Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Water_wolf    11/02/2015    5 recensioni
ATTENZIONE: Seguito di "Sangue del Nord" e "Venti del Nord".
Percy Jackson? Scomparso? Alex, Astrid ed Einar non riescono credere alle loro orecchie. Eppure, è proprio Annabeth, arrivata al Campo Nord da Long Island, ad annunciarlo. Chiede aiuto: forse il suo fidanzato è stato portato in Norvegia. Nel frattempo, Gea sta risorgendo e ci sarà bisogno di tutte le forze disponibili per salvare il mondo… e non solo da lei.
«Dimmi, Leo. Cosa faresti tu al posto mio?»(…) «Non lo so» ammisi. «Forse scapperei, o cercherei di sdrammatizzare con qualche battuta idiota. Dopotutto è quello che ho sempre fatto.» «Ma non questa volta, vero?» (…) «No. Forse perché so che questo posto mi avrebbe dato qualcosa di più… una nuova casa, uno scopo. Ma che dico, io non sono adatto a fare questi discorsi tragici» dissi, tornando a sorridere.
Le stelle bruciavano la notte sopra di noi. Nuotavamo nell’inchiostro che, forse, qualcuno avrebbe usato per scrivere la nostra storia. Eravamo giovani ed eravamo folli ed eravamo felici. || C’era qualcosa di magico, nella durezza che assumeva ogni profilo durante la tempesta.
Genere: Avventura, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Piper McLean, Quasi tutti
Note: Cross-over, Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Nord'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
I Re degli Dèi scatenano la Terza Guerra Mondiale
•Alex•
 
Quando ero arrivato insieme ad Astrid sulla cima del colle, l’unica cosa che mi interessava era portare i miei compagni fuori da quell’inferno di ghiaccio.
Colti i mostri di sorpresa, era stato facile avere la meglio. Avevo evocato il potere di mio padre che, per qualche ragione, era stato molto semplice da richiamare, quasi il suo istinto guerriero fosse amplificato da qualcosa. Con esso, evocai i miei poteri e li espansi ad entrambe le orde, trasformandoli in un gruppo di guerrieri pressappoco invincibili.
Massacrai mostri finché non ne ebbi abbastanza, ma, quando vidi i greci circondati da un gruppo di non-morti, non ci vidi più. Dovevo aiutarli.
«Lars, a te il comando! Chiedi aiuto a Rebekka, lei ti saprà consigliare!» ordinai, cercando di farmi sentire sopra il clangore della battaglia.
«Sissignore!» urlò il figlio di Eir, in prima linea, insieme ai suoi compagni, mentre spingeva con lo scudo  contro una banda di dracene in abiti invernali, che ripiegavano sotto i nostri colpi.
Corsi verso il colle, approfittando della distrazione generale che regnava tra le schiere di mostri, impossibilitati a capire chi e come combattere l’attacco a tenaglia. I nani erano una furia ed i Berserk avevano assunto la loro forma definitiva: orsi bipedi alti anche cinque metri che brandivano armi enormi e schiacciavano ogni cosa sul loro cammino.
Non smisi di correre finché Astrid non mi venne incontro, tagliando la testa di un goblin.
«Alex!» mi avvertì, indicando il colle, dove vedevo lo scontro, che si era concentrato intorno ad un apertura nella roccia gelata.
«Sbrighiamoci!» convenni, correndo e abbattendo mostri.
Ormai deciso a porre fine a quella storia, mi girai un attimo, assicurandomi che semidei nordici, Berserk e nani stessero vincendo, dopodiché seguii Astrid fino alla cima, dove i greci stavano combattendo un branco di non-morti.
«Andate nella grotta!» urlò Clarisse, colpendo uno scheletro con lo scudo, mandandolo in frantumi. «Qui ce la caviamo!»
Annuii e superai il campo di battaglia velocemente, aiutando chi potevo. Astrid spaccò la testa di un ex-soldato carolingio che stava per colpire alle spalle Silena, mentre io decapitai un soldato indipendentista prima che potesse assalire Connor. Will mi salvò da un non-morto con una freccia ben mirata e Leo non aveva problemi a dar fuoco ad ogni cosa che gli capitava a tiro. Le ossa erano un combustibile a dir poco adatto per lui.
Sopra di noi, Speil, Vesa ed altre viverne piombavano sulle facce dei giganti, graffiandoli e schiacciandoli come vere furie celesti. Mordevano e sbatacchiavano nemici senza sosta, aiutando non poco i semidei. 
Io ed Astrid ci facemmo strada tra i mostri e, finalmente, raggiungemmo la grotta. Jason e Piper stavano fronteggiando Kara, mentre Annabeth era rannicchiata sul fondo, debole e con alcune contusioni, ma ancora viva.
«È finita!» esclamai, stringendo Excalibur, che emanava la sua luce argentea in tutto lo spazio circostante.
«Ma guarda: Alex e la cara sorellina…Devo immaginare che sia divertente, vero? Siamo quattro contro uno, però non intendo morire ora!» urlò la figlia di Hell, anche su i suoi occhi non avevano più quel brillio folle, ma sembravano più dilatati dal terrore, come quelli di un animale che, messo alle strette, si gioca il tutto per tutto pur di resistere.
«Un peccato» sibilò Astrid. «Pensavo che la morte, a te, facesse solo piacere!» gridò, lanciandosi contro la gemella in un impeto di rabbia.
Le due ragazze iniziarono a combattere e, per un istante, esitai ad intervenire. La mia ragazza sembrava impazzita: menava colpi ad una velocità impressionante, parando e rispondendo ad ogni colpo. Strinsi meglio l’elsa della spada e partii anche io all’attacco, insieme a Jason, mentre Piper correva ad aiutare Annabeth.
«Questo è per tutti i semidei che hai ammazzato, stronza!» urlò Astrid alla sorella, prima di riprendere con ancor più foga.
