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Autore: Lady_Wolf_91    28/02/2015    4 recensioni
"Jensen e Amy hanno avuto un primo disastroso incontro ed entrambi sono intenzionati a non vedersi più.
Una serie di coincidenze però li porterà a conoscersi più a fondo e quando entra il gioco il destino chi lo sa come può finire?"
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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VI
 



E devo dire che davvero non toccammo l’argomento –non c’era molto da toccare dato che non ricordavo nulla- e tra un ordine e un altro si era fatta sera.
Avevo appena chiuso il negozio parlando di quanto fosse stata strana la nostra ultima richiesta con Aria “Io capisco che è un addio al nubilato ma, un pene formato da cupcake? Davvero?”
Mi sarei aspettata qualche battutina ma lei rimase in silenzio mentre io sentivo una risata quella risata che mi costrinse a voltarmi velocemente e davvero, perché quando c’era lui in un modo o nell’altro si finiva a parlare di quello?
“Jensen?”
Era appoggiato alla sua moto con il casco tra le mani e un sorriso sul volto. Cosa diavolo ci faceva lì?
“Sai? Sono tornato a casa e sono stato una buona ora a cercare le chiavi prima di ricordarmi che le avevo date a te.”
Merda le chiavi.
“Oh sì, giusto.”
Iniziai a frugare nella borsa e dove diavolo erano? Insomma erano lì fino a qualche secondo fa e oh, eccole.
Tirai fuori l’orrendo portachiavi a forma di tartaruga sventolandogliele davanti agli occhi come a dire –ecco visto? Non ho perso le tue chiavi, non mi ero dimenticata di te, già- il suo sorriso si allargò e le prese sfiorando casualmente le mie dita “Pensavo, sai sei stata la mia protettrice delle chiavi, dovrei ringraziarti potrei offrirti”
E non lo lasciai finire, perché ok che a volte ero testarda ma imparavo anche io le mie lezioni “Direi di no, insomma capisco che tu ti diverta a vedermi perdere il controllo e improvvisare discorsi filosofici con lampioni o gatti ma la cosa non mi rende totalmente a mio agio, considerando che non ricordo praticamente nulla. E magari in quei momenti tu sei uno stronzo e io non me lo ricordo. Non sto dicendo che sei uno stronzo perché sei stato molto gentile in entrambi i casi ma davvero, direi che c’è un limite a tutto e che noi due e l’alcool non andiamo d’accordo.”
Amy
Aria quasi sospirò il mio nome in un misto di ansia e rassegnazione e la fissai come a chiederle cosa volesse e prima che altre parole uscissero fuori dalla mia bocca Jensen continuò.
“Un caffè, pensavo di offrirti un caffè. O per caso ti ubriachi anche con un quello?”
E in verità non volevo accettare, la scusa ufficiale era che mi dispiaceva lasciare la mia povera amica tutta sola, quella ufficiosa è che ero sicura di fare altre figuracce e no, grazie quel tipo aveva materiale a sufficienza per ridere di me per anni interi.
Ma ovviamente la mia amica non era della stessa opinione e dopo un per niente velato ‘Certo va pure’ che nella sua lingua significava ‘non provare a rifiutare o ti uccido in modo doloroso e atroce’ mi ritrovai per l’ennesima volta sulla moto di Jensen, diretti verso un piccolo caffè poco distante.
La cameriera si presentò a noi con un sorriso smagliante e gli occhi –ovviamente- puntati su Jensen e ‘ehi ciao? Ci sono anche io sai?’
“Un espresso e?”
Entrambi mi fissarono mentre io ero passata dal fissare la cameriera a cercare di leggere il menu storcendo le labbra pensierosa “Un caffè alla nocciola.”
La ragazza scrisse gli ordini pronta ad andarsene “No no, aspetta facciamo alla fragola, no sai cosa? Si può avere al cioccolato bianco senza panna? No, no un caffè lungo sì, andrà più che bene. Anzi no, nocciola e basta, sì nocciola.”
Lei si allontanò perplessa mentre Jensen sorrideva e cosa? Una persona non poteva cambiare idea su come volesse il caffè?
“Mi piacciono i caffè particolari.”
“Sì, ho notato.”
Quando i due caffè arrivarono eravamo ancora in silenzio probabilmente incerti su cosa dire, io ero dannatamente curiosa ma lo ammetto: mi vergognavo un po’ a chiederglielo ma lui sembrò quasi leggermi nel pensiero.
