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Autore: LunaMoony92    12/02/2015    3 recensioni
La guerra è finita da tre anni, Harry e Ron sono lontani per l'addestramento Auror, Hermione lavora al Ministero della Magia. Fred e George continuano con il loro negozio e la vita sembra essere tornata alla norma. Ma c'è qualcosa che lega Hermione e Fred, che nessun altro sa. Lei crede di esserselo lasciato alle spalle, ma si sbaglia. Una strana pergamena li farà riavvicinare...
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Lee Jordan | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Dal capitolo precedente:
 
 “Fred non volevo parlare, ero stanca e piangevo come una scema, non c’è altro.”
“Dimmi perché piangevi.”
Hermione era scossa dai singhiozzi.
“Te l’ho già detto!!!!!”
“Forse nemmeno chi ti frequenta ti conosce come ti conosco io.”
Hermione sussultò leggendo quelle parole, ma seppe che Fred aveva ragione.
 
 
Era stata una pessima idea quella di cedere alla curiosità e tornare a parlare con Fred a poche ore dalla partenza.
Leggendo quell’ultima frase che Fred aveva scritto, Hermione era scoppiata a piangere, incapace di fermarsi e aveva buttato via la pergamena, facendola finire sotto al tavolo e lì l’aveva lasciata.
Non riusciva a smettere di singhiozzare, si sentiva terribilmente male, come se il cuore le si stesse strappando dal petto.
Come sempre, Fred era riuscito a leggerle dentro. Rileggere ogni parola su quella pergamena le scuoteva l’anima perché, quando si scrivevano, mettevano a nudo se stessi, finalmente si liberavano delle maschere che erano costretti a portare e potevano dirsi la verità che tanto gelosamente custodivano.
Le parole di Fred, decise e terribilmente vere, non abbandonavano la sua mente.
Ma lei doveva partire.
DOVEVA. 
Sentiva sulle guance due rigagnoli salati che continuavano a scenderle dagli occhi, come un fiume in piena. Lì dove avevano iniziato a seccarsi, le lacrime iniziavano a tirarle la pelle, come se volessero riportarla alla realtà. Dopo un tempo che sembrò infinito, Hermione si alzò dal pavimento dove si era accasciata, decisa a lasciarsi tutto alla spalle, preparare la valigia e andare via, finalmente. Quella partenza, che tanto aveva aspettato per rivedere Harry e Ron, adesso aveva un significato diverso per lei. Andando via, Fred non avrebbe più potuto cercarla, non  l’avrebbe rivisto, sarebbe stata insieme a Ron e nient’altro avrebbe avuto importanza.
Ginny passò a prenderla il mattino presto e insieme andarono alla Tana. Era eccitatissima e, mentre Hermione metteva il giubbotto, le aveva parlato di almeno cinque argomenti diversi riguardanti il matrimonio. Hermione, suo malgrado, non poteva fare a meno di sorridere, vedendo l’amica così felice. Chissà se anche lei lo sarebbe stata dopo questo viaggio. Tutto, il suo futuro con Ron, la sua vita, dipendeva dall’esito di questo viaggio.
Il signore e la signora Weasley erano già pronti vicino alla Passaporta quando arrivarono e Hermione li salutò da lontano. Mentre lei e Ginny si avvicinavano al giardino, ad Hermione sembrò di vedere qualcuno sull’uscio della porta che la stava fissando. Distolse lo sguardo e guardò più attentamente, ma con sua sorpresa, vide che non c’era nessuno.
Forse erano solo i residui della discussione avuta nel pomeriggio con Fred, ma le era sembrato davvero lui. Scosse la testa e, vedendo l’espressione indagatrice che era apparsa sul volto dell’amica, si affrettò a raggiungere quelli che di lì a poco sarebbero stato i suoi suoceri. Questo pensiero la fece diventare triste.
“Eccovi, finalmente!” disse il signor Weasley, con il suo solito sorriso aperto.
“Mancano solo due minuti!”
Si avvicinarono tutti al vecchio stivale e, subito dopo, questo  iniziò ad illuminarsi della consueta luce azzurrina e presto furono catapultati in un vortice. Mentre vorticava, Hermione continuava a pensare a quelle parole “Ti conosco. Ti conosco. Ti conosco”.
“No, non mi conosci Fred. Non sai più chi sono.”
 