Non potei fare a meno di ammirare Kara per la sua incredibile forza. Da sola riusciva a resistere all’attacco di ben tre semidei addestrati. Complice, sicuramente, la lunghezza della sua arma, ma indubbiamente era una combattente di tutto rispetto.
Ma tutti sapevamo che la sua era una lotta disperata. Era sola e reggere la stancava. Sbagliò una schivata e Jason la ferì di striscio al fianco. Lei provò a rispondere con un affondò, ma si sbilanciò: l’apertura perfetta.
In seguito, non seppi dire cosa mi fosse passato per la testa o cosa fosse successo esattamente. Una parte di me si pentì della mia azione, ma cercai di metterla a tacere. Seppi solo che, quando la vidi perdere l’equilibrio, impugnai la spada a due mani, brandendola con tutta la mia forza, puntando alla mano destra per disarmarla.
Ma invece di sentire la dura elsa dell’arma, la mia spada penetrò la soffice carne del polso. La forza con cui l’avevo usata fu tale che, in pochi istanti, il metallo lacerò tessuti e tendini. L’osso oppose una flebile resistenza e si tranciò come burro.
Kara emise un bestiale urlo di dolore, mentre il suo polso si separava dalla mano con uno sprizzo di sangue cremisi che imbrattò le pareti della grotta, mentre le dita si stringevano ancora, negli spasmi, intorno all’elsa dell’arma caduta.
La figlia di Hell crollò a terra tenendosi il braccio sanguinante, portandosi la lesione al petto e cercando di tamponarla, mentre il mio corpo veniva percorso da una scarica di adrenalina. Ansimavo per la fatica e anche per uno strano ed inebriante senso di eccitazione e onnipotenza. Osservai l’arto mozzato senza provare il raccapriccio che mi sarei dovuto aspettare.
Era stato facile. Quanto era fragile la vita dei miei avversari in confronto alla mia. Avrei potuto affondare Excalibur nel petto di quella ragazza con la stessa facilità e spedirla permanentemente da sua madre.
«Ora possiamo finirla» commentò Jason.
Anche lui, accanto a me, ansimava, ma era serio e accigliato, mentre osservava la nostra avversaria strisciare pietosamente fuori, lasciandosi dietro una scia di sangue cremisi. Astrid non disse nulla; i suoi occhi sembravano ossidiana, da quanta durezza e inquietudine emanavano.
«Già…» confermai, mentre sentivo le mie labbra aprirsi in un sorrisetto sinistro.
Marciai all’esterno inseguendo Kara, che era crollata sul fianco del colle. Poco lontano i semidei greci la tenevano sotto tiro, pronti ad ucciderla, ma alla vista mia e di Jason si ritirarono.
Alle nostre spalle, Astrid e Piper aiutavano Annabeth ad uscire che venne subito soccorsa da Will e Rachel. La rossa abbracciò stretta l’amica. Era stanca, ferita, stremata, ma non sembrava in pericolo.
La battaglia, sotto di noi, si era conclusa in modo veloce e cruento: vittoria schiacciante per noi ed i pochi caduti stavano per essere portati via. Lars, Nora e Rebekka stavano salendo il crinale, per raggiungerci.
«E adesso» dissi in un soffio, rivolta alla ragazza che si era chiusa in posizione fetale sul terreno. «Preparati a tornare nell’Hellheim… per sempre» annunciai, alzando la spada.
«Aspetta!» gridò Kara, alzando la mano sana,  guardandomi terrorizzata. «T-ti prego… risparmiami.»
Nonostante sapessi che non lo potevo evitare, il suo tono supplichevole mi fermò. Tuttavia, imposi al mio cuore di non lasciarsi ingannare. Io dovevo ucciderla. Ma lo volevo davvero? Era davvero quella la mia intenzione?
«Nemmeno quelli che hai ammazzato a sangue freddo volevano morire. Perché dovrei offrire a te la pietà che tu hai negato loro?» chiesi, fissandola con un odio che non sentivo mio, quasi il mio corpo si rifiutasse di provarlo.
Insieme alla rabbia, stava nascendo in me una senso di colpa ed inquietudine inspiegabile.
«So di non aver alcun diritto di chiedere pietà, ma ti prego…Io non ho altra scelta… Se ora mia madre mi vede tornare come spettro, non mi risparmierà nulla…» sussurrò, stringendo il polso tagliato al petto.
«Direi che te lo sei meritato» sputò Astrid, accanto a me, fissandola con odio.
«Cosa c’è, sorellina? Ansiosa di liberarti di me?» scherzò Kara, ricambiando lo sguardo velenoso.  «Dopotutto chi sono io, se non ciò che saresti potuta diventare?»
«Sta’ zitta!» strepitò l’altra, dilatando le narici furibonda, ma con una nota di paura nella voce. «Io non sono te! Io non sarei mai stata te! Alex, non darle corda!»
Strinsi i denti, mentre la pietà si faceva strada nel mio cuore.
«Non ho avuto scelta» disse la ragazza stesa a terra, fissandomi. «Credi che sia stato facile? Essere il cagnolino di mia madre, per così tanto tempo… L’Hellheim non è luogo dove crescere. Credete che la vostra vita sia difficile, ma la mia è stata peggiore. Io volevo solo avere ciò che mi è stato negato e mia madre aveva promesso di liberarmi, se mi fossi opposta a voi. Che altro potevo fare? Nessuno è tanto sciocco da opporsi alla dea della morte. Forse mi odi, ma ti chiedo di ricordare che io sono frutto di una scelta non mia… forse, ora potrei essere vostra alleata, invece che nemica, e al mio posto potrebbe esserci qualcun’altro» concluse, abbassando le palpebre e gemendo per il dolore, mentre la mia mano aveva un tremito.
Per un attimo, il corpo di Astrid e quello di Kara si sovrapposero. Il cuore rallentò, mentre un acuto dolore mi colpiva il petto. Forse era senso di colpa, forse pietà. Non sapevo spiegarlo, ma la rabbia e la collera mi avevano abbandonato.
