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Ma che cazzata stava facendo?
Lui, Kiba Inuzuka, ventuno anni, un figo da paura aveva invitato a uscire quella ragazzina della Hyuga che, per quanto gnocca, era pur sempre una diciassettenne viziata e con la bocca sporca di latte.
Non poteva essere, non esisteva proprio.
Che accidente l'aveva spinto, quel giorno a scuola, a chiederle di uscire insieme?
Era vero che dal momento in cui si erano incontrati/scontrati non avevano fatto altro che stare appiccicati, ma non potevano certamente essere due occhioni perlacei a mettere in ginocchio uno come lui con degli sguardi lunghi e silenziosi.
Sì perché lui e la Hyuga erano diventati come cane e gatto: sempre insieme e sempre a litigare per ogni cosa, ma in quei rari momenti in cui la marmocchia teneva la bocca cucita, l'Inuzuka rimaneva incantato da lei, dal suo viso, dalle sue espressioni.
Svegliati Kiba!
Hanabi non era di certo l'unica strafiga che girava per i corridoi della scuola e non, ma qualcosa di lei lo attirava terribilmente anche più della Yamanaka- ai tempi delle medie.
A proposito, la Yamanaka sembra felice con quell'idiota del Nara, eppure è dall'età della pietra che si fanno la guerra.
Scosse la testa togliendosi dalla mente l'immagine di lui e la Hyuga insieme.
Shikamaru e Ino erano un conto, lui e la marmocchia erano tutt'altro.
Kiba Inuzuka era un libertino nato, uno che non si fa mettere le catene dalla prima ragazzina che gli faceva gli occhi dolci.
La porta del locale si aprì rivelando la Hyuga che dapprima lo cercò con lo sguardo e, quando l'ebbe trovato, si diresse verso di lui.
"Buonasera cane!" lo salutò.
"Ti credi figa con quei tacchi?" le chiese scarnendo le scarpe che la ragazza portava ai piedi.
"Arrivo meglio alla tua faccia nel caso dovessi darti un pugno in faccia, Inuzuka" gli rispose con un finto sorriso.
Ma chi me lo ha fatto fare?
Chiamò il barista per ordinare: avrebbe bevuto e se ne sarebbe andato il prima possibile lontano da quella rompipalle.
"Mi accompagni tu, a casa, non è vero?"
"Se proprio insisti a fare un giro con me..." le rispose con l'aria di chi è troppo desiderato.
"In realtà preferirei andarmene a piedi, ma fuori è buio e fa freddo".
"E hai paura dei pervertiti" aggiunse l'Inuzuka.
"Vorrei ricordarti che anche tu sei un pervertito. Venendo in macchina con te evito due scocciature su tre e, nel caso in cui ti gettassi contro di me, ho un coltellino tascabile" lo tirò fuori dalla borsetta, mostrandolo al ragazzo di fronte a lei.
"Io che ti salto addosso? Smettila di farti sogni erotici su di me, la notte!"
"Più che sogni erotici sarebbero incubi, Inuzuka" rettificò e rimasero in silenzio.
Non era certa di quello che aveva appena detto.
L'Inuzuka rimase a osservarla pensieroso.
Ti farei volentieri rimangiare le parole, ragazzina.
I cocktail erano sul bancone già da un bel po', ma ai due sembrava non importare granché.
Piuttosto, sembravano persi l'uno negli occhi dell'altro, come se intorno a loro non ci fosse niente e nessuno.
Lo sguardo quasi infuocato di lui si fondeva con quello indecifrabile di lei mentre inconsciamente si avvicinavano sempre di più.
La musica alta risuonava in tutto il bar mentre il cuore di Kiba iniziò a pulsare violentemente nel petto.
Fermati dannato cane che non sei altro!
I respiri iniziarono a confondersi e poco dopo Hanabi poggiò delicatamente le sue labbra sopra quelle virili del ragazzo.
Inizialmente l'Inuzuka rimase spiazzato, poi l'afferrò per i fianchi, la attirò a sé e le morse le labbra facendola lamentare per il dolore.
Quando i suoi istinti chiamavano lui rispondeva, ma non aveva certamente calcolato che tutto quello gli sarebbe costato un ceffone dritto in faccia da parte della ragazza di fronte a lui che con le labbra gonfie gli esclamò in faccia: "Maniaco sessuale!".
Maledetti tacchi!