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Autore: Alexiel94    09/03/2015    5 recensioni
[AU! Tutti mortali | Future]
[Jason/Piper | accenni altre coppie]
[Presenza di OC]
Jason Grace era conosciuto per essere un buon uomo, sempre disponibile e pronto ad aiutare il prossimo, ma la cortesia di quel pomeriggio superava persino i suoi standard. [...]
Era vero, Jason era un uomo affascinante e non vi era nulla di male se dopo dieci anni dalla morte della moglie avesse cercato di rifarsi una vita. Eppure il solo pensiero di suo padre di fianco ad una donna era sufficiente a farle provare diverse fitte di gelosia. [...]
-Ti darebbe fastidio se venisse da noi a cena stasera? Così la conoscerai, finalmente-.
La ragazza gli scoccò un'occhiataccia.
-Anche se mi desse fastidio, lei verrebbe qui comunque, giusto?-. [...]
Quando aprì la porta per poco non le venne un colpo.
-Miss McLean?-.
Genere: Commedia, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jason Grace, Nuovo personaggio, Piper McLean
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: Aggiornamento lampo rispetto ai miei ultimi. Non spaventatevi, nonostante sia giunto in poco tempo il capitolo è ricco di avvenimenti importanti.
Non ho idea di quando sia il compleanno di Piper, per cui ho tirato completamente a caso. Se sapete darmi delucidazioni fatevi pure avanti.
 
The French teacher
Parte VIII

Non faceva quel sogno da diverso tempo, ma le sarebbe stato impossibile non riconoscerlo. 
Camminava tra gli invitati vestiti con abiti scuri, che entro poco avrebbero preso parte alla cerimonia funebre. Trovò suo padre piangere sulla spalla del signor Jackson; ricordava bene che quella era la prima volta in cui aveva visto Jason in lacrime, e quell'immagine l'aveva turbata tanto che tornava spesso nei suoi sogni.
Riconobbe la signora Chase, che aveva in braccio il piccolo Fred e Sophia al suo fianco. Non si fermò a parlare con loro; in primis poiché non voleva essere compatita, secondo: la sua amica nel sogno aveva ancora sei anni. 
Non riusciva a spiegarsi poiché lei avesse invece conservato la sua attuale età, ma le sembrava tutt'altro che importante. La folla intorno a lei pareva quasi non notarla, scivolandole accanto senza rivolgerle uno sguardo.
Isabel si sedette sul divano, sperando di svegliarsi prima che il sogno proseguisse. Non le andava di affrontare nuovamente il funerale di sua madre; da piccola l'esperienza l'aveva segnata tanto che aveva avuto incubi per settimane, e a distanza di anni tornavano a tormentarla. 
-Non essere così triste- disse una voce alla sua sinistra.
Isabel sobbalzò. Questa parte del sogno era completamente nuova e diversa dal ricordo da cui era tratto, e inoltre la voce le era stranamente familiare. Si voltò, trovandosi di fronte una giovane donna dai tratti ispanici, gli occhi neri come la pece e i capelli dello stesso colore raccolti in una treccia. 
La ragazza non poté che provare un nodo alla gola. 
-Mamma?- sussurrò.
Reyna era esattamente come se la ricordava; dati i soli venticinque anni che dimostrava sarebbe potuta passare per sua sorella maggiore anziché per sua madre.
Il cuore della ragazza fu scosso da emozioni contrastanti. La gioia per avere davanti la madre fu ben presto soppiantata dalla delusione causata dalla consapevolezza che quella fosse solo una proiezione della sua mente, solamente un effimero sogno.
-Come faccio a non essere triste?- domandò. -Tu sei morta e quando mi sveglierò non ci sarai più-.
Reyna si avvicinò a lei, tanto che le loro gambe si sfioravano. 
-Tesoro, non devi struggerti per me- disse lei. -Io vivo ancora nei tuoi ricordi, nei tuoi gesti, nei tuoi modi di fare. Non lasciare che nulla di tutto ciò scompaia-.
Isabel non poté fare a meno di sentire un nodo alla gola. Avrebbe voluto dirle che non era come avere ancora lei al suo fianco, voleva parlarle di come in quei dieci anni la sua assenza l'aveva fatta soffrire tanto da toglierle il respiro e il sonno e quanto avrebbe desiderato che quello non fosse solo un sogno, ma di potere averla realmente ancora con sé.
