“Se
non
ricordi che Amore t'abbia mai fatto commettere la più
piccola follia, allora
non hai amato.”
-Shakespeare
POV GINEVRA:
15 MINUTI
PRIMA
-Mi fai il
solletico- risi come una bambina pestifera
-Shh ,o ci
sentiranno- lui era più divertito di me
-Se ci
scoprono ci sospendono- sussurrai
ridendo…sapevo che era sbagliato, ma infrangere le regole mi
eccitava
soprattutto se ero con Riccardo
-In passato
non mi hanno mai scoperto- cosa?!
-Sei stato
qui con altre ragazze?- mi alzai in fretta infuriata e prendendo la
maglietta
finita su uno scaffale urtai il secchio con la scopa
-Piccola
scherzavo- rise e mi prese di nuovo su di se
-Stupido- gli tirai un pugno sul
petto e poi
continuammo a baciarci rotolandoci
nel
nido di coperte fatto da lui. Io in reggiseno e lui senza maglietta,
era
praticamente spalmato su di me intento a sfilarmi i jeans quando una chiave
girò nella toppa e la porta
si spalancò sotto gli sguardi esterrefatti della bidella e
della nostra
professoressa di inglese e i nostri invece scioccati.
Ora vi
starete domandando, dove sono questi due pazzi e cosa hanno combinato
questa
volta? Be non so se la risposta vi piacerà ma di certo non
sono la tipica
ragazza perfettina che a scuola si comporta sempre garbatamente e
infatti ero
nello sgabuzzino del secondo piano con Riccardo; il professore di
italiano era assente
perciò dato che avevamo
le ultime due ore di supplenza e dato anche
che la nostra supplente è una professoressa anziana e mezza
cieca, avevamo
preferito sgattaiolare via e rifugiarci lì, e ovviamente lei
non si era accorta
della nostra assenza e noi ci stavamo divertendo finché
quella bidella acida
aveva aperta la porta e ci aveva beccati sul fatto con la nostra prof
di
inglese.
ORA
L’ufficio
era spazioso e semplice, di fronte a noi c’era una grande
vetrata che mostrava
la strada davanti il liceo; le pareti erano quasi del tutto spoglie ad
eccezione di qualche vecchia foto, gli scaffali invece erano colmi di
libri di
ogni genere ordinati in una maniera a dir poco maniacale. La scrivania
ampia e
pulita era ricoperta di documenti e fogli mentre sull’angolo
c’era un vecchio
computer acceso e un telefono dal quale la giovane preside ascoltava e
rispondeva, lanciandoci ogni tanto degli sguardi indagatrici. Da quando
avevo
messo piede in quella scuola, la preside(una donna alta e magra come un
grissino) mi era
subita stata antipatica:
sembrava una di quelle donne giovani che volevano rivoluzionare tutto e
trasformare la scuola in un campo di addestramento rigido e privo di
ogni forma
di divertimento. All’apparenza sembrava docile e gentile ma
riusciva a farti
tacere con un solo sguardo; mise giù il telefono, congiunse
le mani e alzò
lenta lo sguardo su Riccardo con i suoi occhialetti neri.
- Riccardo,
da te non me lo sarei mai aspettata- osservò un foglio e
proseguì
-Hai un
ottima media scolastica, i professori non fanno altro che lodi e anche
io so
che ti sei distinto per la tua bravura durante la tua permanenza in
questo
istituto-
-Preside so
di aver sbagliato, Ginevra però non c’entra niente
la colpa è mia- lo guardai
dolce ma mi intromisi
-No invece
la colpa è mia- lui mi guardò implorandomi con lo
sguardo di stare zitta
-Smettetela,
la colpa è di entrambi…avete tenuto un
comportamento scorretto e dovreste
essere sospesi ma per questa volta chiuderò un occhio
perché è il vostro ultimo
anno e siete entrambi due ottimi allievi- disse con il tono arrogante
-Grazie
mille- rispondemmo entrambi
-Ora filate
in classe e comportatevi decentemente-il
tono era severo eppure notai una nota di divertimento nel
suo viso,
sorrisi tra me e me pensando a quella donna stramba e ordinata.
