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Autore: slanif    02/03/2015    5 recensioni
KangTeuk
Il dolore non sarebbe mai passato, ma sarebbe diventato più sopportabile. La rabbia forse ci sarebbe sempre stata, ma non avrebbe prevaricato su tutto. Allacciarsi la cravatta era la prima cosa che faceva da giorni e che un po’ era servito a riprendere coscienza di se.
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kang-in, Leeteuk
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '50 Prompt'
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Titolo: Cravatta
Autore: slanif
Fandom: Super Junior
Personaggio/Coppia: Leeteuk, Kangin (KangTeuk)
Prompt: 25
Rating: Verde
Conteggio Parole: 1357
 


 
Le lacrime continuavano a gocciolare giù dagli occhi di Leeteuk, una dopo l’altra. Sembrava una fiume in piena, una fontana che zampillava sempre più forte.
Kangin lo fissò con tristezza e dolore, le sopracciglia aggrottate. Avrebbe voluto fare qualcosa, ma non sapeva neppure cosa dire per alleviare il dolore della persona che più amava al Mondo. Certi dolori sono impossibile da lenire.
Perciò si limitava ad allacciargli la camicia bianca, un bottone dopo l’altro, mentre Leeteuk era troppo sopraffatto dal dolore per poterlo fare da solo. Aveva le braccia inermi lungo i fianchi e le spalle scosse dai singhiozzi.
Il maggiore si morse il labbro inferiore con i denti per cercare di trattenersi, per non farsi sentire dagli altri membri, ma era tremendamente difficile. Il dolore che sentiva nel petto era così immenso che sembrava non potesse mai finire di sfogarsi. Il suo cuore era stretto e rinsecchito, come prosciugato e morto.
Kangin continuava ad abbottonargli la camicia in silenzio, afferrandogli adesso un polso, dopo l’altro, e alzandoli con delicatezza per chiudere anche quell’unico bottone di ogni polsino. Ad ogni gesto, gli accarezzava la parte interna del polso con il pollice, sperando di fargli silenziosamente capire che lui era lì.
Leeteuk continuava a singhiozzare, strizzando gli occhi così tanto che gli parve di non poterli aprire mai più.
Kangin sospirò, lasciò con lentezza la presa sui polsi dell’altro, quindi si avvicinò per un secondo alla sedia e ne afferrò la cravatta nera posata sulla spalliera. La lisciò tra le dita mentre si riavvicinava all’altro; quindi gli tirò su il colletto bianco e ci passò la cravatta attorno. La posò con delicatezza, continuando a lisciarne il tessuto rasato. Quindi la lasciò cadere sul petto dell’altro e la carezzò, toccando al contempo con le dita e tutto il palmo della mano, anche il petto di Leeteuk. Sotto il palmo destro, un cuore lento batteva agonizzante.
« Teuk… », lo chiamò piano.
Gli rispose solo un singhiozzo.
« Teuk… amore… »
Il singhiozzo fu più forte, e le spalle si alzarono talmente da toccare quasi i lobi delle orecchie.
Kangin strinse talmente forte i denti che gli sembrò di sentirli scricchiolare: « Amore… ti prego, guardami… »
Leeteuk singhiozzò ancora, il corpo venne scosso come da un brivido e alla fine, lentamente, socchiuse gli occhi. Erano appannati e lucidi, grondanti lacrime e dolore. Il nero dell’iride era così profondo che sembrava inglobare ogni cosa. Respirava velocemente, a bocca socchiusa, inglobando e sputando aria dai e nei polmoni alla stessa velocità che se stesse correndo da ore.
Ci mise un po’ per mettere a fuoco le cose: « K… Kan…? »
« Sono qui. », rispose il minore, carezzandogli una guancia col pollice e cercando di scacciare via almeno un po’ di tutte quelle lacrime.
« Kan… », sussurrò di nuovo Leeteuk, cominciando a vedere sempre più distintamente la sagoma di fronte a lui.
« Sono qui. », ripeté « Sono sempre stato qui. »
Leeteuk sentì il cuore spalancarsi, come se riuscisse di nuovo a ricevere tutto il sangue necessario per gonfiarsi, come se i polmoni, dopo lunghi minuti di siccità, avessero potuto riacquistare ossigeno e aprire quanto più possibile la cassa toracica. Singhiozzò forte.
Mise più a fuoco l’altro e finalmente poté vederne gli occhi pieni di sofferenza e l’espressione afflitta: « Kangin… »
Kangin gli strinse il volto tra le mani, sentendole subito bagnate da quel fiume di lacrime: « Amore… sono qui. Io ci sono, hai capito? Non ti lascerò da solo, non ti permetterò di piangere senza avere la possibilità di consolarti. Non voglio che chiudi fuori anche me, quindi guardami… »
Leeteuk sentì le orbite oculari vibrare e bruciare, quindi fissò davvero Kangin per la prima volta da giorni: « Ti vedo… », sussurrò pianissimo.
