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Autore: jess87    15/02/2015    12 recensioni
Lady Felicity Smoak ha rinunciato al vero amore quando il suo cuore è stato spezzato da un poco di buono e la sua reputazione rovinata. Si è ormai rassegnata ad una vita passata in solitudine, quando un giorno, durante una delle sue passeggiate ad Hyde Park nel centro di Londra, la sua vita viene scossa da due piccoli diavoletti e il loro affascinante e intrigante padre, il Marchese di Beaufort, Oliver Queen.
Genere: Angst, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Felicity Smoak, Oliver Queen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Vi avevo promesso un nuovo capitolo nel weekend, ed eccolo qui. Ringrazio ancora tutte le persone che stanno recensendo la mia fanfiction. Mi date la forza e l'ispirazione per continuarla. Spero vi piaccia anche questo capitolo ;)

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Capitolo 8

Felicity era seduta sul divanetto a suonare il piano. Le noti discordanti di “While Shepherds Watched Their Flocks by Night” riempivano la stanza. Sin, sempre la sorella fedele, cercava di tenere il ritmo di Felicity, cantando le parole con voce piatta.

“L‘enorme paura gli ha sconvolto la mente,” cantò la sorella.

“La loro inquieta mente,” la corresse Thea dalla sedia vicino alla finestra sulla quale era seduta.

Sin smise di cantare. “E’ quello che ho detto.”

“No,” puntualizzò Sara. “Hai detto la loro mente, non la loro inquieta mente.”

“Credo di essere l’unico con una mente inquieta al momento,” mormorò Tommy. Sua moglie, Juliet gli lanciò un’occhiataccia. Lui le rispose baciandole la guancia. Felicity incespicò le dita sul pianoforte e riportò l’attenzione su di esso. Meglio focalizzarsi sugli accordi, piuttosto che dar credito all’invidia nel suo cuore per quello che lei non sarebbe mai riuscita ad avere.

“Notizie di somma gioia vi porto,” cantò in modo soffice. La sua gola si strinse. Non c’era nessuna somma gioia. La bellezza del periodo natalizio non era altro che una grande illusione che serviva solo come temporaneo scudo di bellezza per la bruttezza del mondo.

Si alzò in piedi di scatto, le sue ginocchia presero contro il divanetto su cui era seduta facendolo cadere. Il respiro le si fece affannato, e un improvviso desiderio di scappare si impadronì di lei.

“Felicity?” sussurrò Sin nella stanza che si era fatta completamente silenziosa. D’un tratto, Felicity si rese conto delle cinque paia di occhi focalizzati su di lei. Alzò lo sguardo e subito si pentì di averlo fatto. Ah, eccoli lì. Gli sguardi di pietà. Odiava quegli sguardi più di qualsiasi altra cosa.

Si sentì bussare alla porta e un sospiro di sollievo le scappò dalle labbra per la tempestiva interruzione. Smith si schiarì la gola. “C’è un visitatore per Lady Felicity.”

Diversi sguardi sospettosi si posarono su di lei. Un uomo alto e imponente entrò nella stanza. Il suo cuore cominciò a battere in modo irregolare e Felicity si portò una mano al petto per cercare di calmarlo. “Oli..mio signore..”

“Il Marchese di Beaufort è qui per vedere Lady Felicity.” Smith si grattò la testa ricoperta dai capelli bianchi. “Pensavo di aver chiesto al gentiluomo di aspettare nell’atrio finchè non fossi stato certo che la signora fosse pronta per ricevere visitatori,” parlò in modo forte il maggiordomo sordo.

Tommy si alzò in piedi. “E’ tutto, Smith,” disse con voce alta per farsi sentire dall’uomo.

Mentre il maggiordomo se ne andava, Felicity rimase vicino al pianoforte con lo sguardo fisso sul viso imperscutabile di Oliver. Era più bello rispetto a qualsiasi uomo avesse il diritto di essere. “Mio signore,” ripetè, detestando le parole che le erano uscite senza fiato. Tommy aggrottò le sopracciglia. E dato che avrebbe potuto comandare l’armata del re con l’aura di potere che emanava, il Marchese avanzò nella stanza a suo agio come se quella fosse stata casa sua.

Juliet fu la prima a riprendersi e si alzò facendo un elegante inchino. “Mio signore,” lo accolse. Poi lanciò uno sguardo alle sorelle Smoak, le quali scossero la testa per togliersi di dosso lo shock, e fecero anche loro degli inchini.

Oliver rispose alle donne, senza mai togliere gli occhi da Felicity. Possedeva un’empia abilità nel far sentire una donna come se fosse l’unica donna al mondo.

