You're my end and my beginning
« Cause all of me
Loves
all of you
Love
your curves and all your edges
All
your perfect imperfections
Give
your all to me
I'll
give my all to you. »
Diciannovesimo
capitolo:
La
settimana con Zayn
era passata molto velocemente, trovava sempre il tempo di raggiungerli
a casa o
seguirli al parco, continuando a rapportarsi con Aileen in un modo che
lo
faceva sorridere e tremare assieme. La bambina aveva accettato la sua
presenza
in quel loro duo strambo - talvolta affiancato dalla vecchia vicina e
il suo
gatto - e sembrava persino appoggiare la loro relazione, nonostante
Liam non
fosse ancora del tutto certo di voler mostrarsi mano nella mano di
fronte a
scuola della piccola. Gli piaceva passare del tempo con Zayn, vederlo
animarsi
tutto mentre raccontava a Aileen di una particolare caduta con lo
skate, ma non
era sicuro di voler rivelare a tutti di quella relazione, quel rapporto
con il
minorenne; in particolar modo tenere all’oscuro le insegnanti
della bambina,
che avevano iniziato a fare troppe domande sulla loro vita privata e su
come si
stessero trovando.
Gli
sembrava
incredibile come improvvisamente tutti si stessero interessando a quel
che
faceva in privato, o forse era lui che vedeva occhiate curiose nei
passanti
dove non esistevano. Non che una persona a caso potesse capire tutto e
denunciarlo, poi non stava facendo nulla di male e Zayn, nonostante
fosse
minorenne, era consenziente, non l’aveva mai costretto a fare
nulla.
Erano
paranoie che
duravano solo qualche minuto, perché poi si voltava verso il
più piccolo e si
scioglieva nel suo sorriso, donandogliene uno simile e troppo felice.
Non
riusciva più a resistere alla sua risata allegra, a come
tornava da lui dopo
essersi esibito in un’acrobazia e aspettava il suo giudizio
con un’espressione
tesa e eccitata.
Era
venerdì sera,
l’orario di chiusura dello studio si avvicinava e Liam aveva
appena salutato
l’ultimo bambino, facendo scontrare i loro pugni e
rivolgendosi a lui col
nomignolo di “campione”;
l’aveva
osservato allontanarsi con la mano stretta a quella della madre e
“I miei denti brillano”
l’aveva sentito
dire tutto felice, indicando l’apparecchio che luccicava, per
poi concentrarsi
sul ripulire lo studio, sistemare delle carte e slacciarsi il camice.
Si era
seduto sulla poltrona, portando immediatamente le mani dietro il collo
per far
pressione e massaggiarlo, e si era poi stiracchiato con uno sbadiglio,
recuperando il cellulare dalla tasca dei pantaloni per scorrere nella
galleria
e osservare le fotografie che Aileen aveva scattato il giorno
precedente.
Il
leggero bussare alla
porta obbligò il suo sguardo a fissarsi di fronte a
sé, invitando con una mossa
della mano il ricciolino ad avvicinarsi, e si poggiò meglio
contro lo
schienale, vedendolo saltare con un movimento lento sulla scrivania.
-
Grazie per essere
passato, non so come avrei fatto oggi.- ruppe il silenzio il maggiore,
mentre
Harry scrollava le spalle e gli ripeteva che era una cosa da nulla, che
sarebbe
rimasto solo a casa a perdere tempo e che era sempre piacevole stare in
sua
compagnia, pur di sfuggire alle voglie della madre incinta. - Oggi
erano tutti
molto scatenati e mi sarei sparato un colpo alla testa, se non ci fossi
stato
tu. Sei stato indispensabile, Har.-
Vide
le sue guance
prendere un colorito rossastro, le sue dita stringere appena il legno
della
scrivania e i suoi piedi premere contro la poltrona, piegando le
ginocchia e
torturando il labbro inferiore con i denti,
come se si trovasse in una situazione imbarazzante e con troppe cose da
dire.
-
Sai che stavo uscendo
con un ragazzo, giusto?- gli aveva poi chiesto, le mani che aveva
spostato sui
pantaloni e che stava stringendo insistentemente. - E stiamo uscendo da
quasi
un mese ormai.- aveva continuato con un tono di voce basso e insicuro,
obbligandolo a portare la poltrona più vicino a lui e
appoggiare una mano
grande sulle sue.
-
Puoi dirmi tutto,
Harry.- bisbigliò dopo qualche minuto di silenzio,
strofinando il pollice
contro il dorso della sua mano per offrirgli coraggio, e tenne gli
occhi fissi
sul suo viso mentre i suoi occhi si facevano sfuggenti. - Sono tuo
amico, puoi
dirmi tutto.- insistette a quel momento di indecisione del
più piccolo, rafforzando
la stretta sulla sua mano e vedendolo annuire con le guance in fiamme.
