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Autore: Saja    13/02/2015    2 recensioni
Dal 1° capitolo: "Gold si era dimostrato sin da subito cinico e scontroso. Ogni cosa che lei faceva o diceva era un buon punto di partenza per schernirla, o a volte, come era capitato poco prima, lui la ignorava semplicemente chiudendosi a riccio in se stesso. Non seppe per la precisione quando iniziò ad avere una piccola simpatia per lui, seppe solo che giorno dopo giorno non riusciva a fare a meno di guardare quel viso, di pensare a quell'uomo"
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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Robert si prese ancora un secondo per osservare la donna coricata di fianco a lui. Il suo profilo, i suoi capelli ramati, le lunghe ciglia, il naso, la bocca, la siluette che si intravedeva tra le lenzuola. Non ricordava l’ultima volta che fosse stato così bene ed in pace con se stesso. E pensare che tutto quello era iniziato così per gioco, perché lei aveva avuto la sfrontatezza di invitarlo a mangiare un semplice hamburger. Sorrise mentre con delicatezza percorreva le curve della ragazza con un dito.

Ma c’era un pensiero che Robert non riusciva a togliersi dalla testa. Cosa sarebbe successo ora? Cosa avrebbe detto lei quando si sarebbe svegliata? Era tutto vero quello che gli aveva detto la sera prima? Che era da tanto tempo che lo desiderava? O era solo una stupidata dovuta al vino? Gold si fermò, rabbuiandosi. E se lei si fosse svegliata e gli avesse detto che era tutto un errore? Se si fosse pentita di quello che aveva fatto?! Belle come percependo i suoi pensieri negativi si mosse nel sonno. Gold tremò un attimo, così prese la più facile delle decisioni: scostò le lenzuola, raccolse i suoi vestiti, si rivestì senza fare il minimo rumore ed uscì dalla casa.

Belle, si svegliò frastornata e con la testa che le scoppiava, si guardò un attimo intorno e riconobbe camera sua. La testa le pulsò ancora. Almeno aveva avuto la decenza di tornare a casa anche se ubriaca e non di finire nel letto di qualche sconosciuto. Scese dal letto, si precipitò in bagno a farsi una doccia e un’oretta dopo sembrava essersi ripresa quasi del tutto, così decise di scendere a fare colazione, ma mentre tirava le coperte per rifarsi il letto una cosa attirò la sua attenzione. Una cravatta nera faceva capolino da sotto il letto. La ragazza cercò di ricordare cosa effettivamente fosse successo la sera prima, ma nulla. Non le veniva in mente nulla. Al massimo dell’abbattimento, con mille pensieri in testa, prese il cellulare componendo il numero di Ruby ed attese, lei sicuramente l’avrebbe illuminata in quella situazione.

“Pronto Ruby! Sono Belle…”

“Ma buongiorno, Belle!” la salutò Ruby dall’altro lato del cellulare “Allora? Cosa hai fatto di così importante ieri sera, da non venire alla festa?” no, aspetta un attimo… lei non era andata alla festa?! E allora dov’era andata?! Con chi era andata?! Perché si ricordava di aver passato la sera in un locale, di avere bevuto champagne, forse, o un altro tipo di vino e di aver riso, riso tanto. Ci vollero ben 10 minuti a  Belle per ammettere e raccontare a Ruby di aver trovato una cravatta sotto il letto, ma di aver totalmente dimenticato quello che era successo la sera prima. L’altra rise di gusto, tanto che la ragazza ebbe quasi la voglia di chiudere la conversazione, ma l’altra le promise che l’avrebbe aiutata. Si accordarono per vedersi al Rabbit Hole per quella sera.

Il sabato sera al Rabbit Hole era un immenso caos, tutti i ragazzi di Storybrooke si accalcavano in quel locale, che era anche l’unico della città e Belle e Ruby ebbero non poche difficoltà a trovare un tavolo libero. Sedute, però Ruby tornò a guardarla divertita.

 “Allora, cosa mi stavi dicendo stamattina al telefono? Chi è il misterioso uomo che non poteva aspettare un altro giorno per avere un appuntamento? Vi siete div…”.
“Smettila Ruby!” l’apostrofò paonazza l’altra “mi vuoi aiutare o no?” chiese esasperata.