Le parole che uscirono dalla sua bocca però furono altre.
-Non voglio che tu te ne vada. Mi manchi tanto, mamma-.
Reyna la abbracciò, e la ragazza nascose il viso nel suo petto, con la sensazione di essere tornata bambina e di rifugiarsi tra le braccia di sua madre, unico appiglio sicuro in un mondo crudele.
-Sei una ragazza forte, piccola mia- mormorò la donna, accarezzandole il capo. -So che è dura, ma non sei da sola-.
Isabel si strinse più forte a lei, desiderando che quell'attimo fosse eterno. La presa della donna si era fatta più salda e la sua mano non aveva smesso un secondo di carezzarle la testa.
-Non sei da sola, Isabel- ripeté, ma la voce non era quella di Reyna.
La ragazza alzò lo sguardo, scoprendo che la donna a cui era abbracciata non era niente altri che Piper.

Si svegliò bruscamente, scoprendo che qualcuno le stava scuotendo delicatamente la spalla. Comprese chi fosse quando incrociò quello sguardo multicolore carico di preoccupazione, mentre si sedeva per essere all'altezza degli occhi della donna.
-Stavi sognando qualcosa di brutto?- le chiese Piper con apprensione.
Isabel non comprese il motivo di quella domanda finché non si portò una mano sul volto, scoprendolo bagnato. Si chiese da quanto stesse piangendo, asciugandosi le lacrime con la felpa del pigiama. 
-Sognavo mamma- mormorò con voce sommessa.
Non si sorprese neanche più della confessione, ormai confidarsi a Piper era naturale quanto respirare. 
Si ritrovò avvolta in un abbraccio, e poggiò la testa sulla spalla della donna. Adorava quando Piper l'abbracciava in quel modo, come se volesse proteggerla dai suoi stessi fantasmi, ed effettivamente lei si sentiva più sicura tra le sue braccia. 
Quando si rese conto di quanto quella situazione fosse simile al sogno un brivido le percorse la schiena, ma non aveva alcuna intenzione di sciogliersi da quell'abbraccio.
-Andiamo a fare colazione, Jason ci aspetta- mormorò la donna.
Isabel, riluttante, la lasciò andare. La seguì fino alla cucina, situata al piano inferiore, e si sedette di fronte a lei al tavolo. Jason posò dei pancakes a centro tavola, insieme a dei brownies. La ragazza ne afferrò uno e cominciò a mangiare ancora immersa nei propri pensieri, mentre vide suo padre e Piper darsi un veloce bacio a stampo.
Forse era ancora troppo assonnata per controllare ciò che sarebbe stato meglio pronunciare o meno, ma sta di fatto che pose quella domanda.
-Piper, perché non ti trasferisci qui da noi?-.
Entrambi gli adulti furono attoniti da questa sua richiesta, eppure secondo Isabel era ben più che sensata: Piper era a cena da loro almeno cinque volte a settimana e spesso nei weekend si fermava a casa loro. A questo punto avrebbe fatto prima ad andare a vivere in casa Grace.
-Ne stavamo parlando- intervenne Jason. -Temevamo fosse una mossa affrettata-.
La ragazza si chiese come fosse possibile, dato che era certa che Piper passasse più tempo a casa loro che nella propria.
-State insieme da un anno, non sarebbe strano se lei venisse qui da noi. Inoltre già vive nella tua camera, no?-.
Isabel si rese conto del doppio senso dell'ultima frase solo una volta pronunciata, arrossendo terribilmente. Vide padre e la fidanzata fissare il pavimento, entrambi rossi in viso.
-Devo andare- borbottò la ragazza, correndo in camera propria per fuggire all'imbarazzo.
Scrisse a Marcus un messaggio in cui chiedeva se gli andasse di uscire. Il ragazzo rispose quasi subito con una affermazione, e Isabel ri ritrovò a sorridere al pensiero di passare una mattinata con lui. 
Ormai era da più di un mese che avevano preso l'abitudine di uscire da soli un paio di volte a settimana, e lei aveva scoperto quanto le piacesse la compagnia del ragazzo. Da quando era riuscita a farlo ridere per la prima volta, inoltre, cercava di replicare l'impresa sempre più spesso. Non solo perché la consapevolezza di essere una dei pochi a riuscire a farlo le facesse provare un piacevole tepore al petto, ma perché col passare del tempo si era accorta che Marcus era bellissimo mentre rideva.