-
Dopo quanto.. insomma
quando puoi..- tentò di spiegarsi il ragazzino, facendo
guizzare gli occhi
verdi dalle loro mani, al suo viso e a una parete spoglia mentre
concludeva
velocemente: - Dopo quanto tempo puoi fare sesso?-
Aggrottò
la fronte a
quella domanda, allontanandosi da lui per appoggiarsi contro lo
schienale, e
restò in silenzio a studiare il suo viso rosso e come stava
tenendo gli occhi
puntati su un angolo della stanza. Non riuscì a trattenere
oltre il grugnito e
il “Sei troppo piccolo per fare sesso”,
mentre scuoteva il capo e incrociava in meno di mezzo secondo il suo
sguardo
confuso e arrabbiato assieme.
-
Hai solo sedici anni,
lo conosci da poco tempo e non puoi fare già sesso.- ribadì il
concetto, cercando di argomentare
in qualche modo quella risposta, e gli lasciò la mano per
stringergli un
ginocchio e scuotergli la gamba, richiamando la sua attenzione e
ripetendo: -
Non puoi darti via così e..-
-
Zayn ha un anno più
di me.- lo sentì dire con un tono acido, calcando con troppa
forza su quel nome
e scacciandogli la mano con una smorfia stizzita. - Non penso un anno
faccia
molta differenza, Liam. Eppure sono convinto che voi due abbiate
scopato.-
-
Ho ventisei anni e
permetti che faccia il cazzo che mi pare.- ribatté con i
pugni stretti per
trattenere la collera, riducendo gli occhi a due fessure e percependo
la rabbia
espandersi dentro di lui. - Non sei mia madre, non sei nessuno per
giudicare
quel che faccio io. Volevo solo metterti in guardia, i ragazzini
sprovveduti
come te sono spesso visti alla pari di un oggetto. Non eri quello della
prima
volta speciale?- lo rimproverò con un sibilo, vedendo le sue
spalle irrigidirsi
e il suo “La mia prima volta
speciale
doveva essere per te” che lo lasciò con
un’espressione incredula e la bocca
schiusa.
Perse
il controllo
quando lo sentì chiedere con una risata acida “Ora vuoi il mio culo? Perché quello di
uno solo non ti basta?”, si
alzò con uno scatto e strinse le dita attorno al suo polso,
obbligandolo a
scendere dalla scrivania e dando uno strattone per tenere la minima
distanza
tra loro mentre sibilava: - Il fatto che io sia tuo amico non ti
dà alcun
diritto di parlarmi in questo modo. Se mi chiedi un consiglio e la mia
risposta
non ti aggrada, tu non devi trattarmi in questo modo e atteggiarti al
mio
stesso livello. Ho quasi trent’anni e tu sei un bambino.-
Aveva
sputato fuori
quella parola con rabbia e aveva lasciato che si liberasse dalla morsa
di
ferro, per poi sbattere con forza i palmi delle mani sulla scrivania al
suo
tentare di ribattere - un semplice “Le
mani del bambino le hai avute addosso un po’ di volte”
- , bloccandolo tra
quella e il proprio corpo mentre gridava: - Devi smetterla! Quel che
faccio io
non deve interessarti, quel che c’è tra me e Zayn
non deve essere discusso con
te e non voglio fare sesso con te, se cerco di metterti in guardia!
Vuoi andare
dietro al primo cazzo duro che trovi? E allora non lamentarti quando
iniziano a
trattarti come una puttana!-
Se
la aspettava la
reazione del più piccolo, quello schiaffo contro la guancia
e i suoi occhi
lucidi, ma mantenne un’espressione impassibile per non dare a
vedere quanto si
stesse pentendo di quell’ultima parola con cui si era rivolto
a lui. Si stavano
studiando in silenzio da qualche secondo, nessuno dei due accennava a
pronunciare una sillaba, quando sentirono uno schiarimento di voce e
“Se volete ripasso più
tardi”, che fece
risvegliare il più piccolo e lo portò a spingere
il castano lontano da lui con
un grugnito.
Liam
non si era mosso
da quella posizione, teneva le braccia rigide lungo i fianchi e
un’altra serie
di esclamazioni nella testa, ma era consapevole dei due ragazzini fermi
sulla
soglia, del loro battibecco - “Ti
avevo ordinato
di stargli lontano”, “Non
ho paura di
te, Malik” - e di quella conclusione amara tra il
“Lui è mio”
e “Non è di
nessuno, quindi possono averlo tutti”. Si era
lasciato cadere sulla
poltrona, ignorando il “Se non
sparisci,
ti spacco la faccia, Styles” e aveva sospirato di
sollievo nel sentire la
porta sbattere, passando le dita tra i capelli e chiudendo gli occhi
per
rilassarsi nel momento in cui vennero sostituite da un altro paio.
