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Autore: Inessa    10/03/2015    10 recensioni
[Sterek][GossipGirl!AU][HighSchool!AU][Tutti vivi]
Cora Hale aveva ereditato Gossip Wolf da sua sorella Laura al suo primo anno di liceo, con come unica raccomandazione “Fanne buon uso”.
Le idee di Laura erano sempre le migliori, e Cora era onorata di condividere con lei il suo DNA.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Non so nemmeno da dove iniziare a scusarmi per il ritardo nell’aggiornamento. Le ultime settimane per me sono state abbastanza caotiche e vagabonde, senza contare l’influenza, quindi non sono riuscita a mettere le mani su questa storia prima degli ultimi giorni. Per avere la terza e ultima parte ci vorrà decisamente meno. Spero.

Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente, chi ha messo la storia tra preferite o ricordate, chi mi ha scritto in privato e anche chi ha letto e basta! Vi lascio al capitolo e spero che possa piacervi!








Sapete una cosa, Beacon Hills? Il ballo di fine anno è stato divertente, ma la Notte dei licei resta la mia festa preferita. Trovo che senza l’ansia del vestito elegante, della limousine e dello smoking emerga la vera personalità degli studenti. Troppo filosofico, da parte mia, dite?

Non disperate, ho tante notizie in serbo per voi. Per adesso, sono in vena di carinerie, quindi colgo l’occasione per augurare buon compleanno a un’alunna di secondo anno.

Cara A., anche se sei nuova nella nostra scuola, so per certo che OcchioniDaCucciolo ti ha accolta come si deve. Sembra ieri che ti ha prestato una penna e… ah, l’amore! Quindi non c’è motivo di essere timida e nascondere a tutti che oggi è un giorno importante per te: buon diciassettesimo compleanno, cara A.!

Poi dite che non sono carina!

Ci aggiorniamo presto, Beacon Hills!

XOXO,

Gossip Wolf




Derek guardò per l’ennesima volta l’orologio e poi spense il display del cellulare, mentre un tale di secondo anno – Grunberg? Greenberg? Una cosa simile, - parlava della lezione che avrebbe svolto quella sera alla Notte dei licei. Vide con la coda dell’occhio la ragazza seduta accanto a sé sbadigliare, e un altro tizio seduto in prima fila fare un movimento inconsulto con la testa, come se si fosse addormentato sulla sedia e poi svegliato non appena la testa gli era caduta, pesante, sul petto. Non poteva certo dire di non comprendere perfettamente entrambi.

Lanciò un’occhiata a Finstock, poggiato a braccia conserte al bordo della cattedra. Stava presiedendo la riunione per definire gli ultimi dettagli della festa, e Derek lo beccò mentre, accigliato, nascondeva uno sbadiglio dietro la mano. Derek lo comprendeva benissimo, Finstock aveva tutta l’aria di essere stato incastrato, così come lo era stato lui. Quell’anno aveva deciso di partecipare all’organizzazione della Notte dei licei, per tenersi impegnato, e aveva invitato il suo amico Jordan a tenere una dimostrazione di arti marziali. Gli organizzatori erano in teoria lui e Boyd, ma Boyd lo aveva abbandonato dicendo che aveva bisogno di tornare a casa per un paio d’ore dopo la scuola e quindi era rimasto solo Derek a sorbirsi la riunione.

Grunberg sembrava l’unico a non aver notato che nessuno lo stesse ascoltando, a giudicare da come andava avanti e avanti e avanti a blaterare su… qualunque cosa avesse scelto come tema della sua lezione. Derek si chiese chi fosse stato il folle ad avergli affidato il compito di parlare davanti a un pubblico di alunni delle scuole superiori.

Erica Reyes, seduta proprio davanti a lui, osservava da almeno quindici minuti un tabellone con la tavola degli elementi di Mendeleev, del tutto immobile. Derek azzardò a sventolargli una mano davanti agli occhi, ma lei non sembrò nemmeno accorgersene.

“Ehm, coach?” Derek chiamò Finstock sollevando una mano, preoccupato.

Il coach lo guardò come se fosse una boa di salvataggio in mezzo al mare. “Sì, Hale?”

“Temo che Reyes non si senta bene,” rispose Derek indicando la ragazza che, sentendo il suo nome, si riscosse e poi rassicurò che si era solo estraniata per un momento. Finstock sembrò parecchio contrariato per aver perso un’occasione di interrompere Greenberg e, possibilmente, la riunione, ma si riprese subito.

“Okay, Greenberg,” disse, battendo le mani e fermando lo sproloquio di Greenberg, che era andato avanti nonostante tutto. Molti accanto a Derek tirarono un sospiro di sollievo. “Ti faccio una domanda a cui devi rispondere solo con un cenno della testa, mi segui?”

“Sì, coach, io-“

“Alza e abbassa la testa per dire ,” lo istruì Finstock, ignorandolo, e Greenberg lo imitò, “E invece muovila a destra e sinistra per dire no, chiaro?”

“Sì, coach-“

,” ripeté Finstock in maniera passivo-aggressiva e mosse la testa in cenno di assenso, “Oppure no,” concluse, girando la testa a destra e sinistra. “La domanda è: hai bisogno di altro prima della lezione di stasera?”

“No, co-“ esordì Greenberg, ma Finstock lo fulminò con un’occhiataccia, e lui si limitò a scuotere la testa in segno di diniego.

“Ottimo! Se vuoi, puoi andare,” lo liquidò Finstock con un cenno della mano e l’evidente speranza che il ragazzo si togliesse dai piedi. Poi si voltò e afferrò il programma dalla cattedra, scorrendolo velocemente.

