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Autore: LilyLunaWhite    12/02/2015    1 recensioni
Due ragazzi apparentemente diversi, ma con un lato in comune: entrambi, indossano una maschera.
Due famiglie diverse.
L'odio di entrambi verso l'amore.
Però, cosa accadrebbe se i loro cuori cominciassero a battere?
Riusciranno, i due protagonisti, a imparare ad amare?
-Dalla storia.-
"Come ogni volta, quando incontravo il suo sguardo, notavo che erano privi di luce, spenti e questo mi metteva addosso un’inspiegabile tristezza.
Agii d’impulso, mi chinai e posai le mie labbra sulle sue. Constatai che erano fredde ma, allo stesso tempo, dolci.
Fu a quel contatto che riuscii a rispondere alla maggior parte delle mie domande.
"
Storia in fase di modifiche e sistemazioni.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Titolo Storia: I'm in love now.
Titolo Capitolo: 15. Confessioni.
Autrice: Lily Luna White
Beta: Lucia.

Capitolo quindici: Confessioni.


P.O.V. Raffaele


Walter era uscito da poco di casa, dicendo che era meglio se io fossi rimasto da solo con lei. Aveva ragione, eppure la sua proposta sembrava rattristarlo o forse ero io ad aver visto male l’espressione delusa del suo viso, il sorriso tirato e gli occhi tristi. Scossi la testa, cercando di pensare ad altro, e richiusi la porta a chiave. Tornando in salone, raccolsi le carte e le misi a posto per poi avvicinarmi alla porta del bagno dove Jenny si era chiusa dentro per farsi una doccia. Dopo essermi accertato che ella stava bene e dopo aver udito la sua voce, mi diressi in cucina dove cominciai a cucinare del brodo caldo: dopo il freddo che la mia piccola scontrosa si era preso, doccia e brodo caldo l’avrebbero rimessa del tutto in sesto e io mi sarei rassicurato e sarei riuscito a mettere a tacere il lato iperprotettivo che si faceva strada in me ogni volta che ero con lei.

«Raf, ho finito la doccia.», sussurrò lei alle mie spalle.

Mi voltai e la osservai attentamente. Indossava di nuovo i miei abiti, quelli con cui l’avevo fatta dormire ma adesso aveva un aspetto più colorito e un aspetto più sereno. Con disapprovazione, però, notai che aveva i capelli ancora bagnati e con un sospiro, spensi il fuoco per far freddare leggermente il brodo e senza troppe cerimonie, le presi una mano e la trascinai in camera mia.

«Siediti sul letto e aspettami qui, senza muoverti.», le intimai prima di uscire dalla camera.

Presi il phon e tornai da lei attaccando lo spinotto alla presa e avvicinandomi al letto.

«Posso?», le chiesi indicandole i capelli.

«Vorresti asciugarmi i capelli?»

«Si, non dovresti stare così. È inverno e tu questo pomeriggio hai preso fin troppo freddo. Non voglio che ti prendi un malanno.»

«Prepotente.», borbottò lei gonfiando le guance.

«Come scusa?», domandai inarcando un sopracciglio.

«Sei un prepotente che si diverte a comandare.», chiarì incrociando le braccia al petto e mantenendo quel suo adorabile broncio.

«Questo non dovevi dirmelo.», le sussurrai prima di lasciare il phon a terra e lanciarmi su di lei.


P.O.V. Jenny


Improvvisamente mi ritrovai stesa sul letto con Raffaele a sovrastarmi. Si sosteneva con le braccia, poggiando i palmi delle mani ai lati della mia testa mentre poggiava il peso del corpo sulle ginocchia che erano vicine ai miei fianchi. Pareva un felino che sovrastava la sua preda e, quest’ultima, ero indubbiamente io. Però, lo stare in quella posizione, mi riportarono alla mente ricordi che cercavo di giorno in giorno di tenere nascosti e che mi facevano nascere una paura folle, terrore che lui parve leggere nel mio sguardo.

«Ehi, piccola, stai tranquilla. Non ti farò niente che tu non voglia.», mi sorrise con dolcezza per poi, però, lasciarsi andare ad un ghigno, «A parte il solletico, ovviamente.»

E fu con quelle parole che egli cominciò a farmi il solletico sui fianchi e tra le mie risate involontarie cercai di sfuggire alla sua presa, cosa che ben presto scoprii impossibile visto che lui bloccava ogni mia via di fuga.

«Dai, basta!», esclamai tra le varie risate, colpendolo ovunque pur di farmi liberare.

«No, mi hai dato del prepotente e ora ti meriti una punizione.»

«Va bene, va bene. Non sei un prepotente ma un adorabile dispotico.»