“Si si, scusami è che è troppo divertente!” cercò di darsi un contegno “ok, ora raccontami ancora tutto per filo e per segno quello che è successo”. Belle sospirò, non aveva molto da raccontare visto che ricordava molto poco ma cercò comunque di dare una spiegazione esaustiva all’amica, ammettendo che la cravatta incriminata, non sapeva come, ma le era famigliare. “E quindi…”

“E quindi tu con un poco di vino parti già in quarta e il giorno dopo soffri di crisi di memoria?! Dai, mi vuoi far credere davvero che non ricordi quasi nulla di quello che è successo?”

L’altra stava per ribattere, ma un ragazzo con in mano tre rose la fermò. “Per lei signorina” disse solo “Da quel ragazzo laggiù”. Il ragazzo dai capelli castani e gli occhi verdi, seduto al bancone, sentendosi tirato in causa alzò il bicchiere di whisky che stava bevendo.

“Lo conosci?!” chiese Ruby

“Si, è Keith Wood. Probabilmente lo avrai visto anche tu qualche volta in ufficio”. Ruby negò con la testa, se in ufficio girasse un tipo così carino di certo lo avrebbe notato.

“Ma si dai! É il manager di quell’atleta… quel Robin… quello che vuole aprire un conto con Gold”. Ruby Lucas tornò a guardarlo e strinse gli occhi. Wood… Wood… il nome non le era di certo nuovo. Si ricordava un Wood, ma era sempre vestito impeccabile con giacca, camicia ed occhiali da sole. “Quel Wood?!” chiese all’amica, poi, indicandolo con il dito.

“Si lui” bofonchiò Belle “chissà perché me le ha regalate” sospirò.

“Magari è lui il tizio della cravatta” suppose Ruby, poi senza nessun preavviso si sbracciò verso il ragazzo, invitandolo a sedere. La French divenne paonazza, che cosa stava facendo Ruby? E se fosse davvero lui il tipo della sera prima? Wood non se lo fece ripetere due volte e bisbigliato qualcosa ad un amico seduto di fianco a lui entrambi si alzarono ed andarono incontro alle due ragazze. “Buonasera” risero prendendo due sedie e sedendosi con loro. Ruby rise e rispose, Belle bofonchiò un altro po’, per poi arrendersi alla situazione.

La serata passò tra una chiacchiera e l’altra e quando la musica si fece più alta Ruby e l’amico di Wood pensarono bene di dileguarsi per andare a ballare.
Rimasta sola con Keith, Belle, si sentì a disagio. Se fosse stato davvero lui l’uomo della sera prima si stava comportando come se nulla fosse accaduto e questo, ad essere onesti, la innervosiva un poco.

“Belle, tutto bene?!”

“Eh?! Si… Cosa?!” chiese cadendo dalle nuvole.

“é da mezz’ora che sto parlando e non hai seguito nulla di quello che ti ho detto?” rise divertito.

“No, cioè… scusami… è che…”

“Ti ho chiesto se ti andasse di uscire una sera, con me, da soli” e guardò la coppia che ballava in pista. Belle rimase zitta. Uscire con Keith… forse non era lui il tipo della cravatta. Con il tipo della cravatta non solo c’era uscita, aveva fatto ben altro e quindi Keith le avrebbe chiesto di replicare. E poi perché dileguarsi la mattina dopo se alla sera le chiedeva già di uscire ancora? No, non poteva essere lui, ma per esserne certa…

“Keith per caso, non hai una cravatta nera, tu?” chiese boccheggiando.

“Cravatta nera?” rise lui, abbandonandosi allo schienale della sedia, che tipa strana lui le chiedeva di uscire e lei gli parlava di cravatte. “No” ammise “Per chi mi hai preso?! Per il tuo capo? Gold, quello si che di cravatte deve averne un arsenale” rise da solo della sua battuta.

A Belle mancò l’aria a sentire il nome di Gold. Ebbe come un flash back. Ecco dove aveva già visto quella cravatta! Al collo di Gold quando la metteva in ufficio! Ricordò che l’ultima persona con cui aveva parlato venerdì sera era proprio il suo capo. Ricordò il locale da Granny e ricordò due hamburger con due the freddi. Poi le cose iniziavano a farsi un po’ nebulose. La ragazza boccheggiò cercando di trovare più aria possibile, Keith preoccupato si alzò dalla sedia.