“Non vuoi saperlo?”
“Cosa?”
“Quello che è successo ieri, pensavo fossi curiosa.”
Mescolai con cura la panna al caffè alla nocciola cercando di mostrarmi indifferente “Curiosa? Ma no, voglio dire curiosa è una parola grossa, diciamo che mi fa piacere venire a conoscenza degli eventi come mi farebbe piacere sapere il tempo di domani.”
Mi guardò per qualche secondo e alla fine spuntò quel meraviglioso sorriso, insomma non meraviglioso un sorriso ecco sì.
“Stai morendo di curiosità vero?”
E mi lasciai andare anche io ad una leggera risata mentre assaggiavo quello che doveva essere il caffè alla nocciola più buono di sempre “Mi hai scoperta!”
Si portò la tazza alle labbra bevendone un piccolo sorso e tornò a fissarmi. Nessuno gli aveva insegnato che non era educazione fissare le persone così?
“Abbiamo bevuto, devo dire che questa volta abbiamo esagerato un po’ entrambi e, non ricordo bene quando ma a un certo punto ti eri convinta che io abitassi in una scatola di cartone sotto un ponte e io ho provato a convincerti del contrario ma hai iniziato a urlare che non dovevo vergognarmi della mia situazione e che tu avevi un divano libero. E così portarti a vedere che avevo davvero una casa mi è sembrata l’unica soluzione possibile.”
Oh cielo, potevo quasi immaginarmi quella scenata.
“E una volta salita sopra hai iniziato un’accesa conversazione con Jean.”
Spalancai gli occhi perché no, quello non era proprio possibile “Aspetta, il tuo gatto? Cioè mi sono avvicinata al tuo gatto?”
“Sì, avvicinata, l’hai offeso perché usava le zampe per pulirsi e a un certo punto hai iniziato a scuoterlo perché era troppo morbido per essere un gatto e sì.”
“Io ho il terrore dei gatti. Quando ero piccola il gatto di mia nonna mentre era tranquillo se la prese con il mio braccio, potevo quasi vederci attraverso.”
“Si? Non sembrava, anche se credo che adesso sarà Jean ad avere il terrore di te, immagino che ne parlerà con tutti i suoi amici per avvertirli della pazza scuotitrice di gatti.”
“Dovrò iniziare a girare con lo spray al peperoncino.”
Soffocò l’ennesima risata nel caffè e continuò.
“Poi continuavi a dire di volermi far vedere la tua fantastica capriola ma prima di farlo ti sei addormentata sul letto. Io ho pensato di farti dormire un po’ e poi riportarti a casa ma a quanto pare sono crollato anche io. E questo è più o meno quello che è successo.”
Più o meno? Quindi c’era dell’altro? No, meglio non indagare.
“Bene, sai cosa? Dimentichiamoci di ieri sera. Oggi abbiamo un incontro sobrio e voglio dire, tu conosci cose di me che non dovresti conoscere e-”
“A sì?”
Lo fissai per un lungo istante, ovvero fino a che lui non capì scoppiando a ridere “Sì, forse hai ragione”
“Appunto, mentre io non so molto di te.”
“Ok: chiedi?”
Puoi toglierti la maglietta e improvvisare una lap dance qui?
No, su Amy concentrati.
“Che lavoro fai?”
Ok, questa era meglio anche se non era il massimo.
Lui, stupendomi, rise ed era evidente che ormai mi avesse classificato sotto il nome pagliaccio.
“Scusa è che…”
Spalancai gli occhi colpita da un’improvvisa illuminazione:
“No, non me lo dire, te l’ho già chiesto?”
“Sì, ieri.”
Oh ieri, quando ero così ubriaca da intrattenere una conversazione con un gatto. “Ho detto qualcosa di stupido: vero?”
“Hai proposto dei lavori.”
“Lasciami indovinare, ho detto che probabilmente facevi il modello?”
E questa non era difficile perché era la prima cosa a cui avevo pensato.
“Già.”
Brevi sprazzi di conversazione iniziavano a farsi strada nella mia testa tristemente sobria e io impallidii.
“…ti ho dato dell’accompagnatore per signore sole?”
“Oh, sì questo è stato divertente, hai chiamato anche la mia vicina, la signora Bets sostenendo che in uno dei nostri incontri lei si fosse innamorata di me.”
Ed ecco spiegato perché quella signora mi sorrideva quella mattina.
Mi coprii il volto con le mani sbuffando sonoramente.
“Attore porno?”
“Questa era la tua tesi più valida, sostenevi di avermi visto in qualche filmino.”
