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Autore: Alsha    05/03/2015    2 recensioni
[undicesima classificata al contest "La Caduta dell'Inverno Boreale, ed altre storie"]
Svan è una valchiria.
O almeno, lo era. Ha perso il diritto di definirsi così quando è stata esiliata, anche se questo non sembra importare a nessuno.
D'altra parte la guerra è dura per tutti, e un nemico è uguale ad un altro, indipendentemente da quello che gli è successo.
Per questo vuole raggiungere il mare, per poter arrivare dove della guerra non importa a nessuno, dove può essere di nuovo libera.
Per tornare a volare.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO SECONDO: MARE
 
Un altro spintone e Dale assaggiò la polvere della strada.
 
Da quando quei due tipi lo avevano tirato dentro un vicoletto aveva capito solo “così impari a provarci con la mia Illa” poi era stato solo un crescendo di botte.
 
E si che lui non aveva mai conosciuto nessuna Illa. O forse si, ma parlava con così tante persone ogni giorno … Tanto sapeva che non si sarebbe potuto spiegare in alcun modo, quei due non glielo avrebbero permesso.
 
Poi, ad un certo punto, non sentì più nessuno prenderlo a pugni, a calci o cercare di ferirlo in alcun modo.
 
Sperando che se ne fossero andati, si mise su un fianco e aprì l’occhio sano con molta cautela. Non era così, ma le cose stavano volgendo nettamente a suo favore.
 
In mezzo al vicoletto, Svan stava in posizione di guardia con un bastone stretto tra le mani.
 
Non ne aveva mai visto completamente il viso, ancora nascosto sotto il cappuccio, ma sapeva che era lei.
 
Forse per le catene, che essendo sciolte verosimilmente stridevano contro il terreno, non poteva saperlo dato che tutto quello che sentiva era un fastidioso fischiare e i tonfi attutiti del sangue che pulsava nelle orecchie, forse per l’aria da guerriera che lo aveva attratto dal primo istante, forse per il cavallo nero ed estremamente contrariato che chiudeva l’ingresso del vicolo.
 
Tutto il resto fu un rapido e confuso susseguirsi di bastonate da parte di Svan, calci nel sedere da parte di Hrìm e il nitrito scocciato di quest’ultimo. Non avrebbe potuto giurarlo, ma gli era parso di sentire anche un insulto alla sua stupidità, probabilmente dovuto ad un’avance da moribondo.
 
Ma, se non era completamente rintronato dalla botta,assieme all’insulto gli era anche sembrato di sentire una risata cristallina.
 
°°°°°
 
-Non ti muovere!
 
Quella che era iniziata come un tentativo di medicazione era presto diventata una specie di lotta per … In realtà non era completamente chiaro per cosa.
 
-Solo un  bacetto per un povero ferito, daaaai! – supplicò Dale sporgendosi e battendo le ciglia con la sua migliore interpretazione degli occhi da cucciolo che in quei giorni aveva visto tante volte fare a Hrìm con successo.
 
Il cavallo, no, lo sleipnir, era decisamente contrario al fatto che Svan alloggiasse nella sua cabina sulla nave e aveva tentato in tutti i modi di reclamare attenzioni.
 
A quanto aveva capito, gli sleipnir avevano un’intelligenza per molti versi uguale a quella degli umani e, per esperienza e grazie ai racconti di Svan, aveva scoperto Hrìm era particolarmente protettivo nei confronti della sua Legata; altro meccanismo che aveva scoperto quando Svan si era lanciata nelle mille e una spiegazione, era che sleipnir e valchiria non potevano essere mai separati una volta pronunciato il giuramento che li consacrava l’una all’altro,  ecco perché non poteva venderlo o lasciarlo in città, come Dale aveva proposto per praticità, ed ecco perché glielo avevano lasciato durante l’esilio.
 
Svan afferrò il cuscino volato per terra e lo spinse contro la faccia del mezz’elfo, costringendolo a stendersi di nuovo.
 