«D’accordo…» dissi, abbassando la spada.
«Cosa?» Astrid mi guardò come se fossi impazzito.
«Non ti ucciderò, Kara Jensen. Ti porterò ad Asgard dove saranno gli Dèi a scegliere il tuo fato. Non mi abbasserò al tuo livello, non sono un animale» dichiarai, prendendola per il braccio sano.
«Sei sicuro, capo?» chiese Einar, che ci aveva raggiunti, insieme a Rebekka, Nora e Lars.
I suoi occhi scintillarono di rabbia vendicativa: non aveva dimenticato la morte di Alyssa.
«Lo so, Einar, ma… Ho sempre dato una seconda possibilità a tutti, la darò anche a lei» spiegai, guardandolo.
Avevo dato anche a lui molte di quelle possibilità.
Il figlio di Loki abbassò lo sguardo e sospirò: «La scelta spetta a te, capo. Hai ragione.»
«Non puoi farlo!» protestò Astrid, mettendosi davanti a me. «Il veleno ti ha fritto il cervello? Lei ha cercato di ammazzarci tutti, ha ucciso semidei a sangue freddo e rapito Annabeth al solo scopo di portarci in questa maledetta trappola! È un’assassina, un pezzo di merda, e non posso credere che ti abbia convinto con il suo bel discorsetto! Non si merita la tua pietà!» strepitò, furibonda, mentre mi guardava con astio.
Non retrocessi e la fissai deciso. «E quindi? Devo diventare un assassino io stesso? Mi stai chiedendo troppo, Astrid! Ti rendi conto che, in questo momento, tu e lei potreste essere scambiate di posto? È stata una scelta di Hell, non sua. Forse non potrò cambiarla, ma, almeno, potrei dimostrarmi migliore di lei. Entrambi potremmo dimostrarci migliori di lei» replicai, guardandola negli occhi.
Le sue labbra tremolarono, mentre i suoi occhi vagavano su Kara, che Nora stava legando.
«Io… come vuoi, Alex» disse, voltando il capo, forse dispiaciuta, forse odiando me. «Dopotutto, le mie decisioni di solito sono pessime» aggiunse, andando verso Annabeth, che sembrava stare un po’ meglio.
«Molto bene, andia…» stavo per dire, ma Jason mi fermò.
Il suo sguardo era acceso di rabbia e puntava verso Kara. Nora provò a fermarlo, ma lui le dette una spinta, e alzò il gladio.
«Non intendo lasciarla in vita!» esclamò, mentre io gli fermavo il polso. «È un pericolo per tutti! Non solo per te, Alex, ma anche per i Greci e per Roma!»
«Sei matto? Non puoi ammazzarla, è indifesa!» protestai, mentre il mio cervello iniziava ad essere invaso da immagini di rabbia.
Kara strisciò via, mentre io tentavo di mantenere il controllo su me stesso. Odino stava tornando all’attacco, e ‘sta volta più veemente che mai.
«Non toccarmi, figlio di Odino!» urlò Jason, spingendomi via. I suoi occhi scintillavano, mentre il suo corpo sembrava percorso da spasmi. Le sue mani sudavano, strette intorno al gladio. «Non ti permetterò di mettere in pericolo la mia città!»
«Jason, fermati!» provò a dire Leo, ma il figlio di Giove puntò il gladio contro di lui.
«Stai indietro, graecus!» intimò con voce alterata, il suo corpo iniziava a scintillare.
«Ora basta!» gridai io, stringendo la spada.
La testa divenne pesante, la mia vista si annebbiò, il mio corpo fu percorso da un’ondata di energia, mentre tutta la collera di Odino si riversava in me.
Dopo non fui più io.
 
≈Lars≈
 
Quando vidi cosa stava per accadere fu troppo tardi. Mia madre mi aveva avvertito, ma, preso dallo scontro e dalla necessità di sincerarmi delle condizioni di Annabeth, non mi ero reso conto del pericolo. Ironico che la pietà di Alex avesse portato a quella situazione così pericolosa.
«Fermi!» urlai, cercando di fermarli.
Ma Alex non era più lui. Il suo unico occhio sano scintillò e con una spinta mi gettò a terra. La sua forza era decuplicata, mentre veniva circondato da una sinistra aura dorata.
«Indietro, traditore!» intimò con voce alterata, come se fosse posseduto. «Ora ucciderò questo figlio di Giove, così che Roma sappia che non deve più sfidare la mia autorità!»
«Dannazione» sbottai, cercando di fermarlo. «Fermateli, sono impazziti!» avvertii, ma era troppo tardi.
Jason ed Alex si lanciarono l’uno contro l’altro, ma c’era qualcosa di diverso in loro. Alle loro spalle si ergevano figure di luce iridescenti che ricordavano due uomini antichi. Quello alle spalle di Jason sembrava un robusto e allenato uomo dai ricci castani che indossava una tunica, ma in mano teneva un fulmine, più simile ad una lancia. Quello dietro Alex, invece, era più un guerriero, con armatura ed elmo, e aveva in mano una lunga lancia, che terminava con una punta elaborata.
«Odino e Giove hanno preso possesso di loro!» urlai, gettandomi per fermarli. «Dobbiamo bloccarli prima che si uccidano!»
Troppo tardi. Io, Piper, Leo, Astrid ed Einar provammo a placcarli, ma nell’istante stesso in cui si scontrarono, le due spade provocarono un’onda d’urto che ci respinse indietro. La figlia di Afrodite picchiò la testa contro una roccia e rimase stordita. Noi altri, però, fummo abbastanza fortunati da cadere nella neve.
Il problema era che Jason ed Alex combattevano, ma non sembravano loro. Si scambiavano colpi di spada con una ferocia inaudita e non osavamo avvicinarci, dato che, insieme a loro, stavano combattendo i loro genitori divini ed il rischio di essere disintegrati era parecchio alto.
«Dannazione» imprecai.
