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Autore: heydrarry    21/02/2015    1 recensioni
Dopo l'impresa dell'estate precedente e la sparizione di Teri, le tre semidee Mel, Eles e Ria sono state costrette a tornare in una scuola mortale e proseguire una vita normale. Non potevano immaginare che un nuovo mondo con ulteriori pericoli le stesse aspettando fuori dal Campo Mezzosangue.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Chirone
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'T.R.E.M'
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Capitolo 7

 

TERI

 

Sorrisi per il sollievo, dopo mesi. Ce l’avevo fatta. Avevo finalmente contattato Mel. Ero spossata e non me ne ero resa conto fino a quel momento. Contattare la figlia di Atena aveva costituito un obiettivo talmente fondamentale in quei due mesi da non farmi sentire la stanchezza. Ora che l’obiettivo era stato raggiunto sentii la fatica investirmi come un carro armato.
Ludkar accanto a me mi aveva appena fatto una domanda, ma io non ci avevo prestato attenzione. Ero occupata a interrompere la comunicazione, altrimenti Ludkar si sarebbe accorto che avevo mandato una richiesta d’aiuto.
«A chi hai detto scappa?» domandò Ludkar, corrugando la fronte. Diamine. Dovevo inventarmi qualcosa, e alla svelta. Così finsi una voce fioca e un’espressione triste. Non che fosse poi così difficile, dopo mesi lì dentro e dopo aver visto tante tragedie messe in scena dai figli di Apollo.
«A me stessa» mormorai.
«Mi dispiace, tesoro. Ma finché tuo padre non si deciderà a lasciarci un pegno, un segno che non si riprenderà questo privilegio che ci ha donato, io non ti lascerò andare. E deve lasciarci anche un posto lì giù, negli Inferi. Siamo suoi pari, deve trattarci come tali.». Peccato che mio padre fosse morto sedici anni prima. Ade mi proteggeva, ma non ero sua figlia. Ma annuii. Ludkar sorrise.
«Vedo che ragioni, splendore.». Mi scostò una ciocca di capelli e mi soffiò sul collo. Rabbrividii mentre la sua mano fredda mi afferrava dai fianchi.
«Ludkar!» gridò qualcuno, fuori dalla cella.
«Oh, proprio ora che cominciavamo a divertirci...». Si strinse nelle spalle. «Se la caveranno da soli».
«Non ora!» gridò di rimando.
Sentii un altro brivido percorrermi la schiena e cercai di trattenere il tremito che mi aveva colto il labbro inferiore. Cosa diavolo aveva intenzione di fare? Sentii i sensi alla massima allerta. Fece per avvicinare il suo viso al mio.
«Ludkar, è urgente!» urlò nuovamente qualcuno. «Si tratta dell’arma!»
Ludkar sobbalzò. Poi mi accarezzò lievemente la guancia e le nostre labbra si sfiorarono. Chiusi gli occhi istintivamente, ritraendomi appena, ma la sua era una presa di ferro.
«Mi racconterai un’altra volta di questo Leo» soffiò sulle mie labbra, e feci in tempo a riaprire gli occhi per vederlo sorridere languidamente. Poi aprì la porta della cella e andò via.
Mi appoggiai sul cuscino della brandina e vi nascosi il viso. Sentivo la gola bruciare per le lacrime che volevo versare, ma ormai avevo i condotti lacrimali consumati. Ero stanca di piangere. Mi consolavo all’idea che fossi riuscita a contattare Mel. L’avevo vista diversa nel messaggio. Era più magra, si era sfoltita i capelli e i suoi occhi grigi erano più brillanti. Dopo averla vista, ne sentii ancora di più la mancanza. Mi accoccolai sotto la copertina ruvida e cercai di spegnere il cervello e dormire.