“Ho bisogno di una boccata d’aria fresca” ammise lei. Wood con una scusa qualsiasi la sorresse per le spalle ed entrambi lasciarono il locale.

Lunedì mattina, Belle, era ancora frastornata per quello che le era capitato venerdì notte. Aveva lottato parecchio con se stessa per decidere se andare o no in ufficio, Se non ci fosse andata, si sarebbe comportata da codarda ed avrebbe prolungato la sua agonia, se ci fosse andata, l’avrebbe rivisto e, mentre le gambe le tremavano, non sapeva davvero dirsi cosa avrebbe fatto.

Decise comunque di tentare, ma appena uscita dall’ascensore, davanti alla porta a vetri dello studio,  dove in nero campeggiava la scritta “Gold&Mills Associati”, la sua determinazione le mancò tutta. Purtroppo Ruby l’aveva notata e con un largo sorriso la salutò con la mano, incitandola ad entrare. Belle tolse l’auricolare e spense l’mp3, infilandolo a casaccio in borsa, di fianco al libro che aveva letto in metrò e varcò la soglia.

Ruby la guardò con lo sguardo di chi la sa lunga. “Buongiorno Belle” disse sempre sorridente marcando prontamente la parola “buongiorno”. Belle salutò a sua volta, voleva solo andare a  prendersi un caffè e sperare che arrivassero in fretta le 6 per scappare da quel posto. Ma l’altra parve non far caso al suo disagio. “Allora” iniziò mentre abbassava il microfono dell’auricolare.

“Allora?” chiese Belle non capendo.

“Com’è finito il tuo sabato sera? É stato scortese da parte vostra dileguarvi così. Bill era addirittura in macchina con Keith! Immaginati la sua faccia quando dopo essere usciti dal locale non ha più trovato la macchina di Wood. Per fortuna che noi avevamo preso su la mia!”. Belle non disse nulla così Ruby continuò “Comunque, dimmi… è lui il misterioso uomo della cravatta?”. Belle ingoiò a vuoto, mentre l’altra girava il coltello nella piaga. “Non mi sembra il momento ne il luogo migliore per parlarne, Ruby” sospirò. L’altra alzò le spalle. “Ok, ok, dimmi solo se hai passato una bella nottata con Keith Wood”.

“Buongiorno signorina French, signorina Lucas” la voce dell’uomo che non voleva vedere le fece sobbalzare entrambi. Ruby si apprestò a salutarlo mentre gli porgeva la posta, Belle si accontentò di farfugliare un “buongiorno” per poi zittirsi subito dopo. Lui disse qualcosa a Ruby, come un “Grazie daerie” poi si girò verso Belle. “Signorina French, l’aspetto tra cinque minuti nel mio studio” e sparì nel corridoio. Belle sospirò alzando gli occhi al cielo. Ecco, il momento della verità, era arrivato.

Bussò piano, mettendo la testa nello spiraglio della porta lasciata aperta da lui. Lo trovò alla scrivania, i gomiti sul tavolo, le mani intrecciate sotto il mento. La ragazza era tesa come una corda di violino. “Voleva vedermi?!”. Gold la studiò un attimo. Era vero quello che stava dicendo la Lucas? Che lei aveva passato sabato notte in compagnia di Keith Wood?! Il loro cliente, Keith Wood? Perché? Dopo essere stato con lui, la sera prima? Allora era vero che quello che era successo tra di loro era dato dal vino. Era vero che Belle non lo desiderava, come lui desiderava lei. Si sentì punto nell’orgoglio. Probabilmente quello che era successo tra di loro era stato architettato tutto da Wood e la French insieme. Pensavano di far crollare il mostro, l’uomo che non si era fatto scrupoli a mettere insieme il suo impero. Volevano distruggere la bestia. Per dimostrare a tutti che potevano rigirare Robert Gold come più gli pareva. Ah ma non l’avrebbero passata liscia. No. Certo che no. Fosse l’ultima cosa che avrebbe fatto.

 “Si” ammise. “Vorrei che chiamassi il signor Noland e fissassi un appuntamento per le due di domani pomeriggio e poi…”.