Rientrammo
in classe sotto gli sguardi maliziosi e le risatine dei nostri compagni e andammo a sederci sui
banchi in fondo, dove
era in corso un dibattito sulle vacanze estive: tutti sognavano da
tempo il
famoso viaggio da fare dopo gli esami e c’erano alcuni come Christian o Veronica
che stavano risparmiando
soldi da un anno o più per potersi divertire senza pesare
sulle spalle dei
genitori; la meta però suscitava ancora abbastanza problemi
perché da quello
che mi aveva raccontato Alice, volevano organizzare un'unica vacanza e
partire
tutti insieme. Io ero subito scoppiata a ridere perché in
tutto nella classe
siamo più di venti e sarebbe una follia riuscire a farli
andare d’accordo.
-Io voglio
andare a Ibiza- gridò Erica
-Anche io-
continuò Emma
-Wow, per
una volta sono d’accordo con lei- intervenne Greta
guardandola storta
-Io concordo
con mia cugina- disse Alessandro
-Perché
non
andiamo a Parigi? E’ piena di boutique ed è una
città così romantica- il tono
sognante di Cat fece ridere tutti
-Ma dai Cat,
la migliore di tutte è Las Vegas: gioco d’azzardo,
alcool e Strip club, che c’è
di meglio?- secondo voi? ovviamente questo è Jacopo
-Vai
così
fratello- Mattia batté il cinque all’amico
-E se
andassimo a Monaco di Baviera?- Veronica adorava le mete culturali, ma
un coro
di “NO” la fece zittire
-Ragazzi
così non troveremo mai una soluzione – tutti si
girarono verso di me
-Allora
piccola, tu che proponi ?- seduta in braccio a lui mi schiarii la voce
-Penso che
dovremmo scegliere quattro mete che ovviamente piacciono anche solo un
po’ a
tutti e scriverle su dei biglietti, poi
sorteggiamo-
-Mi sembra
giusto- convenne Vanessa e tutti annuirono
Mentre
Stefano si era incaricato di cercare un elenco di località
per proporcele e poi
sceglierne quattro, io e Riccardo continuavamo a stuzzicarci come due
bambini:
mi tirava verso di sé prendendomi dai passanti del jeans
facendomi il solletico
e io per ripicca mi strusciavo su di lui e mi mordevo il labbro sapendo
di
farlo impazzire.
-Potete
affittare una stanza d’albergo- commentò acida
Erica
-Ma sono
già
tutte prenotate da te-
-E con
questo che vorresti dire?- si alzò infuriata mentre Riccardo
la fulminò con lo
sguardo
-Dico solo che
ti fai un ragazzo diverso a sera: dev’essere
molto…impegnativo- la provocai
-Tu
brutta..- mi si stava per scagliare contro e Alessandro la
afferrò
-Smettila,
non fare la bambina- gli altri non si intromisero ma stavano osservando
tutto
curiosi
-Lasciami!-
si ricompose in fretta e fece un sorriso strano
-In effetti
Ginevra hai ragione: è impegnativo andare ogni sera a letto
con un ragazzo
diverso…- non sapevo dove voleva andare
a parare e continuò
-Soprattutto
andare a letto con il tuo ragazzo- restarono tutti paralizzati; sapevo
che si
riferiva ai primi giorni di scuola in cui io e lui (ovvero la finta
coppia) ci
eravamo litigati ma faceva comunque male sapere che il ragazzo che ami
è stato
con una ragazza che odi e che farebbe di tutto per umiliarti di fronte
agli
altri: ed ero così che mi sentivo adesso. E anche tutti gli
sguardi su di me
non contribuivano a farmi sentire meglio.
-Gin
è stato
all’inizio che ci siamo conosciuti, lo giuro-leggevo nei suoi
occhi la paura di
perdermi
-Lo so
tranquillo- ricambiai il suo abbraccio che mi fece sentire una leonessa
pronta
a difendere il suo territorio e proprio quando stavo per parlare,
Riccardo mi
anticipò.