 
 
 
 
 
La mattina della partenza dei loro genitori era arrivata. George era passato a svegliare Fred, ma con scarsi risultati.
“FREEEEED!! Ma sei sordo?? Sono io quello con un orecchio solo!” gli disse impaziente, continuando a scuoterlo.
Fred aprì un occhio e lo richiuse quasi subito, ma presto si ritrovò scaraventato a terra dal fratello.
“Capisco che hai passato la notte in bianco ripensando alla tua amabile chiacchierata con la Granger, ma non credo che a mamma importi!”
Fred guardò torvo il fratello, mentre cercava di rimettersi in piedi.
“Cosa c’entra la mamma, adesso?” riuscì a dire.
George lo guardò come si guarda un bambino di due anni a cui si cerca di spiegare qualcosa.
“La nostra cara mamma, insieme a papà, Ginny e la tua amichetta Granger, oggi partono per andare a trovare Harry e Ron” disse, mentre mimava ciò che diceva.
“Si, molto divertente George. Io non vengo, lo sai.”  E, così dicendo, Fred si gettò di nuovo nel letto.
“Come vuoi. Sono stanco di andare da solo dappertutto però, sappilo.” George si smaterializzò.
Dopo aver aiutato i genitori a preparare gli ultimi pacchetti, George li aveva salutati e stava per andare al negozio, quando sentì un POP provenire dalla cucina.
Una faccia uguale alla sua, un po’ più stravolta lo guardava con un aria tetra.
“Ce l’hai  fatta a lasciare il tuo letto. Non sai mamma! Mi ha fatto una testa così! Valla almeno a salutare, anche se sospetto che non sia questo il motivo per cui sei qui.” E, così dicendo, andò via, lasciando Fred da solo.
Aveva salutato i genitori, subendo la ramanzina della madre per il ritardo e le infinite raccomandazioni sulla casa. Ginny non era ancora arrivata, era andata a prendere Hermione. “Tanto meglio” pensò Fred, ma stava solo mentendo a se stesso. In realtà si era deciso ad andare alla Tana proprio nella speranza di vedere Hermione.
Aveva ancora in mente tutto ciò che si erano detti e ora lei stava andando da Ron e quella sarebbe stata la fine per loro, se lo sentiva. Ma la fine di cosa, dopotutto? Era solo una vana speranza quella che nutriva, lo sapeva. Ma le sue risposte l’avevano portato a sperare in qualcosa in più. Però adesso lei stava partendo.
Era arrivato vicino alla porta di casa, pronto a smaterializzarsi, quando sentì due POP, provenienti dal giardino.
Erano arrivate. Hermione stava agitando il braccio per salutare i suoi genitori. Non voleva che lei lo vedesse, sarebbe stato peggio. Voleva solo vederla, solo un momento sarebbe bastato.
“Voltati” pensava. “Voltati.”
E, come se avesse sentito quella sua silenziosa preghiera ,per un istante Hermione guardò nella sua direzione.
Il cuore di Fred perse un battito e, preso dal panico, si smaterializzò.
 
 
 
