CAPITOLO 44
Tim fu risvegliato bruscamente. Qualcuno stava bussando alla
sua porta.
‘’Sergej… vai tu..’’, tentò di dire, sonnecchiando. Poi, come
una doccia fredda, gli tornarono in mente i ricordi della settimana precedente.
La battaglia, il Principe, migliaia di morti e feriti, Sam riverso nel suo
sangue, i due giovani maghi di Huru sfigurati… e Sergej morto, ucciso in un
attentato.
Tim si alzò, dal letto, barcollante. La testa gli faceva un
gran male, probabilmente a causa della stanchezza che accumulava da giorni.
Gettò un occhio alle cose di Sergej, ancora sistemate così come il loro defunto
proprietario le aveva lasciate. Non aveva trovato il coraggio per spostarle.
Quasi arrancando, raggiunse la porta, sistemandosi addosso un
mantello in modo da coprirsi un po’.
Aprì la porta di casa. C’erano due soldati in uniforme.
‘’Generale Tim, il Grande drago ti attende alla piazza
principale di Fortwar. Ha detto di vestirti in maniera idonea, e di presentarti
lì entro un’ora’’, disse uno dei due.
‘’E cosa vuole da me,
di preciso?’’, chiese Tim, con toni assonnati. I due soldati scrollarono
simultaneamente le spalle.
‘’Questo a noi non ci riguarda, e non ne siamo stati
informati. Ha detto solo di venire ben vestito e in uniforme, e di presentarti
nella piazza principale di Fortwar entro un’ora’’, ripeté uno dei due, come se
fosse un automa.
‘’Va bene, ho capito. Riferitegli che mi presenterò al più
presto’’, disse Tim, chiudendo la porta in faccia ai soldati. Quei due non gli
avrebbero detto altro, era evidente.
Non perse tempo, e si
risistemò meglio, in modo da apparire presentabile. Si sistemò i capelli
ribelli, e in pochi gesti si sistemò la sua solita divisa nera, con la fascia
rossa all’avambraccio.
Poi, uscì. Le strade
erano nuovamente deserte. E questo era un gran brutto segno. L’ultima volta che
erano state deserte era stato il giorno in cui si era suicidato Iulius,
l’ultimo imperatore.
Trascinandosi, ancora
in preda alla sonnolenza, che non accennava a sparire, vagò fino a raggiungere
una delle tre strade principali della capitale. Le botteghe erano chiuse, e
c’era poca gente, tutta che proseguiva verso la piazza principale, proprio come
lui.
Aumentò l’andatura, per paura di arrivare in ritardo. Non
appena sbucò nella piazza principale, scoprì che era gremita di gente. Non
c’era più spazio, e per l’occasione era
stato aperto anche l’ex giardino del palazzo imperiale, in modo da ospitare più
gente.
Nel centro della piazza, c’era una specie di palco rialzato,
e sopra di esso era presente l’inconfondibile figura del Grande drago, in
dimensioni notevolmente ridotte, e attorno a sé c’erano i Giudici Supremi della
corte imperiale. Tim ebbe subito altri pessimi presentimenti. Fortunatamente,
non erano presenti forche o oggetti contundenti.
Si fece forza ed iniziò a camminare, mentre la folla
ammutoliva ed apriva un varco per farlo passare. Tutti lo fissavano, e i loro
occhi erano inquisitori, come se volessero comprendere meglio chi era.
Tim si sforzò di camminare a testa alta e in modo disinvolto fino
ai piedi del palco. Il Grande drago gli fece cenno di salire. Salì sul palco, e
si avvicinò subito alla creatura.
‘’Cos’è tutta questa
messinscena?’’, chiese Tim, con fare irritato.
‘’E’ la tua elevazione a imperatore. Tra poco tu sarai
imperatore di Fortwar’’, disse il drago, tenendo bassa la voce. Tim era ansioso
di portare avanti quella conversazione a due, nonostante tutti gli occhi
fossero puntati su di lui.
‘’Io non voglio essere imperatore. Scordatelo’’, disse Tim,
iroso. Gli ultimi imperatori erano morti tutti assassinati, e lui non voleva
fare quella morte lì. E poi a lui il potere non piaceva, non l’aveva mai
richiesto, ed aveva solo ricevuto cariche in momenti problematici.