-E’
stato
molto tempo fa quando io e lei non stavamo ancora insieme e mi dispiace
dirtelo
Erica, ma per me è stato solo sesso, io ho sempre amato e
continuerò ad amare
Ginevra- affermò guardandola duro
-Sei solo
uno stronzo- si girò e andò a sedersi con Emma ai
primi banchi, gli altri
invece fecero finta di non aver visto niente e ripresero a parlare tra loro.
-Ehi…mi
credi vero?- mi prese il mento tra le dita e mi fissò incerto
-Ma certo
amore- risi e lo baciai
Dieci minuti
dopo avevano finalmente scelto le quattro mete tra cui sorteggiare:
Ibiza, che
piaceva a molti, Mykonos in Grecia, Madrid e per finire San Diego in
California. Ovviamente per un appassionata viaggiatrice come me, ogni
meta va
bene, e ho
l’imbarazzo della scelta.
-Chi vuole
sorteggiare?- Stefano mischiò i quattro bigliettini nel mio
cappello e mi
guardò
-Scordatelo
che mi alzo- ero appollaiata su Riccardo
- Sempre la
solita, faccio io- si fece avanti
Alice
ridendo, estrasse il bigliettino e lo aprì: eravamo tutti
col fiato sospeso
finché non lo girò verso di noi.
-Arriviamo
San Diego!!- gridò Jacopo felice che la città
fosse vicina a Las Vegas e tutti
gridarono con lui felici.
-Ho sempre
sognato di andare in California- ero al settimo cielo e mentre
pensavamo già a
cosa mettere in valigia suonò finalmente la campanella di
fine lezioni.
Scendemmo le scale in fretta prima di essere travolti dai ragazzini di
primi
anno e andammo dritti verso la moto di Riccardo, quella mattina infatti
avevo
deciso di lasciare la mia Suz a casa; salii dietro di lui e lo strinsi
forte
sorridendo nello specchietto. E mentre sfrecciavamo per le strade,
diretti a
casa, pensai che era proprio vero-nessuno si salva da solo- e lui aveva
salvato
me o forse ci eravamo salvati a vicenda. E fu in quel preciso momento
che mi
venne un idea.
POV
RICCARDO:
Da
quando eravamo arrivati a casa, Ginevra
aveva uno strano sorriso: un misto tra –sono super felice- e
–ho fatto un
guaio- che mi preoccupava non poco; ero contento di vederla felice ma
avevo
imparato a conoscerla in tutto questo tempo e sapevo per certo che
aveva
combinato qualcosa. Stava lavando i piatti quando le arrivai alle
spalle e la
circondai con le braccia, facendola ridere.
-Mi stavi
facendo scivolare il piatto- si girò col piatto gocciolante
in mano
-Scusa,
piccola-
-Comunque
devi dirmi qualcosa?- si fece subito sospettosa e capii che avevo
ragione:
stava tramando qualcosa
-Niente
perché?-
-Mi sembri
strana-
-Ok, ho una
sorpresa per te ma non ti dirò altro- fece il gesto come per
cucire le labbra e
sorrise
-Anche io ho
una sorpresa per te- avevo prenotato in un bellissimo ristorante
-Davvero?
