compiaciuta. Sono contenta che lui non
riesca a nascondere quanto ci tiene a lei.
Mi divincolo
dalla sua stretta e lo seguo, poi noto Tita che esce
dal bagno e si guarda intorno.
«Tita! Come stai? Che è successo?» la travolge Gabri, afferrandola per i polsi.
Lei lo
fissa con espressione stralunata.
Io,
prontamente, mi dileguo dietro un pilastro e mi schiaccio contro la parete,
aspettando che qualcosa accada.
Questi due
riusciranno a combinare qualcosa?
«Berty ha detto che… Berty?» mi chiama lui.
Io rimango
immobile e trattengo il respiro.
«Che sta
succedendo?» si informa Tita.
La immagino
arrossire e fissare i polsi che Gabri le stringe con
preoccupazione.
Mi sento
quasi emozionata quanto lei.
Ma quasi,
eh!
«Non lo so… Berty era qui, poi si è
volatilizzata!»
«Mi ha
detto che aveva dimenticato le salviette e che mi avrebbe raggiunto subito in
bagno!»
«E a me
ha detto che non stavi bene e che voleva che venissimo a controllare!»
Ecco, mi
sono un po’ data la zappa sui piedi, però un giorno questi due mi
ringrazieranno.
Li immagino
che si fissano con un’espressione confusa, poi di colpo capiscono. Conoscendoli,
si sentono in un mare di imbarazzo, ma ora non si possono più evitare.
«Ci ha
fregati» commenta Gabri.
«Già. Ehm… torniamo giù?» propone lei. So che vorrebbe scappare,
probabilmente sta per farlo. Gabri, ti prego, non
fare il coglione. Questa scommessa l’ho fatta con me stessa, non lo sa neanche
Giaco cos’ho in mente, anche se lui a volte è come se mi leggesse nel pernsiero.
Chissà come
gli starà andando con quella tipa del primo anno? Marina? Già, è proprio
insignificante, non ricordo già più il suo nome.
Sento una
risata provenire dalle scale e sbianco. No, nessuno può interrompere il momento
idilliaco tra Gabri e Tita –
sempre che di questo si tratti. Dal mio angolo di spionaggio, non riesco a
capire cosa sta succedendo. Maledizione, chi cazzo sta salendo adesso a rompere
le palle?
«Aspetta.»
È stato Gabri a parlare, ha ordinato a Tita
di aspettare. E lei DEVE aspettare, per dio!
E io
devo evitare che qualcuno li interrompa.
Così, mi
appiattisco contro la parete e comincio a strisciare verso le scale; spero
proprio che quei due – e che nessuno – si accorga di quello che sto facendo, mi
sento una perfetta idiota, ma non ho alternative.
Quando sto
per arrivare, sento le risate farsi più vicine. Spero che Gabri
e Tita non si siano accorti che sta arrivando
qualcuno. Se credessi in dio, pregherei con tutta me stessa. Ma, dal momento
che in questa vita bisogna arrangiarsi, mi tuffo di getto giù dalle scale e
travolgo chiunque avesse intenzione di salire.
Mi ritrovo
tra le braccia di un ragazzo che mi fissa con aria perplessa, mentre un
gruppetto di ragazze, dietro di lui, si fermano di botto e smettono di ridere.
«Toh,
Albertina e Mauro: la nuova coppia dell’anno!» gracchia una di loro,
ridacchiando e sghignazzando come un’oca giuliva.
Sollevo lo
sguardo e incrocio gli occhi scuri e curiosi di Mauro. Per poco non mi viene da
vomitare.
«Ah,
lasciami!» esclamo, saltando indietro e cadendo con il culo per terra. Le figure
di merda non si contano oggi, a quanto vedo.
«Tutto
bene, Berty?» mi chiede Mauro, tendendomi la mano per
aiutarmi a rialzarmi. Devo prendere tempo, tra Tita e
Gabri deve scappare almeno un bacio, diamine.
«No, che
non va tutto bene! Voi, ochette, perché non tornate nel laghetto, eh? Aria, aria!
Ho bisogno di parlare con il mio nuovo ragazzo!» ordino, rivolta al gruppetto
di ragazze, le quali si scambiano occhiate interrogative e fanno per salire le
scale. «No, tornate alla festa! Su non ci fate niente!» salto su, sbarrando
loro la strada.
Quelle
mi guardano male, poi fanno dietrofront e io torno a sedermi, lanciando
occhiate alle mie spalle. Dio, se esisti, fa’ che quei due si stiano
accoppiando in bagno e in santa pace!
«Scusa, Berty… da quando io e te stiamo insieme?» domanda Mauro, accovacciandosi
di fronte a me.
«Relazione
lampo. È nata esattamente un minuto fa e si conclude esattamente ora.»
«Però
non era una cattiva idea» mormora, afferrandomi una mano.
Oh,
madonna, ma che gli passa per la testa? Perché deve provarci per forza con
chiunque? Ma dov’è Giaco? E perché Gabri e Tita ci mettono tanto? Mi viene voglia di richiamare le
oche giulive. Quando penso di star risolvendo un problema, se ne crea subito un
altro.
Dalla scala
si sente una canzone romantica, qualcosa che dovrebbe invogliare le eventuali
coppie presenti alla festa a gettarsi in pista. Certo, come no.
«Oh, sì
che lo è. Su, lasciami, torniamo giù!»
«Che
fretta c’è, Albertina? Perché devi sempre essere così acida? Ammettilo, ti
piaccio. Lo sanno tutti a scuola, ormai.»