‘’Tu sarai l’imperatore di tutti gli umani che vivono a sud
del Grande deserto. Io ti ho scelto, Tim. Prima che qualcun altro con loschi
scopi tenti di impadronirsi di ciò che rimane dell’impero, io ho fatto in modo di renderti l’uomo più potente
di tutti. E tra pochi istanti inizia la cerimonia d’incoronazione. Non deludermi,
e accetta il mio dono. Sei un uomo giusto e onesto, e vai ricompensato’’,
concluse il Grande drago, che poi fece cenno ai giudici di iniziare la
cerimonia.
Tim aveva mille e più domande che gli frullavano per la
mente, prima fra tutte come avesse fatto il drago a convincere i giudici ad
incoronarlo. Ma non aveva più tempo per pensare. Una voce stridula di un
giudice mise a tacere la folla.
‘’Gente di Fortwar,
oggi siamo tutti qui riuniti per prendere parte ad un evento eccezionale. Oggi,
sarà eletto da noi un nuovo imperatore, un uomo giusto che guidi di nuovo il
nostro esercito e le nostre leggi. Ciò non avveniva dall’inizio dei tempi’’, disse
il giudice, mentre la folla esplose in un boato. L’uomo attese un istante,
prima di riprendere a parlare.
‘’Oggi, su acclamazione
nostra, ovvero dei Giudici Supremi della corte, e su acclamazione del popolo,
dell’esercito, della guardia cittadina e delle creature magiche, sarà
incoronato imperatore Tim, ovvero colui che finora è stato conosciuto da tutti
come il Generale Nero, che con la sua tagliente spada ci ha liberato dagli
invasori e dal Principe del Caos. Vieni avanti, Tim’’, disse nuovamente il
giudice.
Tim avanzò di due passi soltanto. Il giudice lo guardò,
incuriosito dal suo comportamento reticente, per poi andargli incontro. Nelle
mani stringeva una spada.
‘’Inginocchiati, a noi tutti, Tim. Inginocchiati e giura
fedeltà al tuo popolo e al tuo regno’’, disse, sempre con la sua voce alta e
squillante. Tim si inginocchiò, ed abbassò la testa. Conosceva il giuramento
che gli veniva richiesto, era lo stesso che effettuavano i soldati imperiali
prima di venire annessi nell’esercito.
Alzò lo sguardo per un attimo solo, a cercare il Grande
drago. La creatura era a poca distanza da lui, appoggiato a terra. Nonostante
fosse di dimensioni ridotte in quel momento, le sue scaglie multicolori
rilucevano ovunque.
E anche il drago posò
il suo sguardo su di lui. Non aveva il solito sguardo benevolo, ma pareva
pronto a ringhiare a sputare fuoco. Non aspettava altro che Tim giurasse. Se
non l’avesse fatto, avrebbe scatenato la sua ira.
‘’Io giuro sul mio
onore e sulla mia vita di difendere e combattere per il mio regno, e di essere
sempre pronto ad affrontare il nemico, anche in prima linea, senza neppure
provare paura, perché è l’impero mi ha donato protezione, e io farò
altrettanto. Combatterò per tutti, e cercherò di essere un buon sovrano. Lo
giuro’’, disse infine Tim, anche se le ultime frasi uscirono senza troppa
convinzione.
Il giudice e il Grande drago annuirono, soddisfatti.
In pochi istanti, il giudice appoggiò la sua spada prima
sulla spalla destra, poi su quella sinistra. Intanto, un giovane paggio si avvicinò,
porgendo la corona imperiale al Grande drago.
Il drago afferrò con
una zampa la corona, e la pose in testa a Tim.
‘’Tu sarai nostro re e imperatore allo stesso tempo, e il
trono sarà tuo anche per la futura discendenza a venire. Festeggiate e cantate,
gente; Fortwar ha un nuovo imperatore e un nuovo destino’’, disse il giudice supremo,
concludendo l’incoronazione.
La folla esplose, totalmente in visibilio. Tutti, più o meno,
conoscevano il nuovo sovrano, poiché era molto conosciuto dai cittadini e dai
soldati, e tutti lo sostenevano.