Che sorpresa?- si asciugò subito le mani e mi si
attaccò addosso come un panda
-Se te lo
dicessi dovrei ucciderti-
-Oh che
paura…-
*
-Dovresti
averne- e iniziai a farle il solletico
-Così
non
vale però- corse in soggiorno e saltò su Andrea
che era seduto sul divano
-Andy
salvami tu-
-Eh no Gin,
io non c’entro- la spinse verso di me ridendo e
l’afferrai al volo portandola
come un sacco sulle spalle
POV GINEVRA:
-Mettimi
giù!- non
riuscivo a girare abbastanza
il collo ma sapevo che stava sorridendo
-Mmh.-
-Mmh? Come
sarebbe “mmh”? Non sai dire altro? Sembri un
cavernicolo- sbuffai irritata
-Cavernicolo-
ripeté lui
-Sei
irritante-
-Io
Riccardo, tu Ginevra-
-Uffa!- ma
non riuscii a trattenere il sorriso
-Siete due
pazzi- Alice ci sorrise prima che il mio pazzo chiuse la porta della
camera
Ora eravamo
faccia a faccia e dovevo dirgli cosa avevo intenzione di fare e speravo
che
accettasse:
-Allora, non
sono molto brava con le parole, è meglio se vado dritta al
punto- mi osservò
divertito
-E quale
sarebbe il punto?-
-Vorrei fare
un tatuaggio e vorrei che lo facessi anche tu-
-Com’è
questo tatuaggio?-
-E’
una
sorpresa-
-Quindi
dovrei venire con te e fare un tatuaggio senza guardare
cos’è?- e se mi dice di
no?
-Si- dissi
incerta
-Certo che
lo faccio, piccola- alzai di scatto la testa e lo abbracciai
-Grazie,
grazie, grazie-
Ero seduta
con le gambe accavallate su
una
poltroncina nera e accanto a me c’era Riccardo che mi
osservava sorridente; la
sala era piena di foto di tatuaggi e disegni vari e con tutti i colori
che
c’erano mi stava per venire mal di testa, anche se ero
leggermente nervosa per
la ragazza dietro al bancone che continuava a lanciare sguardi
ammiccanti al
MIO ragazzo. Mi stavo alzando per dirgliene quattro quando Fabrizio, il
tatuatore, ci venne incontro e ci fece cenno di seguirlo. Era un
ragazzo
particolare: ogni superfice del suo corpo era ricoperta di tatuaggi di
ogni
genere, aveva un paio di piercing alle sopracciglia e i capelli rasta.
Era un
ragazzo bravissimo e simpaticissimo che mi aveva presentato Greta un
paio di
settimane prima, quando era andata a tatuarsi un’aquila sulla
spalla.
-Allora, chi
è il primo?-
-Inizia lui-
spinsi Riccardo
Il tatuaggio
avevo scelto di farlo poco sotto la clavicola
e nonostante le numerose proteste di Riccardo, ero
riuscita a
convincerlo che
l’avrebbe visto solo
alla fine, anche perché non ci voleva molto: era solo
questione di minuti.
-Bambolina
ora tocca a te- Riccardo guardò Fabrizio gelido
-Sono tutta
tua- risi a Riccardo e prima di distendermi sul lettino iniziai a
sfilare il
maglioncino
-Che fai?-
mi bloccò la mano
-Levo il
maglione, come tu ti sei tolto la maglietta-
-Tu non
rimani in reggiseno davanti a questo qui- indicò Fabrizio
che ci osservava
divertito
-Richi, lui
è fidanzato, non essere geloso-
-E’
proprio
necessario toglierlo?-
-Se non lo
tolgo, non riesce a lavorare- dissi esasperata
-D’accordo-
sbuffò
Fabrizio
iniziò
a incidere la mia pelle e Riccardo di fianco a me guardava attento ogni
sua
singola mossa e fulminandolo quando mi osservava troppo a lungo, e
tutto questo
mi metteva agitazione perché avevo paura che facesse una
scenata; pian piano
però la gelosia si attenuò e la sua attenzione
venne attirata dalla scritta
quasi terminata sul mio petto.
-La mia
opera d’arte è finita- esclamò Fabrizio
e il volto di Riccardo si illuminò
Mi alzai
tutta elettrizzata e trascinai per mano Riccardo verso il grande
specchio accanto
alla porta e dopo esserci posizionati davanti sorridemmo come due
cretini:
entrambi ora avevamo la scritta –Serva
me. Servabo te- (frase latina che vuol dire: salvami, ti
salverò) e la cosa più
bella era che al posto della “o” di “
Servabo” avevo fatto mettere un cuore:
sul mio tatuaggio all’interno del cuore c’era la
“R” di Riccardo mentre sul suo
tatuaggio c’era la “G”. Quando mi era
venuta l’idea del tatuaggio ero
contentissima ma
avevo paura che forse
era un passo esagerato, tatuarsi le iniziali.