«Vedi che è la stessa cosa, se non peggiore rispetto alla prima affermazione.», mi rispose lui ridendo ma smettendola di farmi il solletico.

«Vedi che questi son dettagli.», gli risposi ridacchiando.

«Dettagli pur sempre significativi. E ora, da brava, lascia che ti asciughi i capelli. Non voglio che ti raffreddi.», affermò con sguardo triste per poi aggiungere in un sussurro, «Quando ti ho trovato in quelle condizioni ho avuto davvero paura.»

«Mi spieghi cosa è successo?», domandai, forse, per l’ennesima volta.

Da quando mi ero ripresa dalla sorpresa di trovarmi a casa di Raffaele, avevo posto quel quesito innumerevoli volte e ogni volta ottenevo la stessa risposta.

«Non ora, dopo.»

Si alzò in piedi e mi aiutò a rimettermi in posizione seduta e senza fiatare prese il phon e cominciò ad asciugarmi meticolosamente i capelli. I movimenti delle sue mani erano lenti e ritmici e pian piano mi rilassarono. Nessuno, a parte mia madre, mi aveva asciugato i capelli e mi sentivo strana nel sapere che stavo permettendo a Raffaele di fare ciò.

Di permetterlo ad un ragazzo.

Dopo quello che mi era successo negli anni precedenti, non avevo permesso a nessuno di avvicinarsi. Mi erano servite diverse sedute dallo psicologo prima di riuscire a tollerare, almeno apparentemente e senza destare sospetti, la vicinanza di qualcuno.

Mi chiedevo spesso se avessi permesso a Raffale di starmi accanto se lo avessi incontrato tre anni prima. Era un pensiero ormai fisso e perennemente presente nella mia mente. La risposta più probabile è che no, non glie l’avrei permesso.

«Jenny?», la sua voce mi riscosse dai miei pensieri e lo guardai con aria inizialmente assente, per poi pian piano ritornare al presente, «Stai bene? C’è qualcosa che ti fa male?»

Sorrisi debolmente. Il mio Raffaele era agitato e preoccupato.

Nella mente restai interdetta.

Avevo detto “mio”, senza nemmeno pensarci due volte.

Scossi la testa e pensai che effettivamente quell’aggettivo possessivo non era poi così tanto fuori posto. In fondo lui mi aveva detto che io ero sua, dunque anche lui era mio.

Sorrisi di nuovo, dovendo sembrare pazza agli occhi indagatori di Raffaele che, ancora, attendeva una mia risposta.

«Sto bene, pensavo solo a tante cose.», dissi con un’improvvisa felicità e mi sfiorai i capelli, trovandoli completamente asciutti, caldi, morbidi e, senza nemmeno accorgermene, mi ritrovai ad annusarli leggermente, avvertendo immediatamente la fragranza dello shampoo che usava Raffaele: era dolcissimo.

«Mi spieghi perché sorridi così tanto? Sono diversi minuti che non fai che sorridere in modo quasi infantile e sciocco.», indagò il ragazzo che mi stava di fronte, trattenendo a stento una risata divertita.

«La risposta è semplice: sei mio.», dissi con un sorriso gioioso.

«E lo hai capito solo adesso?», mormorò lui con un sorriso divertito, rilassandosi visibilmente.

«Si, l’ho realizzato soltanto adesso. Se io sono tua, tu sei mio, giusto?»

«Wahr1!», sussurrò lui con un sorriso baciandomi la fronte.

«Cosa hai detto?»

«Vero. L’ho detto in tedesco.»

«Perché ogni tanto usi termini tedeschi?», domandai curiosa piegando di lato la testa e guardandolo negli occhi.

«Non lo so. Ogni tanto, da quando Walter mi ha insegnato il tedesco, mi lascio sfuggire alcuni termini. Credo che sia un piccolo vizio involontario.», rispose ridacchiando appena.

«Ora che ci penso… Perché ti chiamano Krieger2? Walter mi ha solo detto che significa “guerriero” e che ti hanno affibbiato questo nome alle medie.»

«Non te lo posso dire.», rispose con voce ferma, senza tuttavia smettere di sorridere.

«E dai, ti prego!», esclamai imbronciandomi, «Sono tanto curiosa e poi vorrei sapere qualcosa su di te.»

Lo sentì sospirare e scrutarmi con uno sguardo serio e pensieroso.

«Dopo ti dirò anche questo. Prima voglio aprire il mio regalo e farti mangiare qualcosa di caldo.»

Lo vidi ghignare e io avvampai letteralmente.

«Come sai del regalo?»

«Ho dovuto mettere le mani nella tua borsa per rassicurare tua madre e ho trovato un pacchetto con il mio nome. Sono ore che muoio di curiosità.»