Il figlio di Giove saltò sopra un fendente, evitandolo con maestria e si gettò al di là del dirupo, ma un cavallo che sembrava fatto di energia elettrica e nuvole nere lo prese al volo e cavalcò via.
«Maledetto! Come osi fuggire?» sbraitò Alex, con la voce alterata da Odino.
Con la mano provò a richiamare Vesa, ma la viverna si doveva essere accorta che il padrone era impazzito perché sibilò furibonda e si ritirò ringhiando. Odino non parve prendere molto bene la cosa e fischiò.
Prima che uno di noi potesse far nulla, un enorme destriero grigio ad otto zampe apparve in cielo ed atterrò accanto al ragazzo, nitrendo e scalciando, ma si lasciò montare ed Alex partì all’attacco.
Jason lo vide arrivare ed iniziarono a piovere fulmini, mentre il suo cavallo sterzava in aria, lasciandosi dietro una scia elettrica.
Presto il cielo fu invaso da magie e fulmini. Dardi di energia sibilavano, esplodendo, mentre il figlio di Giove rispondeva con fulmini che impattavano contro le barriere runiche dell’avversario con una violenza inaudita.
Spesso arrivavano in corpo a corpo. Paravano e fendevano velocissimi, per poi staccarsi e allontanarsi subito dopo.   Era uno spettacolo mostruosamente bello, ma andava fermato.
«Portami lassù!»
Mi voltai e vidi che a chiamarmi era Piper. Aveva del sangue sulla nuca, ma l’aria decisa di chi aveva un obbiettivo ben preciso.
«Sei matta?» chiesi, sorpreso, mentre il cielo si oscurava.
L’alba era passata, ma sembrava notte.
«Dobbiamo fermarli prima che si ammazzino. Io posso bloccarli, ma mi serve il tuo aiuto!» replicò rapidamente, indicando il cielo, che sembrava spaccato in due dallo scontro.
Non erano solo Alex e Jason a combattere. I loro rispettivi genitori stavano sostenendo la battaglia con tutti i loro poteri. Fulmini dorati piovevano dal cielo plumbeo, mentre l’aria era carica di energia magica e deflagrazioni simili ad esplosioni di bombe scuotevano il ghiaccio, rompendolo e spaccandolo, rivelando il mare gelido sotto di esso. Sotto di noi, i semidei i nani ed i Berserk si stavano allontanando per non essere travolti.
«Siete pazzi! Non potete andare!» protestò Leo, osservando il cielo preoccupato.
«Sta zitto, Valdez! Vengo anche io!» lo rimbeccò la figlia di Hell, avvicinandosi.
«No!» la bloccai, poggiandole una mano sulla spalla. «Speil non reggerebbe tutti e tre, e lassù sarà dura.»
«Col cazzo che mi scarichi in questo modo!» sbottò, guardandomi con astio. «Non so sei miope o cosa, Nilsen, ma lassù il mio ragazzo si sta facendo ammazzare di nuovo e io devo aiutarlo.»
«Ascoltami! In questo momento, è più utile che siamo solo noi due. Io guido Speil, Piper li calma, in due saremo più veloci» spiegai, cercando di farla ragionare.
Non avevamo molto tempo e non potevo certo legarla.
«Be’, allora troverò un altro modo per raggiungerlo. McLean, ti tengo gli occhi addosso: non fare cavolate» acconsentì malvolentieri.
Io e Piper annuimmo, mentre richiamavo Speil, che atterrò al mio fianco. Non avevo tempo per esitare. Salii e Piper mi fu subito dietro, mentre gli altri cercavano di diminuire il panico tra i nostri compagni. Spiccammo il volo e non fu esattamente una cosa simpatica. Volammo in mezzo a scariche di luce, fulmini, incantesimi e saette magiche.
Alex e Jason erano quasi irriconoscibili. Avvolti in armature di luce, probabilmente emanazione dei poteri di Odino e Zeus, con gli occhi che brillavano come lanterne nel buio ed i lineamenti alterati, sempre più simili ai loro genitori divini. I loro destrieri sbattevano gli zoccoli sull’aria come se non avessero problemi, mentre i due continuavano a duellare, incuranti del fatto che i loro corpi stessero letteralmente andando a fuoco.
«Dobbiamo fermarli! Ora proviamo ad avvicinarci» urlai, schivando una scarica elettrica.
«Non lo farete!» gridò una voce con scherno, mentre un dolore lancinante mi si dipanava dalla spalla.
Una stalattite di ghiaccio si era piantata nel mio braccio.
«Chione!» esclamò Piper furibonda, osservando la dea dei ghiacci greca che si lanciava contro di noi, brandendo una spada seghettata.
«Speil, vira!» ordinai.
La mia viverna eseguì, evitando che venissi decapitato, ma un altro corpo nero apparve tra le esplosioni ed investì Speil, che ruggì dolorante, perché un’altra viverna nera gli artigliava le ali.
«Andatevene!» urlò Piper, cercando di distrarli, mentre eravamo in caduta libera.
«Non credo lo faremo, stupida ragazzina!» gridò il guerriero che cavalcava la viverna nera, lo stesso che mi aveva sconfitto, quando Alex era caduto. «La loro morte ci serve!»
«Maledetti!» imprecai, estraendo la spada e cercando di liberare Speil, ma non sembrava essere facile.
Ormai il suolo era vicinissimo.
Fu allora che arrivarono i rinforzi. Vesa, cavalcata da Einar, si gettò contro la viverna nera, liberando Speil e allontanando Sarevock da noi, permettendoci di riprendere quota.
Chione ci fu addosso, ma fu investita da un ombra. Astrid aveva usato un viaggio ombra per catapultarsi addosso alla dea. La figlia di Hell le infilava due dita in un occhio, mentre con l’altro braccio cercava di strangolarla, stringendo la gola.  Insieme a lei, Leo che, a metà volo, si era aggrappato ai piedi dell’avversaria avvolto in lingue di fuoco.
