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Autore: Blackshadow90    19/02/2015    2 recensioni
Ginevra:una cicatrice e un tatuaggio che le ricordano sempre il passato.
Riccardo:arrogante e sexy, vuole a tutti i costi scoprire i suoi segreti.
Cosa lega questi due ragazzi?Le gare di moto,la scuola,ma soprattutto la casa che condividono con due amici.
Dal cap. 6:
-E se facessimo una gara?-disse Riccardo,amavo le sfide,non dicevo mai no.
-Una gara?-chiesi interessata
-Si:se vinci tu ,ti lascerò in pace,promesso,ma se vinco io...-lasciò la frase in sospeso.
-Se vinci tu,invece?-
-Quando vincerò allora ti dirò cosa voglio-era fin troppo presuntuoso.
-Affare fatto-amavo giocare con il fuoco.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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“Se non ricordi che Amore t'abbia mai fatto commettere la più piccola follia, allora non hai amato.”

                                                                                                                               -Shakespeare

POV GINEVRA:

15 MINUTI PRIMA

-Mi fai il solletico- risi come una bambina pestifera

-Shh ,o ci sentiranno- lui era più divertito di me

-Se ci scoprono ci sospendono-  sussurrai ridendo…sapevo che era sbagliato, ma infrangere le regole mi eccitava soprattutto se ero con Riccardo

-In passato non mi hanno mai scoperto- cosa?!

-Sei stato qui con altre ragazze?- mi alzai in fretta infuriata e prendendo la maglietta finita su uno scaffale urtai il secchio con la scopa

-Piccola scherzavo- rise e mi prese di nuovo su di se

-Stupido-  gli tirai un pugno sul petto e poi continuammo a baciarci  rotolandoci nel nido di coperte fatto da lui. Io in reggiseno e lui senza maglietta, era praticamente spalmato su di me intento a sfilarmi i jeans  quando una chiave girò nella toppa e la porta si spalancò sotto gli sguardi esterrefatti della bidella e della nostra professoressa di inglese e i nostri invece scioccati.

Ora vi starete domandando, dove sono questi due pazzi e cosa hanno combinato questa volta? Be non so se la risposta vi piacerà ma di certo non sono la tipica ragazza perfettina che a scuola si comporta sempre garbatamente e infatti ero nello sgabuzzino del secondo piano con Riccardo; il professore di italiano era  assente perciò dato che avevamo  le ultime due ore di supplenza e dato anche che la nostra supplente è una professoressa anziana e mezza cieca, avevamo preferito sgattaiolare via e rifugiarci lì, e ovviamente lei non si era accorta della nostra assenza e noi ci stavamo divertendo finché quella bidella acida aveva aperta la porta e ci aveva beccati sul fatto con la nostra prof di inglese.

ORA

L’ufficio era spazioso e semplice, di fronte a noi c’era una grande vetrata che mostrava la strada davanti il liceo; le pareti erano quasi del tutto spoglie ad eccezione di qualche vecchia foto, gli scaffali invece erano colmi di libri di ogni genere ordinati in una maniera a dir poco maniacale. La scrivania ampia e pulita era ricoperta di documenti e fogli mentre sull’angolo c’era un vecchio computer acceso e un telefono dal quale la giovane preside ascoltava e rispondeva, lanciandoci ogni tanto degli sguardi indagatrici. Da quando avevo messo piede in quella scuola, la preside(una donna alta e magra come un grissino)  mi era subita stata antipatica: sembrava una di quelle donne giovani che volevano rivoluzionare tutto e trasformare la scuola in un campo di addestramento rigido e privo di ogni forma di divertimento. All’apparenza sembrava docile e gentile ma riusciva a farti tacere con un solo sguardo; mise giù il telefono, congiunse le mani e alzò lenta lo sguardo su Riccardo con i suoi occhialetti neri.

