31 Days - December
~Generations of poison, centuries of poison
[NejiHina]
“Lo sguardo è una
scelta. Chi guarda decide di soffermarsi su una determinata cosa e di escludere
dunque dall'attenzione il resto del proprio campo visivo. In questo senso lo
sguardo, che è l'essenza della vita, è prima di tutto un rifiuto.
Vivere vuol dire
rifiutare.”
Faceva
freddo. Anche d’estate.
Faceva
freddo e il ritmico contatto dei piedi nudi sul pavimento di legno scandiva
sinfonie di brividi, tremori che salivano lungo le gambe, su per la colonna
vertebrale, fino al collo. E lì morivano
abbandonandosi sulle spalle per poi cadere nuovamente a terra.
Eppure
era agosto.
Hinata
entrò nella stanza senza un rumore, uno spostamento d’aria. Silenziosamente si inginocchiò alla sinistra di Hanabi,
piegandosi in un breve inchino in direzione del padre.
Una mano
tremante impugnò le bacchette, mentre l’altra, altrettanto esitante, venne tesa verso la ciotola di riso; Hinata
fece scorrere gli occhi lungo il tavolo, alla ricerca di un’improvvisamente
affascinante piatto di umeboshi.
Nella
tenuta degli Hyuuga nessuno parlava, a colazione.
Nella
tenuta degli Hyuuga nessuno parlava e nessuno
guardava realmente.
Mai.
Non Hiashi che osservava ogni cosa con
sguardo invetriato senza vedere nulla. Non Neji,
troppo attento a non compromettere la propria posizione per fissare i propri
occhi in quelli di lei. Non Hanabi nella sua muta
farsa che sapeva troppo di protesta.
Questo
pensava Hinata mentre lentamente portava pochi chicchi di riso alla bocca
e masticava compostamente.
<<
Fa freddo, oggi >>.
<<
…già >>.
Parole talmente banali da rendere irrilevante perfino chi le aveva pronunciate. Probabilmente non c’era un chi e
un come, erano soltanto suoni articolati a cui nessuno avrebbe prestato attenzione.
Solo rumori.
Ma in
quella casa faceva sempre freddo, pensò Hinata mentre le tornavano in mente i brividi di poco prima, non
c’era nulla di strano, non quel giorno.
L’acuto
rumore delle bacchette che entravano in collisione con il servizio di porcellana vagò per la stanza, rimbalzando contro le pareti
di carta e cercando affannosamente uno spiraglio. Niente sarebbe uscito da
quella stanza.
<<
Ha dormito bene padre? >> chiese Hanabi atona e
riuscendo al contempo a suonare sibilante e velenosa come una vipera.
<<
Sì >> rispose Hiashi noncurante. <<
Grazie per l’interessamento >>.
<<
Strano >> continuò Hanabi. << Io ho
invece sentito dei rumori, a notte fonda. A dire il vero non ho quasi chiuso
occhio >>.
Il volto
di Hinata sembrava confondersi sempre più con il
leggero yukata di cotone bianco, il candore della
pelle veniva messo in risalto dai capelli corvini. Hinata era incolore.
Non
incolore come un’incisione d’altri tempi, carta di riso e inchiostro e decisi
segni tracciati da un artista. Assomigliava più ad una vecchia foto, sbiadita e
logorata dal tempo. Sembrava passata di mano in mano, per poi venire abbandonata su un mobile e lasciata a rovinarsi al
sole. In bianco e nero.
<< Dev’essere stata la pioggia >> esalò con tono
impalpabile. << Ha… ha anche grandinato. È per questo che fa così freddo >>.
Neji
annuì gravemente.
<< Pare
che la tempesta di questa notte abbia fatto danni in
tutta Konoha >>.
Hanabi
alzò un sopracciglio con scetticismo, ma in un primo momento in disse nulla. La mortificante banalità di quelle
conversazioni la straziava, le toglieva l’aria, e allo stesso tempo la
contagiava. Odiava ammetterlo, ma nemmeno lei riusciva a fare a meno di quella
confortante e gelida falsità che a Villa Hyuuga
permeava ogni cosa. Ma se per gli altri andava bene così, per Hanabi no.
<<
Mi spiace contraddirti >> disse con calma,
rivolta alla sorella. << Ma ciò che mi ha tenuta
sveglia non era certo il rumore della grandine >>.
<< È caduto un albero nel cortile est >> chiosò Neji altero. << Il vento ha spezzato dei rami e li ha
trasportati fin sul tetto, dove sono rimasti fino a questa mattina >>.
Hanabi
sbatté più volte le palpebre.
<<
Non erano rami >> spiegò apparentemente pacata.
<< Ne sono certa >>.
<<
La mia camera era proprio accanto alla tua, ma non mi
pare di aver udito alcun rumore >> obbiettò nuovamente Neji, continuando la propria colazione come se nulla fosse.
<<
Ne sei certo? >> ribatté lei, volutamente sospettosa.
Hiashi
si limitò a redarguirla con un fiacco : << Hanabi, sii più rispettosa >> .
Strinse i
denti, Hinata, e maledisse quell’insulsa conversazione. Le parole, così come ogni
altro suono, rimanevano intrappolate nelle mura,
rimbombandole nelle orecchie fino a farla impazzire. Basta, avrebbe voluto gridare, smettetela smettetela smettetela smettetela. Ma la sua espressione
non cambiò minimamente; rimase composta, inginocchiata al fianco di Hanabi.
