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Autore: Canneella    03/03/2015    2 recensioni
Daniele frequenta il Liceo Classico da quattro anni e gli fa schifo.
A dire la verità, a fargli schifo è un po' tutto.
Nulla lo interessa, tutto ció che lo circonda lo annoia, e lui è spento come un diciottenne non dovrebbe essere.
Alessandra invece ha due anni di meno ed è entusiasta ogni cosa, da un fiorellino sull'asfalto al sorriso di un anziano, disegna tutte le cose belle che vede ed è felice, sempre, anche se non succede niente.
Si vedono ogni giorno ma non si salutano, lei gli sorride soltanto con quel fare gentile e lui ricambia, le dedica l'unico lampo di colore di una giornata grigia, e lei non lo sa.
(Storia in revisione, ma si può leggere tranquillamente)
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Daniele

La guardo salire le scale e anche quando non la vedo più resto fermo per un po'.
Mi sento un idiota, un idiota felice.
Almeno finchè non mi ricordo che devo portare quei dannatissimi soldi a quel dannatissimo tizio in quel dannatissimo quartiere.
Devo farlo stasera e devo farlo adesso, se no non lo faccio più.
Risalgo sulla moto e durante la mezz'ora che ci metto ad arrivare non faccio che chiedermi perchè mi sono messo in una cosa del genere, non so nemmeno come fare a trovarlo questo qui, mi sono bevuto il cervello?
Scendo nella piazzetta -se così si puó chiamare- di quartiere ed è semideserta, eccezion fatta per un ragazzino (14? 15 anni?) che ha ovviamente una canna in mano.
"Dove l'hai presa?"
"Vuoi dell'erba o roba più forte?"
Rifletto un attimo.
"Roba più forte."
"Allora vai al Garden, un locale che sta proprio qua dietro. C'è uno che ti vende la roba migliore, ma sempre se hai i soldi ovviamente, che ne vuole tanti. E te devi darglieli, la gente che non lo paga finisce male."
Sento un brivido corrermi lungo la schiena.
"Ok. Come si chiama?"
"Luca, penso, ma tanto lo riconosci. Cia'".
Lo ringrazio e inizio a cercare il posto, che trovo dopo una decina di minuti.
È una specie di squallida discoteca con squallida musica house con squallide persone ubriache o strafatte e un odore terrificante.
Mi faccio coraggio.
Non ci metto molto a individuare il tizio.
È seduto a un tavolo, probabilmente lui e il suo interlocutore sono le uniche due persone sobrie di tutta la stanza e io lo osservo bene.
É uno che sembra tozzo pure da seduto, con delle spalle larghissime e i capelli corti squadrati, come se la forma della sua testa non lo fosse giá abbastanza.
Tutto è geometrico in lui, questo peró lo rende quasi affascinante.
Spalle quadrate, testa quadrata, mascella quadrata, bocca sottile che forma una linea retta, occhi piccoli ed espressione in bilico tra l'arroganza e la  cattiveria.
Il tizio con cui sta parlando si alza, si salutano velocemente ed è il mio turno.
Respiro.
Una, due volte.
Devo andare prima che si alzi.
Lo vedo allungare una mano verso la giacca, ma sono più veloce e mi siedo davanti a lui.
"Ciao."
"Che vuoi? Non ho più roba per stasera."
"Non la voglio. Devo pagarti e basta."
"Non ti ho mai visto."
"Lo so. Mi ha mandato un mio amico che ti deve dei soldi, Giacomo."
Sentendo il nome fa un sorriso beffardo.
"Aah, certo, mi ricordo.
Me ne deve un po', sono ben centoquaranta, ho provveduto a farglielo capire che mi servono."
Mi sforzo di non commentare e fingo di non capire il riferimento casuale al pestaggio. Tiro fuori la busta.
"Beh, mi ha mandato a darteli. Ti deve solo questi?"
"Al momento sí."
"Allora prendili, sono nella busta."
"Te non compri niente?"
"No, io non compro niente."
"La vendi?"
"Neanche."
"E che ci fai qui?"
"Ora che ti ho dato i soldi, più nulla. Ciao."
Dico, alzandomi e senza guardarlo.
Uscendo dal locale faccio un grosso sospiro di sollievo.
Mi sono tolto un peso.
E centoquaranta euro dal portafogli.
Per Giacomo che ha smesso di cagarmi mesi fa.
Sono davvero cosí solo e disperato da fare cose del genere per gente che non fa niente per me?
Risalgo sulla moto e stavolta vado a casa.
Sì, evidentemente lo sono.
Spero soltanto che servirà a qualcosa, che lui smetterà di drogarsi, ma in fondo non ci credo poi così tanto.
Anzi che andare a casa di mia madre vado da mio padre, è vuota anche oggi e preferisco stare un po' da solo.
Mio padre passa a casa sua un giorno sì e uno no, giusto quel che basta per far sopravvivere il gatto.
Quando infilo la chiave nella serratura mi sento travolgere da un senso di malinconia opprimente, improvvisamente sprofondo nella solitudine ancora più di quanto già non l'avessi fatto.
L'ultima volta che ho aperto questa porta ero con Ale, Ale con le scarpe diverse, Ale con diciottomila colori addosso, Ale con un calzino su e uno giù e adesso non c'è.
Proprio non c'è.
Chiudo gli occhi e li riapro e lei continua a non esserci, a non esserci per niente, l'unica cosa che vedo è la mia faccia da beota nello specchio all'ingresso.
Oggi l'ho già vista, giusto qualche ora fa, per giunta.
Che altro vuoi? Accontentati!
Guardo l'ora, sono le tre e mezza.
Dorme di sicuro, l'ho riportata a casa all'una.
Mi rassegno alla mia solitudine e mi butto sul letto svegliando Artura, che mi guarda malissimo per poi spostarsi sul divano.
Domani non c'è scuola, quindi non la vedo. 
Anche questo pensiero mi opprime.
Vorrei smettere di pensarci ma non ci riesco affatto, ovunque guardi c'é qualcosa che mi ricorda lei, pure su 'sto cazzo di letto se mi concentro sento ancora l'odore dei suoi capelli.
Mi prendo la testa tra le mani.
Basta, basta basta basta.
Non devo pensare a lei, se ci penso ancora un po' mi butto giù dalla finestra che non è nemmeno troppo alta quindi potrei provarci che secondo me sopravvivo.
Non posso smettere di pensarci e non posso chiamarla a quest'ora ma posso scriverle.
Sí, posso scriverle.
Alla peggio lo legge domattina, con ogni probabilità lo legge domattina.
E che le scrivo?
Una cosa bella cosí comincia bene la giornata?
No, non so scrivere cose belle o non cose che di solito piacciono alle ragazze, quelle stronzate romantiche da film proprio no.
Forse a lei quelle non piacciono ma io non sono capace comunque.
Cellulare acceso sul suo numero da dieci minuti e la tastiera che sembra chiedermi se sono scemo.
Alla fine lo faccio.
Scrivo la cosa più inutile e scontata che posso.
"Sei sveglia?"



Ciao!
Scusate se sono lenta ad aggiornare, ma la scuola mi sta uccidendo e se trovo il tempo di respirare è già tanto.
Il prossimo capitolo sarà più lungo, promesso.
Grazie a tutte le persone che hanno recensito e grazie anche a chi non lo fa!
  
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