- Riccardo, da te non me lo sarei mai aspettata- osservò un foglio e proseguì

-Hai un ottima media scolastica, i professori non fanno altro che lodi e anche io so che ti sei distinto per la tua bravura durante la tua permanenza in questo istituto-

-Preside so di aver sbagliato, Ginevra però non c’entra niente la colpa è mia- lo guardai dolce ma mi intromisi

-No invece la colpa è mia- lui mi guardò implorandomi con lo sguardo di stare zitta

-Smettetela, la colpa è di entrambi…avete tenuto un comportamento scorretto e dovreste essere sospesi ma per questa volta chiuderò un occhio perché è il vostro ultimo anno e siete entrambi due ottimi allievi- disse con il tono arrogante

-Grazie mille- rispondemmo entrambi

-Ora filate in classe e comportatevi decentemente-il  tono era severo eppure notai una nota di divertimento nel suo viso, sorrisi tra me e me pensando a quella donna stramba e ordinata.

Rientrammo in classe sotto gli sguardi maliziosi e le risatine dei nostri compagni  e andammo a sederci sui banchi in fondo, dove era in corso un dibattito sulle vacanze estive: tutti sognavano da tempo il famoso viaggio da fare dopo gli esami e c’erano alcuni  come Christian o Veronica che stavano risparmiando soldi da un anno o più per potersi divertire senza pesare sulle spalle dei genitori; la meta però suscitava ancora abbastanza problemi perché da quello che mi aveva raccontato Alice, volevano organizzare un'unica vacanza e partire tutti insieme. Io ero subito scoppiata a ridere perché in tutto nella classe siamo più di venti e sarebbe una follia riuscire a farli andare d’accordo.

-Io voglio andare a Ibiza- gridò Erica

-Anche io- continuò Emma

-Wow, per una volta sono d’accordo con lei- intervenne Greta guardandola storta

-Io concordo con mia cugina- disse Alessandro

-Perché non andiamo a Parigi? E’ piena di boutique ed è una città così romantica- il tono sognante di Cat fece ridere tutti

-Ma dai Cat, la migliore di tutte è Las Vegas: gioco d’azzardo, alcool e Strip club, che c’è di meglio?- secondo voi? ovviamente questo è Jacopo

-Vai così fratello- Mattia batté il cinque all’amico

-E se andassimo a Monaco di Baviera?- Veronica adorava le mete culturali, ma un coro di “NO” la fece zittire

-Ragazzi così non troveremo mai una soluzione – tutti si girarono verso di me

-Allora piccola, tu che proponi ?- seduta in braccio a lui mi schiarii la voce

-Penso che dovremmo scegliere quattro mete che ovviamente piacciono anche solo un po’  a tutti e scriverle su dei biglietti, poi sorteggiamo-

-Mi sembra giusto- convenne Vanessa e tutti annuirono

Mentre Stefano si era incaricato di cercare un elenco di località per proporcele e poi sceglierne quattro, io e Riccardo continuavamo a stuzzicarci come due bambini: mi tirava verso di sé prendendomi dai passanti del jeans facendomi il solletico e io per ripicca mi strusciavo su di lui e mi mordevo il labbro sapendo di farlo impazzire.

-Potete affittare una stanza d’albergo- commentò acida Erica

-Ma sono già tutte prenotate da te-

-E con questo che vorresti dire?- si alzò infuriata mentre Riccardo la fulminò con lo sguardo

-Dico solo che ti fai un ragazzo diverso a sera: dev’essere molto…impegnativo- la provocai

-Tu brutta..- mi si stava per scagliare contro e Alessandro la afferrò

-Smettila, non fare la bambina- gli altri non si intromisero ma stavano osservando tutto curiosi

-Lasciami!- si ricompose in fretta e fece un sorriso strano

-In effetti Ginevra hai ragione: è impegnativo andare ogni sera a letto con un ragazzo diverso…- non sapevo dove voleva andare  a parare e continuò

-Soprattutto andare a letto con il tuo ragazzo- restarono tutti paralizzati; sapevo che si riferiva ai primi giorni di scuola in cui io e lui (ovvero la finta coppia) ci eravamo litigati ma faceva comunque male sapere che il ragazzo che ami è stato con una ragazza che odi e che farebbe di tutto per umiliarti di fronte agli altri: ed ero così che mi sentivo adesso. E anche tutti gli sguardi su di me non contribuivano a farmi sentire meglio.