Ogni
anno, ogni mese, ogni giorno, ogni singolo minuto
passato in quella stanza sembrava farla impazzire. Era come una tortura, sottile
e perversa: nessuno avrebbe detto le cose come stavano, nessuno. Solo perifrasi, accenni velati e altrettanto velati
suggerimenti ed insinuazioni. Niente che fosse o bianco o nero.
Straziante.
<< Ha-hanabi, non credo che Neji-nii-san abbia motivo per mentirti >>
commentò Hinata con la bocca improvvisamente secca.
<<
Non sto dicendo questo >> replicò Hanabi. << Solo… sembrava un rumore di passi >>.
Anche Neji impallidì, per quanto gli fosse
possibile. Hanabi, Hanabi, Hanabi.
Un tempo
l’aveva ammirata, principalmente per il suo essere differente da Hinata, ed ora si ritrovava ad odiarla.
…sempre esattamente il contrario.
Con entrambe.
Aveva
bisogno d’aria, di ossigeno e di scelte. Si sentiva
attaccato indirettamente e messo con le spalle al muro da una ragazzina, una
mocciosa velenosa e petulante ma dannatamente perspicace; aveva trattenuto il
respiro a lungo, cercando di risultare il più
sfuggente possibile.
Era
bastato un passo falso. Un rapido respiro fuori dall’acqua,
il termine momentaneo di quell’inutile apnea. Ma a lui serviva altra aria.
…Hinata.
<<
Passi? >> chiese falsamente stupito. << Probabilmente ti sei
sbagliata >>.
<< Io non mi sbaglio >> soffiò la minore, fredda e
assiomatica. << Mai >>.
<<
Ne sei certa? >>.
Le narici
di Hanabi si dilatarono. Se
fosse stato possibile, pensò Neji, ne sarebbe uscito
anche del fuoco. Non era contenta Hanabi. Ma non lo era nemmeno Neji, e nemmeno Hinata.
Soltanto Hiashi pareva immune a quella scia di veleno.
Generazione di veleno.
Neji
alzò il mento, per la prima volta da quando aveva
messo piede nella sala. Appoggiò le bacchette, cessando ogni rumore e ogni movimento.
Cosa c’è in primo piano? Si era chiesto Neji
incessantemente, durante quell’infernale manciata di minuti. Hinata o gli Hyuuga?
“Lo sguardo è una
scelta”
<<
Non possono essere stati che passi, allora >>.
Hinata
sussultò. Neji
la stava guardando.
Stava
guardando lei, proprio ed esclusivamente lei, senza dar conto a
ciò che accadeva attorno. Gli occhi opalescenti del cugino erano fissi sulla
sua persona e ignoravano palesemente il resto, senza degnare Hiashi o Hanabi della minima
attenzione.
“Lo sguardo, che è l’essenza della vita, è prima di tutto un
rifiuto”.
<< Hai ragione, Neji-nii-san >>
concordò Hinata con voce flautata, alzando il
volto con decisione. << Non possono essere stati che passi >>.
Hiashi
e Hanabi strinsero le labbra con forza, fino a farle
impallidire, fino a farle quasi scomparire dal volto.
Strinsero le labbra per evitare che esse emettessero un qualsiasi suono,
atteggiamento poco adatto alla casata, e per mostrare la loro muta indignazione.
Per un
lungo, gelido minuto si sentirono estranei; per la prima volta, quella mattina,
sentirono quanto realmente facesse freddo a villa Hyuuga.
Si sentirono rifiutati.
…Poiché Neji guardava Hinata e Hinata guardava Neji.
E se
quello non era nient’altro che uno sguardo, i rumori non erano nient’altro
che passi.
Idea ben più temibile.
“Vivere vuol dire
rifiutare”.
Hiashi
socchiuse gli occhi, mentre Hanabi distolse lo sguardo.
…Poiché Hinata guardava Neji e Neji guardava Hinata.
Tutto ciò
che sarebbe accaduto, non sarebbe stato altro che secoli di veleno.
Questa
storia è il regalo di natale per Leti, alias Kaho_chan <3
Perché
lei sembra sempre sotto l’effetto del gas esilarante, ma poi scrive piccoli
capolavori che definire angst è un banale eufemismo.
Perché anche se è una Pink Panter,
ogni volta che vedo il suo lato Hyuugacestoso me ne
dimentico u_u
Buon NataLè (L)
La citazione iniziale è tratta da Metafisica dei tubi, di Amélie Nothomb <3
Lo so che
è presto, ma sono arrivata alla conclusione che postare tutti i regali tra 23 e
il 24 sarebbe stato folle e controproducente. Dunque eccomi qui u__u
Piichan: Anche
io sono per la corrente di pensiero “Jiraya era un
gran figo”, anche grazie ai disegni lasciatici dal
caro Kishimoto-sama. Ogni tanto fingo che Dan non sia mai esistito, Tsunade
era innamorata di lui, non ci sono storie U_U
bambi88: Grazie
<3 In Tsunade ci vedo una sorta di Sakura, ma sempre versione Shippuuden.
Jiraya invece è semplicemente Jiraya!
Kaho_chan: Adesso
magari attendo una TUA Jiratsu, no? <3
Talpina Pensierosa: Brevità perdonata XD Grazie!
I hope you like
it!
Mela
Caramellata