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Autore: Naki94    17/02/2015    1 recensioni
A Mason Creek continuano le ricerche dell'agente dell'FBI Jersey Shown non solo sulla recente scomparsa di Sofia Monroe, ma di altri due ragazzi: Martin Hoover e Jason Davies. E mentre gli abitanti di Mason Creek, soprattutto i genitori dei ragazzi scomparsi, diventano sempre più inquieti, emerge dal passato la leggenda di un demone soprannuminato Lo Slender. Il detective Shown dovrà combattere contro le superstizioni di un paese intero mentre continua la sua indagine su un caso sempre più intricato.
Genere: Horror, Suspence, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Si chiude la porta alle mie spalle con un boato metallico. La luce fredda della lampadina illumina in parte la stanza in cui mi trovo. Sul fondo la parete è ricoperta di formule matematiche e bizzarri disegni. Mentre l'uomo che cerco rimane seduto alla mia sinistra, con la schiena appoggiata al muro. Non è una brutta cella, e nel disordine c'è qualcosa di schematico ed ordinato.

«Se sta notando il disordine intorno a lei, detective, dovrà comprendere che per entropia ogni cosa è destinata al caos». La voce e molto sottile e sibila nell'aria attraversando lo spazio semibuio fino alle mie orecchie.

L'uomo barbuto e calvo non muove un muscolo e mantiene lo sguardo verso il pavimento. Se ne sta seduto a terra a gambe incrociate e le braccia l'una sull'altra. Dall'alto lo guardo e cerco di cogliere una prima impressione, è freddo e non mi trasmette nulla. Almeno finché non alza il volto e finalmente non vedo lo specchio della sua anima, due occhi dalla pupille grigio-azzurre che penetrano il vuoto.

«Lei è Jeremy Daughtry?».

L'uomo non risponde subito, cercando di dare a sé stesso una certa importanza nel farsi attendere. «Non crede, detective, che la risposta a questa domanda sia alquanto ovvia e banale, dal momento che la dottoressa Ellison l'ha accompagnata da me, in quanto lei cercava questo preciso nome?».

«Io sono il detective...».

Un sibilo profondo di disapprovazione taglia la cella in due. «Non voglio sapere il suo nome, il tutto è insieme di particelle di materia con precise proprietà distinte, ma non l'una più importante dell'altra. Lei è un uomo, nulla di più. La mia mente non vuole conoscere il suo nome perché la distinguerebbe dagli altri uomini conferendogli più importanza».

«Arriverò allora subito al punto». Mi chino reggendomi sulle ginocchia e mi avvicino al livello del suo volto mentre lui rimane in silenzio. «A Mason Creek stanno continuando a scomparire ragazzi e ragazze nella zona del bosco. Tutto questo sembra avere inizio subito dopo la vicenda del rito satanico che lei e il suo collega, il signor Richard Campbell, avete praticato nella stessa zona. Sono nate assurde leggende da allora, alle quali non voglio dare ascolto. Voglio sapere la verità, signor Daughtry».

Daughtry sospira a lungo prima di cominciare a parlare. «La verità...». Il tono è una landa desolata, una strada perduta in un pianeta deserto. «E' tanto semplice quanto complesso discutere sulla verità, ed io sono considerato un matto. Quale verità può mai rivelarle uno psicopatico internato a Chesterfield? Io posso solo raccontarle una storia, sarà lei a decidere se è vera oppure no».

Ci guardiamo negli occhi per molto, molto tempo. Un contatto visivo così prolungato da procurarmi un serio fastidio, nessuno aveva mai retto così a lungo il mio sguardo e, per la prima volta, sono io a dover essere costretto ad abbassare il volto.

«In quegli anni Campbell ed io, nonostante la famiglia, lavoravamo duramente pure la notte. Con noi c'era un altro scienziato, il Dottor Robert Gordon. Lui era astrofisico come me ed era un ottimo scienziato, fin troppo forse e questo lo capimmo solamente più tardi».

Quel nome non era inserito sugli archivi né sui giornali. Robert Gordon, non so il motivo, ma mi risulta familiare. Ho la percezione di averlo già sentito o incontrato. Forse è solo un'impressione. Lascio stare per il momento e aspetto che Daughtry continui a parlare della sua versione dei fatti. «Li è mai stato in montagna, detective?».

Annuisco e ripenso a una delle serate più belle della mia vita passate in compagnia di Sarah a Denver, nel Colorado. Ripenso a quella bellissima donna che mi attendeva al bancone del bar in reception, stretta nel suo abito nero e avvolta dalle luci soffuse. Penso a quel tempo e a quando le cose importanti sembravano altre. «Cosa c'entra la montagna?». Domando d'istinto.

«Per capire cosa le andrò a riferire deve prima comprendere un nuovo modo di vedere l'universo. Quando guardi verso il basso dall'alto di una montagna vedi ogni villaggio sotto di te, a valle. Li vedi tutti e separati l'uno dall'altro, ma da quella posizione si crea una immagine completa e coerente, non sei d'accordo?».

