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Autore: Mala Mela    08/12/2008    4 recensioni
06 . Did you find the enlightenment in the Western Paradise? . JiraTsu
{ «Hai trovato quello che cercavi? È per questo che sei di nuovo qui?».
Tsunade scuote la testa, posando sulla scrivania il bicchierino che fino a pochi istanti prima era ricolmo di saké.
«È proprio perché non ho trovato nulla che sono tornata. Suppongo che il mio metodo di ricerca non sia abbastanza efficace».
«Forse il problema non è il metodo, ma ciò che cerchi» le fa eco Jiraya. «Perché se l’unica cosa che vuoi trovare è una ragione per non tornare mai più, prima o poi finirai per fare l’esatto contrario». }
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jiraya, Tsunade
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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31 Days - December

31 Days - December

 

 

~Generations of poison, centuries of poison

[NejiHina]

 

 

 

 

 

 

“Lo sguardo è una scelta. Chi guarda decide di soffermarsi su una determinata cosa e di escludere dunque dall'attenzione il resto del proprio campo visivo. In questo senso lo sguardo, che è l'essenza della vita, è prima di tutto un rifiuto.

Vivere vuol dire rifiutare.”

 

 

Faceva freddo. Anche d’estate.

Faceva freddo e il ritmico contatto dei piedi nudi sul pavimento di legno scandiva sinfonie di brividi, tremori che salivano lungo le gambe, su per la colonna vertebrale, fino al collo. E lì morivano abbandonandosi sulle spalle per poi cadere nuovamente a terra.

Eppure era agosto.

Hinata entrò nella stanza senza un rumore, uno spostamento d’aria. Silenziosamente si inginocchiò alla sinistra di Hanabi, piegandosi in un breve inchino in direzione del padre.

Una mano tremante impugnò le bacchette, mentre l’altra, altrettanto esitante, venne tesa verso la ciotola di riso; Hinata fece scorrere gli occhi lungo il tavolo, alla ricerca di un’improvvisamente affascinante piatto di umeboshi.

Nella tenuta degli Hyuuga nessuno parlava, a colazione.

Nella tenuta degli Hyuuga nessuno parlava e nessuno guardava realmente.

Mai.

Non Hiashi che osservava ogni cosa con sguardo invetriato senza vedere nulla. Non Neji, troppo attento a non compromettere la propria posizione per fissare i propri occhi in quelli di lei. Non Hanabi nella sua muta farsa che sapeva troppo di protesta.

Questo pensava Hinata mentre lentamente portava pochi chicchi di riso alla bocca e masticava compostamente.

 

<< Fa freddo, oggi >>.

<< …già >>.

 

Parole talmente banali da rendere irrilevante perfino chi le aveva pronunciate. Probabilmente non c’era un chi e un come, erano soltanto suoni articolati a cui nessuno avrebbe prestato attenzione. Solo rumori.

Ma in quella casa faceva sempre freddo, pensò Hinata mentre le tornavano in mente i brividi di poco prima, non c’era nulla di strano, non quel giorno.

L’acuto rumore delle bacchette che entravano in collisione con il servizio di porcellana vagò per la stanza, rimbalzando contro le pareti di carta e cercando affannosamente uno spiraglio. Niente sarebbe uscito da quella stanza.

 

<< Ha dormito bene padre? >> chiese Hanabi atona e riuscendo al contempo a suonare sibilante e velenosa come una vipera.

<< Sì >> rispose Hiashi noncurante. << Grazie per l’interessamento >>.

<< Strano >> continuò Hanabi. << Io ho invece sentito dei rumori, a notte fonda. A dire il vero non ho quasi chiuso occhio >>.

 

Il volto di Hinata sembrava confondersi sempre più con il leggero yukata di cotone bianco, il candore della pelle veniva messo in risalto dai capelli corvini. Hinata era incolore.

Non incolore come un’incisione d’altri tempi, carta di riso e inchiostro e decisi segni tracciati da un artista. Assomigliava più ad una vecchia foto, sbiadita e logorata dal tempo. Sembrava passata di mano in mano, per poi venire abbandonata su un mobile e lasciata a rovinarsi al sole. In bianco e nero.

 

<< Dev’essere stata la pioggia >> esalò con tono impalpabile. << Ha… ha anche grandinato. È per questo che fa così freddo >>.

 

Neji annuì gravemente.

 

<< Pare che la tempesta di questa notte abbia fatto danni in tutta Konoha >>.

 

Hanabi alzò un sopracciglio con scetticismo, ma in un primo momento in disse nulla. La mortificante banalità di quelle conversazioni la straziava, le toglieva l’aria, e allo stesso tempo la contagiava. Odiava ammetterlo, ma nemmeno lei riusciva a fare a meno di quella confortante e gelida falsità che a Villa Hyuuga permeava ogni cosa. Ma se per gli altri andava bene così, per Hanabi no.

 

<< Mi spiace contraddirti >> disse con calma, rivolta alla sorella. << Ma ciò che mi ha tenuta sveglia non era certo il rumore della grandine >>.

<< È caduto un albero nel cortile est >> chiosò Neji altero. << Il vento ha spezzato dei rami e li ha trasportati fin sul tetto, dove sono rimasti fino a questa mattina >>.

 

Hanabi sbatté più volte le palpebre.

 

<< Non erano rami >> spiegò apparentemente pacata. << Ne sono certa >>.

<< La mia camera era proprio accanto alla tua, ma non mi pare di aver udito alcun rumore >> obbiettò nuovamente Neji, continuando la propria colazione come se nulla fosse.

<< Ne sei certo? >> ribatté lei, volutamente sospettosa.

 

Hiashi si limitò a redarguirla con un fiacco : << Hanabi, sii più rispettosa >> .

