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Autore: emychan    22/02/2015    4 recensioni
"In principio il giardino apparteneva all'uomo e alla donna"
Così si apre la storia narrata in Yggdrasil, ma questa è una storia diversa.
Questa è la storia di Lilith, delle sua scelta e della sua caduta.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per prima cosa ringrazio tutti coloro che leggono, seguono e aggiungono ai preferiti la storia!:)

Un grazie speciale va a chi ha lasciato un commento in questi giorni: Ciuffettina, Drachen, Dimea, Madyson Alyssa Johnson e Loreena McKenzie, siete fantastiche!:)

Poi, una nota sul capitolo.
Qualcuno di voi ha espresso dubbi circa la natura degli angeli. In particolare, su come appaiono, sul fatto che Gabriel sia o meno una donna e via dicendo.
Qui c'è l'inizio della mia risposta, spero si capisca cosa intendo. E' stato piuttosto difficile metterla su carta!:D
Aspetto i vostri commenti!!!:D:D

Nel frattempo, per chi li avesse, mi sono iscritta anche su Wattpad e su Goodreads!:D

A presto!:*

 

5. Adam
 
La vita sull’Eden trascorreva semplice e pacifica; senza mutare, senza sorprese o eventi particolarmente degni di attenzione; calma come l’acqua del lago, che nutriva la radici dorate dell’albero della vita.
Ogni tanto, giungevano le visite inaspettate del Creatore, o di una delle sue creature alate, a spezzare la monotonia del giorno e gli umani restavano per infinito tempo in loro compagnia, affascinati e intimoriti dal loro aspetto.
Si definivano mal'akh*, messaggeri del Padre, e sostenevano di essere i suoi primi figli, le sue creazioni più antiche.
I loro corpi di luce erano luminosi come quelli del Creatore; la loro volontà e i loro pensieri un tutt’uno con i Suoi; come Lui non avevano né carne, né sangue da mostrare e la loro essenza, la loro anima, era tutto ciò che li costituiva. Eppure, nonostante lo loro natura fosse più divina che umana, il loro aspetto ricordava quello di un uomo con gigantesche ali da uccello.
Di fronte a quella bizzarra descrizione, durante una delle sue prime visite, Michael era scoppiato a ridere.
«Con ali da uccello?» aveva ripetuto con aria divertita. «Dovrei sentirmi offeso, semmai sono loro ad avere ali da angelo.»
Adam si era sentito mortificato all’idea di aver insultato quella magnifica creatura del Regno e si era profuso in scuse, ma l’arcangelo lo aveva placato con un caldo sorriso.
Il mistero della natura di quelle creature, però, aveva continuato a incuriosirlo spingendolo, di tanto in tanto, a chiedere spiegazioni a Michael, che sembrava l’unico disposto a parlargli di tali questioni senza alcuna ritrosia. Ma, per quante volte provasse a spiegarglielo, per l’uomo la natura degli angeli rimaneva qualcosa di oscuro e complesso, come fosse al di là della sua capacità di comprensione od oltre i limiti del suo intelletto.
Nonostante la sua ovvia difficoltà a seguirne le parole, l’arcangelo non si perdeva d’animo continuando a spiegargli e rispiegargli, all’infinito, lo stesso concetto.
Il problema essenziale di Adam, ciò che davvero non comprendeva, era la differenza tra sé e quelle creature. Michael sosteneva che gli angeli non avessero un corpo fisico, ma ai suoi occhi non apparivano molto differenti da sé. Avevano un volto, occhi e capelli dai colori variegati, caratteri e sentimenti diversi l’uno dall’altro. Dove Michael era espansivo e sempre allegro, ad esempio, Raphael appariva più pacato e responsabile, Uriel più cupo e malinconico e che dire di Gabriel, dolce, gentile e dagli inconfondibili tratti di donna?
Come potevano affermare di non avere un corpo come il suo, quando poteva vederli e, se ne avesse avuto il coraggio, addirittura toccarli? Era questo che Adam non riusciva a comprendere in alcun modo.
«Ci siete voi-» gli ripeteva instancabilmente Michael «E c’è il Padre, in mezzo ci siamo noi.»
L’uomo annuiva a quelle parole, perché quella era la parte chiara, quella semplice.