“Bene, e adesso è il turno della lezione di cinema su… Cristo, ma chi ha approvato il programma di quest’anno?” chiese tra sé e sé, passandosi una mano sulla faccia, “Guerre stellari.”

Molte persone ridacchiarono, ma nessuno disse nulla.

“Va be’, ormai è fatta, meno male che stasera sarà finita,” proseguì Finstock, come se avesse dimenticato di trovarsi davanti a una quindicina di studenti. “Lezione di… - e che diavolo! Qualcuno mi vuole morto! – Stilinski.”

Tutti si voltarono verso il fondo dell’aula, e Derek, d’istinto, fece lo stesso. Riconobbe Stiles, seduto in ultima fila, con i suoi capelli cortissimi e il sorriso di quello che tenta di non farsi beccare per essere arrivato in ritardo. Aveva ancora lo zaino agganciato ad una spalla ed era seduto sul bordo della sedia, come se fosse arrivato proprio in quel momento. Derek non lo vedeva così da vicino da circa un anno, ovvero dall’ultima Notte dei licei. Ed era da allora che non si rivolgevano la parola, limitandosi a scambiarsi dei cenni di saluto quando si incontravano per i corridoi. Non è che Derek avesse provato ad evitarlo, supponeva semplicemente che frequentassero amicizie diverse e quindi non avessero avuto altre occasioni di parlarsi durante l’anno. Senza contare che Derek all’inizio della sua storia con Paige era stato parecchio preso, dopotutto lei era stata la sua prima fidanzata. E poi era successo quello che era successo e lui si era un po’ isolato dal resto del mondo.

Stiles sollevò una mano e la ondeggiò in cenno di saluto, per poi passarsela tra i capelli, che, almeno da quella distanza, sembravano piuttosto umidi, come se avesse fatto una doccia da poco. Forse aveva preso parte agli allenamenti di lacrosse, quelli che Finstock stesso aveva tenuto prima di precipitarsi alla riunione.

“Stilinski, valgono per te le stesse regole di Greenberg: rispondi solo con un cenno della testa,” intimò Finstock a Stiles, con tono minaccioso. “Hai bisogno di aiuto?”

Solo un cenno della testa,” ripeté Finstock, quando vide Stiles trarre un respiro per iniziare a parlare. Stiles annuì con così tanta decisione che Derek temette potesse slogarsi l’osso del collo.

“Bene, con cosa?” chiese Finstock, e Stiles cominciò a muovere le braccia tracciando un quadrato con gli indici e poi aprendo e chiudendo una mano. Derek inarcò un sopracciglio, cercando di capire cosa stesse succedendo.

“Per l’amor del cielo, Stilinski!” urlò Finstock.

Stiles fece spallucce, come per chiedere perché il coach si stesse arrabbiando tanto. Poi si avvicinò una mano alla bocca e imitò una cerniera lampo che si chiudeva. Derek si schiaffò internamente una mano sulla fronte, mentre Finstock roteava gli occhi, infastidito.

“Puoi parlare, Stilinski! Solo, sii veloce e indolore!”

“Grazie, coach!” rispose Stiles con allegria, come se non avesse capito che, se avesse potuto, Finstock lo avrebbe strozzato. “Dato che la mia lezione è stata decisa praticamente all’ultimo minuto, perché all’inizio per qualche ragione la mia idea era stata bocciata, l’avevo proposta alla Watson, e poi-“

“Veloce e indolore, Stilinski!” gli intimò Finstock, interrompendo il suo farfugliare.

“Okay, veloce e indolore, ricevuto,” Stiles si leccò le labbra, “Avrei bisogno di qualcuno che mi aiutasse a montare lo schermo e il proiettore, è una cosa veloce, giuro. Potrei farlo da solo, ma mi hanno impedito di utilizzare strumenti spessi meno di un centimetro senza la supervisione di un adul… di qualcuno di meno incapace di me, suppongo.”

Finstock si portò il pollice e l’indice della mano destra all’attaccatura del naso, poi fece per aprire la bocca e parlare, quando il cinguettio di una decina di cellulari – quello di Finstock compreso - in contemporanea invase l’aula. Tutti ignorarono il professore e si chinarono sui loro telefoni, e anche Derek cedette alla tentazione. Dopotutto, era chiuso in quell’aula da un’ora e mezza e non avevano parlato di nulla che potesse interessarlo.

Come si aspettava, la notifica era di Gossip Wolf. Sgranò gli occhi, vedendo che era una fotografia di Stiles, con la divisa da lacrosse addosso, seduto su una panchina degli spogliatoi, che sembrava parlare animatamente di qualcosa.



Avvistato: S. che annuncia alla squadra di lacrosse di avere l’urgente bisogno di perdere la verginità. Qualcuno che voglia aiutarlo?



“Allora?” domandò Finstock, che all’apparenza aveva continuato imperterrito la sua riunione, ignorando il fatto che nessuno gli stesse dando corda. “Chi aiuta Stilinski?”

Una risata collettiva risuonò tra le pareti dell’aula, qualcuno fischiò pure e, girandosi verso Stiles, Derek vide che era diventato paonazzo e cercava di nascondersi il viso tra le mani. Allora Finstock sembrò arrendersi e controllare il telefono per capire cosa stesse accadendo.

“Che diavolo!” esclamò, lanciando l’apparecchio di nuovo sulla cattedra. “Non mi pagano abbastanza per stare dietro a queste cretinate.” Fulminò con lo sguardo alcuni dei presenti, che sembravano essere sul punto di scoppiare a ridere in maniera isterica.