L’atterraggio era stato stranamente ordinato. Solo Ginny aveva finito per inciampare, ma  pronto a tirarla su  c’era Harry, nella sua divisa da cadetto Auror.
Gli occhi di Ginny brillavano, era davvero felice.  Harry passò subito ad abbracciare Hermione. Le bastò uno sguardo per capire che il suo migliore amico aveva scoperto qualcosa. Il mondo sembrò caderle addosso.
A strapparla da quel pensiero, arrivò Ron, anche lui in divisa, che le riservò un timido abbraccio e andò subito a salutare i suoi genitori, lasciando Hermione ancora più triste.
In quel momento, la sua partenza le sembrò quanto meno una pessima idea. Cosa aveva sperato? Che fosse tornato tutto a posto, che i problemi tra lei e Ron fossero solo nella sua testa? E la discussione avuta con Fred il giorno prima...
A Hermione girava la testa e Harry sembrò accorgersi del suo malessere.
“Ginny, credo che Herm soffra un po’ il viaggio in passaporta, la accompagno in camera” disse infatti appena furono arrivati all’hotel in cui avrebbero alloggiato.
Hermione gli era davvero grata. Non voleva far preoccupare i Weasley, e non voleva rovinare la felicità di nessuno. Ron non sembrava essersi accorto di nulla, d’altro canto.
Appena furono entrati nella stanza, Hermione scoppiò in lacrime.
“Harry, dimmi la verità. Fallo subito, ti prego”
“Herm, io ci ho provato a parlare con Ron. Ho provato ad avvicinarmi di nuovo e per un po’ sembrava funzionasse, ma ogni volta che menzionavo  te, tornava nel suo silenzio. Non sono riuscito a scoprire nulla, mi dispiace tanto.”
“Grazie Harry per averci provato, davvero.” rispose lei, in preda ai singhiozzi.
Harry si era inginocchiato davanti a lei, le sue mani che stringevano quelle di lei.
“Hermione, guardami.” le disse. “Io sono con te, anche Ginny lo è. Non sei sola in questo. Non  devi esserlo, capito?” e le porse un fazzoletto. Sempre così cavalleresco, il suo migliore amico. Riuscì quasi a strapparle un sorriso.
“Grazie Harry, grazie davvero. Adesso va da Ginny, chiedile scusa da parte mia, Ci vediamo più tardi.”
Hermione decise di fare una doccia, certa che dover fare la prima mossa sarebbe stata lei. Si cambiò d’abito e, prendendo il coraggio a due mani, andò a cercare Ron.
Lo trovò nella sala comune, insieme a Molly e Arthur  e da lontano si fermò un attimo a guardarlo. Aveva gli occhi segnati dalle occhiaie, aveva perso anche qualche chilo e sembrava un po’ trasandato.
“Cosa ti sta succedendo, Ron? chiese a voce bassa, più a se stessa.
Si avvicinò piano, dando il tempo a Ron di notarla.
Dal suo sguardo capì che la stava aspettando, forse si era deciso a chiarire una volta per tutte.
“Beh mamma, porto Hermione a vedere l’Accademia, voi sistematevi pure, ci vediamo più tardi” disse infatti.
E così uscirono insieme. Passarono dei minuti prima che qualcuno dicesse qualcosa. Hermione sperava fosse Ron a prendere la parola, ma sapeva che non era proprio il suo forte, così fisse: “Ron, dobbiamo parlare.”
“Si, dobbiamo.” rispose lui, cadendo di nuovo in silenzio. Arrivarono davanti alle porte dell’Accademia, un imponente edificio in stile gotico che dominava una collina poco elevata.
“E così è questa” disse Hermione, cercando di rompere di nuovo il ghiaccio.
“Si, è questa la mia casa, per ora.” disse Ron, con voce malinconica.
Poi si voltò e guardò finalmente Hermione negli occhi.
Doveva farlo, glielo doveva. Lei meritava di sapere la verità. Così, prese coraggio e iniziò.
“Come ti ho già detto, non c’è nessun altra Hermione. Non ti farei mai questo, voglio che tu lo sappia.”
La tensione nella sua voce era palpabile, prese un bel respiro e continuò.
“E’ successa una cosa. Solo che non ho ancora capito se è stata la causa o l’effetto.”
Hermione lo guardava come se non riuscisse davvero a vederlo. Cosa stava cercando di dirle? Cosa era successo?
A Ron era chiaro ciò che era successo. Quel che aveva provocato lo strappo, ma non riusciva trovare le parole adatte, non voleva ferire Hermione. Si ricordava che nell’ultimo periodo avevano iniziato a parlare meno, colpa della distanza, ma forse non solo di quella.
All’improvviso era come se qualcosa li avesse spinti fuori dalla loro intimità. Erano iniziati i fraintendimenti: Era come se ci fosse una specie di lente deformante che falsificava ogni azione, ogni parola, ogni pensiero che esprimevano. Avevano iniziato a essere sempre più prudenti nel dirsi le cose, nell’evitare certi discorsi per evitare di litigare. Ponderavano le parole da usare nelle loro lettere, quando si vedevano. Le misuravano, le soppesavano, a volte le smontavano fino a non trovarsi più nulla da dire.
Così avevano iniziato a parlare meno, a creare silenzi sempre più lunghi. E senza rendersene conto, avevano costruito un muro invisibile di riguardi, di paure e si erano ritrovati ai
due lati opposti del muro, in compagnia delle rispettive solitudini. E il punto di non ritorno era stato quando  Hermione gli aveva chiesto se avesse un’altra. Il solo fatto di avere evocato quella possibilità aveva fatto capire a Ron che erano arrivati davvero al capolinea.
Rimase per un po’ in silenzio, a riflettere sulle parole giuste da dire, ma forse non esistevano quelle parole, non si poteva evitare una frattura, anche se lui lo aveva sperato per tanto tempo.