-Ti piace?-
si giro e mi diede un bacio sensazionale, che mi lasciò
senza fiato
-E’
bellissimo- mi fece rimettere la maglia
-Sono felice
che ti piaccia- presi il portafoglio dalla borsa e mi diressi verso la
ragazza
antipatica a cui dovevo dare i soldi
-Ferma, pago
io- Riccardo mi anticipò
-Che??
Scordatelo!- odiavo quando le persone mi offrivano le cose
-No,
piccola, pago io-
-E sentiamo,
perché dovresti pagare tu?- incrociai le braccia e lo fissai
-Perché
sono
il tuo ragazzo e voglio occuparmi di te-
-Amore
è
molto dolce, davvero, ma non ho ottant’anni e non ho bisogno
che tu mi faccia
da badante né da banca personale-
-Perché
fai
la difficile?-
-Non sono
difficile, è una questione di principio-
-Principio?-
-Si
amor..- ma non
riuscii a terminare la
frase che mi prese di nuovo sulla schiena e pagò mentre lo
prendevo a pugni
infuriata
-Brutto
imbroglione-
Dopo
aver pagato ce ne andammo: in teoria il
tatuaggio era un mio regalo per lui ma voleva pagare e così
era scoppiata una
discussione che si era conclusa subito a casa con una battaglia di
cuscini e,
ahimè, il
televisore a schermo piatto
del soggiorno in frantumi.
-E’
stata
tutta colpa tua- puntai
il dito contro
Riccardo
-Mia? Sei tu
che sei finita contro la tv e l’hai fatta cadere- intanto
raccoglievamo i cocci
-Certo,
perché tu mi hai lanciato un cuscino e ho perso
l’equilibrio-
-Ok, ma tu
hai iniziato a lanciarmeli-
- E tu hai
voluto pagare i tatuaggi- dissi acida
-Facciamo la
pace?- mi fece un sorriso sexy e gli scoccai un bacio
-Certo amore,
ma come facciamo con la tv? Alice stavolta ci sfratta- forse soffriamo
entrambi
di bipolarismo, siamo due pazzi
-Vado a
comprarne una nuova, tu intanto vestiti, stasera si esce- lo guardai
interrogativa
-Dove
andiamo?-
-E’
una
sorpresa-
-Ma se non
mi dici dove andiamo, non so come vestirmi-
-Metti un
vestito- mi diede un rapido bacio e uscì
Ero in piena
crisi: i vestiti e le scarpe erano sparpagliati per tutta la stanza e
non
sapevo cosa mettere, ogni cosa che indossavo mi sembrava sbagliata. In
situazioni
come queste c’è sempre Alice che in due minuti mi
sistema sul letto il completo
perfetto ma quella sera era fuori con Andrea e tra il telefono che
squillava, i
minuti che scorrevano veloci e Goose che abbaiava e saltava, stavo
davvero
impazzendo. Decisi di fare un bel respiro e sistemare una cosa alla
volta:
prima di tutto andai a mettere i croccantini a Goose e mi chiusi in
camera per
evitare che tornasse, poi mandai un messaggio ad Emiliano per avvisarlo
che lo
avrei chiamato il giorno dopo e infine tornai davanti al letto chiusi
gli occhi
e scelsi a caso un vestito. Era un vestito verde smeraldo di chiffon
corto,
stretto in vita e con dei ricami dorati, abbinai i tacchi neri e la
pochette e
iniziai a vestirmi con la musica della radio a tutto volume; mentre mi
truccavo
partì una delle canzoni
del momento di
cui mi ero innamorata (“Up” di Olly murs e Demi
lovato) e iniziai a
canticchiare:
- I never meant to break your
heart
Now I won’t let this plane go down
I never meant to make you cry
I’ll do what it takes to make this fly-
Come un
flashback però mi venne in mente il momento in cui Riccardo
mi aveva lasciata,
era stata tutta colpa mia e mi sentivo persa senza di lui ma nonostante
tutto
come dice la canzone avevo lottato per il nostro amore e non avevo
permesso che
tutto andasse perduto: gli occhi mi divennero lucidi.