-Non dovresti agitarti così tanto, stupido idiota. Hai idea di quante botte ti hanno dato quei due … quei due … quei due! – si trattenne all’ultimo dall’usare parole poco consone, e sfogò la frustrazione con una pacca sulla gamba che fece sussultare il mezz’elfo prima che riprendesse a piagnucolare.
 
-Solo un baceeeetto! – ritentò con gli occhioni da cucciolo, per poi borbottare – Ma che accidenti, con Hrìm cedi sempre …
 
-Non iniziare anche tu! Mi sembra di stare in una gabbia di matti.
 
-Per ora sei solo in una gabbia galleggiante di bruti analfabeti. – puntualizzò Dale – E solo grazie a me.
 
-E tu per ora sei in questo mondo grazie a me, quindi datti una calmata e lascia che ti cambi le medicazioni.
 
-Non vedi l’ora di spogliarmi, ammettilo dolcezza.
 
La valchiria si limitò ad alzare un sopracciglio, poi si alzò e afferrò il mantello sulla sedia. Stava per infilarselo quando vide Dale nuovamente in versione “cucciolo bisognoso di coccole” e sbuffando tornò a cambiargli le bende sulla fronte.
 
 
-Non mi hai ancora spiegato perché sei scappato via come un bambinetto quando hai visto le catene.
 
Il mezz’elfo socchiuse gli occhi color ghiaccio e tentò un sorriso accattivante verso la ragazza che gli stava sistemando le bende pulite sul fianco. I due tipi che lo avevano tirato nel vicolo lo avevano conciato davvero male.
 
-Allora? Vuoi dirmi perché? – ribadì Svan, dandogli un pizzicotto sul fianco sano.
 
-Devi sapere, dolcezza, che non si dicono belle cose su voi valchirie da queste parti. – risposte accondiscendente - E su gli esiliati dalle valchirie se ne dicono anche peggio.
 
-Illuminami. – Dale si rimproverò per aver pensato che quando era sarcastica era anche più carina. Era una valchiria, non importava nulla che avesse dei boccoli chiarissimi e lunghi che la facevano sembrare una principessa e due enormi occhi lilla e … No, semplicemente non poteva.
 
-Si dice che le valchirie esilino solo chi ha compiuto le peggiori nefandezze, e mi sono preoccupato. Ma visto quanto dici, mi pare che i grandi capi dalle tue parti abbiano concetti di “nefandezza” un po’ distorti, neh?
 
-Mmh …
 
Dale si tirò su a fatica e le sventolò una mano davanti al viso.
 
-Vado a trovare Hrìm e a farmi dare la cena. Comportati bene.
 
-Cosa ho fatto? Ho detto qualcosa di sbagliato? – Svan sistemò le catene e il mantello e poi uscì, chiudendosi le porte alle spalle – Le donne non le capirò mai …
 
 
La stiva dell’Apokalypse era semplicemente uno stanzone stracolmo di ogni bene immaginabile.
 
Come se avessero preso un intero mercato, una fattoria, e, a giudicare dal tanfo soffocante, anche il laboratorio di un conciatore di pelli e lo avessero infilato dentro alla pancia di un mercantile.
 
L’aria stantia era pregna di un miscuglio di spezie, cibi vari, paglia, animali e altro ancora. Separati da delle casse di legno e legati ciascuno ad un gancio diverso, Hrìm e un cavallo dal manto chiaro si ignoravano bellicosamente, mentre delle galline starnazzavano furiose dentro a delle gabbie qualche metro più in là.
 
-Hey. – lo sleipnir si voltò verso di lei con un nitrito stizzito – So che non ti piace stare qui sotto, cosa credi? – iniziò ad accarezzargli li collo, e lui parve rilassarsi un attimo. Dietro di lei passò di corsa un ragazzino con una zazzera nera, l’assistente dell’unico altro passeggero che quella nave aveva voluto o potuto ospitare, che si mise a frugare disperatamente in una cassa.
 