-Gin è stato all’inizio che ci siamo conosciuti, lo giuro-leggevo nei suoi occhi la paura di perdermi

-Lo so tranquillo- ricambiai il suo abbraccio che mi fece sentire una leonessa pronta a difendere il suo territorio e proprio quando stavo per parlare, Riccardo mi anticipò.

-E’ stato molto tempo fa quando io e lei non stavamo ancora insieme e mi dispiace dirtelo Erica, ma per me è stato solo sesso, io ho sempre amato e continuerò ad amare Ginevra- affermò guardandola duro

-Sei solo uno stronzo- si girò e andò a sedersi con Emma ai primi banchi, gli altri invece fecero finta di non aver visto niente e ripresero a parlare  tra loro.

-Ehi…mi credi vero?- mi prese il mento tra le dita e mi fissò incerto

-Ma certo amore- risi e lo baciai

Dieci minuti dopo avevano finalmente scelto le quattro mete tra cui sorteggiare: Ibiza, che piaceva a molti, Mykonos in Grecia, Madrid e per finire San Diego in California. Ovviamente per un appassionata viaggiatrice come me, ogni meta va bene,  e ho l’imbarazzo della scelta.

-Chi vuole sorteggiare?- Stefano mischiò i quattro bigliettini nel mio cappello e mi guardò

-Scordatelo che mi alzo- ero appollaiata su Riccardo

- Sempre la solita, faccio io- si fece avanti  Alice ridendo, estrasse il bigliettino e lo aprì: eravamo tutti col fiato sospeso finché non lo girò verso di noi.

-Arriviamo San Diego!!- gridò Jacopo felice che la città fosse vicina a Las Vegas e tutti gridarono con lui felici.

-Ho sempre sognato di andare in California- ero al settimo cielo e mentre pensavamo già a cosa mettere in valigia suonò finalmente la campanella di fine lezioni. Scendemmo le scale in fretta prima di essere travolti dai ragazzini di primi anno e andammo dritti verso la moto di Riccardo, quella mattina infatti avevo deciso di lasciare la mia Suz a casa; salii dietro di lui e lo strinsi forte sorridendo nello specchietto. E mentre sfrecciavamo per le strade, diretti a casa, pensai che era proprio vero-nessuno si salva da solo- e lui aveva salvato me o forse ci eravamo salvati a vicenda. E fu in quel preciso momento che mi venne un idea.

POV RICCARDO:

 Da quando eravamo arrivati a casa, Ginevra aveva uno strano sorriso: un misto tra –sono super felice- e –ho fatto un guaio- che mi preoccupava non poco; ero contento di vederla felice ma avevo imparato a conoscerla in tutto questo tempo e sapevo per certo che aveva combinato qualcosa. Stava lavando i piatti quando le arrivai alle spalle e la circondai con le braccia, facendola ridere.

-Mi stavi facendo scivolare il piatto- si girò col piatto gocciolante in mano

-Scusa, piccola-

-Comunque devi dirmi qualcosa?- si fece subito sospettosa e capii che avevo ragione: stava tramando qualcosa

-Niente perché?-

-Mi sembri strana-

-Ok, ho una sorpresa per te ma non ti dirò altro- fece il gesto come per cucire le labbra e sorrise

-Anche io ho una sorpresa per te- avevo prenotato in un bellissimo ristorante

-Davvero? Che sorpresa?- si asciugò subito le mani e mi si attaccò addosso come un panda

-Se te lo dicessi dovrei ucciderti-

-Oh che paura…- *

-Dovresti averne- e iniziai a farle il solletico

-Così non vale però- corse in soggiorno e saltò su Andrea che era seduto sul divano