Lo osservai cautamente, notando che in quel momento aveva l’aria di un bambino. Alle volte pareva un ragazzo adulto, altre volte, come in quel momento, pareva un bambino piccolo che si entusiasmava con poco. Se prima aveva un ghigno perché era consapevole di avermi sorpreso nuovamente, ora aveva un sorriso genuino e infantile. Se non fosse un ragazzo controllato, ne ero certa, lo avrei visto saltare per la felicità e magari, addirittura, a battere le mani per via dell’entusiasmo incontrollato che provava.

«Ti stai controllando, non è vero?»

«Ci puoi giurare. Sono realmente curioso di vedere cosa mi hai regalato e a stento riesco a controllare il mio entusiasmo.»

«Dov’è la mia borsa?»

«In salone.», rispose e senza aggiungere altro, mi prese in braccio, caricandomi su una spalla e tra le nostre risate, si incamminò verso il salotto dove mi depositò sul divano e mi porse la borsa, sedendosi al mio fianco con impaziente attesa.

Presi il suo regalo dalla borsa e senza dire nulla glielo porsi, aspettando di vedere la sua faccia non appena lo avrebbe scartato.

Una volta che egli strappò la carta da pacchi, prese la confezione rettangolare e la guardò stupito.

Rimase per qualche minuto in religioso silenzio, fissando il mio regalo: un iPod nano di colore nero.

Prese silenziosamente il biglietto degli auguri che avevo scritto con la mia penna stilografica su un cartoncino pergamenato e lesse le parole che avevo scelto di dedicargli.


"Sai qual è un errore che si fa sempre?

Quello di credere che la vita sia immutabile,

che una volta preso un binario lo si debba percorrere fino in fondo.

Il destino invece ha molta più fantasia di noi.

Proprio quando credi di trovarti in una situazione senza via di scampo,

quando raggiungi il picco di disperazione massima, con la velocità di una raffica di vento tutto cambia,

si stravolge, e da un momento all'altro ti trovi a vivere una nuova vita."

[Susanna Tamaro, "Va dove ti porta il cuore".]


Attesi pazientemente diversi minuti, per poi non resistere e rompere quel silenzio.

«Se non ti piace posso tenermelo io e farti un altro regalo. Purtroppo non posso andare a restituirlo perché ho già inserito alcuni brani che pensavo avrebbero potuto aiutarti a conoscermi, più le due canzoni che so che ti fanno pensare a me. Non sei l’unico che si trova meglio a comunicare con la musica.», spiegai il mio regalo, guardandolo con una leggera e malcelata tensione.

«Non serve che tu te lo tenga. È il regalo più bello che mi abbiano mai fatto e poi, hai appena detto che al suo interno troverò un lato di te, quindi, se non ti dispiace, accetto il regalo. Solo, mi chiedevo quanto hai speso per il sottoscritto, che a dirla tutta non si merita nulla da parte tua.»

«Sono soldi che avevo messo da parte, quindi non farti problemi e poi tu meriti anche di più.»

«No Jenny, io non merito nulla di tutto ciò. Non merito nemmeno te, a dirla tutta. Però sono così egoista che ti ho presa comunque. È pericoloso starmi accanto, però voglio comunque averti. Ho provato a starti lontano, ma ho fallito miseramente. Volevi sapere perché mi chiamano Krieger? Alle medie, facevo gare illegali con le moto e tuttora, alle volte, torno a farle. Questo è solo un minimo della mia vita dalla quale voglio tenerti lontana. Sono pericoloso e anche la mia vita lo è. Credimi Jenny, ci sono cose che nemmeno a Walter ho detto e l’ho fatto solo perché così posso proteggerlo e metterlo il meno possibile in pericolo. Per questo non ti merito. Perché nonostante io sappia com’è la mia vita, ti sto ugualmente mettendo in pericolo, ti sto comunque tenendo al mio fianco. Io non potrò mai salvarti, ma soltanto condannarti.»

Lo lasciai parlare senza mai interromperlo, soppesando con calma le sue parole.

Avevo di nuovo paura. Mi stavo immischiando in una situazione che era del tutto fuori dalla mia portata. Ero ancora debole e non avrei mai retto una situazione simile, soprattutto perché io non la conoscevo del tutto, perché egli si ostinava ancora a tenermi lontana dal suo mondo, anche se mi aveva appena mostrato uno spiraglio, seppur minimo, della sua vita.

Inoltre, avevo scorso in lui paura e insicurezza, per cui mi domandai se avrei potuto provare ad essere forte per entrambi e provare a salvarlo da quel mondo che lo tormentava. Però come potevo salvarlo se non conoscevo la sua vita?

Restai in silenzio, non sapendo come rispondergli.