Ovviamente il mio cervello non la pensava così, e decise di farsi venire tutti i problemi in quel momento.
Ripensai a come mi ero salvata dalle mani luride di Ludkar. L’avevano chiamato per qualcosa...un’arma. L’arma che volevano come pegno da parte di Ade, certo. Ma perché Ludkar si era affrettato così tanto?
Mi alzai dalla brandina e mi avvicinai alla porta della cella, sperando di riuscire a captare qualcosa. Sentivo delle voci, ma erano solo bisbigli indistinti. Mi mancava quasi quel morto vivente di Jasper, il vampiro che avevo conosciuto qualche mese prima e che aveva un superudito, per quanto idiota potesse essere. Morto vivente, ma certo! Avrei potuto evocare un’anima e chiederle di origliare per conto mio. Alla fine, ero sempre protetta da Ade come se fossi sua figlia.
Poi la realtà del posto in cui ero mi si spiattellò in faccia come una doccia fredda. Non potevo evocare proprio nessuno. Ero in un’altra vibrazione della realtà, ero nel luogo tra la vita e la morte.
Ero già esausta per aver chiamato Mel, una persona viva. Figurarsi un morto, che vuole l’intero McDonald’s per fare la propria apparizione e quello di cui disponevo io era solo un pezzo di pane raffermo.
Mi aggrappai alla porta della cella, frustrata.
E poi quelle voci si fecero chiare.
«La ragazza ha scoperto il suo lato di Cacciatrice» disse una voce roca. Non era quella di Ludkar e nemmeno quella di Kolor. Ma non mi era nuova. «È arrivata da poco all’Istituto, ma il nostro informatore mi ha comunicato che ha cominciato l’allenamento, anche se non va poi così bene.»
Poi sentii Ludkar parlare.
«Come sarebbe?»
«Le spade angeliche la rifiutano e lei rifiuta le rune».
Non avevo idea di cosa stessero parlando. Rune, spade angeliche, Cacciatori. Non potevo essere io. Non mi avevano fatto toccare né spade né rune, qualsiasi cosa fossero. Forse non ero l’unica ad essere prigioniera.
«Va benissimo invece» disse Ludkar.
«Come sarebbe?»
«Non preoccuparti. Va avanti»
«Sta acquisendo più padronanza dell’arco di Apollo».
Spalancai gli occhi. Esisteva solo un arco che poteva avere quel nome. E apparteneva ad Eles.
In quei mesi forse aveva scoperto questo suo lato da Cacciatrice con spade angeliche e rune, anche se io non avevo idea di cosa significasse. Conoscevo solo le Cacciatrici di Artemide, e nonostante non le avessi mai viste, sapevo che non usavano spade angeliche e tantomeno rune.
«Tra quanto credi sarà pronta?» chiese Ludkar.
«Basterà farle perdere qualcuno a cui tiene particolarmente. E si consegnerà a noi» rispose la voce roca.
«E chi sarebbe questo qualcuno?»
«Abbiamo già la figlia di Ade»
«Ma il loro legame non è forte come quello che c’è tra la figlia di Ade e la figlia di Atena. E sicuramente quella ricciolina impicciona non permetterà a nessuno di consegnarsi per Teri al posto suo. No, ci vuole qualcuno di più vicino al cuore della super abbronzata.»
«Ora che mi ci fai pensare ci sarebbe qualcuno».