-
Sei molto eccitante
quando ti incazzi, lo sai?- gli aveva chiesto il nuovo arrivato,
riuscendo a
fargli percepire il sorriso di scherno a quelle parole, e aveva
sollevato le
palpebre per specchiarsi nei suoi occhi nocciola. - Non sentirti in
colpa, se
l’è cercata. E gli avrei staccato la testa dal
collo, se solo fosse rimasto in
questa stanza e vicino a te per un altro secondo.- borbottò
quello, scuotendo
il capo con una smorfia e i denti stretti in una morsa.
Allungò
un braccio
verso di lui per poggiare il palmo contro la sua guancia, strofinando
il
pollice lungo la sua pelle liscia, e si accorse solo in quel momento
delle sue
nocche insanguinate, alzandosi con uno scatto dalla poltrona e vedendo
il suo
sorrisino e “Caduta dallo skate”.
-
Ti sei fatto tanto
male?- si informò immediatamente, stringendo le dita attorno
al suo polso per
fargli sollevare il braccio e poter muovergli le dita. - Niente di
rotto?- gli
domandò con una smorfia al suo mugolio infastidito, premendo
i polpastrelli
contro uno dei suoi tatuaggi e guidandolo verso il lettino su cui erano
stati
bambini spaventati di ogni tipo. Lo obbligò a sedersi su di
esso e spostò uno
sgabello di fronte a lui, toccandogli punti vicino al ginocchio e
chiedendogli
ripetutamente dove e quanto gli facesse male, per poi ordinargli: -
Togli i
pantaloni.-
-
Sempre così
impaziente, Payne.- l’aveva sentito ridacchiare, mentre lui
era impegnato ad
aprire sportelli e cercare l’occorrente per una veloce
medicazione. - Il mio
dottore super efficiente.- continuò a prenderlo in giro il
ragazzino,
stringendo i denti sul labbro inferiore per non piagnucolare e
lamentarsi al
bruciore dell’acqua ossigenata.
-
Come hai fatto a
cadere?- s’informò per offrirgli qualcosa su cui
concentrarsi che non fosse il
cotone imbevuto che premeva sulle sue nocche. - Una delle tue solite
acrobazie
mortali?- continuò con un sorriso malcelato, guardandolo di
sfuggita e
vedendolo con gli occhi fissi su come gli stava bendando la mano.
-
Ho calcolato male le
misure.- spiegò il moretto dopo essersi schiarito la voce,
stringendo le
braccia attorno alla coscia per tenerla sollevata mentre gli medicava
quella
sbucciatura. - Sono finito a terra e ho pensato di venire da te. Sei
come la
mia crocerossina.- sussurrò con un filo di voce, allungando
un braccio per
sfiorare le ciocche marroni con i polpastrelli e premerli poi contro la
nuca,
facendo una lieve pressione nel sentire le risposte del maggiore e i
suoi
muscoli sciogliersi.
-
Non era nulla di
grave.- bisbigliò Liam, risalendo con le dita lungo le sue
cosce e
accompagnandolo dal lettino fino alle proprie gambe. - Da domani potrai
tornare
a sbizzarrirti su quell’arma mortale.- aggiunse con un ghigno
divertito,
sfiorandogli la pelle dei fianchi sotto la maglietta.
C’era
qualcosa di
infinitamente dolce in quel momento, in come il più piccolo
stava seduto a
cavalcioni su di lui e nei piccoli tocchi che stavano dedicando uno
all’altro.
Era una cosa che non aveva mai provato prima e gli mozzava il respiro
ma gli
scaldava il cuore. E poi quel “Lee”
che sembrava volere dire troppe cose, i suoi occhi nocciola resi
più luminosi e
chiari da un affetto palpabile, mentre spostava entrambi i palmi sulle
sue
guance e gli lasciava un bacio a fior di labbra, sussurrando “Oggi posso stare da te, pensano che sia con
Louis”.
-
Dormi con me?- gli
chiese con un sorriso vispo, raddrizzandosi con la schiena e avvolgendo
meglio
le braccia attorno al suo corpo, mordicchiandogli il collo e ascoltando
i suoi
lamenti per tutti i segni che non riusciva più a nascondere
al genitore.
Non
sapeva cos’era
successo ad aver cambiato radicalmente le cose: un attimo prima stava
ridendo
con Aileen sulle espressioni buffe di Zayn, aveva risposto alla
chiamata di
Jade e, nonostante avesse rifiutato con gentilezza il suo invito a
uscire, si
era trovato fuori da casa propria con la giacca in mano e la voce del
ragazzino
che ripeteva “Esci con lei, io sono
solo
il tuo sporco segreto da tenere nascosto tra le lenzuola”.
Non
capiva il motivo
del suo improvviso scatto d’ira, come l’aveva
spinto fino a sbattergli la porta
in faccia, e non era riuscito a chiedere nemmeno spiegazioni
perché a ogni “Zayn”
era seguito un insulto e un invito
ad andarsene. C’era rimasto particolarmente male quando, al
proprio “Non avevi detto di volermi
aspettare per
sempre?”, l’aveva sentito ribattere con
un semplice “Fottiti”
e uno spintone più forte. Non aveva alcun diritto di
mancargli di rispetto in quel modo, soprattutto non davanti a Aileen, e
di
sbatterlo fuori dalla propria abitazione, come se l’avesse
tradito in qualche
modo e si fosse comportato come lo apostrofava. Non era uno schifoso doppiogiochista.