-Andy salvami tu-

-Eh no Gin, io non c’entro- la spinse verso di me ridendo e l’afferrai al volo portandola  come un sacco sulle spalle

POV GINEVRA:

-Mettimi giù!-  non riuscivo a girare abbastanza il collo ma sapevo che stava sorridendo

-Mmh.-

-Mmh? Come sarebbe “mmh”? Non sai dire altro? Sembri un cavernicolo- sbuffai irritata

-Cavernicolo- ripeté lui

-Sei irritante-

-Io Riccardo, tu Ginevra-

-Uffa!- ma non riuscii a trattenere il sorriso

-Siete due pazzi- Alice ci sorrise prima che il mio pazzo chiuse la porta della camera

Ora eravamo faccia a faccia e dovevo dirgli cosa avevo intenzione di fare e speravo che accettasse:

-Allora, non sono molto brava con le parole, è meglio se vado dritta al punto- mi osservò divertito

-E quale sarebbe il punto?-

-Vorrei fare un tatuaggio e vorrei che lo facessi anche tu-

-Com’è questo tatuaggio?-

-E’ una sorpresa-

-Quindi dovrei venire con te e fare un tatuaggio senza guardare cos’è?- e se mi dice di no?

-Si- dissi incerta

-Certo che lo faccio, piccola- alzai di scatto la testa e lo abbracciai

-Grazie, grazie, grazie-

 

Ero seduta con le gambe accavallate  su una poltroncina nera e accanto a me c’era Riccardo che mi osservava sorridente; la sala era piena di foto di tatuaggi e disegni vari e con tutti i colori che c’erano mi stava per venire mal di testa, anche se ero leggermente nervosa per la ragazza dietro al bancone che continuava a lanciare sguardi ammiccanti al MIO ragazzo. Mi stavo alzando per dirgliene quattro quando Fabrizio, il tatuatore, ci venne incontro e ci fece cenno di seguirlo. Era un ragazzo particolare: ogni superfice del suo corpo era ricoperta di tatuaggi di ogni genere, aveva un paio di piercing alle sopracciglia e i capelli rasta. Era un ragazzo bravissimo e simpaticissimo che mi aveva presentato Greta un paio di settimane prima, quando era andata a tatuarsi un’aquila sulla spalla.

-Allora, chi è il primo?-

-Inizia lui- spinsi Riccardo 

Il tatuaggio avevo scelto di farlo poco sotto la clavicola  e nonostante le numerose proteste di Riccardo, ero riuscita a convincerlo  che l’avrebbe visto solo alla fine, anche perché non ci voleva molto: era solo questione di minuti.

-Bambolina ora tocca a te- Riccardo guardò Fabrizio gelido

-Sono tutta tua- risi a Riccardo e prima di distendermi sul lettino iniziai a sfilare il maglioncino

-Che fai?- mi bloccò la mano

-Levo il maglione, come tu ti sei tolto la maglietta-

-Tu non rimani in reggiseno davanti a questo qui- indicò Fabrizio che ci osservava divertito

-Richi, lui è fidanzato, non essere geloso-

-E’ proprio necessario toglierlo?-

-Se non lo tolgo, non riesce a lavorare- dissi esasperata

-D’accordo- sbuffò

Fabrizio iniziò a incidere la mia pelle e Riccardo di fianco a me guardava attento ogni sua singola mossa e fulminandolo quando mi osservava troppo a lungo, e tutto questo mi metteva agitazione perché avevo paura che facesse una scenata; pian piano però la gelosia si attenuò e la sua attenzione venne attirata dalla scritta quasi terminata sul mio petto.