Lo si sentì imprecare un paio di volte, poi corse di sopra con un grosso libro stretto tra le braccia e Svan si rese conto che non aveva ancora visto il misterioso passeggero per cui il ragazzino doveva lavorare.
 
E nonostante questo avrebbe dovuto preoccuparla, o comunque insospettirla, si sentì più che altro curiosa. E non poté trattenersi dal pensare che una bella indagine a bordo le avrebbe reso il viaggio più interessante.
 
Salutò Hrìm con un bacio sul muso e saltellò fuori dalla stiva con le catene che ad ogni passo cigolavano di più.
 
°°°°°
 
-Niente, capisci? Niente!
 
Svan picchiò le mani sulla balaustra di legno, e Dale sobbalzò per l’ennesima volta. Il ragazzo si era ripreso abbastanza da poter camminare, anche se con un po’ di fatica, e la prima cosa che aveva scelto di fare era correre sul ponte a vedere il mare.
 
Accanto a lui, la valchiria gli stava raccontando delle sue “indagini” sul viaggiatore misterioso, e ogni volta che sembrava essersi data una calmata nei suoi racconti -che più che altro erano semplici sfoghi- poi riprendeva ad agitarsi con rinnovato vigore, attirandosi gli sguardi dei marinai affaccendati sul ponte e provocando diversi principi di infarto al giovane mezz’elfo.
 
-Senti, dolcezza, è solo una persona riservata. E se anche avesse qualcosa da nascondere che problema c’è? – le si fece più vicino, abbassando il tono di voce – Anche tu stai nascondendo a tutti chi sei davvero.
 
-Ma ha la magia! – sussurrò la valchiria, con gli occhi lilla spalancati e la testa inclinata perché lui li vedesse sotto il cappuccio – Lui, o lei, potrebbe … Lo sai. – per rafforzare il concetto pungolò con la punta del piede la gamba di Dale, che guardando le catene sfuggite da sotto al mantello annuì e sorrise sarcastico.
 
-E come lo avresti capito? Per caso lo hai letto nella sbobba che danno da mangiare qui, come le chiaroveggenti alle fiere?
 
Svan gli fece una linguaccia e arricciò il naso infastidita da un ricciolo che le era finito sul viso, poi si avvicinò ancora, riducendo il tono di voce ad un bisbiglio.
 
-L’ho letto nei suoi libri. Sono nelle casse che ha fatto caricare  a bordo. Li ho letti di nascosto, mentre andavo a visitare Hrìm. A proposito, credo voglia farti del male, ma è solo un’impressione.
 
-Perché dovrebbe …
 
La ragazza lo ignorò e continuò imperterrita, sempre più veloce.
 
-Ci sono delle rune strane, ma somigliano ad alcuni codici che ho studiato, e sono sicura, anzi sicurissima, che siano incantesimi. Potrebbero essere formule arcaiche, oppure miscugli di diverse lingue, ma lo schema richiama alcuni incantesimi che ho letto e poi …
 
Dale si voltò, dando la schiena al parapetto, e inarcò elegantemente un sopracciglio.
 
-Ti stai comportando come una bambina. È assurdo affidarsi in questo modo a delle cose di cui non sei nemmeno sicura. Quelle scritte potrebbero essere qualsiasi cosa, e chi li trasporta potrebbe essere un semplice mercante.
 
Lo sguardo della ragazza si fece freddo all’improvviso. L’euforia era svanita in un attimo, rimpiazzata dall’espressione più seria e sofferente che il mezz’elfo le avesse visto in volto da quando erano partiti.
 