«Sai, ho notato che la mia vicinanza, molto spesso, ti terrorizza. Da un lato so che è giusto così, perché dovresti aver paura di me, ma dall’altro mi sento morire perché mi sento un mostro incapace di prendersi cura di una persona fragile come te. Ho costantemente paura di spezzarti e oggi, quando ti ho vista fredda e immobile su quella panchina, ho temuto davvero il peggio, ho temuto di non riuscire più a perdermi nel tuo sguardo così enigmatico a volte e altre così chiaro; di non poter vedere più i tuoi rari sorrisi, quelli che riservi solo quando sei con me, oppure il poterti stringere a me e bearmi del tuo calore. Tu mi hai dedicato quelle parole, ma in realtà sono io che dovrei dedicartele perché nel mio buio cammino, tu sei il mio angelo, la mia luce. Per questo, ho perennemente paura. Se ti perdessi, ricadrei nel buio totale e la mia vita tornerebbe ad essere piatta e monotona. Oggi, quando ti ho vista e poi quando ti ho portata qui, ho realmente pensato che tu fossi morta. Quella convinzione mi ha fatto stare male quindi, per favore, non farlo mai più, non sparire mai e se proprio vorrai scappare lo faremo assieme, ma non metterti mai più in pericolo come hai fatto oggi. Non voglio perderti, non ora che ti ho trovata.»

Lo ascoltai e involontariamente delle calde lacrime cominciarono a rigarmi il viso. Ormai, quando ero in sua presenza, restare fredda e impassibile mi era impossibile: con lui, tutte le mie emozioni, fuoriuscivano senza che io riuscissi a controllarle.

Notai lo sguardo di Raffaele diventare via via più cupo e allarmato nel vedere le mie lacrime.

«Ehi, piccola, ho detto qualcosa che ti ha ferito?»

Non riuscendo a parlare, scossi la testa e, per dare conferma alla mia negazione, lo abbracciai forte, poggiando la testa sul suo petto, consapevole di averlo sorpresa. In effetti ero sorpresa anche io: quel gesto mi era venuto così spontaneo e solo perché ero con Raffaele. Con lui, mi sentivo di nuovo me stessa anche se a volte avevo paura che anche egli potesse tradirmi e ferirmi come mi era successo in passato.

«Sai, credevo che tu non mi volessi più, che ti eri già stancato di me e che mi avevi solo usata. Ho avuto così tanta paura e quando mi sono svegliata su un letto non mio e con dei vestiti che non mi appartenevano, mi sono spaventata. Non riesco ancora a dirti il perché, ma ho troppa paura delle persone e soprattutto dei ragazzi. Per questo a volte ho paura, ma credimi non ho paura di te. È una paura che mi porto dietro da anni e che a volte prende possesso di me senza che io me ne renda conto. Per cui, ti prego, se mi vedi impaurita non prenderti la colpa per questa mia fobia perché non è assolutamente colpa tua ma bensì di persone che ormai, almeno fisicamente, fanno parte del mio passato, anche se, molto spesso, le ritrovo a torturarmi la mente. Solo quando sono con te, dopo tre anni, riesco a sentirmi al sicuro, nonostante i miei attacchi di panico. Tu mi fai sentire me stessa, riesci a farmi sorridere e a farmi stare bene, nonostante le paure e nonostante i tuoi continui avvertimenti sulla tua vita pericolosa. Ancora non so se sarò capace di essere forte e reggere questo rapporto incasinato, ma ti prometto che ce la metterò tutta tu, se mai dov’essi arrivare a mollare, non lasciare che io scappi. Ti do il permesso di rapirmi quante volte vuoi, ma non mollarmi mai.», inizialmente faticavo a parlare a causa del pianto, ma più andavo avanti e più trovavo il coraggio e la sicurezza di dire quelle parole.

Egli non rispose subito, ma si limitò a stringermi più forte contro il suo petto: quel gesto valeva più di mille parole. Lui, ne ero certa, non mi avrebbe mai lasciata.

~Angolo autrice.~
Buona sera a tutti (?),
Premetto dicendo che non sono la vostra Lily, ma sono la sua beta. Per suoi motivi personali che non tocca a me dire, è stata assente e sarà ancora assente e mi ha incaricato di pubblicare al suo posto i capitoli che mi ha passato. Se ci sto con i tempi di correzione, perché sono un po' piena di impegni anch'io, per i capitoli che ho penso di aggiornare il martedì. Eventuali ritardi sono dovuti per mancanza di tempo nel correggere,anche se farò il possibile conoscendo, da lettrice, quanto è odiosa la lunga attesa di un nuovo capitolo.
A martedì prossimo, allora.
Beta di Lily.
   
 
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