-La mia opera d’arte è finita- esclamò Fabrizio e il volto di Riccardo si illuminò

Mi alzai tutta elettrizzata e trascinai per mano Riccardo verso il grande specchio accanto alla porta e dopo esserci posizionati davanti sorridemmo come due cretini: entrambi ora avevamo la scritta  –Serva me. Servabo te- (frase latina che vuol dire: salvami, ti salverò) e la cosa più bella era che al posto della “o” di “ Servabo” avevo fatto mettere un cuore: sul mio tatuaggio all’interno del cuore c’era la “R” di Riccardo mentre sul suo tatuaggio c’era la “G”. Quando mi era venuta l’idea del tatuaggio ero contentissima  ma avevo paura che forse era un passo esagerato, tatuarsi le iniziali.

-Ti piace?- si giro e mi diede un bacio sensazionale, che mi lasciò senza fiato

-E’ bellissimo- mi fece rimettere la maglia

-Sono felice che ti piaccia- presi il portafoglio dalla borsa e mi diressi verso la ragazza antipatica a cui dovevo dare i soldi

-Ferma, pago io- Riccardo mi anticipò

-Che?? Scordatelo!- odiavo quando le persone mi offrivano le cose

-No, piccola, pago io-

-E sentiamo, perché dovresti pagare tu?- incrociai le braccia e lo fissai

-Perché sono il tuo ragazzo e voglio occuparmi di te-

-Amore è molto dolce, davvero, ma non ho ottant’anni e non ho bisogno che tu mi faccia da badante né da banca personale-

-Perché fai la difficile?-

-Non sono difficile, è una questione di principio-

-Principio?-

-Si amor..-  ma non riuscii a terminare la frase che mi prese di nuovo sulla schiena e pagò mentre lo prendevo a pugni infuriata

-Brutto imbroglione-

 Dopo aver pagato ce ne andammo: in teoria il tatuaggio era un mio regalo per lui ma voleva pagare e così era scoppiata una discussione che si era conclusa subito a casa con una battaglia di cuscini e, ahimè,  il televisore a schermo piatto del soggiorno in frantumi.

-E’ stata tutta colpa tua-  puntai il dito contro Riccardo

-Mia? Sei tu che sei finita contro la tv e l’hai fatta cadere- intanto raccoglievamo i cocci

-Certo, perché tu mi hai lanciato un cuscino e ho perso l’equilibrio-

-Ok, ma tu hai iniziato a lanciarmeli-

- E tu hai voluto pagare i tatuaggi- dissi acida

-Facciamo la pace?- mi fece un sorriso sexy e gli scoccai un bacio

-Certo amore, ma come facciamo con la tv? Alice stavolta ci sfratta- forse soffriamo entrambi di bipolarismo, siamo due pazzi

-Vado a comprarne una nuova, tu intanto vestiti, stasera si esce- lo guardai interrogativa

-Dove andiamo?-

-E’ una sorpresa-

-Ma se non mi dici dove andiamo, non so come vestirmi-

-Metti un vestito- mi diede un rapido bacio e uscì

Ero in piena crisi: i vestiti e le scarpe erano sparpagliati per tutta la stanza e non sapevo cosa mettere, ogni cosa che indossavo mi sembrava sbagliata. In situazioni come queste c’è sempre Alice che in due minuti mi sistema sul letto il completo perfetto ma quella sera era fuori con Andrea e tra il telefono che squillava, i minuti che scorrevano veloci e Goose che abbaiava e saltava, stavo davvero impazzendo. Decisi di fare un bel respiro e sistemare una cosa alla volta: prima di tutto andai a mettere i croccantini a Goose e mi chiusi in camera per evitare che tornasse, poi mandai un messaggio ad Emiliano per avvisarlo che lo avrei chiamato il giorno dopo e infine tornai davanti al letto chiusi gli occhi e scelsi a caso un vestito. Era un vestito verde smeraldo di chiffon corto, stretto in vita e con dei ricami dorati, abbinai i tacchi neri e la pochette e iniziai a vestirmi con la musica della radio a tutto volume; mentre mi truccavo partì una delle canzoni  del momento di cui mi ero innamorata (“Up” di Olly murs e Demi lovato) e iniziai a canticchiare:

- I never meant to break your heart
Now I won’t let this plane go down
I never meant to make you cry
I’ll do what it takes to make this fly-

Come un flashback però mi venne in mente il momento in cui Riccardo mi aveva lasciata, era stata tutta colpa mia e mi sentivo persa senza di lui ma nonostante tutto come dice la canzone avevo lottato per il nostro amore e non avevo permesso che tutto andasse perduto: gli occhi mi divennero lucidi.