Era
rimasto al telefono
con lei per qualche minuto di troppo, non poteva negarlo, ma
l’aveva fatto
semplicemente per buona educazione, non volendo essere sgarbato e
avendo già
rifiutato il suo invito a uscire altre volte. E poteva essere arrossito
a
qualche suo complimento ma, Dio, non significava assolutamente nulla di
quel
che Zayn pensava; se solo gli avesse dato un minuto intero per
spiegarsi non si
sarebbe trovato con un broncio scocciato e le braccia incrociate in un
pub
pieno di musica assordante.
-
A cosa pensi, Leee?-
sentì la voce della ragazza che gli si era affiancata, i
suoi occhi marroni
luccicanti per il divertimento e l’alcool, e scosse il capo
per risponderle,
come a dirle che non era assolutamente nulla di importante. - Quindi mi
offro
volontaria per aiutarti a togliere questo brutto muso lungo.-
ridacchiò lei,
stringendo le dita sottili attorno al suo polso e dandogli una scossa
leggera
per farlo smuovere, guidandolo poi verso il centro del locale in cui
stavano
ammassati fin troppi corpi.
Aveva
deciso di
ascoltarla, perché ormai era tardi per rimpiangere il non
essere stato chiaro
col ragazzino, e aveva lasciato che appoggiasse una mano sulla spalla,
premendo
un palmo sul suo fianco e cercando di muoversi con lei. Zayn non capiva
nulla,
si era comportato come un bambino e era andato avanti con la sua idea -
totalmente folle e sbagliata - da perfetto cocciuto; non provava nulla
per
Jade, erano solo amici e se gli faceva scenate simili allora mancava la
fiducia
nel loro rapporto. E non era sicuramente lui quello che fino a
settimane prima
si vantava delle doti seduttive e di quante persone gli erano cadute ai
piedi;
non era lui.
L’idea
di divertirsi e
mettere da parte quei pensieri non sembrava voler mettersi in pratica,
nonostante avesse bevuto un’eccessiva quantità di
alcool da rendergli i
movimenti goffi e rallentati. Seguiva il ritmo dettato dalla musica
come se il
corpo non fosse il suo, come se si muovesse di sua spontanea
volontà
lasciandolo a pensare e ripensare; le parole di Zayn, i suoi insulti,
quell’attaccarlo e spingerlo via da lui, i suoi occhi lucidi
e la delusione
evidente.
Grugnì
nel momento in
cui un piede pestò il proprio, in mezzo a quella calca di
gente non esisteva lo
spazio personale, e strinse il braccio attorno alla ragazza per
istinto,
desiderando solo il divano di casa, Aileen e quella stupida storia sui
pirati
che la divertiva tanto e che Zayn non smetteva un secondo di raccontare
col
sorriso. Se solo l’avesse fatto parlare, se solo
l’avesse ascoltato per un
secondo e se solo non fosse stato così pronto a accusarlo di
tradimento.. o
forse era lui stesso a essere stato troppo insicuro, a avergli dato
modo di
dubitare di quel che c’era tra loro. Aveva rifiutato di
stringere la sua mano
qualche giorno prima, ma solo perché la signora Watson -
vecchia pettegola del
quartiere - li stava osservando; stesso motivo per cui aveva lasciato
un
semplice bacio contro la sua guancia nel momento dei saluti. O i
pomeriggi
fuori dalla scuola di Aileen, c’erano tutti quei genitori e adulti.. non poteva mostrarsi con un bambino. Però non gli aveva
mai detto
nulla, come poteva sapere gli desse fastidio quel cercare di mantenere
il loro
rapporto privato? Non poteva leggergli nella testa, non poteva capire
quel che
provava o se si sentisse rifiutato; soprattutto se poi gli rivolgeva
quel
sorriso luminoso e gli faceva capire ben altre cose. Aveva invece
accumulato
tutto quanto e era esploso con quel definirsi il suo “sporco segreto”, dipingendolo
come uno stronzo opportunista e senza
scrupoli. E lui non ci aveva messo forza sufficiente a spiegarsi, aveva
lasciato che gli gridasse dietro tutto e era scappato come un codardo.
Aveva
sbagliato a raggiungere Jade, avrebbe dovuto gridare a Zayn di farlo
entrare, di
ascoltarlo e di smetterla con quell’atteggiamento; che non aveva alcun motivo di essere geloso
perché era innamorato di
lui. Ecco, era proprio quello che avrebbe dovuto fare. Il
fatto che lo
stesse capendo con tutto quell’alcool nelle vene e con fin
troppo ritardo lo
rendeva ancora più agitato.