“Hale!” disse poi, puntando un dito nella direzione di Derek. “Tu darai una mano,” qualcuno rise e lui si arrestò. “Tu e Stilinski monterete gli aggeggi che gli servono per la lezione di cinema, sono stato chiaro?”

Poi, prima che lui potesse rispondere, aggiunse. “E questa riunione è finita! Se ci sono altre questioni, mi trovate nel mio ufficio. Adesso sparite!”

Senza farselo ripetere due volte, quasi tutti si alzarono, si misero gli zaini in spalla, e si volatilizzarono. Solo un gruppetto era rimasto e si era fermato davanti alla cattedra, all’apparenza per decidere quando incontrarsi e dove per finalizzare gli ultimi dettagli di una lezione di letteratura.

Derek tirò un profondo sospiro e poi si avvicinò a Stiles. Non fu molto sorpreso, quando lo trovò ancora con la testa tra le mani. Per quel poco che riusciva a vedere della sua faccia, ovvero le tempie e un po’ degli zigomi, era ancora paonazzo. Derek gli si sedette accanto.

“Quando hai finito di pregare, io sono qui,” gli disse, e ridacchiò quando l’altro gli rispose solo con un verso di disperazione. Derek si ritrovò ad osservarlo con una punta di affetto, mentre Stiles si passava una mano a palmo aperto sui capelli cortissimi, poi ci ripensava e si nascondeva di nuovo scuotendo la testa, come a non poter credere a quanto accaduto.

“Ehi, Stiles,” lo chiamò qualcuno, fermandosi davanti a entrambi. L’odore gli era familiare, ma non abbastanza perché Derek riuscisse a collegarlo a un nome, quindi sollevò la testa per capire chi fosse e si ritrovò davanti Māhealani.

“Danny?” chiese incerto Stiles, che intanto aveva trovato il coraggio di riemergere dal suo angolino buio di autocommiserazione.

“Per quel problema,” esordì Māhealani, mostrando il cellulare con la foto di Stiles diffusa da Gossip Wolf sul display, “posso aiutarti io, se vuoi.”

Stiles si soffocò con la sua stessa saliva e Derek dovette trattenersi per non ringhiare, una volta percepita l’ironia dietro le parole di Māhealani.

“Uh, sul serio?” domandò Stiles, animandosi improvvisamente, e Derek si domandò – non per la prima volta – se il ragazzino non avesse nessun istinto di autoconservazione. Come aveva fatto a sopravvivere fino a sedici anni? Ma c’era un’altra parte di lui che… be’, le voci sulla bisessualità di Stiles a scuola erano circolate per un po’ e poi, come naturale, tutti se ne erano dimenticati. Il fatto che Stiles sembrasse tanto entusiasta della proposta di Māhealani, di un altro ragazzo, faceva impennare la curiosità di Derek.

“Ricordati di portare una coperta con te, mi piacciono le coccole dopo il sesso,” continuò imperterrito Māhealani e poi lanciò un’occhiata verso l’ingresso dell’aula. Derek era troppo intento a fissare Stiles per darvi importanza, ma quest’ultimo si voltò di scatto nella direzione in cui aveva guardato Māhealani e imprecò.

“Tu e Jackson la coperta potete infilarvela-“

Māhealani rise, interrompendolo, e poi diede a Stiles una pacca sulla spalla. “Coraggio, amico, lo sappiamo tutti che Gossip Wolf è una carogna!” disse Māhealani e Derek si domandò se fosse quello il suo modo di allentare la tensione.

“Be’, ci vuole una carogna per riconoscerne un’altra!” rispose Stiles, incrociando le braccia al petto con fare offeso e imbronciandosi in un modo che faceva risaltare ancora di più i nei che aveva sulla mascella. Derek sorrise nel vederlo, suo malgrado, e rimase piuttosto stupito quando si ritrovò gli occhi di Māhealani puntati addosso, che lo studiavano.

“Sai una cosa, Stiles? Credo che stasera le cose potrebbero andarti inaspettatamente bene, nonostante tutto,” ribatté Māhealani, senza badare all’insulto di Stiles e con un piglio cospiratore. Poi diede a Stiles un’altra pacca sulla spalla e lasciò che la sua mano indugiasse più del necessario sulla sua camicia a quadrettoni, continuando a fissare Derek con un sorriso quasi di sfida.

Stiles mosse la testa prima verso di lui e poi verso Māhealani, osservando confuso quello scambio silenzioso di sguardi. Poi Danny se ne andò, sventolando la mano in segno di saluto.

“Allora, questo proiettore?” chiese Derek a Stiles, alzandosi dalla sedia e dandogli una casuale pacca sulla spalla, nello stesso punto in cui lo aveva toccato Māhealani. In maniera quasi inconscia, strofinò appena le dita sulla stoffa, lasciandogli addosso un po’ del suo odore e coprendo quello lasciatogli dall’altro.

Stiles – per fortuna ignaro del significato di quel gesto - si alzò di malavoglia dalla sedia e lo condusse fino allo stanzino in cui la scuola teneva le apparecchiature elettroniche. Durante il tragitto, all’ennesimo cinguettare in contemporanea dei loro cellulari, decisero di comune accordo di ignorare le successive notifiche di Gossip Wolf per quel pomeriggio, e poi Stiles gli raccontò di come si era beccato un’interdizione a vita per aver sfondato un telone per proiettore inciampando sui suoi stessi piedi. Derek non sapeva se ridere o schiaffarsi le mani in faccia, provando dell’imbarazzo di riflesso.

Si rese conto di aver fatto entrambe le cose solo quando si accorse che Stiles lo stava guardando con la bocca leggermente aperta e il fiato un po’ accelerato, forse per aver parlato senza interruzione e all’apparenza senza respirare per i dieci minuti precedenti.