Belle prese nota di tutto quanto e qualche minuto dopo si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo quando si chiuse la porta dello studio alle spalle. Non sapeva bene quale colore avesse assunto il suo viso quando lui, dopo averle detto che poteva andare, l’aveva richiamata indietro dicendole che sperava che avesse passato un buon week end, imprimendo alla sua faccia quel ghigno che doveva essere un sorriso. Ecco, perfetto. Aveva sentito tutto quello che si erano dette lei e Ruby. Chissà da quanto tempo era lì. Si impose la calma e si sedette alla sua scrivania. Fece rotolare le rotelle della sedia, facendo fare un giro completo a se stessa e si concentrò sul pc. Chiamare Noland, battere al pc la presentazione per quel cliente che sarebbe arrivato in città la settimana prossima e poi…

“Ciao Belle!” la voce squillante di Wood, la fece sussultare. Si impose di sorridere e lo salutò cordialmente.

“Mi hanno detto che Gold è nel suo ufficio, sai, devo parlargli di quel contratto che Robin vorrebbe firmare…” lei mosse il capo meccanicamente e si alzò per bussare alla porta di Gold.

Due minuti dopo Wood spariva dietro quella porta. Belle si risedette alla scrivania ed iniziò a pigiare, con poca voglia, i tasti del pc per preparare la presentazione del cliente, quando delle urla provenienti dall’ufficio la fecero sobbalzare per la terza volta in quella giornata. Ma quant’era tesa? Un secondo dopo Wood apriva la porta e urlando ancora qualcosa a Gold la richiuse sbattendola.

“Ci si vede, Belle” le disse soltanto prima di imboccare il corridoio che portava alla hall. Belle rimase basita. Vide la porta aprirsi e Gold far capolino per vedere se l’uomo si era in effetti defilato. Poi spostò la sua attenzione su Belle. La ragazza tremò vedendo quanto odio c’era in quegli occhi. Lui richiuse la porta sbattendola.
Da quel momento tutto tornò come prima. Gold non la degnava neanche di uno sguardo e passava molto tempo insieme alla Mills. Sembrava che tutto fosse tornato a prima che lei lo scoprisse a piangere sulle foto del figlio. Sembrava che lui avesse rimesso con lei, la maschera che metteva con tutti. La ragazza veniva ripresa per qualsiasi cosa, Gold aveva ritrovato il suo lato cinico e scontroso e non perdeva l’occasione per farglielo notare. Tutto come prima, pensò demoralizzata. Andare al lavoro era diventato pesante, insopportabile, perché se prima si ripeteva che Gold non le avrebbe mai tolto il suo buonumore, ora capiva, che dopo essere stata con lui ed essere trattata così, era come se lui le stesse sgretolando il cuore.

Un giorno Gold era nello studio della Mills e dalle risatine che provenivano da là dentro, si intuiva che i due non stessero affatto parlando di lavoro. Entrambi erano avvinghiati l’uno all’altra. La mano destra dell’uomo vagava sulle gambe della donna seduta sulla scrivania, mentre la sinistra percorreva la sua schiena, lei spostava la bocca dal collo alle labbra dell’uomo, mentre le mani, una era ancorata ai suoi capelli e l’altra tirava la cravatta per tenere l’uomo più vicino a lei. Gold si spostò ed estrasse il portafoglio, aprendolo però imprecò. “Li ho finiti” ammise “Vado a vedere in ufficio se ne sono rimasti alcuni nel cassetto della scrivania”. Lei sorrise e gli sussurrò qualcosa che poteva essere interpretato come un “fai presto”. Robert non se lo fece ripetere e si incamminò verso il suo studio.

Arrivato a pochi centimetri dalla porta però si bloccò. Aveva sentito distintamente due voci, una era quella di Belle, l’altra doveva essere quella della segretaria di Cora, com’è che si chiamava… la tipa rossa… proprio non gli veniva in mente. Non che gliene importasse poi molto a dire il vero…

“Allora, pronta per stasera?!” le stava chiedendo la rossa a Belle “vedrai ci divertiremo! E finalmente vedrai come io ed Eric abbiamo arredato la casa nuova”.
Belle sospirò “Sicura che non dobbiamo portare nulla?”

L’altra rise “Tu preoccupati di portare Keith, al resto ci pensiamo io ed Eric! A proposito! Come va tra voi due?” Belle si morse il labbro, ecco un tasto che non voleva affatto toccare.

“Va” disse solo, ma nella sua voce c’era una nota stonata.