«Non la madre. Non mi azzarderei mai a torturare una Shadowhunter esperta».
«Già. Maledetti Shadowhunters. Tu sei stato due settimane in quel Campo. Non ricordi niente?»

«Mh, fammi pensare. Ci sarebbe questo semidio, James. Anche lui figlio di Apollo e molto affezionato alla sua sorellina. E a Mel. Oppure Liam, figlio di Ermes. Ha una cotta seria per Eles

«E quale ragazzino non ha una cotta per quella patetica abbronzatissima?»

«No, e sta proprio qui il bello. Eles sembra ricambiare.»

«Liam, hai detto, giusto? Bene.»
«Fa' in modo che soffra, ma non ucciderlo fino a quando Eles non avrà ceduto.» si raccomandò Ludkar.

«Tranquillo, Ludkar. So come fare».

«Jack, fa' come ti dico e basta. Niente stronzate».
«Okay, capo».

Sentii una sedia spostarsi. Pensai che fosse l'adrenalina a schiarire i suoni alle mie orecchie. Dovevo avvisare di nuovo Mel. Dovevo dirle di avvisare il Campo e soprattutto Liam e James.

«Oh, aspetta Jack! Pensavo che potremmo incrementare la dose per convincere la piccola semidea a schierarsi dalla nostra parte. E anche Ade a lasciarci il pegno che vogliamo».

«Certo»

«Allora io ti filmerò mentre ti farai una bevuta dalla pallidina, lassù. È debole. Farle male sarà facile».

Spalancai gli occhi e mi morsi la lingua per trattenere un urlo.

«E lei com'è?»

«Molto carina, posso garantirtelo».

«Si può fare anche adesso».

«Bene, allora andiamo».
Un’irrazionale paura mi attanagliò lo stomaco e il respiro accorciarsi.
Sentii nuovamente una sedia scostarsi. Tornai subito sulla branda. Non dovevano pensare che avessi origliato.

Sentii i passi che si avvicinavano mentre avvertivo lo stomaco stringersi in un nodo. Sulla soglia comparvero Ludkar e un altro ragazzo sulla trentina. Aveva i capelli lunghi e castani, ricci. Era quello che mi aveva buttata nella cella, due mesi prima. Aveva la pelle pallida come quella di Ludkar e gli occhi azzurri come il cielo. Era leggermente più basso di Ludkar, ma più muscoloso. Sarebbe stato anche bello se non avessi saputo cosa stava per farmi. Volevo evocare dei fiori, come mi aveva insegnato Persefone, per farli inciampare, ma in quel mondo di cenere era impossibile.

«Ora stai tranquilla, bella. Sarà veloce, ma intenso». E ridacchiò.

Strinsi la coperta in un pugno.

«No...» mormorai. «Per favore, no».

Fu un istante. Jack si avventò su di me e mi bloccò le braccia al muro.

«Sarà divertente» mi disse, e respirai il suo alito puzzolente di sangue, spingendo indietro un conato di vomito.

Mi divincolai, ma evidentemente i Nocturni erano accumunati da una presa di ferro. Tutte le fortune. Cercai di sferrargli un calcio, ma il suo corpo sembrava fatto di marmo.

«Ferma, ferma. Hai davvero troppa energia. Dovrei togliertene un po'». I canini spuntarono scintillanti dalle sue gengive.
In quegli occhi azzurri fu come se rivedessi la mia vita. Vidi mia zia, che mi aveva accudita per quindici anni. Ricordai quando scoprii di essere diversa, di avere poteri, al ballo scolastico e inseguita da un Ciclope. Ricordai quando creai un collegamento empatico con Mel. Rividi Niall, il mio adorabile satiro e migliore amico, i miei fratelli Gregor e Nico, gli occhi dolci e multicolore di Persefone, mia madre. Ricordai i baci di Leo, le sue mani calde, il suo sorriso furbo. Era finita. Le lacrime scorrevano lungo le mie guance. Il mio ultimo pensiero andò ad Ade, mio padre. Non lo era davvero, ma restava il mio riferimento. Ero pronta a morire.

Ma nel momento in cui i canini sfiorarono il mio collo sentii uno strano calore provenire dai miei piedi. Riaprii gli occhi e vidi che i miei piedi stavano prendendo fuoco.

«Ma che diavolo succed-» borbottò Jack, ritraendosi. Le fiamme ai miei piedi si alzarono, avvolgendomi le gambe.

«Le fiamme nel Cinerarium dovrebbero essere viola...Tutto questo è..».

Le fiamme, invece, erano stupende, come quelle che Leo faceva spuntare tra le sue mani. Mi era mancato quel colore.

Ludkar tentò di toccare il fuoco, ma non riuscì nemmeno ad avvicinarsi. C’era come un campo di forza intorno a me. Mi si tapparono le orecchie. Vedevo i due Nocturni agitarsi e cercare di spegnere quello che ormai si stava trasformando in un incendio. Io, invece, ero tranquilla. Il dolore che mi provocava il fuoco non era insopportabile. Preferivo morire così, piuttosto che dissanguata e torturata. Basta in quel luogo a metà, tra il mondo della vita e quello della morte. Dovevo andare e appartenere ad uno solo. Alla fine, la mia vita non era stata così brutta. Raggiungere Ade non sarebbe nemmeno stato così male. Le fiamme divamparono e fui completamente avvolta in una colonna di fumo e fiamme.

 

   
 
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