CAPITOLO 45
Tim aveva passato le sue prime due settimane da imperatore
immerso tra lussi ed agi.
Sergej aveva fatto di
tutto per riparare il palazzo imperiale, che ora risultava quasi totalmente
ristrutturato, ed era pronto all’uso. C’erano piscine piene d’acqua tiepida in
cui stare a mollo, morbidi letti, e tanta servitù. Tim non si era mai sentito
così a suo agio in un luogo. E pensare che inizialmente si era opposto alla
ricostruzione di quel palazzo.
Ormai era passato un mese dalla grande e ultima battaglia,
dove tutto si era concluso, ma i presagi erano dei più lugubri.
Da alcuni giorni non
facevano altro che giungere piccioni con dei messaggi, e soldati agitati. A
loro dire, gli abitanti sopravvissuti delle provincie di Palok e Arus erano
usciti dalle foreste, ed avevano ripreso a ricostruire le loro città.
Quella poteva sembrare una cosa positiva, ma in realtà non lo
era affatto; infatti, i provinciali si rifiutavano di riconoscere la carica
dell’imperatore, ed erano determinati a fondare stati indipendenti. Non
volevano più essere riammessi all’impero, volevano essere autonomi.
Tim se ne stava sdraiato tra i soffici cuscini del suo letto,
senza preoccuparsi troppo di quelle voci.
‘’Sire’’, disse una voce indistinta, facendo ritornare in sé
l’imperatore.
‘’Dimmi’’, disse Tim, svogliatamente, senza neppure degnare
di uno sguardo il tizio che lo chiamava.
‘’Ho una notizia buona, e una cattiva. Parto dalla buona. Gli
Sconosciuti sono rimpatriati tutti, ed hanno intenzione di tener fede ai patti
stabiliti’’, disse la voce. Tim riconobbe un suo dignitario di corte.
‘’Oh, bene. E quella cattiva?’’, chiese nuovamente Tim,
svogliato.
‘’Palok, Arus e Vargan non riconoscono la sua magnificente
figura, e si sono proclamati indipendenti dall’impero’’, disse, tutto d’un
soffio l’uomo. Tim sobbalzò.
‘’Non è possibile.
Voglio che entro domani sia richiamato l’esercito. Anche la guardia cittadina
parteciperà. Scenderemo in guerra’’, disse Tim, con fare deciso.
‘’Ehm, non credo, signore. Dopo la recente guerra, le casse
dell’impero sono totalmente vuote. Non possiamo pagare l’esercito, e la guardia
cittadina non muoverà un dito’’, disse ancora l’uomo.
‘’Dannazione. Allora
andrò io stesso a trattare con i provinciali’’.
‘’Nessuna trattativa, Sire; sono armati, e hanno preso il
controllo delle loro province in pochissimo tempo. Hanno già eletto i loro
nuovi signori. L’impero può dirsi concluso, Sire. Nelle sue mani, resta solo la
piccola provincia di Fortwar’’, continuò il dignitario di corte, sprezzante.
‘’Non sta a te dirmi
quello che devo fare. I loro antenati si sono vincolati all’impero tramite
antichi giuramenti. E loro li rispetteranno. Fai preparare un’ambasciata; io
stesso ne prenderò parte. Partiremo tra tre giorni massimo. E ora vai a
svolgere le tue mansioni’’, disse Tim, cacciando via in malo modo l’uomo.
Mentre il nuovo imperatore continuava a starsene sdraiato a
rimuginare sugli ultimi eventi, un giovane servo si affacciò sulla porta della
stanza.
‘’Che vuoi?’’, gli
rispose in malo modo Tim.
‘’Ecco… Sire… volevo dirle che i due maghi si sono
risvegliati, e che vogliono vederla’’, disse il giovane, balbettando, in pieno
imbarazzo. Poi, fece un breve inchino, ed uscì frettolosamente dalla stanza.
Tim fu certo di
sentire i suoi passi diventare sempre più frettolosi, come se il giovane avesse
iniziato a correre, pur di mettere qualche metro di distanza da lui. Si chiese
se ora facesse così tanta paura. Ma non voleva pensarci, per ora.