«Lui è la Luce, la fonte di ogni cosa e di ogni forma di vita-» gli diceva con ritratto in viso il profondo amore, che nutriva per il Regno. «Mentre voi siete una scintilla di quella luce, una minuscola scintilla, come quella che otterresti facendo strisciare due pietre focaie l’una contro l’altra. Le Sue mani hanno colto quella scintilla e l’hanno piantata nella materia. In questo non siete diversi dalle altre creature della Terra, ma la vostra luce è più luminosa, più brillante, di quella che appartiene a piante e animali, questo vi rende più simili a noi e più vicini a Lui.»
«Più simili, ma non uguali?» chiedeva allora l’uomo corrugando la fronte e sforzandosi di seguire il senso del discorso. L’arcangelo scuoteva il capo. «La vostra carne si nutre di desideri propri: fame, sete, paure e bramosie, che non ci appartengono. Noi non le proviamo, perché la volontà del Signore scorre in noi e decide per noi. Voi siete più distanti dalla fonte e non ne percepite più il calore. La Sua scintilla si confonde nella carne, si mescola al sangue dividendovi dalla coscienza del Creatore. Da questo nasce la vostra solitudine: quella scintilla desidera tornare a casa, tornare ad essere parte del Padre, ma la carne sa che quel viaggio la distruggerà e, per questo, combatte per rimanere in vita, per convincervi a temere la sua fine e, attraverso quella lotta, vi rende ciechi e sordi alla volontà del Signore.»
L’uomo ascoltava quelle parole con rapita attenzione, cercando di ritrovare dentro di sé quelle emozioni che l’angelo descriveva, stupito dalla profonda conoscenza e comprensione che Michael sembrava avere di ogni più piccola creazione.
«Al contrario di voi, noi non siamo prigionieri della carne. Non siamo scintille mescolate al sangue, ma parti della luce inviate nel mondo per essere i Suoi occhi e la Sua voce. Siamo decine di piccole fiamme destinate a bruciare in eterno nutrendosi della Sua luce. La nostra essenza si sviluppa all’infinito, muta, accrescendo il proprio potere e la propria conoscenza. La materia per noi non è altro che un gioco, la plasmiamo, la dominiamo, la trasformiamo e ci ricopriamo di essa. Per questo ci vedi come siamo, ma non è niente di più di un’illusione. Una maschera che scegliamo di indossare, ma che non è la nostra natura. Potremmo facilmente sbarazzarcene, se volessimo.»
«Quindi non è il vostro aspetto reale?»
E l’arcangelo rideva dimostrandogli quanto lontano fosse in realtà dal comprendere le sue parole.
«Ciò che tu definisci aspetto non è che il risultato della nostra e della Sua volontà. Siamo come Lui vorrebbe che fossimo e come noi vorremmo essere, ma non siamo immutabili, se è questo che intendi, perché la materia che ci circonda può essere abbandonata e trasformata all’infinito. Se ci vedessi nel Regno avremmo comunque questo aspetto, perché è così che decidiamo di apparire, ma nel tempo, magari tra astri, potresti incontrarci in vesti totalmente differenti. Ciò che noi siamo realmente, ciò che tu sei realmente, anche se non lo ricordi, è luce e solo questo.»
«Se siete solo una parte del Signore e della Sua volontà, come potete essere così differenti l’uno dall’altro?»
«Chi dice che siamo solo questo? Credi, forse, di essere stato creato a partire dal nulla? Tu, la donna, gli animali, gli alberi, non siete altro che forme diverse di ciò che siamo noi. Copie immutabili della nostra volontà.»
«Ma se siete la Sua volontà, allora non dovreste sentire nulla di diverso da quella» cercava allora di mettere in parole i propri dubbi, Adam e Michael annuiva paziente. «Noi siamo la Sua volontà, certo. Però abbiamo anche una mente e sentimenti che dipendono e si sviluppano in base alle nostre esperienze. Io parlo con te ora e questa conversazione appartiene solo a me, capisci? In questo momento ti amo, perché so che il Signore ti ama e, per questo, mai ti farei del male, ma sono anche curioso, perché desidero conoscere a fondo la tua natura e parlo con te, perché provo piacere nel farlo. Questi sono pensieri e sentimenti che appartengono solo a me e non alla Volontà.»
Gli insegnamenti che gli arcangeli condividevano con loro, però, non riguardavano solo la natura del Regno o delle creature celesti. C’erano le volte in cui altri, come Raphael, scendevano nell’Eden per insegnare loro come usare erbe e fiori, come mescolarli per medicare ferite più o meno gravi, per prendersi cura non solo l'uno dell'altra, ma anche di tutte le creazioni che vivevano assieme a loro in quell'angolo sperduto della terra.