Tim si rialzò in piedi, con la corona in testa. La corona era
pesantissima, intarsiata d’oro ed ornata con grossi rubini e brillanti
smeraldi. Ora nessuno badava più a lui.
I giudici supremi si allontanarono, e fecero capannello tra
loro, mentre la folla festeggiava e gridava, e parecchi si stavano già
spostando verso le taverne, per ordinare birra.
‘’Vedi, Tim? Tutti gli
umani ora vogliono festeggiare, perché il caos è sconfitto, e l’ordine è
tornato, grazie alla tua saggia scelta di lasciarti eleggere imperatore’’,
disse il Grande drago, avvicinandosi quatto a Tim, cercando di approfittarne di
quel momento in cui nessuno badava a loro.
‘’Potevo scegliere diversamente?’’,
rispose Tim. La creatura increspò un labbro.
‘’Ovviamente no. Ho
predisposto tutto io per la tua elezione. Vedi, tu, Tim, sei bravo, buono, ti
impegni e sei onesto e leale. Tutte qualità che ti contraddistinguono dagli
altri umani. Ma la lealtà non va a pari passo con il potere. Questi umani
avrebbero scelto un altro re, che si sarebbe dimostrato poi come un pazzo
sanguinario, e le rivolte avrebbero ripreso, in una spirale senza fine. Io ti
ho fatto strada per questo; tu sei giusto, e non combatterai guerre inutili, né
compirai tradimenti e intrighi. Tu sei l’uomo adatto a ricoprire questo ruolo,
fidati’’, gli rispose il drago, continuando a fissarlo.
‘’Come hai fatto a combinare la mia elezione a imperatore?’’,
sussurrò Tim, avvilito. Odiava i complotti e le cose ingiuste, e quindi
riteneva giusto che la capitale e i giudici avessero scelto loro il successore
di Iulius.
‘’Non ho combinato niente. Io ho solo proposto te, e loro
hanno accettato. Vedrai, loro sanno che sei supportato dalle creature magiche,
e nessuno ti torcerà un capello. Sarai un buon imperatore’’, rispose il drago.
Tim si accorse solo ora che quella creatura in realtà non era
proprio buona come si diceva. Nel suo cuore c’era anche una vena di perfidia.
‘’Oh, e ricorda questo, ragazzo; il male è stato sconfitto,
ma non distrutto. Sarei pronto a giurare che, da qualche parte, in un qualche
luogo sperduto di questa terra, una piccola fiammella violacea abbia ripreso a
brillare. Il Principe del Caos è stato sconfitto, ma non cancellato
definitivamente. C’è caso che ci vogliamo millenni prima che faccia il suo
ritorno, o forse non tornerà mai più. Ma sappi che lui è ancora vivo, nascosto da
qualche parte, poiché un Creatore non si distrugge mai. Quindi, occhi aperti. E
poi, ultimissima cosa; vorrei chiederti un lembo di terra, da condividere con
il mio popolo. Il mondo magico è andato distrutto, e non abbiamo più un luogo
in cui vivere in tranquillità’’, continuò il Grande drago.
‘’Ti va bene una terra qualsiasi?’’, chiese Tim, per niente
turbato dalle parole appena pronunciate dalla creatura.
‘’Certo. Purché sia a
distanza dagli uomini. Noi vogliamo vivere da soli’’.
‘’Vi concedo il lato est del Grande deserto, allora. L’ovest
dovrà essere libero, per lasciare transitare i miei uomini e le carovane’’,
disse Tim, quasi con disprezzo. Il drago lo fissò, e le squame si scurirono
improvvisamente.
‘’Non c’è una terra migliore per me? Magari una foresta’’.
‘’No, solo il Grande deserto. E quando ti rivolgi a me, per
favore, chiamami Sire. Non sono più un semplice generale, ora sono un
imperatore. L’imperatore nero’’, disse Tim, pronunciando le parole con odio
crescente.
Quella vile lucertola l’aveva reso imperatore, ed aveva avuto
il coraggio di usarlo come una marionetta. Ma lui gli aveva risposto a tono. Il
Grande drago lo fissò, con lo sguardo carico d’odio.