-Sei pronta?- Riccardo era sulla porta

-Piccola perché stai piangendo?- mi venne incontro e mi asciugò le lacrime

-Questa canzone…- tra le lacrime scoppiai a ridere

-E ora ridi?-

-Ho pensato a quando ci siamo lasciati ma ora siamo insieme-

-Già, sono stato uno stupido, ma non ci lasceremo più, te lo prometto- quell’abbraccio fu come una medicina, mi sentivo al sicuro come se niente potesse farmi del male o potesse allontanare la mia felicità, era strano dipendere da qualcuno ,ma era anche bello sapere che nonostante tutto lui ci sarebbe stato per me e io ci sarei stata per lui.

-Andiamo?- mi asciugai gli occhi

-Sono curiosa di vedere la sorpresa- sorrisi e lo trascinai al piano di sotto e poi fuori, diretti verso una meta sconosciuta

Il nervosismo non mi faceva stare ferma e durante quei venti minuti di macchina che parvero interminabili avevo cambiato  quattro cd, acceso e spento il climatizzatore per due volte e avevo anche giocato con le leva del sedile rischiando di spezzarmi un dito quando si era abbassato di scatto; per di più Riccardo sembrava divertito di ogni guaio che combinavo. Ci trovavamo fuori città quando iniziò a rallentare; un insegna al neon catturò la nostra attenzione e dopo aver svoltato ci trovammo in un parcheggio di ghiaia. Parcheggiò accanto ad una quercia e dopo avermi sorriso scese e lo seguii:

-Ma dove siamo?- dietro l’immensa siepe del parcheggio si intravedeva un casolare in pietra con il tetto in legno

-E’ un ristorante-

-Che bello, ho voglia di una pizza alla diavola- si fermò e scoppiò a ridere

-Che c’è? Perché ridi?- eravamo fermi davanti all’entrata

-Sei imprevedibile e speciale- poi continuò

-Di solito quando con le altre ragazze della classe andavamo in un ristorante, loro chiedevano sempre piatti particolari e raffinati-

-Sono diversa dalle altre-

-Questo l’ho capito fin dall’inizio- mi prese la mano e mi trascinò dentro; era tutto molto elegante e aveva un atmosfera romantica, ma invece di fermarsi ad uno dei tanti tavoli vuoti mi condusse ad una porta che portava all’esterno: c’era un bellissimo prato inglese.

-Noi ceneremo lì- indicò un punto sulla destra e per poco non saltai dalla gioia: c’era un laghetto artificiale e al centro un gazebo tondo in legno e vetro e per arrivarci c’era una passerella in legno.

-Non ci credo!- mi misi a correre come una bambina tirandolo per la manica e appena spalancai la porta in vetro saltai allegra: il tavolo apparecchiato era cosparso di petali rossi, le candele galleggianti nella bacinella emanavano un profumo di frutti di bosco e una  scatolina blu era in bella vista in un piatto.

-Ti conosco e so che è un po’ troppo romantico ma mi sei mancata e volevo dimostrarti quanto ti amo- lo strinsi forte e lo baciai lenta

-E’ perfetto-

-Allora, prego signorina- mi spostò la sedia per farmi sedere e risi

-Grazie signore, troppo gentile- guardando la scatolina mi prese subito il panico

-Non vorrai mica chiedermi di sposarti vero?- rise per la mia espressione terrorizzata

-No tranquilla, aprilo- lo aprii e lo guardai a bocca aperta

-Non dirò più niente ad Alice-

-Però ti piace- me lo infilò e lo guardai incantata: aveva un diamante nero al centro e poi due file di diamantini neri ai lati, avevo sempre sognato un diamante nero di Tiffany anche se era solo un sogno di una bambina che voleva trovare il suo principe azzurro.