Strabuzzò
gli occhi,
come se quei pensieri l’avessero tenuto concentrato e chiuso
in una bolla, nel
percepire delle dita tra i capelli e un paio di labbra contro la
mandibola, sul
collo - tutti quei punti che Zayn aveva
marchiato più volte - a rendere quel contatto tra
lui e Jade così
sbagliato, imperfetto. Arrossì d’imbarazzo quando
sentì le sue dita sfilargli
la camicia dai pantaloni, sfiorargli la pelle sotto il tessuto e
risalire lungo
il petto, tirandosi indietro con uno scatto non appena si
trovò le sue labbra
ad un soffio dalle proprie.
Lei
sembrava ignorare
totalmente quel momento di panico che gli stava attorcigliando le
viscere,
teneva gli occhi socchiusi, un palmo al centro dell’addome e
le dita dell’altra
mano tra i suoi capelli. Aveva dovuto poggiare entrambe le mani sulle
sue
spalle, facendo una leggera pressione, per richiamare la sua attenzione
e
fermarla dal ridurre ulteriormente le distanze; non era mai stato
più
imbarazzato e nervoso in vita sua mentre lei gli sorrideva dolcemente e
gli
stava ancora troppo vicino.
-
Che cosa.. che stai
facendo, Jade?- domandò con un filo di voce, cercando di
farle capire anche con
il movimento delle labbra quel che le stava chiedendo, e vide la sua
fronte
corrugarsi, non perdendo il sorriso mentre rispondeva un semplice
“Ci stavamo per baciare”.
Non
riuscì a bloccare
la domanda stupida che era affiorata immediatamente nella testa, quel
“Perché?”
che l’aveva fatto arrossire
dalla vergogna, e lei aveva perso tutta la spavalderia di poco prima,
teneva le
braccia lungo i fianchi e aggrottava le sopracciglia con confusione
evidente
mentre bisbigliava: - Perché è quello che fai con
la persona che ti piace.-
Annuì
per farle capire
di aver capito, deglutendo e percependo quella strana e improvvisa
tensione tra
loro, per poi passare un palmo lungo il viso, agitare un braccio e
lasciarlo
cadere lungo il fianco, socchiudendo gli occhi e confessando con voce
inesistente: - Sei una bella ragazza ma non mi piaci, non in quel
senso.-
-
Io sono gay.-
E
gli sembrò la stanza
fosse diventata improvvisamente silenziosa dopo aver pronunciato quelle
parole,
Jade aveva boccheggiato presa alla sprovvista e aveva portato una mano
contro
la bocca, facendo un passo indietro e lontano da lui. Si sentiva in
colpa per
come lei indicava tra loro, ripetendo più volte frasi
inconcluse - “Io pensavo che tra noi..”,
“Pensavo che tu fossi..”
- e guardandolo
con gli occhi sempre più lucidi, biasciando delle scuse e
lasciandosi
inghiottire dalla folla per andare il più lontano possibile
da lui.
Stava
cercando di
assimilare la scena a cui aveva appena partecipato, dandosi
ripetutamente dello
stupido per non aver chiarito fin da subito le cose, per averle
lasciato
credere che tra loro stesse nascendo qualcosa di più
dell’amicizia. Lui non
aveva impedito che lei si illudesse, aveva finto di non vedere quei
primi segni
e non aveva mai accennato a chiarire quel punto con lei.
Era
tornato verso il
bancone, aveva ordinato un drink dal nome esotico e stava rigirando la
cannuccia tra i cubetti di ghiaccio, pensando se fosse il caso di
raggiungere
Jade o tornare da Zayn. Doveva delle scuse e spiegazioni a entrambi, ma
non
credeva di essere pronto per rientrare a casa con quel succhiotto sul
collo.
Stava
portando il bicchiere
alle labbra e restò con la mano a mezz’aria quando
questo s’infranse contro il
pavimento, facendo sbuffare sonoramente il barista e ridere i ragazzi
ubriachi
seduti di fronte al bancone. Sollevò gli occhi sulla causa
di tutto quello,
trovandosi a fronteggiare due occhi azzurri gelidi, e si
passò una mano contro
la nuca, maledicendo l’alcool per la risatina che si era
lasciato sfuggire e
quel “Sei stata magnifica sul palco,
Pez”.
Aggrottò
la fronte in
un’espressione di pura confusione al suo “Non
sono Pez per te, non sono nemmeno Perrie, non voglio vederti mai
più” e
inclinò il viso per studiarla con una smorfia buffa,
indicandole poi il banco
alle loro spalle e offrendole un drink per bere tra amici.
-
Non voglio nulla da
te, meglio che mi stia lontano tu.- sibilò lei, ritirando
con uno scatto il
braccio e aggiungendo: - Che hai fatto a Jade? Perché non
vuole dirmi nulla e
sono convinta tu sia coinvolto.-
Si
accigliò a quelle
parole, mordendo l’interno delle guance per non scoppiare a
ridere - non voleva
innervosire ancora di più quella che sembrava pronta a
staccargli la giugulare
-, e si passò una mano contro la nuca, stringendosi nelle
spalle e ridacchiando
un veloce “La verità,
solo la verità”,
portando il palmo al cuore e annuendo con fare serio.