E ad un tratto le tende del locale non erano la cosa più rossa la dentro.
Oddio io non li guardo nemmeno quei film, voglio dire non è che li guardo tanto da riconoscere gli attori, e insomma quello che intendo è che ecco… e quindi che lavoro fai?”
Prese un ultimo sorso di caffè formando poi una strana e adorabile smorfia con le labbra.
“Vigile del fuoco.”
Risi, non l’avevo previsto, non è bello ridere quando qualcuno ti dice il proprio lavoro “Sei serio?”
“Lo hai detto anche ieri, hai detto: è impossibile che uno come te sia un vigile del fuoco, anche se credo che la divisa ti starebbe da Dio. E poi hai cercato di convincermi a indossare la divisa e a inscenare un incendio entrando da una porta pieno di polvere.”
Conclusione: ero un’idiota e non avrei mai più toccato niente che contenesse alcool.
“Scusa io, sono davvero fuori quando alzo il gomito.”
“No, è stato divertente.”
“Quindi, vigile del fuoco eh? Un bel lavoro, immagino che la tua famiglia sarà preoccupata da morire per te.”
O la tua ragazza.
“Probabilmente ma io non ho una famiglia.”
Lo fissai incerta sul pronunciare il mio secondo sei serio, sforzandomi di ricordare se mi avesse già detto quella cosa.
Aria di certo non me l’aveva raccontato.
“Che vuoi dire?”
“Non so che fine abbiano fatto i miei genitori, ho praticamente vissuto in un orfanotrofio fino a che non ho avuto l’età giusta per andarmene e mi sono trasferito qui, immagino sia per questo se non capivo il tuo riferimento alla nonna.”
Oh.
“Oh, mi dispiace.”
“No, non farlo è stato più divertente raccontartelo quando eri ubriaca.”
Ecco, l’aveva fatto.
“Perché cos’ho detto?”
“Che sono stato fortunato, mi sono risparmiato anni di regali sbagliati, feste obbligate e cene con gente che mi sta sul cazzo.”
“Mi dispiace Jens.”
Lui sorrise inclinando leggermente la testa e qualcosa da qualche parte dentro di me mi diceva di abbracciarlo cercando di togliere un po’ di dolore da quegli occhi verdi.
“Ti prego, non compiangermi, odio quando lo fanno. Piuttosto, Jens?”
Merda l’avevo detto ad alta voce?
“Volevo dire Jensen.”
“No, Jens mi piace. Quindi tu hai una pasticceria.”
Non era una domanda perché ovviamente l’aveva visto ma era un modo per cambiare argomento. “Sì, voglio dire sono ancora agli inizi ma spero vada bene.”
“La tua famiglia?”
“Uhm, mio padre è in Asia con la sua seconda moglie mentre mia madre sta viaggiando per il mondo, l’ultima cartolina me l’ha mandata dalla Svezia.”
“Non hai sorelle o fratelli?”
“Una sorella che è in viaggio di nozze.”
Continuammo a parlare del più e del meno ancora un po’, a un certo punto della conversazione gli raccontai che se avevo aperto la pasticceria era merito di Aria e lui aveva detto che non amava particolarmente i dolci io allora dissi che era solo perché non aveva ancora assaggiato i miei e lui promise che lo avrebbe fatto.
E continuammo a parlare e ridere ancora per molto e devo ammetterlo: la risata di Jensen era quasi più bella di tutto il resto.
Alla fine senza accorgercene si era fatto tardi ed entrambi avevamo degli impegni da rispettare, così uscimmo fuori dal bar terribilmente impacciati sul modo di salutarci.
Fu lui a spezzare quella strana tensione: “Allora, ci vediamo.”
Il mio cervello iniziò a suggerirmi cose intelligenti da dire “S-sì immagino di sì.” Peccato che a quanto sembrava il mio cervello e la mia bocca non fossero direttamente collegati.

 
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(Chiunque voglia aderire al messaggio, può copia-incollarlo dove meglio crede)


 









Angolo della fretta frettissima maledetta fretta.
Che fretta c'eraaa maledetta primaveraaa, no ok, anche oggi sono di frettissima >_> vi ringrazio sempre come al solito, voi che leggete, seguite, preferite e Rosarosa e Supernova che adoro lo sapete.
Scappo sperando che il capitolo vi sia piaciuto, la situazione tra i due scemotti qui sopra inizia a sbloccarsi MA...beh vedrete ^^


 
   
 
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