«Fermateli!» urlò Astrid, indicando Alex e Jason, che continuavano a combatte.
Intorno a loro si era creato un tornado, mentre giganteschi avatar di Odino e Zeus si affrontavano, avvolgendo i corpi dei loro figli come bozzoli luminosi.
«Vai, Speil!» incitai, mentre la mia cavalcatura evitava le esplosioni ed i fulmini.
Quando fummo vicini, per poco non soffocai: l’aria era rada e, quando ispiravo, mi sembrava che i polmoni bruciassero, come se persino gli atomi stessi della materia fossero in conflitto davanti ai due Dèi. Piper non stava meglio: era ancora ferita alla nuca ed era bianca come un cadavere.
La mia viverna sbatteva le ali con energia, cercando di mantenere quota, ma sembrava al limite.
«Siamo vicini!» urlai, indicandoli.
Nonostante fossero a pochi metri fui costretto ad sgolarmi per superare il clangore dell’oro contro l’acciaio, il rumore delle esplosioni e delle onde d’urto. Persino guardarli era diventato quasi impossibile, a causa degli avatar sempre più luminosi.
Il luogo dove avevamo combattuto Kara sembrava distare miglia. Evidentemente lo scontro si era spostato ancora. Me ne rallegrai: almeno i nostri amici non erano in pericolo.
«Ok» sussurrò Piper, prendendo fiato. Dopodiché urlò: «FERMATEVI!»
Nonostante non fosse indirizzato a me, dovetti farmi forza per non ubbidirle. I suoi poteri erano davvero incredibili. Persino Einar non riusciva ad essere così convincente. Tuttavia non sortirono effetti: probabilmente il potere di Odino e Giove ne inibiva la forza o forse il rumore del duello stava coprendo la sua voce. Se solo fossimo riusciti ad avvicinarci ancora.
Mentre Piper impartiva ordini con i suoi poteri, mi avvicinai, ma, qualsiasi cosa volessimo fare, fu inutile.
Di colpo, ci fu un esplosione più potente delle altre e fummo sbalzati via. Speil precipitò, sbattendo le ali in modo scomposto, mentre le urla mi invadevano le orecchie.
Dopo quasi un minuto sentii le zampe della mia viverna afferrarmi per la giacca. Nell’altra zampa, reggeva la figlia di Afrodite. Mosse le ali furiosamente, ma era ancora sbilanciata dall’onda d’urto e, nonostante tutto, sbattei contro qualcosa di duro e si fece tutto nero. Per un attimo fui assalito dal panico, mentre sentivo qualcosa di freddo invadermi la bocca soffocandomi.
Poi, però, riuscii a sbattere le palpebre e quello che vidi mi tolse il fiato.
Sleipnir e il cavallo di Jason erano spariti, ma Alex ed il figlio di Giove erano ancora in piedi, al centro della landa di ghiaccio, avvolti in una luce dorata.
Chione era poco lontana e stava combattendo contro Leo, mentre Sarevock ed Einar si affrontavano in cielo. Astrid correva verso di noi. 
«Muori, figlio di Roma!» urlò il figlio di Odino.
«Tu sei solo un barbaro!» replicò Jason.
Nello stesso istante brandirono con violenza le spande, incrociandole. Ai loro piedi si alzò una nuvola di neve, vento ed energia, mentre scintille sprizzavano dal punto in cui le lame si toccavano.
Subito dopo si separarono e si lanciarono di nuovo all’attacco. Jason lanciò un fendente e colpì Alex di striscio al petto. La lama trapassò l’armatura, ma non affondò troppo, lasciando una scia rossa di sangue e qualche goccia cadde a terra.
Il figlio di Odino non sembrò per nulla felice della ferita e rispose con un lungo fendente che colpì l’avversario al polpaccio. Il figlio di Giove urlò di dolore e cadde a terra, perdendo il gladio.
«Ora morirai!» gridò Alex, marciando verso di lui.
«Fermati!»
La voce di Piper risuonò nella valle, mentre lei si portava davanti ad Alex per proteggere il suo ragazzo.
«Non lo farai» si impose la figlia di Afrodite, guardando il figlio di Odino negli occhi.
«Togliti di torno, greca!» sibilò il ragazzo, furioso, con la voce del padre ad alterare la sua. «Io lo ucciderò!»
«Non lo farai» replicò lei, facendosi avanti. Ormai la punta della spada era a pochi millimetri dal suo petto. «Tu non sei Alex! Io l’ho conosciuto, ed Alex non ucciderebbe un amico. Non ucciderebbe la persona con cui ha fatto pace. Lui è leale e di parola. Lui è meglio di te. Tuo figlio è meglio di te, Odino.»
Dire ad Odino che qualcuno era migliore di lui, era, dalle nostre parti, il modo più veloce di morire. Di solito in modo doloroso. Ma, per qualche ragione, il Re degli Dèi barcollò. Il suo avatar era una maschera di pura rabbia, ma Alex vacillò.
Jason, intanto, si era alzato e aveva raccolto il gladio e sembrava pronto ad attaccare.
«No! Jason, non farlo!» Piper si voltò verso di lui. «Non devi! Anche tu sei migliore di tuo padre! Non farti guidare dal tuo odio! Non servirà a niente ucciderlo! Ascoltatemi, ragionate! Non aiuterete i vostri amici, se vi ucciderete a vicenda.»
L’avatar di Giove sparì con un urlo di disappunto, mentre suo figlio tornava in sé con un gemito. Lo scontro l’aveva provato a tal punto che la maglietta era bruciata in più punti, e lui si accasciò a terra in posizione fetale, tremando come una foglia.
«Bene! Ora scansati, ragazzina» ordinò Odino, che non aveva ancora abbandonato il corpo di Alex.
«No!» urlai, cercando di fermarlo. «Alex, svegliati! Io ti conosco, non sei così!»
«Levati, traditore!» gridò, ma questa volta era debole.