Questa
volta lo
schiaffo arrivò inaspettato, facendolo mugolare di dolore e
portare la mano a
coprirsi il punto che percepiva scaldarsi, e cercò di capire
la sua
esclamazione, quel suo “Sei come
tutti
gli altri! Uno stronzo che usa le ragazze solo per scopare!”,
ma poi fu
troppo impegnato a reggersi in piedi al suo spintone.
Era
riuscito a
trascinarsi fino alla propria abitazione, o almeno sperava fosse quella
e non
dall’altra parte della città o dello stato, si era
aggrappato al corrimano per
salire la rampa di scale - l’ascensore avrebbe fatto comodo
in quel caso - e
aveva rischiato di inciampare nei propri piedi più di una
volta, coprendosi la
bocca con una mano per non scoppiare a ridere e svegliare tutti.
Non
ricordava l’ultima
volta in cui si fosse ubriacato in quel modo, o forse il giorno
dell’incidente;
sì, proprio quella volta. C’era Kaylyn che gli
gridava di andare a quella
festa, divertirsi, scopare con Rick e smetterla di pensare a lei e alla
bambina,
che potevano cavarsela da sole, che al suo ritorno non gli sarebbero
più state
d’intralcio. E lui aveva ribattuto con frasi cattive,
risposte puntigliose e
con quel tipico rinfacciarle cose passate che facevano stare male
entrambi.
L’aveva odiata, come non aveva mai fatto in vita sua, quando
aveva gridato “Non sei suo padre,
non lo sarai mai! Non
sarai mai lui!” ma era stata la prima che aveva
cercato dopo aver avuto un
confronto con Rick a quella stupida festa. Si era messo a piangere al
telefono con
lei, chiuso in uno dei bagni dell’università, e
aveva ripetuto in una sorta di
litania quanto gli mancasse Paul, come non sarebbe mai stato in grado
di
crescere Aileen e quanto avrebbe dato pur di cambiare il passato.
“Una vita per una vita, Lyn”
ricordava di averlo sussurrato con la
voce roca per il pianto, mentre la ascoltava ordinargli di non
muoversi, che
avrebbe lasciato la bambina alla vicina e sarebbe corsa da lui.
“Tu saresti più felice,
io voglio che tu sia
felice e con Paul.. se fosse andata diversamente..”
Era
ubriaco quando
aveva sentito la sua risposta, ma ricordava perfettamente ogni parola
di quel “Non sarei riuscita a
superare la tua
perdita, Leeyum” e il successivo spiegargli che
“Ci sono persone che non stanno
assieme, che non sono come le coppie
normali, ma sono destinate a incontrarsi. Mi capisci, Leeyum? Quel che
c’è tra
noi va oltre l’amicizia, oltre l’amore, oltre
tutto. Tu sei la mia anima
gemella e io non riuscirei a vivere senza di te”.
Inciampò
sull’ultimo
gradino, andando a sbattere contro la porta
dell’appartamento, e fissò a terra
vedendo tutto quanto ondeggiare, appoggiando il palmo contro lo stipite
e
coprendosi gli occhi con un grugnito alla luce improvvisa.
-
Pensavo di doverti
affrontare domani mattina con la camminata della vergogna.-
sentì dire dal
ragazzo che aveva stretto le dita sulla sua camicia e l’aveva
costretto a
varcare la soglia, quel movimento brusco aveva incrementato la nausea e
aveva
portato una mano alla testa per fermarla. - Non ti ha soddisfatto a
sufficienza?
Eppure sembra tu ti sia divertito da quel che vedo.-
Quel
semplice tocco
contro il collo fu il necessario per farlo arrancare fino in bagno e
piegarsi
sul gabinetto, appoggiando poi la fronte contro la tavoletta e
prendendo dei
respiri per calmarsi, scuotendo il capo alle domande del ragazzo e
intravedendo
la sua figura rigida sulla soglia della porta. Ridacchiò
appena al suo “Non riesco a odiarti
nemmeno ora, guarda
come mi hai ridotto” e grugnì
infastidito alla nuova ondata di nausea,
percependo la mano del più piccolo muoversi in un massaggio
lungo la schiena.
-
Vuoi qualcosa?- lo
sentì chiedere con apprensione, scuotendo il capo in
risposta e indietreggiando
col sedere sul pavimento fino a poggiarsi con la schiena contro la
vasca,
portando una mano tra i capelli e strofinandola contro il viso freddo e
sudato.
Picchiettò la mano sul posto libero accanto a lui e
sbuffò al suo “Io
lì a terra non mi siedo”,
afferrandogli il braccio e obbligandolo a far come gli aveva chiesto,
inclinando poi il viso per premere la guancia contro la sua spalla. Era
riuscito a rilassarsi quando, dopo un primo momento in cui si era fatto
rigido,
aveva infilato le dita tra le ciocche, muovendo i polpastrelli contro
la cute,
e aveva arricciato le labbra in un sorriso intenerito nel riconoscere
una delle
proprie maglie addosso al più piccolo.