“Mia signora,” le parole erano riferite a Juliet, ma dalla calda intensità nei suoi occhi, Felicity sapeva che si stava in realtà rivolgendo a lei.

La cognata spinse le tre sorelle ancora sotto shock verso la porta. “Ti lasciamo alla tua visita, Felicity.” Poi guardò in modo bieco il marito. “Non è vero?” Tommy esitò, un’espressione corrucciata sul viso, fece un breve cenno di saluto al Marchese e poi andò anche lui verso la porta. Si fermò sulla soglia, e dall’espressione preoccupata sul suo viso, Felicity potè vedere che aveva paura a lasciarla da sola con Oliver. Ma alla fine cedette, e se ne andò.

Rimasti soli, Oliver incrociò le mani dietro la schiena e si diresse verso di lei. “Felicity.”

Pensava che non lo avrebbe più rivisto. Aveva immaginato che dopo avergli rivelato il suo scandaloso passato, lui non avrebbe più voluto avere niente a che fare con lei come il resto della bella società. La sua bocca si fece secca, e visto che non aveva mai saputo cosa dire in presenza di un gentiluomo, disse un semplice, “Mio signore.”

Un leggero divertimento gli passò negli occhi. “Pensavo che aveste acconsentito nel chiamarmi Oliver.”

Lo aveva fatto. In modo imprudente. In modo stupido. “Oliver, allora,” disse come la sciocca imprudente che era sempre stata. “Io..”

“Voi..” Parlarono nello stesso momento e le guance di lei arrossirono per l’imbarazzo.

“Perdonatemi. Stavate dicendo?”

L’uomo chiuse la distanza tra loro. “Vi ho pensato spesso fin da quando ve ne siete andata, ieri.”

“Davvero?” I gentiluomini non pensavano a lei. O, per lo meno non lo avevano fatto nei precedenti due anni da quando era entrata in società. E al momento qualsiasi pensiero potessero aver avuto su di lei non era di certo piacevole.

Oliver le accarezzò il mento con la mano. “Vi aspettavate che vi avrei ignorato dopo che avete condiviso con me il vostro passato?” Il respirò le si fermò improvvisamente alla sensazione dei brividi silenziosi che le si sprigionarono nel corpo al suo tocco. Il suo passato. Un passato nel quale era stata talmente stupida da scappare con un uomo e rinunciare così alla speranza di un matrimonio per bene.

“Si, mi aspettavo che lo faceste, mio signore. Ignorarmi, dico.”

“Perchè avete una bassa opinione della società.” Bè dopotutto, la società le aveva dato davvero ben poche ragioni per fidarsi della sincerità, preoccupazione e affetto dei suoi nobili membri. “Chi era?” domandò.

Felicity si allontanò da lui e si diresse verso il pianoforte. Avrebbe dovuto probabilmente sentire un pò di oltraggio alla sua domanda impertinente. Non parlava di Cooper. Non con le sue sorelle. Non con sua madre. Certamente non con Tommy. Era come se la sua famiglia si aspettasse che non parlarne facesse scomparire magicamente tutto quello che era successo.

“Il suo nomer era..è Cooper. Sir Cooper Seldon,” si corresse. Smettila di parlare, Felicity. Smettila. Purtroppo però le parole le uscirono dalla bocca come se avessero volontà propria. “Dopo due anni, non avevo..non avevo avuto..” Nessuno, “molti pretendenti.” Scosse le spalle. “Mi aveva riempito le orecchie di elogi vuoti.” E stupida com’era, gli aveva creduto. “Mi aveva chiesto di andare con lui.” Felicity tremò, anche ora incapace di credere alla sua idiozia. Rilasciò un lungo sospiro e si sforzò di guardare Oliver negli occhi. “Lo repellevo, ora me ne rendo conto, non voleva nemmeno baciarmi.” Le labbra le tremarono per l’imbarazzo. “Mi ero convinta che le sue azioni..” O meglio non azioni. “Fossero per via del suo senso di onore come gentiluomo.” Una risata senza umorismo le scappò dalle labbra. “Che ironia non è vero? Sono considerata una donna dalla reputazione rovinata, quando in realtà tutto quello che ho fatto è stato tenere per mano un uomo durante gli eventi pubblici.” Felicity si aspettava di provare vergogna nel rivelare quanto Cooper l’avesse trovata poco desiderabile. Invece, c’era qualcosa di stranamente liberatorio nel condividere con Oliver una verità che nessuno conosceva, tantomeno una verità a cui nessuno avrebbe creduto.