Con il passare delle settimane aveva cominciato a sentire uno strano imbarazzo ogni volta che era in compagnia del ragazzo, e quando lui si avvicinava troppo sentiva il proprio cuore accelerare furiosamente. 
Un leggero rumore di nocche contro la porta della sua camera la fece tornare alla realtà. Aprì la porta, trovandosi davanti Jason.
-Posso entrare?- le chiese.
La ragazza lo accolse nella propria camera, ed egli si chiuse la porta alle spalle. Si sedette sul suo letto e fece cenno alla figlia di fare altrettanto.
Isabel prese posto di fianco a lui, che aveva l'aria solenne e seria di quando stava per annunciare qualcosa di importante. Per un terribile e imbarazzante momento temette che il padre facesse qualche commento sulla sua battuta di prima, invece se ne uscì con qualcosa di completamente inaspettato.
-Tesoro, sai che il ventisette è il mio anniversario con Piper, vero?-.
-Sì-.
Jason la guardò con aria importante.
-Quel giorno è un venerdì, e vorrei portarla a Los Angeles per tutto il weekend-.
Isabel ne fu sorpresa: non si aspettava un gesto tanto romantico da parte di suo padre, anche se avrebbe dovuto prevedere che l'uomo avrebbe voluto festeggiare l'anniversario con qualcosa di particolare. 
-Volevo sapere cosa ne pensi, prima di fare la sorpresa a Piper- aggiunse Jason di fronte al suo silenzio.
La ragazza guardò il padre con orgoglio.
-Penso che sia una fantastica idea, a Piper piacerà tantissimo! Prometto che non le dirò nulla-. 
Gli diede un bacio sulla guancia, prima di precipitarsi fuori dalla camera. Scendendo le scale per poco non andò a sbattare contro Piper.
-Dove vai?- le chiese.
Isabel alzò le spalle. La donna aveva preso da qualche settimana l'abitudine di chiederle dove andasse e con chi ogni volta che usciva di casa, e sebbene la ragazza si fingesse spesso infastidita, era spesso contenta di essere l'oggetto dell'interesse e dell'attenzione di Piper. 
-Esco con Marcus-.
La donna le rivolse uno sguardo complice e un sorriso di chi la sa lunga.
-Capisco-.
La ragazza si ritrovò il volto di Piper a pochi centimetri dal proprio orecchio, udendo perfettamente il suo sussurro.
-Stai tranquilla, non dirò a Jason che hai un appuntamento-.
Isabel rimase interdetta a quelle parole. Scoprì di avere le guance avvampate quando urlò -Non ho un appuntamento!- e uscì di casa sbattendo la porta.
Era certa che prima che questa si chiudesse Piper stesse ridendo.

Finalmente il giorno del torneo era giunto. 
Gli sforzi di cinque mesi di allenamenti sfiancanti dovevano dunque dare i loro frutti. Isabel strinse con maggiore forza la cintura nera, guardando i suoi compagni fare lo stesso. 
Erano riuniti ai margini della palestra della Goode High School, e intorno a sé vide i partecipanti delle altre sette scuole. Essendo una domenica sul calar di maggio, molti studenti avevano avuto la possibilità di andare ad assistere, tanto che gli spalti erano pieni.
Tra il pubblico Isabel sapeva esserci Jonathan e Sophia, ai quali aveva tassativamente vietato di portare con loro un imbarazzante striscione di incoraggiamento. Da qualche parte doveva esserci anche Piper; Jason era stato chiamato all'ultimo secondo per presiedere ad un interrogatorio, ma la sua assenza era resa più sopportabile dalla presenza della fidanzata.
Furono sorteggiate un paio che conosceva solo di nome per aprire le danze, i cui partecipanti si presentarono al centro della palestra.
Isabel scoprì che all'incirca tutti erano ostici avversari, dimostrando la loro straordinaria abilità nel combattimento. Ma d'altra parte anche la sua squadra non era da sottovalutare: l'agilità di Mike e l'intelligenza di Louis erano in grado di mettere in difficoltà parecchi oppositori, mentre la sua tecnica riusciva a tenere testa a molti avversari. Il punto di forza della squadra era però Marcus: spinto dalla madre a praticare le arti marziali sin dalla più tenera età, ora dimostrava essere un vero portento mandando al tappeto chiunque gli si parasse davanti senza il minimo sforzo. 