-Sei
pronta?- Riccardo era sulla porta
-Piccola
perché stai piangendo?- mi venne incontro e mi
asciugò le lacrime
-Questa
canzone…- tra le lacrime scoppiai a ridere
-E ora
ridi?-
-Ho pensato
a quando ci siamo lasciati ma ora siamo insieme-
-Già,
sono
stato uno stupido, ma non ci lasceremo più, te lo prometto-
quell’abbraccio fu
come una medicina, mi sentivo al sicuro come se niente potesse farmi
del male o
potesse allontanare la mia felicità, era strano dipendere da
qualcuno ,ma era
anche bello sapere che nonostante tutto lui ci sarebbe stato per me e
io ci
sarei stata per lui.
-Andiamo?-
mi asciugai gli occhi
-Sono
curiosa di vedere la sorpresa- sorrisi e lo trascinai al piano di sotto
e poi
fuori, diretti verso una meta sconosciuta
Il
nervosismo non mi faceva stare ferma e durante quei venti minuti di
macchina
che parvero interminabili avevo cambiato
quattro cd, acceso e spento il climatizzatore per due
volte e avevo
anche giocato con le leva del sedile rischiando di spezzarmi un dito
quando si
era abbassato di scatto; per di più Riccardo sembrava
divertito di ogni guaio
che combinavo. Ci trovavamo fuori città quando
iniziò a rallentare; un insegna
al neon catturò la nostra attenzione e dopo aver svoltato ci
trovammo in un
parcheggio di ghiaia. Parcheggiò accanto ad una quercia e
dopo avermi sorriso
scese e lo seguii:
-Ma dove
siamo?- dietro l’immensa siepe del parcheggio si intravedeva
un casolare in
pietra con il tetto in legno
-E’ un
ristorante-
-Che bello,
ho voglia di una pizza alla diavola- si fermò e
scoppiò a ridere
-Che
c’è?
Perché ridi?- eravamo fermi davanti all’entrata
-Sei
imprevedibile e speciale- poi continuò
-Di solito
quando con le altre ragazze della classe andavamo in un ristorante,
loro
chiedevano sempre piatti particolari e raffinati-
-Sono
diversa dalle altre-
-Questo
l’ho
capito fin dall’inizio- mi prese la mano e mi
trascinò dentro; era tutto molto
elegante e aveva un atmosfera romantica, ma invece di fermarsi ad uno
dei tanti
tavoli vuoti mi condusse ad una porta che portava
all’esterno: c’era un
bellissimo prato inglese.
-Noi
ceneremo lì- indicò un punto sulla destra e per
poco non saltai dalla gioia:
c’era un laghetto artificiale e al centro un gazebo tondo in
legno e vetro e
per arrivarci c’era una passerella in legno.
-Non ci
credo!- mi misi a correre come una bambina tirandolo per la manica e
appena
spalancai la porta in vetro saltai allegra: il tavolo apparecchiato era
cosparso di petali rossi, le candele galleggianti nella bacinella
emanavano un
profumo di frutti di bosco e una
scatolina blu era in bella vista in un piatto.
-Ti conosco
e so che è un po’ troppo romantico ma mi sei
mancata e volevo dimostrarti
quanto ti amo- lo strinsi forte e lo baciai lenta
-E’
perfetto-
-Allora,
prego signorina- mi spostò la sedia per farmi sedere e risi
-Grazie
signore, troppo gentile- guardando la scatolina mi prese subito il
panico
-Non vorrai
mica chiedermi di sposarti vero?- rise per la mia espressione
terrorizzata
-No
tranquilla, aprilo- lo aprii e lo guardai a bocca aperta
-Non
dirò
più niente ad Alice-
-Però
ti
piace- me lo infilò e lo guardai incantata: aveva un
diamante nero al centro e
poi due file di diamantini neri ai lati, avevo sempre sognato un
diamante nero
di Tiffany anche se era solo un sogno di una bambina che voleva trovare
il suo
principe azzurro.