Si tirò su, in piedi, e uscì dalla stanza, che lui chiamava
stanza dei cuscini. Infatti, era tutta piena di divani imbottiti di soffici
piume, e i cuscini non erano da meno.
Con un sospiro, prese a percorrere frettolosamente gli ampi
corridoi del palazzo, per giungere prima alla sua destinazione. I due giovani
maghi di Huru non si erano più risvegliati, da quando avevano affrontato
insieme a lui il Principe del Caos. Erano in coma, i loro volti erano tumefatti
e sfigurati a tal punto da incutere terrore a chiunque. Eppure, quasi per
miracolo erano ancora vivi, e a quanto pare si erano risvegliati.
Non appena Tim entrò nella camera a loro riservata, sentì
l’odore forte degli unguenti che venivano applicati alle ustioni del loro
volto. L’odore acre, comunque, parve attenuarsi solo dopo due inspirate.
E si trovò di fronte a
Smith e Lee. I due maghi erano orribili; i loro volti erano ancora rossastri, e
Tim non ebbe il coraggio di guardare se avessero ancora le orecchie o no.
Comunque, Smith il naso non l’aveva più.
Però appena Tim trovò nuovamente il coraggio per guardarli,
notò che stranamente i due non erano ciechi. I loro occhi brillavano come due
stelle, in mezzo a quel volti mutilati.
‘’Imperatore Tim! Finalmente ci rincontriamo’’, disse Lee,
tirandosi su dal letto.
‘’No, stai giù, è meglio che ti riposi’’, provò a dire Tim,
ma il ragazzo si era già alzato in piedi, nel pieno delle forze.
In pochi istanti, anche Smith fece lo stesso. Tim
indietreggiò di un passo, sorpreso dalla forza dei due. D’altronde, erano stati
costretti a letto per quasi un mese, ma sembrava che non fossero mai stati in
coma.
‘’Niente riposo, per noi. Abbiamo già riposato a sufficienza,
e il nostro dio ci ha riempiti di nuova energia. Domani ce ne andiamo’’, disse
ancora Lee.
‘’Ve ne andate?’’, chiese Tim, tra lo stupito e lo
sconcertato.
‘’Sì, certo. Vorremmo andare a ricostruire Vargan, così come
il nostro stesso maestro ha fatto. E poi vorremmo tornare a piantare il grano
sacro nella piana antistante a Palok’’, continuò a dire Smith.
‘’Con il suo permesso, naturalmente’’, concluse Lee, dando
una gomitata all’amico.
‘’Oh, beh, certo, vi concedo il permesso. Anche se non
starebbe più a me darvelo. Quelle terre si sono ribellate al mio dominio’’,
disse Tim.
‘’Sua maestà ci ha concesso il permesso di partire e di
comportarci come più ci aggrada, e noi le siamo riconoscenti. Per questo, noi
cercheremo di far passare le persone dalla vostra parte. Con qualche buona
parola, forse potremmo trovare una soluzione ai suoi problemi’’, disse Lee.
Tim si chiese se fosse
sempre stato così quel ragazzo. Forse sì. Si diceva che fosse in grado di
vedere il futuro, e di conoscere ampliamente il presente e il passato.
‘’Mi fareste un grande favore, se cercaste di far ragionare
il mio popolo. In questo caso, sarò io a ringraziare voi. E se riusciste a far
ragionare le mie provincie, vi garantirò la più totale libertà di culto’’,
disse l’imperatore. Lee accennò un inchino.
‘’Faremo del nostro meglio. Grazie di tutto, Sire’’, concluse
il ragazzo, che iniziò a mettersi la sua tunica grigia da mago. Tim continuava
a fissarli, esterrefatto.
‘’Sire, non ci guardi
così. Noi siamo stati addormentati perché il nostro dio ci ha voluto
ringraziare dei nostri servigi. Ora, abbiamo perso il volto, ma abbiamo
rinsaldato l’anima. D’altronde, ogni cosa ha un suo prezzo’’, disse Smith,
sorridendo, anche se in realtà il tutto pareva un diabolico ghigno. Tim abbassò
nuovamente lo sguardo.