“Che c’è?” gli domandò accigliandosi. Forse era stata maleducata, da parte sua, quella reazione. “Scusa, non volevo ridere di-“

“No, no”, lo interruppe Stiles agitando le mani davanti a sé. “Dovresti,” Derek sollevò un sopracciglio, interdetto, e Stiles si leccò le labbra. Lo faceva un sacco.

“Ridere, intendo,” concluse Stiles, grattandosi la nuca. “Ultimamente non lo fai molto e… be’, è bello quando lo fai. Non nel senso che… no, okay, ignorami,” farfugliò Stiles, incespicando sempre di più sulle parole, man mano che lui lo fissava, confuso.

Poi Derek intuì quello che doveva star passando per la testa di Stiles, e schioccò la lingua, infastidito. Che a scuola si sapesse cosa era successo a Paige non era affatto una novità, per lui, ma quando succedeva che gli venisse ricordato che la vicenda era stata per un periodo sulla bocca di tutti, non riusciva a non provare una certa rabbia.

Stavano insieme da qualche mese quando, una sera, avevano avuto un incidente con la macchina. Derek aveva riportato delle leggere ferite, che erano guarite ancora prima che arrivassero i soccorsi, ma Paige era rimasta ferita al braccio destro, quello con cui reggeva l’archetto. Che suonare il violoncello fosse doloroso per lei, Paige lo aveva scoperto subito, ma all’inizio pensavano fosse solo una conseguenza del trauma e dell’operazione. Che invece il problema potesse essere più difficile da risolvere di quanto avessero preventivato all’inizio, lo avevano scoperto in seguito a visite mediche. La cosa l’aveva distrutta, e lei si era trasferita a Filadelfia con la madre, per stare nelle vicinanze di un grosso centro ospedaliero specializzato.

Quello che la gente non sapeva, era che l’incidente era stato colpa di Derek. Era lui al volante quella notte e stava guidando la macchina di Peter, perché la Camaro era in officina per un problema al motore. All’improvviso, l’auto aveva iniziato a sbandare, Derek aveva perso il controllo mentre percorrevano una curva, l’asfalto era bagnato e loro si erano ribaltati sul lato del passeggero, che era quello in cui era seduta Paige. La causa dell’incidente era stata impossibile da stabilire, ma molto probabilmente era dovuta ad una sua distrazione.

Paige non gli serbava rancore, e nemmeno la sua famiglia. Infatti avevano proseguito la loro relazione a distanza, fino alla fine dell’estate. Derek era anche stato a trovarla a Filadelfia un paio di volte, ma poi le cose si erano allentate e lui non era mai riuscito a scrollarsi di dosso del tutto il senso di colpa.

“Scusa, amico,” sussurrò Stiles, distraendolo dal vortice di ricordi. Derek aveva iniziato a camminare più veloce man mano che si innervosiva, e Stiles aveva dovuto afferrargli un avambraccio per farlo rallentare. “Non volevo farmi gli affari tuoi, è che…” rifletté un attimo, come per scegliere le parole. “Mi spiace per Paige.”

“Non è stata colpa tua, non hai nulla di cui dispiacerti,” rispose Derek, liberandosi dalla sua presa e allontanandosi di nuovo. Nei paraggi dello stanzino delle apparecchiature non c’era nessuno dei bidelli che vigilasse, quindi Derek aprì semplicemente la porta, mentre Stiles gli urlava, “Oh, scusa se volevo esprimere un po’ di empatia nei tuoi confronti, Mr Sopracciglia Incazzate!”

Derek si voltò di scatto e Stiles gli finì contro il petto. “Che hai detto?” ringhiò, facendolo indietreggiare verso il muro.

“Uhm,” mormorò mentre faceva qualche passo indietro. “Ho detto che ho voglia di uova strapazzate?” disse Stiles, e Derek poteva sentire un pizzico di paura nel suo odore. Grugnì e si allontanò da lui, passandosi una mano tra i capelli. Quel ragazzino era frustrante: un attimo era imbarazzato per i pettegolezzi di Gossip Wolf, l’attimo dopo era sfacciato con Māhealani, poi diceva a lui che era bello quando rideva e invece improvvisamente lo insultava. Derek non sapeva decisamente da che parte iniziare a interpretarlo.

Derek si chinò tra gli scatoloni e iniziò a rovistare in cerca di un proiettore, decidendo che forse non era proprio il caso di provare a interpretare un personaggio come Stiles. Quando finalmente ne trovò uno, si sollevò e lo porse a Stiles, che era rimasto miracolosamente silenzioso, mentre cercava il telone.

“Tieni, è tutto impolverato,” gli disse Derek mentre gli allungava la scatola. Stiles sembrò rifletterci un attimo, prima di afferrarlo, e poi vi soffiò sopra, facendo finire suddetta polvere sulla faccia di Derek, che strizzò gli occhi e cercò di evitare di farsi beccare in pieno. Ma dei granelli dovevano essergli finiti nel naso, e lui starnutì.

“Ommioddio,” farfugliò Stiles, preso dal panico. Poi Derek, ancora ad occhi chiusi, sentì delle strane ondate d’aria nelle vicinanze della sua fronte, cosa che interpretò come un tentativo di Stiles togliergli la polvere dalla faccia senza però toccarlo. “Scusa! Non volevo! Non uccidermi!”

“Prendi questa cazzo di scatola, Stiles,” gli intimò e, finalmente a mani libere, cercò di pulirsi alla meglio.

“Forse è meglio se ti lavi la faccia,” suggerì Stiles, mettendosi a distanza di sicurezza. “Hai dei batuffoli di polvere sulle… uhm, sopracciglia.”