-Si da
impazzire, ma è troppo-
chissà quanto
aveva speso…
-I soldi non
sono un problema lo sai- mi baciò la mano e poi fece cenno
al cameriere che
stava fuori, di entrare
-Cosa posso
portare ai signori?- ci domando col taccuino in mano
-Una diavola
e una capricciosa-
-Vuoi
qualcos’ altro?- si rivolse a me
-Le patatine
con il ketchup e la coca cola-
-Ci porti
due porzioni grandi di patatine fritte e una bottiglia di coca cola per
favore-
chiese Riccardo
-Arrivano
subito e il signor Alfredo vi porge i suoi saluti- disse il cameriere
che
subito uscì
-Chi
è
Alfredo?-
-Il
proprietario del locale, è un amico di famiglia-
spiegò Riccardo
-D’accordo,
stavo pensando… e se facessimo un gioco?- volevo fare in
modo che capisse ogni
cosa di me, anche gli atteggiamenti che a volte sembravano senza senso
e forse
delle domande bastavano a chiarire tutto
-Che gioco?-
-Non
è un
vero e proprio gioco, è più un quiz: ci facciamo
delle domande a vicenda e
rispondiamo sinceri senza pensare-
-Qualsiasi
domanda?- chiese furbo
-Si-
-Bene, parto
io: Vuoi sposarmi?- scoppiai a ridere
-Certo che
si, perché non prenotiamo dei biglietti a andiamo a sposarci
a Las Vegas? Ho
sempre sognato di farmi sposare da Elvis- gli feci la linguaccia
-Bella idea,
tocca a te-
-Mmh…dolce
o
salato?- era una domanda stupida lo so
-Non saprei,
tu però sei il mio dolce preferito- rispose malizioso e
iniziai a sentire caldo
-Molto
simp…-
-Scusate,
ecco a voi e buon appetito- ero così concentrata su Riccardo
che non mi ero
nemmeno accorta dei camerieri che erano entrati con pizze, bibite e
patatine;
posarono tutto in fretta e ordinatamente e uscirono in fila chiudendosi
la
porta alle spalle.
-Non sono mai
stata servita così in fretta…amo questo
ristorante- il profumo della pizza mi
fece brontolare lo stomaco e ringraziai mentalmente gli addetti alla
cucina che
la avevano già tagliata a fette
-Anche io lo
amo e cucinano in una maniera impeccabile- addentò le
patatine osservandomi
-Confermo-
la pizza era squisita
-Ora a te-
-Hai sempre
detto che prima eri una ragazza diversa, esagerata…hai mai
preso droghe o
fumato marijuana?- sussurrò indeciso
-Si
l’ho
fumata e purtroppo ho anche preso delle droghe
ad una festa, mi ricordo che delle mie amiche mi hanno
portata in bagno
e mi hanno fatto aspirare della polverina bianca, ma è
successo solo una volta-
-Adesso una
domanda semplice, come lo vedi il tuo futuro?- avevo un po’
paura di sapere la
sua risposta
-Non saprei,
forse sarò un medico o un uomo d’affari come mio
padre, nel mio futuro però ci
sei anche tu-
-Ti
stancherai di me prima o poi-
-No piccola,
non mi stancherò mai del tuo sorriso, dei tuoi occhi, del
tuo carattere testardo
che mi fa impazzire, dei tuoi baci…non
mi stancherò mai di te- mi guardò serio
-Ne
riparleremo tra sessant’anni- risi io
-Non vedo
l’ora-
Divorai la
pizza e le patatine con estrema lentezza perché amavo cenare
in quel posto e
poi avevo un mucchio di domande da fare a Riccardo: non ero mai stata
una
ragazza loquace eppure quella sera non riuscivo a tenere la bocca
chiusa. Il
tempo sembrava essersi congelato e mi sentivo protetta in quella cupola
di
vetro con lui: la persona che amavo. Eppure una lontana parte di me
stessa che
avevo messo a tacere, aveva paura del futuro. E se si fosse davvero
stancato di
me? Se qualcosa o qualcuno me l’avesse
portato via?