«Gli animali, le piante, l'intero giardino, sono una vostra responsabilità-» diceva loro l’arcangelo dai capelli biondi, il viso indifferente e quasi annoiato. «Quando prendete da loro, dovete farlo con rispetto.»
Nonostante fosse uno degli arcangeli con cui passava più tempo, Raphael lo faceva sentire a disagio, come se ogni sua parola fosse una prova che era incapace di superare. Un insegnamento che non aveva l'abilità di comprendere.
Al contrario, Lilith pareva perfettamente a suo agio con ognuna di quelle creature. Non provava né imbarazzo, né timidezza al loro cospetto, continuando ad affermare le proprie idee e a porre le proprie domande con la stessa forza con cui affrontava ogni cosa.
Uccideva per mangiare e puliva le carcasse senza alcun indugio, quasi con piacere. «Sono qui per darci modo di mangiare-» gli diceva in risposta alle sue critiche. «Perché dovremmo sentirci in colpa?»
Adam non cercava di fermarla, ma non la seguiva quando andava a caccia. Sentiva che c'era qualcosa di sbagliato nel modo di agire della donna, ma non voleva affrontarla né litigare con lei.
Percepiva l'esistenza di un profondo legame tra ogni creatura vivente. Un vincolo la cui natura non gli era chiara come agli arcangeli, ma sufficiente a dimostrargli la verità delle loro parole.
Per richiesta del Signore, aveva iniziato a dare nomi ad ogni cosa, ad osservarne i tratti e il ruolo all'interno della creazione. Per sua sorpresa, ogni cosa nel giardino pareva averne uno.
Tutto era come un'unica catena perfetta, immutabile ed eterna.
Il solo osservarla lo commuoveva fino alle lacrime.
Alla fine tutto si riduceva al fatto che la sua vita, tranquilla e monotona per quanto fosse, gli piaceva. Amava dormire e risvegliarsi accanto all’acqua fresca e trasparente del lago della vita, ascoltare le melodie intonate dagli uccelli tra i rami, passeggiare nei boschi, pescare e raccogliere frutti. Attendeva con ansia le visite del Padre o delle sue creature celesti, ascoltava stupefatto i loro racconti e assorbiva con attenzione ogni loro insegnamento.
Non condivideva l’irrequietezza della sua compagna e nemmeno la capiva. Non sapeva come poterle rendere le cose più facili e temeva la rabbia che le percepiva addosso, quell’insoddisfazione, quella frenesia, che parevano accompagnarla ovunque.
La amava, questo sì, ma sapeva che, prima o poi, le cose sarebbero precipitate.
La donna avrebbe detto troppo, avrebbe fatto qualcosa di indicibile e allora- allora non sapeva cosa sarebbe accaduto, né voleva pensarci.
E cosa sarebbe cambiato, in fondo? Lilith non prestava orecchio alle sue parole, se mai lo aveva fatto.
Distanti nella mente e nel corpo, ormai faticavano perfino a guardarsi in viso per più di pochi minuti e le loro giornate erano sempre più spesso trascorse lontani l’uno dall’altra.
Anche quel giorno l'aveva lasciata accanto al lago a lavorare il legno e si era allontanato da solo, alla ricerca di nuovi animali a cui dare un nome.
Fu proprio mentre si trovava nel bosco che lo raggiunsero, le voci adirate di Michael e della donna.
«Che cos’hai fatto?»
Adam corse verso il lago, chiedendosi cosa potesse essere accaduto di tanto grave da porre quel tono di rabbia nella voce dell'arcangelo. «Che cosa succede?» chiese una volta giunto dai due.
Michael era in piedi accanto al lago, i pugni stretti lungo fianchi e gli occhi increduli. Le sue labbra erano tese in una smorfia di rabbia e tutto il suo viso appariva contorto, come se volesse trattenersi dall'adirarsi con la donna, ma non riuscisse del tutto a dominarsi.
«Niente.»
Fu Lilith a rispondere, china nell'erba. Adam non vedeva cosa stesse facendo, ma lo sguardo dell'arcangelo era sufficiente per capire che non fosse nulla di buono.
«Niente?» ripeté Michael, come se quella parola lo avesse colpito fisicamente. «È niente, per te, portare la morte in questo giardino?»
Lilith scelse quel momento per alzarsi e Adam lo vide. C'era il corpo privo di vita di una lepre a terra, una ferita sanguinante sul suo fianco.
«Non è vietato uccidere per mangiare» gli rispose lei, senza alcun timore.