Stiles aveva gli occhi sgranati, mentre glielo diceva, come se temesse davvero che Derek potesse decidere di farlo a pezzi e occultare il suo cadavere nello stanzino dei televisori. Derek nascose un sorriso, mentre andava in bagno a sciacquarsi, riconoscendo di aver avuto una reazione un po’ esagerata. Ogni tanto gli capitava, soprattutto da dopo l’incidente, e credeva che a volte sua madre fosse preoccupata per quello e temesse che influisse sul suo autocontrollo durante la luna piena. Aveva provato a spiegarle che non aveva avuto problemi in quel senso, ma lei a volte era un po’ troppo apprensiva.

Quando tornò dal bagno, lui e Stiles trasportarono proiettore, computer della scuola, telone e cavi nell’aula che era stata assegnata alla lezione di cinema. Stiles continuava a restare chiuso nel suo mutismo, ma in compenso non smetteva di muoversi, nemmeno quando doveva reggere il telone mentre Derek lo montava o mentre aspettava che il portatile si avviasse. Derek ebbe pietà di lui e tentò di riavviare una parvenza di conversazione.

“Quindi farai una lezione su Guerre stellari,” disse, facendo un gesto vago, come per invitare Stiles a continuare, se lo voleva.

“Uh,” Stiles trasalì. “Esatto.”

“Chi hai corrotto perché ti venisse accordata?” domandò Derek, guardandolo di sottecchi, con un sorriso sarcastico.

Stiles si prodigò in una risata esagerata. “In realtà doveva esserci una lezione sull’impressionismo tedesco,” ammise poi. “Ma la ragazza che doveva occuparsene si è beccata un qualche malanno stagionale, e non hanno trovato nessuno che la rimpiazzasse… voglio dire, impressionismo tedesco, Derek, okay l’evento culturale, ma avrebbero fatto prima a rinchiudere una cinquantina di studenti in un’aula e dar loro una mazzata sulla testa.”

“E invece Guerre Stellari…” lo punzecchiò Derek.

“Non c’è storia, amico, stai scherzando?” poi si bloccò, come colto da un pensiero improvviso. “Tu hai visto la saga, vero?”

Derek lo fissò senza rispondere, e sollevò soltanto le sopracciglia.

“Nemmeno il quarto episodio?”

“Perché il quarto?” chiese Derek confuso. “Non si inizia dal primo?”

Stiles si schiaffò una mano sul viso, e Derek fu grato che si fosse già scordato delle incomprensioni di poco prima, anche se questo significava doversi sorbire una tirata (non la prima nella sua vita, anche Jordan gli aveva fatto una ripassata) sul ruolo cruciale di Guerre stellari nella salvezza dell’universomondo.

“Amico, ti mancano le basi. Dove hai vissuto fino ad ora?” gli domandò Stiles, mentre scollegava e ricollegava i cavi del proiettore, sussurrando sottovoce quanto l’attrezzatura anteguerra della scuola facesse schifo.

“In una galassia molto, molto lontana?” azzardò Derek, provando a richiamare alla mente il poco che sapeva sulla saga.

“Scommetto che sai solo quello e ‘Luke, sono tuo padre’,” disse Stiles, scuotendo la testa, rassegnato.

“Più o meno,” ammise Derek.

“Okay, vieni alla mia lezione di oggi, allora! E poi ne riparleremo!”

“Forse,” rispose lui, facendo spallucce, con un sorriso un po’ complice.

Stiles testò la sua presentazione PowerPoint e i suoi video e, quando fu sicuro che tutto era perfettamente funzionante, confermò a Derek che avevano finito.

“Grazie,” gli disse. “Puoi andare, se vuoi. Ti devo un favore.”

“A dire il vero,” esordì Derek, mentre Stiles si metteva lo zaino sulle spalle. “Potresti sdebitarti adesso, aiutandomi a montare il tatami in palestra. Io e Boyd siamo rimasti d’accordo che lo avremmo fatto più tardi, ma adesso che la scuola è ancora abbastanza vuota sarebbe più semplice. Di solito c’è sempre gente che non è in grado di capire che deve togliersi dai piedi.”

“Uh, certo!” accettò Stiles con entusiasmo.

Montare il tatami “con l’aiuto” di Stiles si rivelò più complicato del previsto. Stiles con i cavi e con i computer se la cavava decisamente meglio di Derek, ma al momento di incastrare dei quadrati di gomma e restare in equilibrio sui talloni per più di dieci secondi, iniziava ad avere problemi.

“A volte mi stupisco del fatto che tu sia ancora vivo,” gli aveva detto Derek a un certo punto, quando era caduto in avanti per l’ennesima volta. “Come fai a giocare a lacrosse?”

“So stare in equilibrio seduto sulla panchina,” rispose Stiles come se niente fosse, e Derek scosse la testa, divertito.

“Quindi non è cambiato niente dall’anno scorso,” constatò.

“No, scaldo ancora le panchine a lacrosse, mi faccio ancora umiliare da Jackson e da Gossip Wolf, ho ancora una cotta impossibile per-“ Stiles sollevò lo sguardo, da dove stava allineando altri pezzi del tatami, ed incrociò il suo, “Lydia Martin, tutto come al solito.”

“Lydia Martin?” chiese Derek, con una punta di fastidio. “Ancora?”

“Ho un piano triennale per farla innamorare di me,” ammise Stiles.

“Piano triennale,” ripeté Derek. “Chi sei, l’Unione Sovietica?”

“Quelli erano quinquennali,” precisò Stiles, come se fosse quello il punto, e poi si mise a schiacciare con convinzione le linee di giuntura del tatami. Derek iniziava a capire perché era stato interdetto dall’utilizzo di certe attrezzature.