Cerco di
trattenere un conato di vomito, ci provo davvero. E pensare che non ho neanche
bevuto, dannazione! Perché oggi sta succedendo tutto a me?
Spero che
tutti questi sacrifici stiano servendo a qualcosa.
E poi:
possibile che ogni volta che un ragazzo ci prova con me mi debba venire da vomitare?
Evidentemente…
Rimetto ciò
che ho mangiato al bar, quel pomeriggio, dopo aver acquistato quello stupido
libro per quell’altrettanto stupido di Mauro che, intanto, si è spostato e mi
sostiene i capelli mentre insudicio tutta la sua scala con i miei succhi
gastrici.
Il che –
mi ritrovo a pensare – potrebbe giocare a mio favore, perché potrebbe impedire
a Gabri e Tita di passare
e, quindi, di lasciarsi. Oh, che romantico!
No,
forse romantico no, ma fa lo stesso.
Sta di
fatto che mi viene voglia di mettermi due dita in gola, per prolungare quell’impedimento
non proprio romantico ma di sicuro efficace.
«Come
stai? Hai bevuto?» sussurra Mauro al mio orecchio, senza neanche preoccuparsi
di quanto questa scena faccia ribrezzo.
Scuoto la
testa, respirando a fatica. Tutte quelle attenzioni contribuiscono alla nausea
che, ancora, mi scombussola lo stomaco. Perché non mi lascia in pace e se ne
va?
«Oh,
cazzo, Albertina!» strilla una voce alle mie spalle. Poco dopo, Gabri mi si materializza accanto e mi aiuta a sollevarmi. Tita si precipita dall’altro lato e insieme mi trascinano
fino al bagno.
«Gabri, la aiuto io. Vai pure» dice Tita,
scostandomi i capelli dal viso. Temo seriamente di avere seri problemi, ho un
po’ paura della reazione che ho appena avuto.
«Allora,
che è successo?» mi chiede Tita, aiutandomi a
sciacquarmi.
«Mauro
ci provava con me e lo sai come reagisco io a queste cose» spiego.
«Santo
cielo! Si sono messi tutti d’accordo oggi?»
«Cosa
intendi?»
«Be’…» Tita arrossisce e io mi devo trattenere per non esultare. Penso
di aver già capito cosa vuole dirmi. «Anche Gabri ci
ha provato… con me.»
«COOOOOOSA?»
strillo, saltandole addosso e stritolandola. «Oh, finalmente! Eh che cazzo! Non
l’hai rifiutato, vero?»
«Come
avrei potuto? Sai che mi piace tantissimo, mi fa proprio impazzire. Oh, Berty! L’amore è una cosa indescrivibilmente magica!»
Okay,
non esageriamo, se continua così, rischio di vomitare di nuovo.
«Sì,
certo, ci credo. Almeno, per te dev’esserlo! Meno male,
i miei sforzi sono serviti a qualcosa. Non sei arrabbiata?»
«Ma no,
alla fine hai fatto bene.»
«Sì, mi
è successo di tutto, però diciamo che ne è valsa la pena. Tu e Gabri siete due rincoglioniti, fortunatamente ci sono io a
risolvere tutto! Vi siete accoppiati in questo bagno? No, perché se è così,
scusa, ma io esco! Senza offesa, eh!»
«Ma che
dici, su, Berty! Ferma lì! Lui mi ha baciato, tutto qui.
È stato il mio primo bacio, mamma che emozione, e che imbarazzo! Non sapevo
cosa fare, però… l’ho abbracciato, lui è stato molto
dolce! Oh quanto mi piace!»
Tita sorride come non ha mai sorriso in vita sua.
sì, è vero, a volte – anzi, quasi sempre – sono cinica e acida come uno yogurt
andato a male da tre mesi, però sono sempre contenta quando vedo le persone che
amo star bene. qualunque sia il motivo.
Dopo essermi
data una sistemata, la abbraccio forte, non pensavo che sarebbe successo davvero,
anche se ci ho sperato moltissimo.
«Sono
davvero felice per te.»
Quando usciamo
dal bagno, Gabri è lì che ci aspetta.
Lo guardo
negli occhi e vedo che qualcosa è cambiato anche nel suo sguardo.
«Se le
fai del male, ti ammazzo. Chiaro?» lo ammonisco, per poi avviarmi giù per le
scale.
Sento,
alle mie spalle, le loro risate e anche io sorrido.
Forse la
felicità non esiste, ma chi può dirlo?
Le scale
sono state accuratamente pulite e io riesco a scendere senza problemi. Recupero
Giaco, che stava accuratamente sbaciucchiando la tizia del primo anno –
Mariella, sì, dev’essere questo il nome – e saluto
Mauro con un cenno, prima di andarmene con i miei amici.
«Insomma,
voi due state insieme quindi?» chiede Giaco, una volta giunti in strada,
osservando Gabri e Tita che
si tengono timidamente per mano.
Quanto sono
felice!
«A
quanto pare» risponde lei, sorridendo al suo nuovo ragazzo.
Be’,
alla fin fine questa cavolo di festa ha portato qualcosa di buono, anche se chi
ci ha rimesso sono stata io.
Le mie
figuracce rimarranno nella storia, credo. E meno male che sono solo io,
Albertina Annetta Bartolini, che non se la prende per niente e se ne fotte di
tutto e tutti.
Quando torno
a casa, sono davvero contenta, nonostante tutto.
Ho vinto
un’altra scommessa.