-
Ho detto a Jade che
sono gay e Perrie non l’ha presa bene.- bisbigliò
dopo qualche altro minuto,
invitandolo con un grugnito a riprendere con quei tocchi quasi magici.
- Stavo
pensando al fatto che sarei dovuto tornare a casa e mi sono accorto
troppo
tardi di quel che stava facendo.- spiegò subito dopo,
sentendo il suo cenno del
capo e i polpastrelli che stava premendo contro la nuca, sfiorandogli
quel
segno e stringendolo sempre più forte al suo fianco.
Prese
un respiro
profondo, richiamando a sé tutto il coraggio, e
sussurrò: - Mi dispiace, Zayn.
Davvero tanto. Sono stato troppo accecato dalla paura per vedere quanto
i miei
gesti potessero essere fraintesi. Però oggi ho capito che
non posso rischiare
di perderti, che non voglio perderti.-
-
Non è un’ossessione.-
aggiunse senza dargli il tempo di intromettersi, tenendo gli occhi
chiusi e
insistendo con: - Non è un bisogno disperato, non
è come con lei. Io ho cercato
di chiuderti fuori, perché tu mi fai stare bene e forse ho
una testa strana che
mi impedisce di cercare la mia felicità, forse sono pazzo e
forse non ti merito
nemmeno. Però sono certo che mi hai insegnato a guardare
dentro di me e vederci
qualcosa di bello, qualcosa per cui valga la pena vivere e amare,
lasciarsi
amare. Ho queste barriere attorno, mi sono nascosto per proteggere me
stesso e
mi sono perso nello stesso momento. Ci siamo fatti male entrambi,
probabilmente
per il mio cercare di stare aggrappato al passato e sperare di non
soffrire con
il mio rifiuto del presente, e siamo stati feriti dal muro che ho
buttato giù.
Mi sono sentito un pezzo rotto, incompleto e inutile per
così tanto tempo che
mi era sembrato assurdo il tuo interesse nei miei confronti. Ora
però ho capito
tutto, ora riesco a vederlo e ti giuro, te lo prometto, avrai ogni mio
respiro,
ogni singolo battito del mio cuore e non avrò più
incertezze quando dirò a
tutti che sei mio, solo mio, e che io mi sono..-
Si
era allontanato da
lui lentamente durante il discorso, finendo con il busto tutto rivolto
verso di
lui, e aveva visto i suoi occhi diventare sempre più lucidi,
bloccandosi
sull’ultima parola al suo scuotere del capo e chiedere con
voce spezzata dal
pianto: - Di chi sei tu? Perché io sono tuo e lo sanno
tutti, l’hanno capito
tutti.-
Non
aveva nemmeno avuto
il tempo di dire il suo nome che l’aveva visto premere i
palmi contro le
palpebre e stringere poi i pugni fino a far diventare le nocche
bianche. Non
capiva cosa gli fosse preso perché la reazione che si
aspettava era ben diversa
da quella che aveva avuto lui, da quella che avrebbe avuto una persona
normale
nel vedere un cuore aprirsi in quel modo.
-
Ma di chi sei tu? Di
chi sei per davvero? Ti vuole Harry, ti vuole Jade e chissà
chi altri. Ma tu a
chi appartieni? Di chi è il tuo cuore? Certe volte penso non
riuscirai mai a
dimenticarla, che il tuo cuore non sarà più di
nessuno.. e nonostante tutto
trovo che sia la cosa più romantica di tutte, che tu sia
ancora innamorato di
lei, che sarai sempre del tuo primo amore. Non ti avrà mai
nessuno, perché tu
sei troppo.. sei troppo per tutti. Vorrei dirti che fa male e ti odio,
ma non è
così.. non ho mai incontrato nessuno come te, non ho mai
desiderato così tanto
l’amore di una persona e non sono mai stato più
felice di così, di tutto questo
tempo che ho passato con te e con Aileen. Sentirmi parte di questa
famiglia e
desiderarlo così tanto, desiderare tutto.. tutto il
pacchetto al completo. Con
te e Aileen, con Kaylyn che.. che mi stai facendo innamorare persino
del tuo
ricordo di lei. Non so come fai, non lo so proprio.-
Aveva
cercato di
seguire tutto il suo discorso, di capire cosa volesse realmente dire
con quello
strano giro di parole, ma aveva lasciato perdere qualsiasi domanda
sull’essere
più chiaro nel vederlo così fragile mentre
singhiozzava in quella maglietta
troppo grande per lui. Aveva avvolto le braccia attorno alle sue
spalle,
premendo le labbra tra i suoi capelli, e l’aveva tenuto
stretto mentre ripeteva
il suo nome assieme a inviti a calmarsi, a non fare così e
“Non mi perdi, sono qui, non vado da
nessuna
parte”.