“Sono stanco, ho sete!” annunciò Stiles, una volta finito di martoriare i quadrati di gomma che aveva in mano, e Derek notò che nel tempo che ci aveva impiegato Stiles a montare due file, lui aveva finito oltre metà del lavoro. Ed aveva il coraggio di lamentarsi di essere stanco.

“E invece perché hai deciso che devi perdere la verginità?” gli domandò allora, proprio quando Stiles, poggiate le labbra a una bottiglietta d’acqua che aveva tirato fuori dallo zaino si apprestava a bere. Come previsto, la domanda gli fece andare l’acqua di traverso e lo fece tossire diverse volte.

“Sei un bastardo,” lo accusò Stiles, puntandogli il dito contro, mentre lui ridacchiava. Quando Stiles si mise di nuovo all’opera, ormai non erano rimaste che due file da unire e poi avrebbero finito, quindi erano molto vicini quando lui gli rispose. E Derek notò che aveva ancora la gola arrossata per essersi soffocato con l’acqua.

“Stavo facendo il coglione con Scott,” spiegò Stiles dopo un po’, e Derek ormai aveva dato per scontato che Scott fosse il ragazzo con i capelli un po’ lunghi e la mascella storta, quello che andava dietro alla ragazza nuova, quella degli Argent. Derek si domandò come avrebbe reagito Stiles se avesse scoperto cosa nascondeva la famiglia della ragazza del suo migliore amico. E, ancor di più, se avesse scoperto cosa nascondeva la famiglia di Derek.

“Hai sentito di quegli omicidi a New York? Siccome le vittime sono tutte della nostra età, stavo ipotizzando che magari era una specie di sacrificio di vergini e quindi avevo bisogno di perdere la verginità per non essere una potenziale vittima.”

Derek fece una smorfia, perché quello era un tipo black humor che non riusciva a lasciarlo del tutto indifferente.

“Lo so che sono un coglione insensibile, a volte,” gli disse Stiles, come se sapesse a cosa stava pensando. “Ma non volevo fare dell’ironia su dei poveri ragazzi morti, è che guardo troppi polizieschi, mi sa. Senza contare che mio padre è lo sceriffo.”

“Tu non mi sei sembrato molto stupito, quando Danny si è offerto,” constatò poi Stiles, cambiando bruscamente discorso.

Derek sollevò di scatto lo sguardo su di lui, e notò che Stiles invece lo stava evitando. “Avrei dovuto?”

Stiles fece spallucce. “Be’, Danny non è esattamente una ragazza. E… in effetti per un po’ in effetti certe voci su di me sono state messe in giro.”

Stava davvero cercando di fare coming out con lui mentre montavano un tappetino in palestra?

“Stiles, anche se non lo fossero state, vai in giro a chiedere se sei attraente per i ragazzi gay!” gli fece notare Derek.

Stiles rise, e Derek fu risollevato, perché la discussione non stava prendendo toni troppo seri. “Uh, quello. Anche Scott mi ha detto che secondo lui quello è stato un grosso indizio.”

Quando completarono il tatami, Stiles vi si sdraiò sopra a pancia in su, con braccia e gambe spalancate a stella marina. All’apparenza sembrava immerso nei suoi pensieri, ma Derek notò che ogni tanto gli lanciava delle occhiate di sottecchi. Sembrava insicuro e incredibilmente invitante, e Derek scoprì di avere una voglia matta di toccarlo. Sospirò e si sedette accanto a lui. Se Stiles gli aveva confessato qualcosa di sé, poteva farlo anche lui, decise, mentre si girava e poi si sdraiava in perpendicolare rispetto a Stiles. Gli poggiò la testa sullo stomaco e poi si voltò un po’ ed inspirò a fondo il suo odore, attraverso la maglietta.

Dopo un iniziale momento di stupore, Stiles gli poggiò una mano sui capelli, e mosse il pollice in una carezza soffice sulla sua tempia. Rimasero in silenzio per qualche minuto, e Derek si fece cullare dal battito del cuore di Stiles e dal suo respiro regolare, mentre pigramente teneva sotto controllo i rumori fuori dalla palestra. L’ultima cosa che avrebbe voluto era che qualcuno entrasse e rubasse quel momento con una foto da mandare a Gossip Wolf.

“Tu hai ancora qualcosa da perdere?” domandò Stiles, rompendo il silenzio, e Derek lo guardò confuso, ma il suo sguardo atterrò sul petto inaspettatamente ampio di Stiles, sul colletto della sua maglietta e sul suo collo.

“A proposito del discorso di prima,” disse Stiles, facendo un gesto vago con la mano che non era affondata nei capelli di Derek.

“Non capisco di cosa tu stia parlando,” ammise Derek e Stiles fece un verso esasperato.

“Devi proprio farmelo dire ad alta voce?” chiese Stiles, sollevandosi sui gomiti e incrociando il suo sguardo. Oh. Era decisamente da Stiles domandare alla gente se fosse ancora vergine.

“Sì,” ammise.

“Davvero? Pensavo che tu e Paige… non importa,” farfugliò Stiles, e poi si illuminò, come colpito da un’idea fulminea. “Che ne dici di fare un patto?”

“Un patto,” ripeté Derek, impassibile. “Non so se voglio sapere cosa stai per propormi,” disse, nascondendo il volto nella maglietta di Stiles. Stiles si contorse, mormorando che gli faceva il solletico.

“Se entro la prossima Notte dei licei saremo entrambi ancora nella stessa condizione,” proseguì poi, senza dargli retta, e Derek non poté fare a meno di ripetere la parola condizione con fare scettico.