-Tu non hai idea di quanto sia importante avere qualcosa a cui affidarsi per me. – fu poco più di un sibilo, ma Dale lo sentì chiaramente e il tono gli fece accapponare la pelle – Non sei stato esiliato dalla tua terra, non hai attraversato un regno di gente che vuole la morte della tua razza potendo contare solo su te stesso. L’unica cosa importante per te è sempre stata goderti la vita. Non credo tu abbia mai conosciuto la sofferenza fino a quando ti hanno picchiato nel vicolo, e dubito tu lo sappia anche adesso.
 
Non gli diede tempo di replicare: raccolse furiosamente il lungo mantello e sparì sottocoperta urtando, piuttosto violentemente, un marinaio. Non si fermò a chiedere scusa, non si voltò indietro.
 
E, per la prima volta da quando l’aveva incontrata, Dale ne ebbe davvero paura.
 
°°°°°
 
Non si erano parlati per due giorni.
 
Svan si faceva vedere ogni tanto, spesso quando rimaneva sul ponte ad osservare il mare, per il resto si imboscava sottocoperta e spariva per ore.
 
Dale aveva scoperto che passava molto tempo nella stiva o nelle cucine, ma non aveva mai provato a cercarla o avvicinarla.
 
Non avrebbe saputo cosa dirle, in ogni caso, così preferiva evitarla e pregare che il viaggio finisse al più presto.
 
Al terzo giorno di fugaci e insostenibili occhiate furiose della valchiria, Dale decise di andarla a cercare, pur non sapendo cosa avrebbe detto una volta davanti a lei.
 
Scese fino alla stiva zoppicando, sicuro che si trovasse da Hrìm, ma appena prima di mettere piede sulla rampa per scendere, si accorse che si sentivano delle voci provenire da lì, una roca e femminile e una più sottile, di un ragazzino.
 
E l’unico ragazzino sulla nave era l’accompagnatore dell’ospite misterioso.
 
Tese di più l’orecchio, cercando di distinguere le parole, ma se quelle del ragazzino erano comprensibili, anche se borbottate con un forte accento dell’est, quelle della donna sembravano un unico fluire di suoni ipnotici recitati quasi senza pausa.
 
Si appoggiò alla parete, indeciso se scendere per capire cosa stava succedendo o correre a cercare Svan, sperano che non fosse lì sotto nascosta da qualche parte a origliare o magari ad assistere.
 
Optò per tornare di sopra, quando all’improvviso gli sembrò mancare il terreno sotto i piedi e cadde in avanti battendo la fronte sui gradini.
 
Rialzarsi fu più complicato del previsto perché, si rese conto, la barca ondeggiava troppo.
 
 
Svan sputò l’acqua salata che le era entrata in bocca mentre si teneva stretta ad un cima.
 
Come erano riusciti a finire in una tempesta non le era ben chiaro, ma le ondate che si riversavano sul ponte e le raffiche di vento che avevano già squarciato una vela le capiva benissimo.
 
-Svaaan!- sentì l’urlo di Dale che veniva portato via dal vento e si voltò, trovando il mezz’elfo aggrappato sulla soglia che portava sottocoperta.
 
-Che diavolo vuoi?! – strillò cercando di sovrastare il frastuono. Lui le fece cenno di avvicinarsi e lei lasciò la cima tenendo stretta il mantello fradicio che si gonfiava come una vela.
 
Si accostò al viso del ragazzo e ribadì:
 
-Che cosa vuoi?
 
-Il passeggero, quello dei libri. – ansimò tenendosi alla parete per evitare di cadere – Era nella stiva. Ed è una donna. Scen-
Venne interrotto da un urlo di terrore, ed entrambi si voltarono in tempo per vedere un marinaio che veniva strascinato da un’ondata nel mare tempestoso.
 
Dale alzò gli occhi verso al cielo tempestoso e si passò una mano tra i capelli oramai bagnati di pioggia.
 
-Qui finisce male, malissimo.
 
Svan lo guardò di sbieco, con la luce  bianca di un fulmine che le illuminava la faccia per metà.
 
-Uno, due, tre … - cominciò a contare in attesa del rombo del tuono.
 