‘’Allora va benissimo,
Sire. Oggi stesso lasceremo le terre degli umani. Per la tua incolumità, spero
che non tenti mai di violare le mie nuove terre, che tu ora mi hai gentilmente
donato. Addio, imperatore, non so quando ci rincontreremo’’, disse la creatura,
sparendo all’improvviso.
Tim si rimproverò a sé stesso per le parole che aveva appena
pronunciato. Parole cattive che lui non aveva mai detto.
Però, ora lui era un imperatore, e gli imperatori possono
fare di tutto.
Finalmente, Tim si sentì libero come non lo era mai stato.
Ora, lui sarebbe entrato nella storia del mondo di Fortwar.
Il Grande deserto si estendeva oltre i confini
dell’immaginabile.
Ilse, sfiancata,
guardò davanti a sé, vedendo solo una marea di sabbia rovente. Con passi
incerti, iniziò a seguire a distanza la colonna degli Sconosciuti.
Lei fino a quel momento non aveva mai tentato di avvicinarsi
al gruppo. Seguendoli dappresso, aveva avuto l’opportunità di saccheggiare quel
poco che rimaneva addosso a quelli che restavano indietro.
Molti Sconosciuti, stanchi e feriti, si erano lasciati
andare, ed erano rimasti abbandonati nel bel mezzo delle fitte foreste di
Fortwar. I compagni avevano un po’ di carità nei loro confronti, e non appena
uno si accasciava, e non pareva più in grado di proseguire, spesso gli
lasciavano qualcosa di commestibile vicino, in modo almeno di non lasciarlo
perire dalla fame, un gesto più caritatevole che utile.
E lei, con la perfidia
di un avvoltoio, aveva iniziato a derubare quelle persone in fin di vita,
troppo deboli per risponderle o cacciarla. Così, tra un furto e qualche bacca
selvatica, era riuscita a sopravvivere alla dura attraversata dell’impero.
Ma nel deserto la situazione era cambiata. Coloro che
restavano indietro non avevano più nulla addosso, e cibo e acqua erano già
razionati per i sopravvissuti, e non venivano sprecati inutilmente.
Ilse, scalza, poiché i
suoi calzari si erano distrutti nella dura marcia verso nord, procedeva
barcollando, mentre attorno a lei ballavano oasi e stupendi animali che
vivevano solo nella sua mente.
Il caldo era rovente, e i suoi piedi erano tutti piagati, a
causa del calore della sabbia, ed ogni passo era un grande dolore per lei. E
aveva sete. Tutt’attorno c’era solo sabbia e aveva già finito l’acqua.
Aveva due soluzioni; o cercare di tornare indietro, verso una
morte certa, o cercare di raggiungere la colonna, cercando di elemosinare un
po’ d’acqua.
Con la mente offuscata, decise di raggiungere per la prima
volta la colonna. Stava seguendo le loro orme nella sabbia, che svanivano
velocemente dopo il passaggio degli uomini. Ben presto le fu chiaro che doveva
sbrigarsi a raggiungerla.
Cercò di avanzare nel modo più spedito possibile. Le fu anche
chiaro che se voleva uscirne viva da quell’inferno infuocato, doveva cercare il
riparo del gruppo. E lei si sentiva che quegli uomini l’avrebbero difesa,
poiché portava in grembo l’unico erede del loro Gran re.
Ben presto individuò la colonna; si era arrestata, a fianco
di una duna, e stavano distribuendo la razione di acqua. Ilse perse la ragione,
e rapida come un animale del deserto, si avvicinò al gruppo.
‘’Acqua! Acqua, per favore!’’ gridò, non appena loro poterono
sentirla. Poi, si unì al gruppo, avvicinandosi al giovane che riempiva le
borracce.
‘’Acqua!’’, gridò, aprendo i palmi a coppa, in modo che
potessero versargliene un po’.
Non si accorse che tutti la stavano guardando da sotto gli
stracci con sui si erano avvolti la testa per fornirsi una blanda difesa dal
sole, stupiti.
‘’Una donna!’’, gridò una voce indefinita.
Il ragazzo abbassò il piccolo otre che conteneva il prezioso
liquido, e le si avvicinò. Ilse fece per spingerlo via.