Il suo corpo sembrava in preda ad una lotta interna e, mentre avanzava, i suoi movimenti erano macchinosi e difficili.
«Fermati, per gli Dèi!» urlò la figlia di Afrodite, tentando di immobilizzarlo.
Ma Odino riuscì a non cedere e cademmo entrambi a terra. Piper emise un gemito di dolore, mentre il sangue iniziava a scorrerle più copioso dalla nuca. Jason sussurrò il suo nome, mentre io provavo a rialzarmi.
Eravamo troppo deboli. La guerra sarebbe scoppiata comunque. Avevo fallito.
«Alex!»
Astrid si parò davanti al suo ragazzo che, questa volta, vacillò, indietreggiando, mentre l’avatar di Odino spingeva per avanzare.
«Sentimi bene, Alex Dahl» cominciò lei, puntandogli contro l’indice. A quella mossa lui abbassò la spada. «Non mi importa chi ti stia controllando o cosa ti frulli in quella testa bacata, apri le orecchie! Devi prendere le redini del tuo corpo, perché altrimenti ti faccio tornare in te a calci in culo, e non mi importa chi ci sarà dentro di te! Già, Odino, puoi andare a quel paese! Lascia il mio ragazzo!»
A questo punto mi chiesi come mai Odino non fosse apparso a disintegrare entrambe le ragazze.
«Togliti di torno puttana figlia di…»
«Non insultare la mia ragazza!»
La voce di Alex si sovrappose a quella del padre e lui lasciò andare Excalibur, che cadde sul ghiaccio con un tintinnio.
«Tu sei mio figlio, ubbidiscimi! Uccidi il figlio di Giove! Lui è tuo nemico!» urlò il Re degli Dèi, ancora nel corpo del figlio.
«No! Lui non è mio nemico! È il tuo, sei tu che mi vuoi convincere del contrario! Vattene! BASTA!» gridò, tenendosi la testa tra le mani. «ESCI DALLA MIA TESTA!»
Nell’istante stesso in cui urlò, la luce si riversò fuori dal suo corpo, come una piena che straripa dagli argini. Fu percorso da un orribile tremito di carne e, alla fine, crollò a quattro zampe, ansimando e tremando per le ferite.
«A-astrid» sussurrò, alzando lo sguardo.
Gli occhi di lei scintillarono di sollievo e Astrid corse ad aiutarlo.
«M-mi dispiace» mormorò, stringendola. «Non ero in me.»
«Non preoccuparti. Ora andiamocene» lo rassicurò lei, aiutandolo ad andarsene, mentre Piper, che si era ripresa, si occupava di Jason.
Mi alzai, sentendomi anche un po’ solo, tenendomi il braccio ferito.
«Ehi, fratello» sussurrò Alex, guardandomi. «Scusami anche tu.»
Gli sorrisi e annuii. «Non preoccuparti… fratello.»
Ci eravamo allontanati di pochi passi, quando Leo precipitò davanti a noi avvolto da una coltre di ghiaccio.
«C-ciao, ragazzi!» ci salutò con un sorriso tremante.
«Chione…» sussurrai, voltandomi.
La dea greca fluttuava ad ali spiegate sul punte dove, poco prima, avevano combattuto Alex e Jason. Il sangue ancora fresco bagnava il suolo.
«Non ve ne vorrete andare senza di me» ci canzonò, mentre Einar atterrava al nostro fianco con l’arco stretto in mano.
«Mi dispiace» si scusò il figlio di Loki, scendendo da Vesa, mentre Sarevock e la sua viverna nera atterravano accanto a Chione. «Non sono riuscito a sconfiggerlo.»
«Qualsiasi cosa vogliate, non siete riusciti a batterci!» urlai, preparandomi a combattere. «Alex e Jason sono ancora vivi, la vostra guerra non scoppierà!»
«Scoppierà lo stesso, invece» replicò serio Sarevok, smontando e mettendo piede sul ghiaccio.
«Due principi avvelenati dall’odio ed il sangue rancoroso di un dio. Così disse la profezia del risveglio di Ymir. Alex, Jason, principi di Asgard e di Roma. Abbiamo il sangue, versato su questi ghiacci che io stesso ho consacrato a Ymir, ora non mi resta che il sangue di un dio. Chione non è qui a caso. Vuoi fare gli onori?»
Sgranai gli occhi e partii all’attacco, ma, prima che potessi arrivare a metà percorso, il ghiaccio mi bloccò le caviglie. Ma non era stata Chione. Ymir si era reso conto del suo imminente risveglio e li stava aiutando.
«Chi meglio di una dea della neve potrebbe risvegliare il Padre dei Giganti dei Ghiacci? Che questo sia il segno della nostra alleanza. Gea ed Ymir ricreeranno il mondo, ed io sarò al loro fianco» annunciò Chione, altezzosa, mentre si passava la lama della spada sulla mano.
Provai a liberarmi per fermare l’inevitabile. Einar tese l’arco per poter colpire i due, ma un muro di ghiaccio si materializzò davanti al proiettile, che ci si schiantò senza effetto, mentre gocce di icore dorato colavano sopra quello rosso dei nostri comandanti.
Non appena si toccarono un’onda d’urto si propagò da quel punto ed il ghiaccio sembrò contrarsi, mentre un terremoto scuoteva la collina. I monti gelati intorno a noi si muovevano come dita di un’enorme mano.
«Meglio andarsene ora, amica mia» commentò Sarevock, guardando Chione. «Non vorrei mai che lui ci scambiasse come parte del sacrificio.»
Mentre sparivano in una colonna di luce e un’ombra gigantesca si materializzava sopra di noi, ebbi l’orrendo dubbio che quel sacrificio fossimo noi.
 
■Jason■
 
Non pensavo potesse esistere una cosa così spaventosa. Ymir non era un gigante, ma era come mille di essi messi insieme. Avevo visto Porfirio, il Re dei Giganti Greci, ma, ora che vedevo il padre di quelli nordici, non potei fare a meno di pensare che, al confronto, Porfirio era un nano. Persino Tifone impallidiva davanti alla grandezza di quello che avevamo davanti.