“Smetti di ripetere quello che dico,” lo rimproverò Stiles, dandogli un buffetto sulla testa, e Derek gli afferrò la mano per allontanarlo, ma poi, incoraggiato dal sorriso che lui gli aveva rivolto, non mollò la presa nemmeno quando Stiles ricominciò a parlare.

“Se entro la prossima Notte dei licei saremo entrambi ancora nella stessa condizione,” Stiles calcò sulla parola, “Lo faremo insieme.”

“Tu non sei reale,” disse Derek, sbuffando una risata.

“Andiamo!” lo spronò Stiles, “Sarà il tuo ultimo anno, non vorrai arrivare illibato al college!”

“Ti prego, ‘sta zitto!” Derek rise di nuovo, e Stiles gli strinse a sua volta la mano.

“Oh, no, se non acconsenti ti ripeterò il mio discorso per la lezione su Guerre stellari!” lo minacciò Stiles e provò a mettergli di nuovo le mani in faccia, ma Derek lo fermò e cambiò posizione, in modo da schiacciarlo sotto di sé per farlo stare fermo. Si rese conto di esserglisi praticamente sdraiato addosso solo quando si ritrovò a guardarlo fisso negli occhi e si sentì il suo respiro sulla guancia.

“Lo prendo come un sì?” chiese Stiles in un soffio, e Derek notò l’accelerazione nel suo battito cardiaco, quindi chinò la testa, e sbuffò una risata contro il suo collo, facendolo contorcere sotto di sé. Stiles gli mise di nuovo le mani tra i capelli, e solo quando si ritrovò vicinissimo alla pelle della sua gola, Derek capì che non lo aveva fatto per allontanarlo, ma per stringerlo ancora di più. Dio, era una sensazione meravigliosa. Avrebbe potuto semplicemente muovere le labbra per dargli un bacio e scoprire se quello lo avrebbe fatto dimenare più forte. Quando gli sussurrò un , fu come se lo avesse fatto inavvertitamente, come se gli avesse dato il più leggero dei baci.

Quando Stiles gli fece un po’ di pressione alla base del cranio, Derek sollevò lo sguardo e, davvero, davvero, nel vedere le sue labbra lucide leggermente aperte ammise che la voglia di baciarlo lo stava divorando e lui non era del tutto sicuro di sapere da dove venisse quel desiderio.

Il momento fu interrotto dallo squillare di un cellulare con una suoneria particolarmente rumorosa.

“È Scott,” sussurrò Stiles, e Derek si sollevò veloce, sentendo subito il suo corpo che si raffreddava mentre si metteva a sedere. Anche Stiles si alzò e rispose alla chiamata. Parlò brevemente con Scott e sussurrò più volte un Che stronza, per poi mettersi d’accordo su dove incontrarsi da lì a cinque minuti.

“Devo andare,” disse a Derek quando chiuse la chiamata. “Scott e già qui, e anche un sacco di altra gente, mi sa. Inoltre, a quanto pare Gossip Wolf ha rivelato in un suo post di oggi che Allison compie diciassette anni, nonostante sia ancora al secondo anno. Ci vuole un intervento di gruppo per rallegrarla,” spiegò sorridendo.

“Certo, e poi qui abbiamo finito,” annuì Derek, guardandolo mentre si metteva lo zaino in spalla.

“Vieni stasera a vedere la mia lezione?” gli chiese di nuovo Stiles con ironia, prima di allontanarsi.

“Forse,” rispose Derek, ripetendo la risposta che gli aveva dato qualche ora prima. “A che ora è?”

“Uh, è tra le ultime, alle otto. È l’unica a quell’orario, tra l’altro, il che mi fa sperare che non avrò solo Scott ed Allison come spettatori.”

Derek lo guardò accigliato. “Alle otto c’è la dimostrazione di arti marziali in palestra!” Indicò il tatami. “È per questo che lo abbiamo montato.”

“Cosa?!” Stiles si mise a rovistare dentro lo zaino. “È impossibile, ho visto il programma.”

“C’è stata una modifica dell’ultimo minuto ieri, perché a Jordan è stato cambiato il turno a lavoro.”

“Jordan? Jordan Parrish? L’agente Parrish? Quello con gli occhi e gli addominali e…”

“Sì, Stiles, Jordan ha gli occhi e… tutto il resto,” confermò Derek roteando gli occhi, e facendo un gesto vago. Forse lo aveva detto anche con un pizzico di gelosia.

“Maledizione, come faccio a competere con Parrish? E ci sarete anche voi?” chiese Stiles indicando la palestra, in un modo che Derek interpretò come “voi sportivi”.

“Sì, ci saremo di sicuro io e Boyd per dargli una mano. E qualcuno della squadra di baseball. Mi dispiace,” aggiunse poi, vedendo lo sguardo deluso di Stiles.

“Va be’, sono abituato ad essere sfigato,” disse Stiles, facendo spallucce. Poi il suo cellulare riprese a squillare. “Devo scappare, Derek, scusa. Salutami l’agente Parrish.”

Derek rimase ad osservare la porta per qualche secondo, dopo che Stiles fu uscito, e odiò la sensazione di silenzio che lo assalì. Rifletté per qualche secondo e, prima di poterci ripensare, decise di tentare una telefonata.



Quella sera, quando alle otto meno cinque Derek entrò nell’aula dove lui e Stiles avevano montato le apparecchiature per la lezione di cinema, trovò tutti i posti occupati e ancora qualcuno che entrava e cercava un posto dove sedersi.