-Si da impazzire, ma è troppo-  chissà quanto aveva speso…

-I soldi non sono un problema lo sai- mi baciò la mano e poi fece cenno al cameriere che stava fuori, di entrare

-Cosa posso portare ai signori?- ci domando col taccuino in mano

-Una diavola e una capricciosa-

-Vuoi qualcos’ altro?- si rivolse a me

-Le patatine con il ketchup e la coca cola-

-Ci porti due porzioni grandi di patatine fritte e una bottiglia di coca cola per favore- chiese Riccardo

-Arrivano subito e il signor Alfredo vi porge i suoi saluti- disse il cameriere che subito uscì

-Chi è Alfredo?-

-Il proprietario del locale, è un amico di famiglia- spiegò Riccardo

-D’accordo, stavo pensando… e se facessimo un gioco?- volevo fare in modo che capisse ogni cosa di me, anche gli atteggiamenti che a volte sembravano senza senso e forse delle domande bastavano a chiarire tutto

-Che gioco?-

-Non è un vero e proprio gioco, è più un quiz: ci facciamo delle domande a vicenda e rispondiamo sinceri senza pensare-

-Qualsiasi domanda?- chiese furbo

-Si-

-Bene, parto io: Vuoi sposarmi?- scoppiai a ridere

-Certo che si, perché non prenotiamo dei biglietti a andiamo a sposarci a Las Vegas? Ho sempre sognato di farmi sposare da Elvis- gli feci la linguaccia

-Bella idea, tocca a te-

-Mmh…dolce o salato?- era una domanda stupida lo so

-Non saprei, tu però sei il mio dolce preferito- rispose malizioso e iniziai a sentire caldo

-Molto simp…-

-Scusate, ecco a voi e buon appetito- ero così concentrata su Riccardo che non mi ero nemmeno accorta dei camerieri che erano entrati con pizze, bibite e patatine; posarono tutto in fretta e ordinatamente e uscirono in fila chiudendosi la porta alle spalle.

-Non sono mai stata servita così in fretta…amo questo ristorante- il profumo della pizza mi fece brontolare lo stomaco e ringraziai mentalmente gli addetti alla cucina che la avevano già tagliata a fette

-Anche io lo amo e cucinano in una maniera impeccabile- addentò le patatine osservandomi

-Confermo- la pizza era squisita

-Ora a te-

-Hai sempre detto che prima eri una ragazza diversa, esagerata…hai mai preso droghe o fumato marijuana?- sussurrò indeciso

-Si l’ho fumata e purtroppo ho anche preso delle droghe  ad una festa, mi ricordo che delle mie amiche mi hanno portata in bagno e mi hanno fatto aspirare della polverina bianca, ma è successo solo una volta-

-Adesso una domanda semplice, come lo vedi il tuo futuro?- avevo un po’ paura di sapere la sua risposta

-Non saprei, forse sarò un medico o un uomo d’affari come mio padre, nel mio futuro però ci sei anche tu-

-Ti stancherai di me prima o poi-

-No piccola, non mi stancherò mai del tuo sorriso, dei tuoi occhi, del tuo carattere  testardo che mi fa impazzire, dei tuoi baci…non mi stancherò mai di te- mi guardò serio

-Ne riparleremo tra sessant’anni- risi io

-Non vedo l’ora-

Divorai la pizza e le patatine con estrema lentezza perché amavo cenare in quel posto e poi avevo un mucchio di domande da fare a Riccardo: non ero mai stata una ragazza loquace eppure quella sera non riuscivo a tenere la bocca chiusa. Il tempo sembrava essersi congelato e mi sentivo protetta in quella cupola di vetro con lui: la persona che amavo. Eppure una lontana parte di me stessa che avevo messo a tacere, aveva paura del futuro. E se si fosse davvero stancato di me? Se qualcosa o qualcuno me l’avesse  portato via?