Poi, sentì una lama gelida sfiorargli le spalle.
‘’Questa è sua. E grazie di tutto’’, disse Lee, porgendo
all’imperatore la spada magica dall’impugnatura verde. Tim aveva pensato di
farla riporre nascosta sotto il letto di Smith, sperando che con la sua forza
magica avesse dato una mano ai due giovani per uscire dal coma.
Poi, i due maghi superarono Tim, gli fecero un gesto di
congedo, e si allontanarono lungo il corridoio.
‘’Lee, dimmi cosa
riserva il futuro al mio regno’’, chiese Tim, sperando che il giovane gli
fornisse qualche risposta. Lee, lo guardò. Il suo volto era pieno di
consapevolezza, e Tim ne fu certo che lui sapeva.
‘’Sire, il segreto del mio dio mi impone di non parlare. Ma
ho solo un consiglio; di stare attento alle tenebre. Il male è ancora in
agguato, pronto a mordere. Il male tornerà, e allora tutto dovrà essere pronto
per sconfiggerlo nuovamente. Altrimenti, sarà la fine. Quindi, cerchi di essere
il più morale possibile, e veda di non diventare uno scansafatiche. Ora lei
dovrebbe essere l’eroe del suo popolo, e comportarsi come tale. E ora, con il
suo permesso, noi ci congediamo’’, disse Lee, con toni che non ammettevano altre
domande. A Tim rimase solo di congedarli definitivamente, e non chiese più
nulla, tanto il ragazzo, cocciuto com’era, on avrebbe rivelato più nulla.
I due si allontanarono
velocemente, parlando a bassa voce tra loro. L’imperatore continuò a seguirli
con lo sguardo, stranito. Doveva riflettere sulle frasi appena pronunciate dal
giovane mago, ma non ci riuscì più di tanto.
Infatti, i suoi occhi
furono subito attratti da un flebile bagliore che scaturiva dalla mano destra
di Lee, che stava stringendo qualcosa. Ed ebbe la consapevolezza che il giovane
teneva tra le mani quella pietra mistica che aveva segnato il destino della
battaglia di Vargan; era la pietra sacra di Huru. Tim non l’aveva più vista dal
giorno della battaglia finale, sotto le mura di Fortwar. Però, fu felice di
constatare che era ben custodita.
A passi lenti e stanchi, prese a trascinarsi nuovamente nella
sua stanza dei cuscini. Si chiese se tutto quel riposo gli stesse facendo male.
Tim non seppe neppure rispondere alla sua domanda.
Era pomeriggio inoltrato quando Tim si decise ad andare nella
sala delle udienze, ovvero il luogo specifico del palazzo dove chiunque, dai
semplici sudditi ai nobili, potevano rivolgersi a lui, per richiedere
l’applicazione della giustizia dell’imperatore.
I giudici supremi della corte imperiale se ne stavano ad
ascoltare le varie lamentele, mentre il nuovo imperatore faceva solo presenza
fisica. Per questo si poteva permettere di giungere anche in ritardo.
Il novello imperatore
si gettò subito seduto, proprio sullo scranno imperiale, che lui stesso aveva
provveduto a farlo rendere più comodo.
Ben presto, Tim fu totalmente preso dal suo calice di vino,
smettendo fin da subito di ascoltare le chiacchiere di vecchie vedove o le liti
tra vicini di casa, e lasciando lavorare al posto suo i giudici. Voleva proprio
che se la guadagnassero, la pagnotta.
La sua mente tornò ai maghi di Huru, e ai loro volti
sfigurati. Per fortuna, non avevano atteso neppure un giorno in più, e se
n’erano andati alla volta di Vargan a dorso di somaro. Tim pensò che quei due
ragazzi erano veramente strani. Ma d’altronde, notò che lo erano sempre stati. Poi,
la sua mente tornò al Grande drago, con il quale aveva litigato. La creatura se
n’era andata il giorno stesso della sua incoronazione, seguita da tutto il suo
popolo. Probabilmente, non l’avrebbe rivisto mai più.