«Signor Daughtry, mi piacciono queste metafore, ma deve capire che mi è stato concesso pochissimo tempo e ho bisogno di sapere cosa è accaduto in quel bosco».

Jeremy Daughtry diventa subito più serio e aggrotta la fronte. «Il tempo, detective...il tempo è una grandissima illusione. Forse la più grande dell'uomo. Esso è percepito in molti modi...».

«Mi parli di suo figlio, perché l'ha ucciso?». Cerco di arrivare al dunque toccandolo nel profondo.

«Sono stato costretto a fare una cosa della quale non ero neppure cosciente. Quel volto bianco...». Poi si perde nei ricordi. Cazzo! Ho perso solo più tempo e capisco che devo lasciarlo parlare. «Mi stava dicendo della montagna...».

«Il nostro cervello si è evoluto concependo solo tre dimensioni, e fu difficile pure per me arrivare ad accettare la teoria che esso è costituito in realtà da membrane tridimensionali che galleggiano in uno spazio multidimensionale. Ogni membrana è un universo o mondo parallelo che vibra e si muove nel mare cosmico».

«Ma questo cosa c'entra con quello che tu e Campbell avete fatto ai vostri figli?».

«A volte queste membrane si trovano molto vicine le une dalle altre e nelle loro continue vibrazioni possono entrare in contatto. Si creano così delle dimensioni extra che collegano tra loro gli universi altrimenti distinti».

La voce della Dottoressa Ellison fuori dalla cella vibra improvvisamente in tutta la stanza. «Cinque minuti, detective».

«Scoprimmo che, in un particolare punto del bosco, si era creata da tempo una dimensione extra che collegava la nostra membrana a un altra. Il problema è che gli atomi non possono attraversare le membrane e vedere altrove. Stavamo studiando come riuscire ad entrare in contatto con l'altro universo e la scoperta di tutto questo ci eccitò a tal punto da renderci pazzi e schiavi. Ha mai visto una luce con toni di rosso provenire dal cielo?».

Annuisco e Daughrty sorride.

«Era l'undici Gennaio quando dall'altro universo ci arrivò un messaggio e lì conoscemmo Lui».

«Lui chi è?».

Lo sguardo di Daughtry comincia a vacillare, come colto da terrificanti ricordi. «Il Lord, detective. Il Lord trovò un modo per contattarci nonostante le leggi fisiche lo impedissero».

A quelle rivelazioni mi rendono frastornato e confuso. Non riesco a credere che uno scienziato mi stia parlando in quel modo. Tuttavia c'è qualcosa nella sua voce che rende il tutto dannatamente vero. Pur sapendo che ho davanti solamente un pazzo, nella mia mente si scalda l'idea che in quelle parole ci sia del vero.

«Il Lord ci parlò per notti intere. Ci raccontò di Carachura e del suo paese. Della morte del suo popolo e di una imminente guerra nel suo mondo. Ci chiese di offrire a Lui i nostri figli, non ne comprendemmo il vero motivo o scopo, non sembrava atteggiarsi da divinità, eppure ci stava domandando di compiere un sacrifico di sangue».

Un silenzio mortale copre la cella di un velo simile a un sudario mentre la luce, della lampada sopra di noi, vacilla e lampeggia.

«Così avete ucciso i vostri figli?».

«No! Eravamo tutti e tre inorriditi all'idea e terrorizzati da una simile mostruosità. Quello era un demone di un abisso, un male feroce. Lo capimmo troppo tardi. Nonostante ciò Robert fu più debole di noi e cadde nella tentazione di quel demonio. Poiché il Lord lasciò cadere una maschera completamente bianca, di un tessuto particolarissimo. Quella maschera, detective, una volta indossata, conferisce un grandissimo potere. Può farti entrare nei sogni più celati d'ogni persona e, in qualche modo, sussurrarle all'orecchio dell'incoscienza un pensiero. Il Lord chiese a Robert di usare la maschera per entrare nei nostri sogni e ordinarci di portare al bosco i nostri figli e...». Si ferma per il forte nodo alla gola, poi riprende a fatica. «Non eravamo coscienti di ciò che stavamo per fare. Io mi sono risvegliato ritrovandomi con la luce delle torce dei poliziotti puntate contro la faccia e poi il resto. Solo dopo scoprii ciò che era accaduto, ma solo perché Robert, su comando del Lord, ci fece ricordare e provare rimorso. Qualche giorno dopo Campbell si tagliò le vene con un ferro che sporgeva dalla struttura in ferro del suo letto in cella».

«Dov'è finito Robert adesso?»

«Non lo so, io non l'ho mai più visto».

«Perché Robert ho deciso di indossare quella maschera?».

«Suppongo per salvare suo figlio».

«Robert aveva un figlio? Come si chiamava?».

Prima che la Dottoressa Ellison aprisse ferocemente la porta, per trascinarmi fuori da quella cella, il nome volò a mezz'aria, tra le polveri sottili tagliate dalla luce violenta del corridoio. «Jason, suo figlio si chiamava Jason».

 

   
 
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