La sensei ruggì di approvazione quando sconfissero i quattro avversari della prima scuola avversaria, mentre fu meno contenta quando Mike perse contro una ragazza ben più piccola ed esile di lui. Gli altri tre vinsero, garantendo comunque un passaggio per l'incontro successivo.
I problemi iniziarono con la semifinale. Isabel vide i propri compagni vincere con relativa facilità i rispettivi incontri, così che commise il suo errore: sottovalutò l'avversario.
Si accorse di questa grave lacuna solo quando un portentoso calcio la raggiunse alla spalla destra. Ringhiò di dolore, ma usò il braccio sinistro per deviare il pugno del ragazzo e colpirlo successivamente sotto il mento con quanta più forza possibile. Un calcio nello stesso punto riuscì a mandare al tappeto l'avversario, declamando Isabel vincitrice dell'incontro. Si ritirò reggendosi ancora la spalla, ritrovandosi circondata dai compagni che le chiesero insistentemente come si sentisse.
-Sto bene- asserì lei, lasciandosi cadere su una panchina.
Doveva resistere solo per un ultimo incontro, quello che bastava per fare proclamare la Goode High vincitrice del torneo.
Assistette invece alla sconfitta di Louis, e alla stentata vittoria di Mike. Quando fu il suo turno, Isabel entrò in campo con aria baldanzosa sebbene non fosse sicura di vincere. 
Quando l'incontro cominciò per un attimo la ragazza fu sicura di avere la vittoria a portata di mano. Il suo pugno sinistro andò a segno, facendola andare anche col destro. Questo fu il suo errore: l'avversario non aspettava altro. Scartò di lato per evitarlo e mentre Isabel aveva il braccio ancora teso la colpì con tutta la sua forza sulla spalla ferita.
Un dolore che non aveva mai provato le percorse tutto il braccio, facendola urlare e cadere in ginocchio. Per un attimo le parve di svenire, in quanto la sua vista non era in grado di distinguere nient'altro che ombre, ma dopo qualche istante riuscì a mettere a fuoco i volti accanto a sé.
-Penso sia lussata- borbottò una voce, ma non riuscì a comprendere di chi fosse.
Si sentì sollevare e le fu passato un braccio sotto quello sano mentre veniva portata via.
Sentì le lacrime di rabbia e frustrazione rigarle il volto, ma non avrebbe avuto senso negarlo: era impossibilitata a continuare l'incontro. Ad ogni passo il dolore dal braccio sembrava diffondersi in tutto il corpo, tanto che si chiese come facesse a restare cosciente. Scoprì di essere guidata verso lo spogliatoio quando la porta venne spalancata e quella dalla parte opposta della stanza venne aperta da Piper. 
-Miss McLean!- esclamò sollevata una voce maschile, e in quel momento Isabel si rese conto che era stato Marcus a portarla via dal campo.
Il volto dell'insegnante era una maschera di ansia e preoccupazione, e la ragazza non poté non provare una piccola fitta di senso di colpa al pensiero di essere lei a causarle quelle emozioni.
-Lascia fare a me- disse Piper, mentre il ragazzo usciva dalla porta urlando una frase che Isabel non capì.
Sentì il tocco delicato della donna sul braccio, seguito dalla sua voce.
-Stai tranquilla, farà male ma dopo sarà tutto a posto-.
Le inclinò il braccio verso l'alto e lo spostò verso la spalla, facendo provare un dolore indescrivibile alla ragazza... che con sua sorpresa si ritrovò a smettere di urlare, guardando Piper con sorpresa e ammirazione. Continuava a provare delle fitte dolorose alla spalla, ma era una sofferenza decisamente sopportabile.
-Come facevi a sapere cosa fare?- le chiese.
Lo sguardo dell'insegnante si incupì.
-Ho fatto delle ricerche su internet anni fa. Era più facile rispetto a dare spiegazioni in ospedale ogni volta-.
Isabel si sentì come colpita da un pugno allo stomaco. La donna non parlava mai degli abusi subiti quando era ancora alla mercé del suo ex marito, ma il pensiero che le capitasse subire quel dolore tanto spesso da non potersi recare in ospedale per non destare sospetti le fece provare una primordiale e istintiva rabbia.
Si avvicinò a lei, giusto in tempo per sorreggere Piper quando questa per poco non perse l'equilibrio. La aiutò a sedersi su una panchina mentre questa respirava affannosamente.