Kangin gli sorrise. Un sorriso triste e innamorato che gonfiò ancora un po’ il cuore malandato di Leeteuk.
« Lo so che ti sembra ridicolo sentirlo proprio in questo momento, ma… andrà tutto bene. Le cose si sistemeranno. Il tuo cuore smetterà di lacerarsi e i tuoi occhi di piangere. Ci sarà un giorno in cui ti sveglierai e riuscirai a non provare odio per tuo padre. Ci sarà un giorno in cui ricorderai solo le cose belle, di quando eri piccolo e lui giocava con te. » Leeteuk singhiozzò forte. « Lo so che non è facile, che adesso senti odio e dolore e che ti sembra di non poter nemmeno respirare, ma… io sono qui. Sarò il tuo ossigeno per tutto il tempo che vorrai. Perché non c’è niente al Mondo che sia più giusto, nella mia vita: ed è amarti. »
Il maggiore sentì la voglia furiosa di abbracciare l’altro, e per la prima volta da giorni il suo corpo rispose ai comandi. Alzò le braccia e le allacciò al collo dell’altro, poggiando la sua guancia fradicia contro quella asciutta e depilata dell’altro, sentendone il calore a contrasto con la sua pelle completamente gelata. A causa dei mancati movimenti, il suo corpo si era infreddolito e atrofizzato. Anche solo stringe Kangin a se gli aveva richiesto uno sforzo enorme, che andava al di la di ciò che riusciva a fare in quel momento, ma non importava. Era stato immobile a fissare il soffitto per cinque giorni, completamente al buio, coperto fino al naso dal piumone, senza muoversi di un solo centimetro. La mente vuota, il cuore devastato, aveva solo pianto.
Ma adesso era il momento di abbracciare quell’uomo che non l’aveva mai abbandonato e che si era steso vicino a lui in silenzio, carezzandogli la pancia per farlo calmare, senza chiedere mai nulla o pretendere nulla, che nonostante il silenzio, era stato quello a parlare più forte al suo cuore.
Quell’uomo che lo amava così tanto da prendersi comunque cura di lui nonostante in quel momento fosse terribilmente patetico e piagnucolone.
« Kan… »
« Mh…? »
« Grazie… », sospirò, chiudendo gli occhi e sentendo per la prima volta le lacrime fermarsi.
« Non mi devi ringraziare. Lo farei altre infinite volte se servisse a farti stare meglio… », rispose il minore, stringendo più forte le braccia intorno alla vita dell’altro.
Leeteuk sospirò e sorrise, depositandogli un leggero bacio sulla guancia. Quindi si allontanò un poco e notò la guancia completamente bagnata dell’altro. Ridendo appena, e sorprendendosi per quel suono lui per primo, così lontano nel tempo l’ultima volta che quelle mura l’avevano udito, gliela asciugò con la mano: « Scusa… ti ho bagnato tutta la faccia… »
Kangin sorrise, dandogli un dolce bacio sul naso: « Non importa… finiamo di vestirci, adesso. »
Leeteuk si scostò, notando che era completamente vestito ad eccezione della cravatta ancora sciolta e della giacca poggiata sulla sedia, posta in modo tale che non si acciuffasse. « Come…? », domandò confuso.
Kangin sorrise: « Ti ho vestito io. Non preoccuparti, manca solo di allacciare la cravatta. » E mentre lo disse, allungò le braccia per afferrare i due lembi di stoffa nera.
Ma Leeteuk scosse la testa: « Faccio io. », sorrise.
Kangin fece ricadere le braccia e lo fissò: « Certo. », sorrise. Finalmente Leeteuk si stava riprendendo.
Il maggiore si spostò di fronte allo specchio e afferrò i lembi neri della cravatta e prese ad annodarli con mani esperte; Kangin lo fissava da dietro, assicurandosi silenziosamente che stesse bene.
Quando il nodo della cravatta fu chiuso, Leeteuk sentì il nodo in gola sciogliersi un poco, nonostante la stoffa tirasse proprio in quel punto.
Il dolore non sarebbe mai passato, ma sarebbe diventato più sopportabile. La rabbia forse ci sarebbe sempre stata, ma non avrebbe prevaricato su tutto. Allacciarsi la cravatta era la prima cosa che faceva da giorni e che un po’ era servito a riprendere coscienza di se. Di sicuro aveva ancora bisogno di tempo, e sentiva di nuovo la voglia di piangere, ma adesso si ricordava chi era. Non si sentiva più un automa, un’anima nel corpo di qualcun altro: adesso era lui, Park Jung-Soo, il leader dei Super Junior Leeteuk.
E non era solo.
C’era due occhi pieni d’amore che avrebbero sempre vegliato su di lui.
« Kan… »
« Mh…? »
« Grazie… »
 
 
 
FINE
 
Ovviamente la fan fiction fa riferimento al fatto del padre di Leeteuk. Diciamo che la fan fiction è ipoteticamente inserita poco prima del funerale, quando tutti si stavano preparando per andare.

   
 
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