“Hermione, io non credo che le cose vadano più bene tra noi da un po’.” Fece una pausa, aspettando la reazione di Hermione, che si limitò ad abbassare gli occhi. Lui le prese una mano tra le sue e continuò.
“Mi dispiace davvero, io ti ho amata tanto, ma adesso non sono più sicuro di niente. La distanza ci ha divisi, non solo fisicamente, ma in cento modi diversi e non credo che siamo in grado di ricucire tutto. Ho provato a fare andare via questa sensazione, ma ho ottenuto l’effetto contrario. Ero sempre distante quando tornavo a casa, non sapevo che dirti, cosa fare.
Sono stanco di vivere con un continuo senso di inadeguatezza. Sono stanco e noto che anche tu  fingi che non sia cambiato niente e cerchi di tirare avanti come meglio puoi.”
Hermione aveva iniziato a piangere silenziosamente, sempre la sua mano tra quelle di Ron.
“Non ho mai pensato di tradirti” continuò Ron “Non è una possibilità che ho mai contemplato, nemmeno per un momento.”
Mentre la guardava, aveva preso atto di una cosa: non provava amore per lei, l’unico sentimento coinvolto nel loro rapporto era l’affetto di chi si conosce da anni, di due grandi amici, ma non amanti. Gli era venuto addirittura il sospetto che non si fossero mai amati.
Aveva lasciato le mani di Hermione e aveva iniziato a camminare, avanti e indietro.
A ogni passo il suo senso di colpa cresceva.
“Mi dispiace, Herm.” disse alla fine.
“Mi dispiace davvero tanto, credimi. Ma non potevo più continuare a fingere. Mi sono allontanato da tutti, da te, da Harry, ma non ho risolto nulla. Ho solo peggiorato le cose e siamo ad un punto di non ritorno. Io spero tu mi possa perdonare un giorno,  per averti trattata così. Non voglio perderti, Herm. Sei sempre stata la mia migliore amica, e ti ho amata davvero, ti ho amata, ti ho amata…”
Piangeva Ron mentre pronunciava quelle parole. Anche Hermione non poteva fare a meno di piangere. La bomba era stata sganciata, erano giunti al capolinea.
Hermione aveva sperato di aggiustare le cose, di tornare a essere felice con Ron, che tutto il dolore, i dubbi, la frustrazione di quell’ ultimo anno sarebbero potuti sparire. Ma adesso era consapevole che quel momento era arrivato addirittura in ritardo, che si stavano trascinando in una storia che era morta da un po’, incapaci entrambi di mollare la presa, nella speranza di un miracolo.
Hermione si asciugò gli occhi e l’unica cosa giusta da fare le sembrò andare ad abbracciare Ron. Non ce l’aveva con lui, anzi, era fiera di lui perché aveva avuto tutto il coraggio che a lei era mancato. Lei aveva scelto di fare finta di nulla, di ignorare i segnali, di convincersi che tutto sarebbe andato bene. Aveva applicato la colla la dove uno strappo sarebbe stato più efficace e lo strappo c’era stato adesso e da quello non si poteva tornare indietro, ma solo decidere come andare avanti.
Ron singhiozzava, incapace di fermarsi, tra le braccia di Hermione che lo stringevano forte. Quel muro che si era creato tra di loro sembrava essersi dissipato insieme a tutte le “bugie” che si erano detti per andare avanti. Dopo mesi di finzione, erano davvero loro quei due che si stavano stringendo a tal punto da farsi male, cercando di dirsi “andrà tutto bene, andrà tutto bene.”
Rimasero in quel abbraccio per un tempo indefinito. Fu Hermione a parlare per prima.
“Grazie Ron.” disse. “Per essere stato sincero con me. Mi dispiace che sia finita così, mi dispiace di non aver fatto abbastanza. Non voglio che ci siano rancori tra di noi, io ci tengo troppo a te. Non posso vivere sapendo che saremo degli estranei da adesso in poi.”
“Si, anche a me fa male. Forse piano piano torneremo ad essere amici come un tempo.”
“Si, vedrai che ce la faremo.”
Si strinsero le mani, e in silenzio di avviarono dagli altri.
Il primo a notare gli occhi gonfi di entrambi fu Harry, ma non disse nulla, si limitò a guardare Hermione e, con uno sguardo, capì.
Hermione e Ron avevano deciso di rimandare il momento della verità. Hermione sarebbe ripartita il giorno dopo, inventando un impegno di lavoro. Ron aveva promesso di chiarire con Harry e di scriverle, ogni tanto.
La sera arrivò in fretta e dopo aver comunicato la sua partenza ai Weasley, che erano sinceramente dispiaciuti e la cena che le sembrò infinita, tra le occhiate curiose di Ginny e quelle apprensive di Harry, finalmente arrivò il momento di andare a letto.
Era appena entrata sotto al caldo piumone, quando sentì bussare alla porta.
Era Harry.
“Posso?” disse il suo migliore amico, un po’ impacciato
“Certo, entra pure.” rispose lei, tirandosi un po’ più su le coperte, come a volersi avvolgere su se stessa. Si sentiva terribilmente vuota, ma, inverosimilmente, anche leggera,
“Herm, Ron è venuto da me prima. Mi ha chiesto scusa per questi mesi e mi ha detto che cambierà, ma non ha voluto dirmi altro. Cos’è successo?”
I giri di parole non avrebbero certo attutito il colpo e, magari, dirlo ad alta voce avrebbe contribuito a rendere più reale anche a lei la cosa.
“Ci siamo lasciati, Harry.” disse semplicemente.
L’amico, preso in contropiede, rimase per un attimo a bocca aperta, incapace di proferire parola. Poi disse soltanto: “Mi dispiace tanto, ma vedrai, andrà tutto bene.” e la abbracciò. Hermione si abbandonò a quel contatto, e, finalmente, si liberò di tutto ciò che si era tenuta dentro.
 
 
 
 
  
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