‘’Acqua!’’, gridò, nuovamente, senza riuscire a dire altro.
‘’Tutto a tempo debito. Fatti vedere’’, disse il giovane,
tenendola per un braccio.
Poi, il ragazzo gridò qualcosa nella lingua degli
Sconosciuti. Prese a parlare rapidamente, e Ilse rischiò di perdersi nei loro
discorsi, ma qualcosa riuscì a comprendere ugualmente.
‘’E’ lei! È la sgualdrina del re! Ed è pure incinta!’’, disse
uno di quei uomini, afferrandola per un braccio e malmenandola.
‘’Cosa ne facciamo?’’,
disse un altro.
Ilse bruciava dalla
sete, e non le importava più di tanto dei vocaboli che le venivano proferiti.
Voleva solo bere.
Gli uomini discussero
per alcuni minuti, poi decisero.
‘’La riportiamo
indietro. La venderemo ai soldati imperiali, che la porteranno al loro
generale, così la brucerà viva, la strega!’’, disse un uomo risoluto. Tutti
annuirono.
Senza capire molto altro, Ilse fu presa e trascinata indietro
con la forza. La stavano veramente riportando nei territori imperiali. Gli
Sconosciuti non volevano un re figlio di una straniera.
‘’Nooo! Voglio solo
bere.. e basta… lasciatemi…’’, piagnucolò, mentre la trascinavano nella sabbia.
Non ebbero alcuna pietà di lei, né le offrirono da bere. Lei non contava più
nulla per loro.
I suoi ricordi furono confusi. I suoi occhi, ancora accecati
dal sole del deserto, non focalizzavano quasi nulla. Era tutto sfocato.
Gli Sconosciuti che la consegnavano ad alcuni soldati
imperiali, e lei che continuava a chiedere acqua, ma riceveva solo manrovesci.
Ilse ricordò di essere rimasta sola, e che i soldati che
l’avevano consegnata agli imperiali se n’erano andati, senza ricevere né
complimenti né ricompense.
Ben gli sta, pensò.
Poi, le dure mani di un soldato la presero, e le legarono i
polsi e le caviglie. Lei cercò disperatamente di gridare, di dimenarsi, ma la
sua gola era secca, e il suo corpo era straziato. Un soldato, poco distante,
rideva.
Poi, finalmente, qualcuno le avvicinò alle labbra una
borraccia, e le versò qualche sorso d’acqua, ridandole un pizzico di vita.
‘’Sarà meglio che tu beva un po’, sai, ti devi preparare alle
fiamme. Chiederemo al nostro nuovo imperatore di bruciarti viva, proprio nella
piazza di Fortwar, applicando il tipico trattamento che riserviamo alle
traditrici. Sarà uno spettacolo magnifico’’, continuò a dire l’uomo dai
contorni sfocati, che poi prese a ridere sguaiatamente. Ad Ilse parve che
quella risata fosse durata ore, giorni o addirittura mesi.
No, pensò, non può finire così. Non dopo
tutti gli sforzi che ho fatto per avere il potere.
Pensò anche a quel
figlio che aveva in grembo, e che forse non sarebbe mai venuto al mondo.
Voleva piangere, ma
non ci riuscì. Dalla sua bocca uscì solo un gemito soffocato.
Poi, qualcuno le versò una strana sostanza amara in bocca.
Lei conosceva quel sapore; era quello del sonnifero.
Tentò inutilmente di agitarsi, ma ormai era tutto finito,
nulla aveva più senso. Ilse crollò in un sonno pesante, senza sogni.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti J
In questo capitolo vi ho lasciato degli indizi chiari su ciò
che succederà nel prossimo capitolo, quindi non preannuncio altro, anche perché
siamo quasi arrivati al finale… sabato prossimo pubblicherò l’ultimo capitolo e
l’epilogo, quindi finiremo quest’avventura J
Per far immedesimare ancora di più il lettore, nell’ultima
parte del capitolo, che è volutamente la più confusa(Ilse sta morendo di sete, è
confusa ed è nei guai), ho scelto di entrare ancor di più nell’intimo della
protagonista, offrendovi alcuni dei suoi pensieri. Spero di essere riuscito nel
mio intento J
Grazie a tutti, a mercoledì J