“Dai! Non mi dire che a letto lui…” cercò di tirarla su l’amica, facendo una battutina allusiva al sesso. Ci fu un secondo di silenzio, dove Robert si scoprì trattenere il respiro. “Aspetta un attimo!” si illuminò Ariel soppesando lo sguardo dell’amica “non dirmi che voi due non siete mai andati a letto insieme”.

“Sttt! Ariel” cercò di farle abbassare la voce Belle. Non le andava che metà, se non tutto l’ufficio sapesse i suoi fatti personali. “Diciamo solo che lui spinge molto su questo tasto, ma io… non me la sento proprio, non so… è…”.

“Io pensavo fosse lui il tipo della cravatta nera!” l’apostrofò sbigottita Ariel. Belle doveva aver scosso il capo, pensò Gold, facendosi più attento, perché l’altra continuò in tono più dolce “Pensi ancora a lui? Per questo non sei andata con Keith?” Ancora nessuna risposta da Belle “Ti sei ricordata qualcosa di quella sera? Hai una vaga idea di chi possa essere?” Gold serrò le labbra e si guardò la cravatta. Come poteva essere stato così stupido da dimenticarsi la cravatta a casa di Belle French? E poi quella cravatta era uno degli ultimi regali di Bae… e lui l’aveva lasciata lì, buttata chissà dove nella camera di quella ragazza.

“Ho una mezza idea…” Belle confessò e Gold tremò un attimo. Mille dubbi gli riempirono la  testa. Cosa intendeva Belle? E perché quella ragazza le stava chiedendo se si ricordava chi poteva essere l’uomo che era stato con lei, quella notte? “Di sicuro, non berrò mai più un goccio di vino in vita mia” rise Belle per sdrammatizzare la situazione. Gold si trovò suo malgrado a sorridere anche lui al ricordo di quella serata.

“Tranquilla, stasera non ce ne sarà” la rincuorò Ariel “Però io ed Eric potremo fare in modo che questa serata sia così romantica, che tu, a Keith, quando ti riporta a casa, non potrai dir di no” rise maliziosa e divertita dell’idea che le era venuta in mente.

“No, Ariel, no!” cercò di farla ragionare Belle.

Robert Gold mise la schiena contro il muro e chiuse gli occhi. Ora era tutto più chiaro. Si dette dello stupido per aver pensato male di Belle, quando la colpa era dello champagne che lui stesso aveva ordinato. Lei si era ubriacata e non ricordava quasi niente di quello che era capitato dopo. Però quello che era successo le doveva essere rimasto in qualche maniera impressa perché da allora lei aveva continuato a cercarlo, rifiutando anche quel damerino di Keith Wood. Ora però aveva un altro pensiero per la testa. La segretaria di Cora… se Belle fosse andata da lei quella sera con Wood allora forse i due sarebbero andati a letto insieme e questo, lui, doveva evitarlo. Doveva trovare un modo per stare da solo con Belle, per parlare con Belle, confessarsi, chiarirsi e non avrebbe mai, mai permesso che lei andasse a cena con Wood quella sera.

Entrò in ufficio e in quello stesso istante la segretaria di Cora balzò dalla sedia “Buongiorno signor Gold” farfugliò capendo di essere stata colta in flagrante mentre si faceva gli affari suoi sul lavoro. Robert non la degnò di uno sguardo, prese un post it dalla scrivania di Belle, ci scarabocchiò sopra qualcosa che doveva essere “Ho avuto un imprevisto. Ne riparleremo” e lo consegnò ad Ariel dicendole di consegnarlo a Cora Mills in persona.

Quando rimase da solo con Belle, entrò nel suo studio, prese il plico di fogli più grande che fosse riuscito a trovare a vista d’occhio, tra le pratiche che ormai non guardava più nemmeno lui e con un tonfo sordo lo posò sulla scrivania della ragazza. Le disse che voleva tutto quanto battuto a pc per la sera stessa.

Belle non credete alle proprie orecchie. Guardò l’orologio. Le 5.50 di venerdì pomeriggio. Tra 10 minuti lei avrebbe staccato, avrebbe dovuto correre a casa, farsi un bagno e vestirsi perché Keith la sarebbe andata a prendere alle 7.10, ma prima che potesse ribattere Gold si era chiuso nel suo ufficio ed a lei non rimase altro che iniziare a battere la prima pagina di quel tomo enorme.
 
  
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