Oliver si avvicinò e si fermò accanto a lei. Le prese una ciocca di capelli biondi e gliela portò dietro l’orecchio. “Era uno stupido, Felicity.” Gli occhi gli brillavano di desiderio. “Se foste mia, niente e nessuno potrebbe fermarmi da prendervi tra le mie braccia.”

Il suo cuore fece un balzo. Era impossibile pensare a Cooper con Oliver vicino, ma si sforzò di farlo. “In realtà era una questione di vendetta,” continuò. “Cooper aveva perso giocando d’azzardo con mio fratello diverse proprietà in passato. I due sono poi diventati amici, o meglio, per Tommy era un amico, Cooper in realtà meditava vendetta..e l’ha avuta alla fine.”

L’espressione di lui si fece cupa. “Quindi è stata colpa di vostro fratello?”

Felicity scosse la testa in modo veemente. “No. So cosa state pensando, che un fratello ha il dovere di proteggere la propria sorella. Ma, non posso farne una colpa a Tommy. Ha un buon cuore e vede sempre il meglio negli altri. E’ stata colpa mia, avrei dovuto essere meno sciocca e non farmi abbindolare.”

La tensione sul viso di Oliver scemò. “Credo che siate una donna straordinaria, Felicity Smoak.”

Cercò di rispondergli con un piccolo sorriso. “Non penso che siate venuto qui per parlare del mio passato scandaloso.”

Oliver le prese la mano e se la portò alle labbra. “No, Felicity.”

“Allora, per cosa..?” chiese in modo confuso.

“Sono venuto per chiedere la vostra mano.”

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Felicity era rimasta immobile e non aveva detto niente per – Oliver guardò l’orologio a pendolo dall’altra parte della stanza – per diversi minuti. Si rese conto che probabilmente avrebbe dovuto prepare meglio le sue parole. O almeno, dirglierlo in modo meno sconvolgente.

La donna tolse la mano dalla sua. “Siete venuto qui per prendervi gioco di me?” La dolce qualità della sua voce faceva da contrasto con la durezza nei suoi occhi. Felicity si allontanò da lui, mettendo il pianoforte tra loro. “Perchè vi garantisco che ho dovuto affrontare creature molto più vili e cattive di voi.”

Oliver aprì e richiuse le mani. Dio, quanto avrebbe voluto distruggere con le sue mani il mascalzone che le aveva causato tanto dolore. “Vi assicuro..”

La donna puntò un dito verso di lui. “Un vero gentiluomo non verrebbe qui per prendersi gioco..”

“Non volevo..”

“…gioco di me per gli sbagli che ho fatto. Non che creda più che esistano dei veri gentiluomini in tutta l’Inghilterra.”

“Avete finito?” disse strascicando le parole. Era stata decisamente la cosa sbagliata da dire, dato che Felicity si diresse furiosa verso di lui puntando questa volta il dito sul suo petto. Oliver fremette.

“No, non ho finito. Quale vile, abominevole, riprovevole, orrido cafone verrebbe qui e sarebbe così deliberatamente crudele?” Bè, non si poteva di certo dire che l’amorevole lady Felicity non possedesse un certo carattere. “Non mi guardate in quel modo,” scattò lei. “Con pietà,” concluse. “Non voglio, nè ho bisogno della vostra commiserazione.”

Lui alzò le mani, in segno di tregua. “C’è davvero qualcuno che desideri essere commiserato?” Felicity gli puntò di nuovo il dito al petto e questa volta lui le prese la mano, portandosela alle labbra. Le posò un bacio sulla pelle morbida del polso. Le dita di lei tremarono tra le sue. Accolse di buon grado la reazione del suo corpo in sua presenza, perchè stava ad indicare che riusciva a sconvolgere il suo mondo tanto quanto lei faceva con lui.

“Ve l’ho già detto Felicity. Non vi darò mai pietà come non mi permetterei mai di prendervi in giro. Posso essere candido?”

“Vi prego,” disse, guardandolo come se fosse un ladro venuto a rubare l’argenteria di famiglia.

“I miei bambini hanno bisogno di una madre. Vi sto chiedendo di essere la loro madre.”

Felicity incrociò le braccia al petto. “Se ho capito bene..volete sposare me, una donna che avete incontrato appena cinque giorni fa.”

“Sei giorni,” la corresse lui. Strano si ricordava esattamente com’era avvenuto il loro primo incontro e l’esatte ore che erano passate da quando l’aveva trovata a lanciare palle di neve ai suoi bambini. “E, si,” disse annuendo in modo sicuro.