«Ma tu non l'hai fatto per mangiare. Lo hai fatto per gioco, ti ho vista!» sibilò l'arcangelo.
La sua voce spezzò il silenzio con una forza tale da intimorirlo e costringerlo ad arretrare. Eppure Lilith ne incrociò lo sguardo, senza alcuna paura. «Puoi forse dimostrarlo? Avevo fame e sono andata a caccia.»
«Sono certo che ci sia stato un errore» mormorò l'uomo attirando su di sé lo sguardo adirato di Michael. «Lilith non avrebbe-»
«Pensi che io stia mentendo?» lo fermò l'arcangelo e Adam esitò.
Il suo silenzio venne tradotto in un'accusa e Michael sollevò la mano verso l'arma che teneva legata dietro le spalle. La furia dipinta su tutto il suo corpo parve riscaldarlo come fiamme.
Adam indietreggiò e gemette spaventato.
Forse fu quella paura, il suo gemito o, forse, fu il Signore stesso a intervenire per loro, ma l'arcangelo fermò i propri movimenti e chiuse gli occhi. Annuì lentamente e la sua mano destra torno ad allungarsi lungo il suo corpo.
«Ishà-» mormorò, quando fu di nuovo padrone delle proprie emozioni. «Non puoi uccidere gli animali in quel modo, è crudele.»
Gli occhi grigi della donna parvero farsi più freddi. «Perché?» chiese in tono di sfida.
Adam si sentì avvampare, aprì la bocca per intervenire di nuovo, ma la donna lo anticipò. «Ho costruito un'arma-» mostrò loro il legno su cui aveva lavorato negli ultimi giorni. Era curvo, molto lungo, con un laccio legato alle due stremità. «Volevo vedere se funzionava» scosse le spalle, come se la cosa dovesse essere ovvia.
«Ishà!» sibilò Michael, ma si fermò, le labbra socchiuse, come cercando parole inesistenti per descrivere ciò che provava.
«Francamente non capisco perché ti agiti così tanto. Sei stato tu ad insegnarci ad uccidere, dopotutto.» Le parole caddero tra di loro con il tonfo di un sasso nell'acqua.
«Lilith, fa silenzio!» ordinò inorridito l'uomo.
La donna si irrigidì e si voltò verso di lui, i suoi occhi grigi lo studiarono come fosse un estraneo, una creatura dalla forma bizzarra e curiosa. Adam ricambiò lo sguardo sentendosi ogni istante più inorridito.
«Posso avervi insegnato ad uccidere, ma vi ho anche insegnato a rispettare ciò che vi circonda, ad essere grati del dono della vita e ad amarla anche quando appartiene ad altri. Se tutto ciò che avete appreso da me si riduce a come creare un’arma per distruggere ciò che Dio ha creato, allora mi scuso, perché ho fallito nel mio intento.»
La rabbia di Michael era svanita. Al suo posto c'erano solo delusione e tristezza.
In qualche modo, quelle sensazioni lo spaventarono e ferirono ancora di più della sua rabbia.
Adam non sapeva cosa fare, voleva scusarsi, cancellare in qualche modo quegli eventi e quell'espressione dal viso dell'arcangelo, ma non aveva parole da donargli.
Si avvicinò di un passo sollevando la mano verso di lui. «Non farlo» lo fermò Michael, il capo chino, l'espressione nascosta sotto ai folti capelli rossi. «Non ora. Non posso-» non terminò mai la frase. Scomparve in un lampo di luce lasciandoli soli.
L'uomo non parlò. Si sentiva stanco e svuotato. «Non avresti dovuto parlargli così-» disse alla donna. «Michael è qui per noi, per darci aiuto. Dovresti essergli riconoscente.»
«Riconoscente?» sbuffò lei incredula. «E per cosa? Per donarci le briciole del suo tempo e giocare con noi come fossimo i suoi animali da compagnia?»
Adam la guardò pallido e angosciato.
«Ma guardati-» lo canzonò inclinando il capo su una spalla. «Ti metterai a piangere adesso?»
«E pensare che ti ho desiderata così tanto» bisbigliò pentendosi subito delle sue parole.
Lilith non diede cenno di averlo sentito, la sua espressione fredda e calcolatrice come sempre. «Puoi tenerti la lepre» gli disse voltandosi.
«Lilith-» cercò di fermarla, ma la donna era già scomparsa tra gli alberi del bosco.
Rimasto solo Adam si sentì barcollare. Poggiò una mano sul tronco ruvido e tiepido dell'albero della vita premendosi l’altra contro il viso. Un singhiozzo si strappò dalla sua gola, ma l'uomo lo trattenne.
L'aria proveniente dal lago parve bisbigliare il suo nome facendolo rabbrividire.
Il peso della solitudine non era mai stato così forte.


* parola ebraica per angelo.
 

 

   
 
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