-Che hai?- domandò Isabel, preoccupata.
-Niente- borbottò la donna, pallida come un lenzuolo. -Solo un calo di zuccheri, credo-.
La ragazza si affrettò a cercare il proprio borsone tra quelli sparsi per lo spogliatoio, estraendone poi una bottiglietta d'acqua che porse a Piper. Questa accettò di buon grado e cominciò a sorseggiare l'acqua sotto lo sguardo apprensivo di Isabel.
-Devo andare ai distributori automatici a prenderti qualcosa?- domandò.
Piper scosse la testa.
-No, grazie. Mi sento già meglio-.
Un forte chiacchiericcio giunse a loro, seguito dalla porta che si spalancava. Entrarono Marcus e un uomo alto e abbronzato, dalla chioma bionda e gli occhi azzurri con indosso un camice bianco.
-Dottor Solace- si presentò, porgendo una mano a Isabel. -Sono qui per la tua spalla
La ragazza gliela strinse annunciando il proprio nome a sua volta, prima di lasciarsi visitare da lui. Egli le controllò il braccio, tastando con maestria e abilità muscoli e ossa. Isabel gemette di dolore, ma egli non la sentì.
-Mi sembra abbastanza a posto- concluse. -Ovviamente dovrai venire in ospedale a fare una lastra per avere la conferma e per prescrivere un antidolorifico. Cerca di non sforzare il braccio destro per almeno una settimana o due-.
-Sì, dottore-.
Il dottor Solace rivolse poi la sua attenzione verso Piper, che ancora era pallida sebbene non sembrasse più sul punto di perdere i sensi.
-Ha avuto un calo di zuccheri- disse Isabel, mentre l'uomo aggrottava le sopracciglia con aria pensierosa.
-Signorina, è allergica a qualche cosa?- chiese a Piper.
Il suo tono era un misto di curiosità ed entusiasmo, come se non vedesse l'ora di scoprire ciò che avesse la donna per curarlo il prima possibile. Gli occhi azzurri del medico ardevano di passione, facendo comprendere a Isabel quanto amasse il suo lavoro.
-No-.
-Se non sono scortese potrei sapere quanti anni ha?-.
-Ne compio trentasei a fine agosto-.  
Il dottor Solace rifletté per qualche attimo. 
-Penso debba presentarsi in ambulatorio per effettuare degli esami del sangue. Non si preoccupi- aggiunse davanti all'espressione angosciata di Piper. -È solo che alla sua età si possono contrarre nuove allergie, motivo per cui è plausibile che si senta spossata-.
L'insegnante sospirò di sollievo, e anche Isabel si ritrovò a farlo. L'ansia che Piper potesse avere qualcosa di grave si era presentata al referto del dottore, ma scoprire che non doveva avere nulla di grave era liberatorio.
Marcus si avvicinò a lei e la abbracciò con forza, cogliendola di sorpresa e facendola arrossire fino alle punte dei capelli. Ringraziò il cielo che fosse parecchio più alto di lei e che quindi non potesse scorgerle il volto, poggiato alla sua spalla.
-Ero così preoccupato per te- le disse, e il cuore di Isabel parve farle delle capriole nel petto. 
Si strinse a lui, mormorando -Marcus, sei...-
-Marcus, sei un idiota!- tuonò un'altra voce carica d'ira. 
I due si separarono mentre Clarisse faceva irruzione nello spogliatoio. Procedette a passo di marcia verso il ragazzo, con sguardo minaccioso e i pugni stretti. Isabel sarebbe fuggita davanti alla sensei arrabbiata, ma Marcus sostenne il suo sguardo sebbene fosse preoccupato.
-Perché sei così arrabbiata, mamma?- disse egli in tono relativamente calmo.
Isabel ne rimase sorpresa: durante il karate Marcus e Clarisse avevano un rapporto tra allievo e maestro; se era arrivato a chiamarla in quel modo significava che si stava giocando la carta dell'affetto filiale per sfuggire alla sua furia.
-Perché ci hai appena fatto perdere il torneo, idiota!- urlò la sensei. 
Marcus sbiancò.
-Cosa?-.
-Non eri presente quando ti hanno chiamato! Hai preso l'incontro a tavolino!-.
Il ragazzo assunse un'espressione avvilita che fece provare un senso di colpa a Isabel. Marcus aveva abbandonato il campo a causa sua, invece di essere lì a combattere.