Improvvisamente, la porta della sala delle udienze fu
brutalmente spalancata, e i pensieri dell’imperatore si frantumarono. Tim,
infuriato, si dimenò sul trono.
‘’Chi osa interrompere
il corso della giustizia imperiale con così malo modo?’’, gridò l’imperatore
dal suo scranno.
‘’Ci scusi, Sire. Ma abbiamo una questione urgentissima da
risolvere’’, disse una delle guardie di palazzo, che si era affacciata sulla
porta.
‘’E di che si
tratta?’’, continuò a chiedere in malo modo Tim, mentre i giudici si
preparavano a ritrarsi.
‘’E’ una questione
delicata’’, continuò a borbottare la guardia. Insomma, volevano parlare con lui
da solo.
‘’Fuori tutti! Le udienze riprendono domani. Via!’’, disse
Tim.
Subito, tutti i presenti si accalcarono sulla porta d’uscita,
andandosene velocemente, compreso i giudici.
‘’Bene. Illustratemi la questione, allora’’, disse Tim, con
ritrovata pazienza. Ora aveva quasi voglia di ringraziarle quelle guardie, che
l’avevano salvato da ore di noia.
‘’Passerò subito al dunque. Gli Sconosciuti, prima di
attraversare il Grande deserto, ci hanno lasciato un dono per lei, Sire. Un
dono importante, di cui lei farà sicuramente buon uso’’, disse la guardia, ghignando.
Tim comprese che doveva essere qualcuno da condannare a morte. Le guardie
assumevano quel ghigno quando era ora di sopprimere qualcuno, e a volte trovavano il tutto molto divertente.
‘’Va bene. E di che si tratta?’’, chiese nuovamente
l’imperatore, incuriosito.
‘’Di una creatura da
arrostire, Sire. Della più grande traditrice dell’impero. La sgualdrina gravida
del Gran re degli Sconosciuti’’, disse, con tono pacato la guardia.
‘’Interessante. E come la vorreste, quindi? Vederla bruciare
in un rogo pubblico, come tutti i traditori? Uhm, potrebbe essere un’idea.
Mostratemela’’, continuò a dire Tim, sempre più curioso. La guardia sorrise, e
fece cenno alle altre di entrare nella sala.
Altre due guardie si fecero avanti, trascinando una figura
femminile, che pareva addormentata. La lunga chioma castana ricadeva sul suo
volto, tutta sudicia.
Quando furono di fronte all’imperatore, le guardie le
tirarono due rapidi e dolorosi schiaffi. La donna sussultò, si svegliò e tirò
su il volto.
E fu solo allora che, nonostante il sudiciume che la
ricopriva, Tim fu in grado di riconoscerla.
‘’Ilse!’’, disse l’imperatore ad alta voce, trasalendo.
La ragazza lo guardò, con i suoi occhi penetranti.
Era proprio lei, la ragazza che aveva cercato a lungo e che
aveva creduto morta. Era proprio la sua Ilse, e lui l’aveva ritrovata.
NOTA DELL’AUTORE
Ciao a tutti, e grazie J
Vi ho sorpresi un po’ eh? Ahah no dai avevo già lasciato
indizi su ciò che sarebbe accaduto. E ora che succederà? Ilse arrostirà,
oppure….beh, lo vedremo sabato, quando pubblicherò l’ultimo capitolo e
l’epilogo di questa immensa storia J
Spero che fin qui tutto torni. Spero veramente di essere
riuscito a sorprendervi durante la storia, e di non avervi offerto nulla di
banale o scontato. Ma le mie conclusioni le lascio per sabato J
Grazie ancora a tutti coloro che mi hanno seguito in questo
lungo viaggio, che sta per terminare, purtroppo… ma ho una sorpresa per tutti
voi lettori(spero vi piaccia) che vi rivelerò solo sabato J
Per ora, grazie ancora J a sabato, per il gran finale J