Era alto… be’… difficile dirlo, ma doveva essere sui mille metri o giù di lì. Le sue mani erano talmente ampie che avrebbe potuto afferrare una collina e schiacciarla con una manata, come se fosse una mosca. Il volto era una maschera di odio ed una folta barba composta da nubi, come i capelli, gli contornava la bocca irta di zanne che dovevano essere grandi come tronchi di sequoie, se non di più.
Il suo corpo era composto principalmente da roccia e ghiaccio e sembrava affaticato, ma si stava riprendendo in fretta dal torpore. La sua risata rombò come mille tuoni, mentre un urlo di vittoria gli usciva dalla gola. Tale che, probabilmente, si poteva sentire dall’equatore.
«LIBERO! FINALMENTE! SONO DI NUOVO COMPLETO!» ululò con forza verso il cielo. «È ORA, NIPOTE! ORA DISTRUGGERÒ LA TUA INSULSA CITTÀ E RIPRENDERÒ POSSESSO DEL MIO MONDO. E COMINCERÒ DISTRUGGENDO TUO FIGLIO ED I SUOI AMICHETTI!» concluse abbassando lo sguardo su di noi.
I suoi movimenti erano lenti ed intorpiditi, ma presto avrebbe agito e non avevo dubbi che non avrebbe faticato a schiacciarci.
«Ehm… qualcuno ha un piano?» chiese Leo, alzandosi a fatica, mentre Lars si liberava dal ghiaccio e ci raggiungeva.
«Sì…» sussurrò Alex, che si appoggiava ad Astrid. Si erse in piedi e strinse la spada che portava a fianco, estraendola. «Lui vuole il sangue di Odino ed io sono un suo figlio. Voi scappate, potreste farcela. Io rimango a tenerlo impegnato.»
«Non ci provare!» strepitò Astrid, agguantandolo per la maglietta. «Ti sei sacrificato anche troppe volte. Io non ti lascerò andare!»
Era sull’orlo delle lacrime, lo vedevo bene, ma, nonostante questo rimaneva ferma, pronta a resistere a tutto, pur di rimanere accanto al suo ragazzo.
«Astrid! Hai un’idea migliore?» chiese Alex, guardandola. «Non c’è altra scelta, qualcuno deve rimanere qui, o moriremo tutti. Non possiamo sfuggirgli.»
La mano di Ymir, ormai, era vicina.
«Allora verrò con te.»
Quell’affermazione ci lasciò tutti di stucco. Astrid incrociò le braccia davanti ad Alex e assunse un cipiglio deciso.
«Hai detto che tu immaginavi un futuro insieme, giusto? Allora eccoci. Se il nostro futuro è quello di morire qui, in questo posto di merda, su questo ghiacciaio dimenticato dagli Dèi, allora così sia. Ma sarà con te» affermò, con tono deciso di chi non ammette repliche.
I due si fissarono per qualche attimo, finché Alex non la abbracciò e annuì.
«D’accordo» sussurrò, prendendole le mani. «Allora… insieme?»
«Dèi, Alex, . Insieme. Rimaniamo qui a cincischiare ancora un po’ o salviamo la pellaccia ai nostri amici?»
I due ci guardarono in modo diretto e si avvicinarono.
«Mi fido di voi» sussurrò il figlio di Odino, stringendo la spada. «Lars…. L’Orda è ai tuoi ordini. Einar, semplicemente grazie. Jason» disse, voltandosi verso di me. «Ti prego di accettare le mie scuse.»
«Non scusarti. Non dovresti andare» risposi, stringendo i denti.
Mi sembrava che li stessi abbandonando.
«Non possiamo fare altro» replicò il figlio di Odino, guardandomi negli occhi. «Salvate Asgard e Roma. Non permettete che le nostre case vadano distrutte.»
«Capo, stai attento» si raccomandò Einar, con gli occhi stranamente lucidi. «Anche tu, dolcezza.»
«Tranquillo, Einar» sorrise la figlia di Hell, stranamente tranquilla.
«Fratello…» Lars si avvicinò ad Alex e lo abbracciò. «Cerca di tornare vivo, anche se sembra impossibile. Tu ce la puoi fare.»
«Lo farò. Ora, andate!»
Detto questo richiamò Vesa e, insieme alla sua ragazza, si mise in groppa alla creatura alata e volò verso il gigante.
Nessuno di noi sembrava ansioso di andarsene, ma non potevamo fare nulla per loro. Mentre i nostri due amici andavano ad affrontare una minaccia troppo grande persino per loro, mi imposi di prendere il comando.
«Andiamo, forza» dissi, mentre Piper mi aiutava a camminare.
Leo ci seguì a ruota, insieme ad Einar, ma Lars rimase fermo un attimo ad osservare la scena, prima di seguirci.
Come Alex aveva supposto, Ymir si concentrò su di lui. Forse fiutava il sangue del nipote Odino che l’aveva fatto a pezzi, fatto sta che puntò alla viverna che, probabilmente, per lui era poco più che una vespa fastidiosa.
Il figlio di Odino lanciava contro il  gigante tutte le sue magie, ma, già debole per lo scontro con me e senza l’appoggio del padre, i suoi attacchi erano poco più che schizzi d’acqua contro la roccia.
Era praticamente impossibile allontanarsi a sufficienza, ma, in lontananza, vedevo quello che prima era stato l’esercito di Kara e sembrava si fosse accorto del colossale gigante – difficile non farlo – che si avvicinava. Forse stava pensando ad una ritirata.
«Capo!»
Einar, si era fermato e stava guardando indietro. Ci voltammo tutti quanti e quello che vedemmo ci pietrificò.