Provò l'impulso di difenderlo dall'ira di Clarisse, ma la sua espressione iraconda le impedì di fare qualsiasi cosa.
-Questo è perché non pensi prima di agire!-.
-Non ti sembra di essere troppo severa con tuo figlio?- intervenne il dottor Solace con tranquillità.
Quest'uomo desidera porre fine alla sua vita, pensò Isabel. 
Solo allora Clarisse parve notare la sua presenza, e gli rivolse uno sguardo che avrebbe incenerito chiunque. La calma dell'uomo, invece, non ne venne minimamente scalfita e continuò a fissare Clarisse come se fosse un interessante esperimento.
-Solace! Avrei dovuto immaginare che eri coinvolto anche tu, sempre a importunare Marcus...-
-Ho dovuto chiamare un medico!- la interruppe il ragazzo.
-Non rivolgerti a me con quel tono, signorino! Ti aspettano diecimila flessioni!-.
Marcus uscì dallo spogliatoio, mentre la donna continuava a sbraitargli contro. Isabel incrociò lo sguardo sconvolto di Piper e si affrettò a rassicurarla.
-Stai tranquilla, è normale. Anzi, è già tanto che non gli abbia dato quindicimila flessioni-.
-Clarisse è piuttosto intrattabile- commentò il dottor Solace. Guardò l'orologio prima di aggiungere -È meglio che vada, tra poco comincia il mio turno in ospedale. Mi aspetto di vedervi in ambulatorio entro poche ore-.
L'ultima frase fu pronunciata in tono gentile, ma conteneva un velo di severità non ignorabile. Dopo averlo assicurato che si sarebbero recate in ospedale il prima possibile, Piper e Isabel uscirono dallo spogliatoio, ritrovandosi in palestra e un altro uomo biondo dagli occhi azzurri che corse loro incontro.
-Jonathan mi ha appena chiamato per dirmi cosa è successo- spiegò Jason, rivolgendosi poi alla figlia in tono preoccupato. -Come stai?-.
Isabel gli disse di non stare eccessivamente male, e riferì le raccomandazioni del dottor Solace. Il padre sembrò decisamente sollevato dalle sue parole, e disse -Andiamo subito in ospedale allora-.
La ragazza seguì lui e Piper nella palestra semideserta, salutando Mike e Louis quando le passarono accanto con aria mogia. Venne poi raggiunta dal cugino e dall'amica, che non la lasciarono andare fino a che non furono certi che non avesse subito un grave infortunio. Fu solo allora che la salutarono, rivolsero un cenno a Jason e Piper e uscirono. Tutti i presenti stavano abbandonando la palestra per andare fuori a festeggiare i vincitori del torneo, ad eccezione di un ragazzo impegnato a fare delle flessioni ai piedi delle gradinate.
Fu una scelta istintiva. Prima ancora di rendersene conto stava già pronunciando quelle parole.
-Vi dispiace se mi fermo a salutare Marcus?-.
-Certo che ci disp...- cominciò Jason, venendo interrotto dalla fidanzata.
-Ma se andassimo a prenderci un caffé, io e te da soli?-.
La mano di Piper si intrecciò con quella dell'uomo, trascinandolo fuori dalla palestra. Isabel rise davanti a quella scena, prima di dirigersi dal ragazzo. 
Marcus parve non notare il suo arrivo, fino a che lei non gli parlò.
-Mi dispiace che tu sia stato eliminato per colpa mia-.
Il ragazzo alzò lo sguardo, facendole provare la sensazione di volersi perdere in quegli occhi castani.
-Non è colpa tua. Non potevo lasciarti in quello stato e sapevo che se avessi chiamato Will sarebbe accorso subito-.
Per un attimo Isabel non capì di chi parlasse, ma poi si rese conto che Will doveva essere il nome del dottor Solace.
-Lo conosci personalmente?- gli chiese.
Il ragazzo annuì, tornando a dedicarsi alle flessioni. Poco dopo il passo pesante e irato di Clarisse fece loro intendere che li teneva d'occhio, ed entrambi sapevano bene che non sarebbe stato conveniente farsi ritrovare a non fare niente.
-Will è il mio vicino di casa- spiegò Marcus. -Come avrai potuto notare lui e mamma non vanno esattamente d'amore e d'accordo-.
-Perché?-.