-
Non ti dimenticherò
mai, Lee. Mai, non lo farò mai.- lo sentì
bisbigliare ripetutamente contro il
proprio petto, tenendo la camicia stretta in una morsa e non accennando
a
spostarsi da quel punto. - E sarò sempre tuo qualsiasi cosa
accada, io sono
tuo.-
-
Zay.- ripeté il suo
nome con dolcezza e una strana malinconia, scuotendo il capo e
avvolgendolo
meglio tra le braccia. - Non ti lascio, non mi perdi e non
m’importa di quello
che potranno dire le persone.. io sono innamorato di te.-
Lo
tenne stretto mentre
ascoltava il suo pianto, i singhiozzi che gli scuotevano il corpo, e
arricciò
le labbra in una smorfia nel percepire la sua stretta, come se si
stesse
aggrappando a lui con la consapevolezza di un’ultima
volta. Gli venne quindi naturale bisbigliare contro il suo
orecchio “Non lasciarmi”
e il
singhiozzo - molto simile a un verso di dolore - che il moretto si
lasciò
sfuggire dalle labbra fu tutto quel che gli servì per
rafforzare la presa
attorno al suo corpo e appoggiare la fronte contro i suoi capelli.
La
mattina dopo si era
svegliato con un fortissimo mal di testa, i ricordi della sera prima
sigillati
nella testa e il pianto di Zayn che gli risuonava ancora nelle
orecchie. Si
erano spostati nel letto e l’aveva tenuto stretto tutta la
notte, vegliando su
di lui e approfittando di quel momento per imprimere nella memoria ogni
particolare del suo viso. Non voleva chiedergli il motivo di quello
scoppio,
dei suoi “Non ti
dimenticherò mai”
che avevano il sapore di un addio, preferiva rimandare a quando si
sarebbe
offerta l’occasione; aveva pianto a sufficienza in tutti
quegli anni e ora che
si scopriva innamorato di quel ragazzo non si sarebbe fatto rovinare
quel
momento.
Si
era messo seduto nel
letto, slacciandosi la camicia della sera prima e buttandola a terra
con una
smorfia, puzzava di alcool e vomito, per poi allungare un braccio verso
il
comodino e recuperare una pastiglia e il bicchiere d’acqua,
sorridendo al
foglietto e alla calligrafia del più piccolo.
Solo
dopo essersi fatto
una doccia, aver indossato un paio di boxer e essersi guardato attorno
si era
reso conto dell’assenza di Zayn, dei vestiti che indossava la
sera precedente e
che stavano piegati sulla parte del letto sfatta. Non aveva potuto
pensarci
troppo perché la suoneria del cellulare aveva rotto il
silenzio, aveva risposto
alla chiamata di quel numero sconosciuto e non salvato sulla rubrica e
aveva
rischiato di farlo cadere a terra per quel che Louis gli stava dicendo
a una
velocità incomprensibile.
-
Cosa?! No! No, non me
l’ha mai detto!- iniziò a gridare di rimando alle
accuse del ragazzino,
infilando frettolosamente un paio di pantaloni e una maglietta mentre
teneva
bloccato il cellulare tra l’orecchio e la spalla. - Come
facevo a scoprirlo da
solo, Louis?- sibilò quella domanda con i nervi a fior di
pelle, per poi
passare le dita tra i capelli e sussurrare: - Puoi trattenerlo, per
favore?-
Non
appena Louis
rispose con un “Certo, ma fai in
fretta”
si catapultò fuori dalla stanza con un solo pensiero, non
avrebbe perso anche
lui.
Angolo
Shine:
Anzitutto
perdonate il
ritardo, ero impegnata con il continuo di Car wash e ho preferito
lasciare un
momento in sospeso la long. Poi mi sono dimenticata oggi fosse
venerdì, perché
sono stata impegnata in questi giorni (vi risparmio il racconto di un
viaggio
disastroso) e ho perso il ritmo della giornata.
Quindi
che dire? Penso
si sia capito stiamo arrivando alla fine, giusto?
Il
prossimo capitolo
sarà tutto dal punto di vista di Zayn, così da
analizzare meglio le sue scelte
e quel che prova lui.
Non
ho altro da
aggiungere, oltre a “finalmente Jade è uscita di
scena” o “finalmente Liam si è
dichiarato”. E stavo notando, mentre scrivevo, che Leeyum e
Kaylyn mi ricordano
troppo Joey e Dawson (Qui non so quanti mi capiranno, la generazione
degli anni
’90 sicuramente). Quel telefilm mi ha rovinato la vita.
Ho
in mente una specie
di spin-off in cui Leeyum e un piccolo Zayn si vedono per la prima
volta in
ospedale (non chiedete, non so perché), quando uno
è appena uscito dall’incidente
d’auto e l’altro ha appena perso la mamma (sono
impazzita, mi voglio troppo
male).
A
venerdì prossimo!