-Fanno anche un ottima Sacher –

-Cosa?- come al solito mi ero persa nei miei pensieri

-Che dolce vuoi? Io amo la sacher-

-Mi va bene la sacher- ordinò ai camerieri venuti a prendere i piatti e poi mi osservò

-A che pensi?-

-Penso che ti amo e non vedo l’ora che arrivi il dolce perché ho voglia di fare l’amore con te- era facile essere sincera con lui

-La mia principessina acida è diventata provocatrice- sorrise furbo e si passò la mano tra i capelli: riusciva ad accendere ogni singola parte del mio corpo

-Non farlo- mi disse

-Cosa?-

-Non morderti il labbro, lo sai- la sua voce roca mi mandò il sangue in ebollizione: era come avere  un falò nello stomaco

-Possiamo farci impacchettare il dolce?-

-Ottima idea piccola- si alzò e mi prese per mano; uscimmo dalla cupola di vetro e osservai il laghetto immobile e il prato verde, quel posto era incantevole e ci sarei tornata. Riccardo parlò con il cameriere e dopo aver preso una scatola bianca con il logo nero, andammo nel parcheggio. Eravamo quasi a marzo e fuori faceva abbastanza freddo ma non lo sentivo, perché troppo distratta dalla  mano calda di Riccardo che mi spingeva all’interno della macchina. Sperai di arrivare presto a casa, e potevo sembrare una ninfomane, ma non me ne importava.

-Mangia- Riccardo mi porse lo scatolo del dolce con una mano mentre con l’altra guidava

-Non fare quella faccia, ho visto come guardavi la scatola, e so che il profumo del cioccolato è irresistibile per te- eravamo al buio come aveva fatto a notare il mio sguardo?

-Sbruffone- gli feci la linguaccia e iniziai a mangiare

-Golosona-

Arrivati a casa, parcheggiò e prima di scendere mi guardai il vestito: ero ricoperta di briciole di cioccolata e la bocca sembrava un opera d’arte. Riccardo vedendomi scoppiò a ridere e mi trascinò dentro casa in braccio tra le mie proteste.

-Aspettami in camera, devo fare una cosa-

-Mi devo preoccupare?- chiese divertito

-No amore tranquillo- feci il miglior sorriso che avevo e mi avviai verso la camera di Alice e Andrea che sicuramente stavano dormendo; mentre aprivo la porta sentii Riccardo sussurrare un “Poverini”. Mi buttai sul loro letto mentre erano addormentati e dopo aver preso fiato gridai:

-Ali, Andy- saltarono spaventati

-Ginevra, che succede?-

-Guardate- mostrai l’anello sorridente e loro mi lanciarono un sguardo a metà tra il “vogliamo ucciderti” e “cosa abbiamo fatto di male?”

-Tesoro è bellissimo ma ne parliamo domani  perché  siamo distrutti- sussurrò Alice

-D’accordo, buonanotte ragazzi- uscii in punta di piedi ed entrai nella mia camera dove trovai Riccardo disteso sul letto con addosso solo i boxer e il cuore salì a mille

-Tu sai come farmi venire un infarto- mi sfilai l’abito e mi voltai verso di lui in biancheria intima

-E tu sai come farmi impazzire- mi buttò sul letto e spense la luce

 

ANGOLO AUTRICE:

Cari lettori e lettrici amo sempre di più i miei due pazzi preferiti, spero anche voi, e non so come farò quando questa storia finirà :( Cosa ne pensate di questo capitolo? E’ troppo mieloso? Se volete dirmi il vostro parere, lasciate una recensione, mi farebbe molto piacere :D

Ps. “Principessina acida” è il soprannome che è stato dato alla mia migliore amica dal suo fidanzato ( Giulietta, il tuo Romeo è proprio dolce)

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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