-Per una cosa che è successa quando erano adolescenti. Non ricordo che è successo esattamente, ma sono sicuro che c'entri una macchina. Ah, e inoltre mamma non lo può sopportare da quando ha saputo che voglio fare il medico-.
Isabel comprendeva benissimo. Era certa che Clarisse avrebbe voluto che il figlio seguisse le sue orme sulle arti marziali, e non doveva essere stata per nulla contenta della sua scelta di fare la stessa carriera del vicino che non poteva sopportare.
-È stato lui a spingerti a fare questa scelta?-.
-No, Will ha semplicemente abbastanza pazienza da rispondere a tutte le mie domande- rispose Marcus. -A volte mi presta dei libri, ma non mi ha mai fatto pressioni affinché scegliessi la sua stessa professione-.
-Capisco- disse la ragazza.
In quel momento il suo cellulare squillò, e vide il numero di Jason. Sbuffando rifiutò la chiamata.
-Devo andare- disse a Marcus.
Per salutarlo gli diede un veloce bacio sulla guancia, ma poi sentendosi arrossire furiosamente abbandonò la palestra senza nemmeno voltarsi a guardare la reazione del ragazzo.

Come previsto da Isabel, Piper reagì entusiasticamente all'idea di passare l'anniversario con il fidanzato a Los Angeles. La mattina in cui lei e Jason partirono riempirono così tanto di raccomandazioni la ragazza che questa non poté non esserne infastidita: sarebbe stata tre giorni dagli zii Thalia e Luke, e loro si comportavano come se fosse stata sul punto di dare potenzialmente fuoco alla casa.
Si sistemò nella camera degli ospiti e per i primi due giorni fu tutto fantastico. La domenica gli zii uscirono, e rimasero in casa solo lei e Jonathan.
-Scusa, non è che potresti uscire anche tu?- le chiese il cugino.
-Perché?-.
Lui la guardò con aria maliziosa.
-Sai, è la prima volta da settimane che ho finalmente la casa libera. Voglio invitare Sophia, andare in camera e...-
-Ti giuro che starò fuori fino a tarda notte se mi eviti una dettagliata descrizione di ciò che hai intenzione di fare con lei- lo interruppe Isabel.
Un quarto d'ora dopo era già fuori casa, a passeggio per le intricate vie della città. Senza una meta, decise di andare verso il luogo che avrebbe evitato fino a qualche mese prima. Da quando vi era stata con Piper, Isabel si recava al cimitero almeno una volta al mese per rendere omaggio alla madre. Era spesso da sola, considerandola una cosa personale. 
Quel giorno però il destino aveva altri piani. Una voce la chiamò, e voltandosi scorse la figura di Marcus. Il suo cuore accelerò furiosamente i battiti quando egli la raggiunse, chiedendole dove fosse diretta.
-Vado da mia madre- disse semplicemente.
Lo sguardo di lui si fece sorpreso; sapeva che Reyna era morta poiché la ragazza glielo aveva detto anni prima, in risposta alla domanda di Marcus del perché venisse sempre a prenderla dagli allenamenti suo padre e non sua madre. Sapeva però altrettanto bene quanto lei fosse sensibile sull'argomento.
-Ti va se vengo con te?- le chiese.
La ragazza accettò di buon grado la sua presenza, e durante il tragitto fino al cimitero egli la intrattenne su come cercasse ogni scusa per non restare in casa con Clarisse, che da quando aveva fatto perdere la squadra al torneo di karate si dimostrava sempre più severa nei suoi confronti. Le raccontò di come si rifugiasse spesso all'ufficio postale di suo padre, Chris, che lo mandava a consegnare le missive.
-Praticamente mi sfrutta perché sa che farei di tutto pur di non stare a casa con mamma, e ovviamente senza compenso!-.
Isabel rise, e dopo qualche minuto di camminata giunsero all'entrata del cimitero, dove la ragazza si fermò a comprare dei fiori. Katie, la fiorista, le sorrise mentre porgeva dei giacinti e le consegnava il resto. Dopo aver contato che fossero giusti - non perché non si fidasse della donna, ma era un'abitudine che zio Luke le aveva inculcato fin da quando era piccola - entrò insieme a Marcus, andando in cerca della tomba di Reyna.
La ragazza prese i fiori secchi posati sul vaso vicino alla lapide della madre, gettandoli via e sostituendoli con quelli freschi. Isabel guardò la foto di Reyna, provando l’ormai familiare senso di tristezza e nostalgia da cui aveva deciso di non fuggire più.