Alex aveva tentato di opporsi al soffio di ghiaccio del gigante alzando una barriera magica, ma la potenza del suo avversario era tale che non aveva retto nemmeno un minuto ed ora, disarcionato da Vesa, cadeva svenuto da un’altezza di diverse centinaia di metri.
La sua spada era ancora stretta in mano, ma era in frantumi. Le schegge di acciaio cadevano intorno a lui, scintillando degli ultimi residui di potere, mentre Astrid, ancora sul dorso di Vesa, urlava il suo nome, cercando di convincere la viverna a recuperarlo.
«Devo tornare ad aiutarlo. Andate voi, io…» stava iniziando a dire il figlio di Loki, quando una potente esplosione scosse il fianco di Ymir.
«ODINO!» urlò rivolto al cielo.
Alzando lo sguardo, vidi qualcosa che non credo avrei più rivisto: un’aurora boreale si era aperta nel cielo che si era, di colpo, fatto scuro. Su di essa, difficile da non riconoscere, cavalcava il Re degli Dèi Nordici sul suo destriero ad otto zampe. Al suo fianco correvano due grossi lupi bianchi e, sulle sue spalle, erano appollaiati due corvi neri che gracchiavano. Impugnava una lancia e nell’altra mano reggeva lo scudo.
Al suo fianco una schiera di divinità Asgardiane, una delle quali – una donna dai corti capelli biondi in armatura – cavalcò fino ad Alex e lo trasse in salvo, dopodiché fece un cenno alla viverna, che la seguì docile.
«OSI SFIDARMI, PICCOLO NIPOTE?» urlò il gigante al dio, stringendo i pugni. «SEI QUI PER SALVARE TUO FIGLIO?»
«Mio figlio non è più nelle mie grazie da molto tempo» replicò il Re degli Dèi, inarcando le sopracciglia, mentre la dea bionda depositava Alex accanto a noi, consegnando i frammenti di spada a Volund ­– ma quando era arrivato? –, mentre Astrid scendeva e andava a vedere come stava il suo ragazzo.
«Sono qui per distruggerti di nuovo, nonno. Scusami, però ce l’ho ancora con te per aver ucciso mio padre. E credimi, saranno passati gli anni, ma non siamo certo deboli. Io ed i miei figli ti distruggeremo! PER ASGARD E L’ALFHEIM!» urlò Odino, puntando la lancia contro il gigante. 
«PER ASGARD E L’ALFHEIM!» risposero tutti gli Dèi al suo seguito, lanciandosi contro il nemico.
«Andate con Heimdallr!» ci consigliò la dea che aveva salvato Alex, indicando il dio barbuto che era apparso con un arcobaleno accanto a Volund. «Vi porterà ad Asgard.»
«Ma i nostri amici?» chiesi, preoccupato che lo scontro tra Dèi potesse coinvolgerli.
«Stanno bene» disse Heimdallr, guardandomi altezzoso. Dovevo immaginare che non andassi a genio a nessuno di loro. «Mi sono occupato di riportarli al Campo con il Bifrost, così come i nani. Avranno il tempo di fuggire a sud, mentre affrontiamo Ymir.»
«Grazie agli Dèi» dissi, grato, mentre lui apriva un portale che sembrava un arcobaleno.
«Andate, forza!» ci incitò la dea, sfiorando la fronte di Alex, che rinvenne.
Dopodiché montò sul suo destriero, che prese il volo, e si unì alla battaglia.
Piper mi aiutò a varcare il portale. Leo ed Einar si dettero il cinque, seguiti da Lars. Gli ultimi furono Alex ed Astrid, che fuggirono mentre Vesa e Speil volavano a sud.
Eravamo salvi.
O meglio, loro erano salvi, perché, non appena superai il Bifrost, mi ritrovai nella piazza di una grandissima città dorata – Asgard – circondato da un drappello di elfi che mi puntavano contro le lance.

 
koala's corner.
Buonasera, semidei! Questo capitolo è un tantino più lungo del solito, ma era davvero impossibile dividerlo in due e, di solito, quando un gigante si risveglia nessuno vuole interromperlo - nemmeno noi, ci avrebbe presi come un sacrificio.
E' stato davvero fighissimo scrivere questi POV, soprattutto quando Alex e Jason si scontrano e Alex sconfigge il figlio di Giove, perché lui è più forte, più intelligente, più bello, più tutto.
E quassù potete ammirare quando Jason non stia simpatico ad Ax... A parte questi due maschioni che si scontrano, se ve lo siete chiesti, già, è proprio Alex a mozzare la mano di Kara, non Astrid o Jason.
E, anche se tutti volevate vederla morta, Alex è troppo combattuto per farlo o per permetterlo. Ma tranquilli, a differenza delle altre volte, non darà fastidio per un bel po'.
A proposito di persone fastidiose: Chione non era venuta al nord per un viaggio di piacere, bensì per donare il sangue partecipando al progetto A.R.G.M.C. (Aiuta a Resuscitare Giganti Molto Cattivi.)
Ymir è il nonno di Odino – e di Loki – e, in sostanza,  i due si detestano perché Ymir aveva cercato di uccidere suo figlio/il padre di Odino prima che avesse dei figli. Non ebbe fortuna, povero gigante :P Invece, la dea che aiuta Alex, se non si era inteso, è Eir, la mamma di Lars.
Alex cerca di nuovo di sacrificarsi, o suicidarsi, a seconda dei punti di vista. Questa volta, però, Astrid decide di unirsi a lui. Un pensiero potrebbe essere "oooh, fa molto Percabeth! As long as we're together!", quello più importante dovrebbe essere "yes! Astrid lo farebbe sicuramente!" Perché noi non ragioniamo per imitazione, ma per quello che farebbero questi personaggi se fossero vero^^
Speriamo che il capitolo vi sia piaciuto, un abbraccio e alla prossima! Non perdetevi questi ultimi capitoli, la storia è agli sgoccioli!

Soon on DnN: POV delle tre ragazzuole, che racconta cosa succederà a Kara e a Jason. Poretti.
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Water_wolf