-Fanno anche
un ottima Sacher –
-Cosa?- come
al solito mi ero persa nei miei pensieri
-Che dolce
vuoi? Io amo la sacher-
-Mi va bene
la sacher- ordinò ai camerieri venuti a prendere i piatti e
poi mi osservò
-A che
pensi?-
-Penso che
ti amo e non vedo l’ora che arrivi il dolce perché
ho voglia di fare l’amore
con te- era facile essere sincera con lui
-La mia
principessina acida è diventata provocatrice- sorrise furbo
e si passò la mano
tra i capelli: riusciva ad accendere ogni singola parte del mio corpo
-Non farlo-
mi disse
-Cosa?-
-Non
morderti il labbro, lo sai- la sua voce roca mi mandò il
sangue in ebollizione:
era come avere un
falò nello stomaco
-Possiamo
farci impacchettare il dolce?-
-Ottima idea
piccola- si alzò e mi prese per mano; uscimmo dalla cupola
di vetro e osservai
il laghetto immobile e il prato verde, quel posto era incantevole e ci
sarei
tornata. Riccardo parlò con il cameriere e dopo aver preso
una scatola bianca
con il logo nero, andammo nel parcheggio. Eravamo quasi a marzo e fuori
faceva
abbastanza freddo ma non lo sentivo, perché troppo distratta
dalla mano calda di
Riccardo che mi spingeva all’interno
della macchina. Sperai di arrivare presto a casa, e potevo sembrare una
ninfomane, ma non me ne importava.
-Mangia-
Riccardo mi porse lo scatolo del dolce con una mano mentre con
l’altra guidava
-Non fare
quella faccia, ho visto come guardavi la scatola, e so che il profumo
del
cioccolato è irresistibile per te- eravamo al buio come
aveva fatto a notare il
mio sguardo?
-Sbruffone- gli
feci la linguaccia e iniziai a mangiare
-Golosona-
Arrivati a
casa, parcheggiò e prima di scendere mi guardai il vestito:
ero ricoperta di
briciole di cioccolata e la bocca sembrava un opera d’arte.
Riccardo vedendomi
scoppiò a ridere e mi trascinò dentro casa in
braccio tra le mie proteste.
-Aspettami
in camera, devo fare una cosa-
-Mi devo
preoccupare?- chiese divertito
-No amore
tranquillo- feci il miglior sorriso che avevo e mi avviai verso la
camera di
Alice e Andrea che sicuramente stavano dormendo; mentre aprivo la porta
sentii
Riccardo sussurrare un “Poverini”. Mi buttai sul
loro letto mentre erano
addormentati e dopo aver preso fiato gridai:
-Ali, Andy-
saltarono spaventati
-Ginevra,
che succede?-
-Guardate-
mostrai l’anello sorridente e loro mi lanciarono un sguardo a
metà tra il “vogliamo
ucciderti” e “cosa abbiamo fatto di male?”
-Tesoro
è
bellissimo ma ne parliamo domani perché
siamo distrutti-
sussurrò Alice
-D’accordo,
buonanotte ragazzi- uscii in punta di piedi ed entrai nella mia camera
dove
trovai Riccardo disteso sul letto con addosso solo i boxer e il cuore
salì a
mille
-Tu sai come
farmi venire un infarto- mi sfilai l’abito e mi voltai verso
di lui in
biancheria intima
-E tu sai
come farmi impazzire- mi buttò sul letto e spense la luce
ANGOLO
AUTRICE:
Cari lettori
e lettrici amo sempre di più i miei due pazzi preferiti,
spero anche voi, e non
so come farò quando questa storia finirà :( Cosa
ne pensate di questo capitolo?
E’ troppo mieloso? Se volete dirmi il vostro parere, lasciate
una recensione, mi
farebbe molto piacere :D
Ps.
“Principessina
acida” è il soprannome che è stato dato
alla mia migliore amica dal suo
fidanzato ( Giulietta, il tuo Romeo è proprio dolce)