-È una perdita di tempo. Basta sapere che non ci ha colpiti. – la stoppò il mezz’elfo – Se voi valchirie avete qualcuno da pregare ti imploro di chiedergli aiuto, i miei dei non rispondono.
 
La invitò a schiacciarsi con lui sulla scala per ripararsi.
 
-Dovremmo dare una mano. – sussurrò la valchiria dopo un attimo di silenzio.
 
-Oppure potremmo passare gli ultimi minuti di vita che ci restano al caldo sottocoperta.
 
Svan non gli rispose e si tuffò fuori sul ponte nell’esatto momento in cui alle loro spalle si udiva uno schianto colossale.
 
Dale riuscì a spingere di lato Svan prima che l’albero crollasse sfondando il legno del ponte per tutta la lunghezza della nave fino a sporgere a prua. Il pennone si era spezzato per la violenza dell’urto e la parte che si era staccata doveva aver colpito lo scafo visto il rumore violento che era seguito alla caduta in mare.
 
Le urla ripresero più concitate di prima mentre i marinai cercavano di limitare i danni e di riprendere il controllo dell’Apokalypse.
 
Tra la luce instabile dei lampi, la pioggia fitta e il vento si vedeva poco e mantenere l’equilibrio era quasi impossibile a causa del legno scivoloso e del mare in burrasca, nonostante ciò i ragazzi stavano cercando di fare il possibile per dare tutto l’aiuto possibile.
 
Svan cercava di non pensare a Hrìm intrappolato nel caos che doveva esserci nella stiva, ma il pensiero dell’amico bloccato là sotto premeva ad ogni ondata e ad ogni tuono che si sentiva.
 
Un’ondata sbilanciò la nave e Svan si preparò al contraccolpo che sarebbe seguito. Però non venne.
 
L’Apokalypse rimase piegata su un lato in completa balia delle onde. Stavano imbarcando acqua, doveva essersi aperta una falla nello scafo, probabilmente in una delle camere stagne sotto alla stiva.
 
La valchiria perse l’equilibrio aggrovigliandosi nel mantello, e scivolò lungo il ponte inclinato. Si fermò sbattendo contro la balaustra, ritrovandosi sommersa nell’acqua che era stata trattenuta, e ne riemerse tossendo nell’istante in cui una nuova ondata si infrangeva contro lo scafo, trascinandola fuoribordo.
 
 
Dale seppe che sarebbe caduta in mare nel momento stesso in cui la vide perdere l’equilibrio.
 
Non si tese nemmeno a cercare di afferrarla, si limitò a guardarla sparire oltre il bordo, cercando di non urlare.
 
Lasciarsi prendere dal panico o dal dolore sarebbe stato inutile, dovevano tirarsi fuori dalla tempesta e Svan non era l’unica persona finita in mare. Ma una cosa alla volta, si intimò. Se c’era un modo di tirarla a bordo doveva farlo.
 
Scivolò verso il parapetto, tenendosi stretto ad una cima, fradicia e viscida, con gli occhi socchiusi per il vento e per la pioggia
 
Si ritrovò a strisciare accovacciato verso il bordo, e sentì le ferite che sanguinavano sotto alle bende bagnate.
 
Si aggrappò alla balaustra per quanto il legno scivoloso glielo consentì e sporgendosi sul mare in tempesta scorse la sagoma di Svan che si agitava prima che venisse sommersa dall’acqua.
 
La vide ricomparire qualche secondo più tardi a diversi metri di distanza, ma quando fece per chiamarla sentì un urlo alle sue spalle sovrastare il rumore della tempesta e si voltò di scatto.
 
-AL FUOCO!
 
Doveva essersi rotta una lanterna, e nessuno se n’era accorto presi com’erano a rimanere in vita, ma il fumo nero che saliva da sottocoperta annunciava che ormai era troppo tardi.
 
 
 
  
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