 

Strinse i denti, Hinata, e maledisse quell’insulsa conversazione. Le parole, così come ogni altro suono, rimanevano intrappolate nelle mura, rimbombandole nelle orecchie fino a farla impazzire. Basta, avrebbe voluto gridare, smettetela smettetela smettetela smettetela. Ma la sua espressione non cambiò minimamente; rimase composta, inginocchiata al fianco di Hanabi.

Ogni anno, ogni mese, ogni giorno, ogni singolo minuto passato in quella stanza sembrava farla impazzire. Era come una tortura, sottile e perversa: nessuno avrebbe detto le cose come stavano, nessuno. Solo perifrasi, accenni velati e altrettanto velati suggerimenti ed insinuazioni. Niente che fosse o bianco o nero.

Straziante.

 

<< Ha-hanabi, non credo che Neji-nii-san abbia motivo per mentirti >> commentò Hinata con la bocca improvvisamente secca.

<< Non sto dicendo questo >> replicò Hanabi. << Solo… sembrava un rumore di passi >>.

 

Anche Neji impallidì, per quanto gli fosse possibile. Hanabi, Hanabi, Hanabi.

Un tempo l’aveva ammirata, principalmente per il suo essere differente da Hinata, ed ora si ritrovava ad odiarla.

…sempre esattamente il contrario. Con entrambe.

Aveva bisogno d’aria, di ossigeno e di scelte. Si sentiva attaccato indirettamente e messo con le spalle al muro da una ragazzina, una mocciosa velenosa e petulante ma dannatamente perspicace; aveva trattenuto il respiro a lungo, cercando di risultare il più sfuggente possibile.

Era bastato un passo falso. Un rapido respiro fuori dall’acqua, il termine momentaneo di quell’inutile apnea. Ma a lui serviva altra aria.

 

Hinata.

 

<< Passi? >> chiese falsamente stupito. << Probabilmente ti sei sbagliata >>.

<< Io non mi sbaglio >> soffiò la minore, fredda e assiomatica. << Mai >>.

<< Ne sei certa? >>.

 

Le narici di Hanabi si dilatarono. Se fosse stato possibile, pensò Neji, ne sarebbe uscito anche del fuoco. Non era contenta Hanabi. Ma non lo era nemmeno Neji, e nemmeno Hinata.

Soltanto Hiashi pareva immune a quella scia di veleno.

Generazione di veleno.

 

Neji alzò il mento, per la prima volta da quando aveva messo piede nella sala. Appoggiò le bacchette, cessando ogni rumore e ogni movimento.

 

Cosa c’è in primo piano? Si era chiesto Neji incessantemente, durante quell’infernale manciata di minuti. Hinata o gli Hyuuga?

 

 

“Lo sguardo è una scelta”

 

 

<< Non possono essere stati che passi, allora >>.

 

Hinata sussultò. Neji la stava guardando.

Stava guardando lei, proprio ed esclusivamente lei, senza dar conto a ciò che accadeva attorno. Gli occhi opalescenti del cugino erano fissi sulla sua persona e ignoravano palesemente il resto, senza degnare Hiashi o Hanabi della minima attenzione.

 

 

“Lo sguardo, che è l’essenza della vita, è prima di tutto un rifiuto”.

 

 

<< Hai ragione, Neji-nii-san >> concordò Hinata con voce flautata, alzando il volto con decisione. << Non possono essere stati che passi >>.

 

Hiashi e Hanabi strinsero le labbra con forza, fino a farle impallidire, fino a farle quasi scomparire dal volto. Strinsero le labbra per evitare che esse emettessero un qualsiasi suono, atteggiamento poco adatto alla casata, e per mostrare la loro muta indignazione.

Per un lungo, gelido minuto si sentirono estranei; per la prima volta, quella mattina, sentirono quanto realmente facesse freddo a villa Hyuuga. Si sentirono rifiutati.

Poiché Neji guardava Hinata e Hinata guardava Neji.

 

E se quello non era nient’altro che uno sguardo, i rumori non erano nient’altro che passi.

 

Idea ben più temibile.

 

 

“Vivere vuol dire rifiutare”.

 

 

Hiashi socchiuse gli occhi, mentre Hanabi distolse lo sguardo.

Poiché Hinata guardava Neji e Neji guardava Hinata.

Tutto ciò che sarebbe accaduto, non sarebbe stato altro che secoli di veleno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Questa storia è il regalo di natale per Leti, alias Kaho_chan <3

Perché lei sembra sempre sotto l’effetto del gas esilarante, ma poi scrive piccoli capolavori che definire angst è un banale eufemismo. Perché anche se è una Pink Panter, ogni volta che vedo il suo lato Hyuugacestoso me ne dimentico u_u

 

Buon Nata (L)

 

 

 

La citazione iniziale è tratta da Metafisica dei tubi, di Amélie Nothomb <3
Lo so che è presto, ma sono arrivata alla conclusione che postare tutti i regali tra 23 e il 24 sarebbe stato folle e controproducente. Dunque eccomi qui u__u

 

 

Piichan: Anche io sono per la corrente di pensiero “Jiraya era un gran figo”, anche grazie ai disegni lasciatici dal caro Kishimoto-sama. Ogni tanto fingo che Dan non sia mai esistito, Tsunade era innamorata di lui, non ci sono storie U_U

 

bambi88: Grazie <3 In Tsunade ci vedo una sorta di Sakura, ma sempre versione Shippuuden. Jiraya invece è semplicemente Jiraya!

 

Kaho_chan: Adesso magari attendo una TUA Jiratsu, no? <3

 

Talpina Pensierosa: Brevità perdonata XD Grazie!

 

 

 

I hope you like it!

 

Mela Caramellata

 

 

   
 
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