“Una donna che ha scandalizzato la società con la sua fuga con un uomo.” Posò lo sguardo sul suo viso, quasi come se si aspettasse che lui mostrasse qualche segno di orrore a quell’ammissione. Dopo il tradimento di Laurel, ci sarebbe voluto molto più di questo per scioccarlo. “Dovrei continuare?” chiese lei in modo acido.

“Fate pure.” Più la donna parlava, più si sentiva affascinato da lei. “In realtà, non ho alcun desiderio di sposarmi, ma se non lo faccio i miei figli rimarranno senza madre.”

Un sorriso senza felicità giocò sulle labbra di Felicity. “Per cui mi sposereste per provvedere ad una madre per i vostri figli?”

Oliver annuì. Ma la verità era che la voleva per molto di più che essere un genitore per Charlotte e Daniel. Voleva lei..per lei. “La mia unica richiesta è che voi vi prendiate cura dei miei bambini.” Finì, realizzando quanto poco adeguata fosse una tale offerta. Qualsiasi donna avrebbe voluto di più e Felicity certamente meritava di più. Mentre aspettava la sua risposta, una leggera pressione gli bloccò i polmoni. La donna rimase in piedi in silenzio così a lungo che cominciò a sospettare che non avesse alcuna intenzione di rispondere alla sua offerta. E in fondo non poteva darle torto. Qualsiasi ragazza sognava la felicità con il proprio futuro marito. La sua offerta era più in linea con la fredda e calcolata filosofia del loro mondo.

Felicity alla fine sospirò. “La mia reputazione è rovinata, Oliver. Non c’è davvero nessun beneficio nel sposarmi per il bene dei vostri bambini.” Si fermò. “Specialmente Charlotte.” All’uomo non era, però, di certo sfuggito che non aveva detto di no, per cui si sentì incoraggiato. Per lo meno la giovane donna aveva preso in considerazione la sua bizzarra proposta.

“Sono il Marchese di Beaufort.”

“Ah, quanto siete arrogante, mio signore.” Il disapprovo era addolcito dalla luminosità nei suoi occhi. Le sue labbra si curvarono in un vero sorriso. Oliver si immobilizzò. Il sorriso la trasformava da una ragazza piuttosto carina in una donna bellissima. Vagò con lo sguardo sulle delicate caratteristiche del viso di lei. Come aveva potuto non apprezzare l’intensità della sua bellezza fino a quel momento? Come..

Il sorriso di Felicity diminuì. “Cosa c’è?”

Scosse la testa per schiarirsi le idee. “Charlotte è solo una bambina. Quando entrerà in società, probabilmente non ricorderanno neppure..”

Felicity scoppiò in una risata. “Siete un illuso allora, mio signore. La società si ricorda benissimo degli scandali di cui anche io sono colpevole.”

Oliver strinse le mani in un pugno. Se c’era qualcuno che era colpevole, era quel mascalzone che le aveva rovinato la reputazione. No, l’unica colpa dell’innocente Felicity era stata quella di dare amore ad un uomo che non lo meritava. Quanto odiava quel demonio.

Felicity si schiarì la gola. “Vi ringrazio per la vostra offerta, mio signore, ma non posso rischiare la buona reputazione dei vostri figli, anche se hanno bisogno di una madre.” Distolse lo sguardo. “E’ già abbastanza che abbia rovinato la reputazione delle mie sorelle.” Fece un inchino, si voltò e si diresse verso la porta per andarsene.

Diavolo, aveva proprio intenzione di lasciarlo così. Con un frettoloso no. Oliver chiuse la distanza tra loro in tre lunghe falcate. Posò le mani sulle spalle di lei. La donna si irrigidì ma non si allontanò. Oliver si abbassò e posò le labbra sulla curva elegante del suo collo.

“E se ti dicessi che voglio di più che una madre per i miei bambini? Se ti dicessi che voglio te?”

Il corpo di lei tremò, probabilmente sia per l’improvviso cambio di allocuzione, sia perchè continuava a baciarle il collo in modo sensuale.

“Direi..direi che siete pazzo, mio signore.”

Oliver spostò la sua attenzione sull’altra parte del collo. “Forse lo sono, Felicity. Ti voglio. E anche se non mi ami, ti darò una famiglia, ti darò dei bambini, e ti mostrerò i piaceri che si possono trovare tra le mie braccia.” La girò pigramente verso di lui. Notò subito che la donna stava respirando affannosamente. “Sposami.”

Felicity lo guardò per un lungo momento. Poteva vederle passare negli occhi intelligenti una gamma di domande. La donna chiuse gli occhi per un momento. Quando li riaprì, Oliver si preparò per un rifiuto. Invece lei, annuì sicura. “Si, ti sposerò.”

   
 
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