Inoltre c’era la presenza di Marcus a renderla più sicura di sé, a impedirle di crollare a piangere come spesso aveva fatto in passato. Si alzò in piedi e si avvicinò a lui, che le passò un braccio attorno alle spalle.
Non distolse lo sguardo dalla lapide quando mormorò –Ti ho sognata un paio di settimane fa, sai? Volevo dirti che va tutto bene, adesso papà sta con una donna che lo rende felice. E anche a me piace molto: è grazie a lei se riesco a farti visita-.
La presa di Marcus si era fatta più salda sulle sue spalle, mentre lei lasciava andare la sua testa contro la spalla di lui. Non avrebbe mai voluto togliersi da quella posizione.
Voltandosi vide che anche egli aveva lo sguardo fisso sulla foto della lapide, probabilmente in cerca di una somiglianza con Isabel.
-Signora Grace- esordì invece, sorprendendo la ragazza. 
Non aveva mai pensato a Marcus come una persona sensibile, ma vederlo davanti alla tomba di sua madre a parlare come se si stesse rivolgendo ad una rispettabile persona la fece quasi commuovere.
-Signora Arellano- lo corresse Isabel. -Non ha mai preso il cognome di papà-.
-Va bene. Signora Arellano, sua figlia è una persona energica e sempre pronta a farsi in quattro per le persone che ama. Immagino che tutto ciò sia dovuto a lei. A volte è un po' stupida... ahia!- si finse dolorante quando lei gli pestò un piede. -Ma se potesse vederla, sono certo che sarebbe molto fiera di lei-.
Il cuore della ragazza accelerò smisuratamente a quelle parole. Disse un ultimo saluto a Reyna e uscì dal cimitero, seguita da Marcus. 
-Pensavi davvero alle cose che hai detto prima, davanti alla tomba di mamma?- chiese, dopo diversi minuti di cammino.
Lui annuì, deciso. 
-Certo che sì-.
Mentre il suo cuore martellava contro le costole, alla mente di Isabel tornarono le parole che Piper le aveva detto mesi prima. 
Magari il ragazzo giusto è più vicino di quanto tu creda.
Era una mossa avventata, afferrò la mano di Marcus e lo fece voltare verso di sé. Senza pensare gli cinse il collo con le braccia e sentì le mani di lui afferrarle i fianchi mentre i loro visi si avvicinavano e le loro labbra finalmente si incontrarono.
Non era nulla di simile a quando aveva baciato Jake. Baciare Marcus la fece sentire come se fosse in Paradiso, con la sensazione di volare nonostante i suoi piedi fossero ben piantati al suolo. Quando si separarono, ancora con i cuori palpitanti e le guance arrossate, lui la guardò negli occhi.
-Finalmente, cominciavo a chiedermi quando ti saresti decisa a farlo-.
Lei si finse offesa; era vero che riconoscere i sentimenti altrui non era esattamente il suo forte, ma era impossibile arrabbiarsi con Marcus, per quanto la prendesse in giro.
-Allora adesso stiamo insieme?- chiese lei.
-Non so, tu che diresti?-.
Si baciarono nuovamente, e si tennero per mano fino a che non arrivarono nella via dove vi era la casa di Isabel, che si sorprese di trovare parcheggiata nel vialetto la macchina del padre. Si ritrovò entusiasta all'idea di annunciare a Piper il fatto di essersi appena fidanzata, e quando Marcus la salutò con un ultimo bacio entrò in casa di corsa. Nel salotto vi era Jason, con un'aria abbattuta che fece gelare il sangue a Isabel.
-Ciao, stavo per chiamarti- disse lui.
La ragazza rabbrividì per il tono da lui usato, un misto di tristezza e rassegnazione.
-Credevo che tu e Piper tornaste stasera-.
Jason evitò il suo sguardo.
-C'è stata una... complicazione-.
Isabel deglutì, nonostante sentisse il cuore in gola.
-Che tipo di complicazione?-.
Jason si avvicinò a lei e le posò una mano sulla spalla, guardandola finalmente negli occhi. In quelle iridi celesti vi era il più profondo dolore, che fece comprendere la situazione alla ragazza prima che lo facessero le sue parole.
-Io e Piper ci siamo lasciati-.

   
 
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