Derek individuò Stiles tra la folla, che parlava animatamente con la Argent. Lei sembrava indecisa tra ridere di quello che Stiles stava dicendo o sentirsi in imbarazzo per lui. Derek conosceva quella sensazione, ma il fatto che Stiles con tutta probabilità si stava rendendo ridicolo solo per farla distrarre dalla questione del suo compleanno, lo fece sentire un po’ fiero di lui. Se voleva, Stiles poteva anche non essere un coglione insensibile.

Quando la Argent se ne andò, augurando a Stiles buona fortuna per la lezione, lui guardò verso il fondo dell’aula e, non appena vide Derek, gli sorrise e si fece strada verso di lui.

“Hai visto quanta gente?” gli chiese Stiles, ondeggiandosi sui talloni per l’eccitazione.

“Stavo notando, sì,” rispose Derek, mentre vedeva alcuni studenti che si sedevano per terra.

“Tu che ci fai qui?” domandò poi Stiles, guardando l’orologio. “Sono quasi le otto.”

“Oh, la dimostrazione è stata rimandata,” disse con fare sbrigativo. “Jordan ha avuto un problema con la macchina, arriverà tra una quarantina di minuti.”

“Un problema con la macchina?” ripeté Stiles, accigliandosi. “Non poteva farsi dare un passaggio? Potrei chiamare mio padre, o potrei prestarti la jeep,” continuò, tastandosi le tasche dei jeans per cercare le chiavi.

“Ma… perché non sei andato a prenderlo tu?” domandò poi sospettoso. “Ho visto la tua macchina nel parcheggio, non sei venuto con un passaggio.”

“Stiles,” lo fermò Derek, afferrandogli un polso. “È tutto a posto. Faremo la nostra dimostrazione alla fine della tua.”

“Derek-“ lo chiamò Stiles, con la fronte aggrottata, come quando si concentrava sulla risoluzione degli esercizi di matematica. “Dimmi che non hai chiesto a Parrish di mentire e arrivare in ritardo solo per far venire gente alla mia lezione.”

Derek non rispose, ma l’espressione della sua faccia in qualche modo doveva averlo tradito, perché Stiles fece un verso esasperato.

“Derek, cosa ti fa pensare che io abbia bisogno del tuo intervento?”

E, wow, Derek non aveva mai visto Stiles arrabbiato.

“Come credi che mi senta adesso a sapere che tutta questa gente non è qui per me, ma perché la lezione che voleva davvero seguire è stata sabotata?”

“Stiles,” Derek mormorò il suo nome senza sapere esattamente cosa dire. Lui non l’aveva vista esattamente in quel modo, voleva solo far felice Stiles. Dopotutto, quel pomeriggio aveva visto quanto impegno ci avesse messo nel preparare il suo discorso, il materiale, i video. Aveva anche stampato degli handout.

“No, non dire niente,” lo pregò Stiles. “Mi sento già umiliato così,” concluse prima di voltargli le spalle e avviarsi verso l’inizio dell’aula, dove avevano sistemato il portatile e il telone. La sua andatura rigida sprizzava rabbia da tutti i pori, ma le spalle curve tradivano anche quel senso di umiliazione di cui parlava e Derek si grattò la testa, perché Stiles non aveva alcun motivo di sentirsi umiliato. Lui, piuttosto, ne aveva tutte le ragioni.

Per un attimo Derek valutò l’idea di andarsene anziché restare lì dentro a sentirsi un deficiente, ma poi incrociò le braccia, si sedette a terra con le spalle al muro e se ne fece una ragione. Stiles lo aveva incuriosito quel giorno, e lui sperava di avere l’occasione di chiedergli scusa a lezione finita.



A dispetto delle aspettative di tutti, Stiles era stato divertente e avvincente. All’inizio aveva parlato con una certa rigidità nelle spalle e nella voce, e Derek si era sentito ancora più in colpa, perché in qualche modo sembrava fosse finito per rovinare del tutto il lavoro di Stiles, avendogli causato del malumore. Poi però Stiles, incoraggiato dalla risposta del pubblico, aveva cominciato a entrare nel suo ruolo e… wow, quando Stiles era appassionato di qualcosa era meraviglioso da ascoltare. Doveva essere travolgente essere al centro della sua attenzione. Anche la sua tendenza a farfugliare e schizzare da un discorso all’altro sembrava essere stata messa da parte, forse grazie alle numerose prove del discorso che aveva fatto e a cui aveva accennato quel pomeriggio. La fine della sua lezione fu accolta da un caloroso applauso, e Stiles si prodigò in un inchino ridicolo, che lo fece sembrare un po’ più il solito Stiles.

Derek rimase in disparte, mentre alcuni ragazzi si fermavano a complimentarsi con lui e a commentare questo o quel passaggio.

Amico, sabato prossimo ci facciamo una maratona, te lo prometto!” disse quello che doveva essere Scott, e Derek fu felice di sentirlo, perché sapeva che uno degli obiettivi di Stiles era incuriosire la gente nei confronti della saga, e il fatto che proprio con il suo migliore amico avesse centrato l’obiettivo doveva essere bello per Stiles.

L’aula si era quasi svuotata e Derek aveva ormai poco tempo prima di dover correre in palestra per la dimostrazione di arti marziali, quando squillò il suo cellulare.

“Posso smettere di nascondermi e venire?” gli domandò la voce dall’altra parte della linea.

“Jordan, sì, certo, io ti raggiungerò tra qualche minuto, ma Boyd è già in palestra, è tutto pronto.”

“Bene,” disse Jordan, “E posso sapere come si chiama lei?” Derek poteva immaginare il sorriso divertito di Jordan mentre glielo chiedeva.

“Lei chi?” domandò Derek di rimando, fingendo di non aver capito l’allusione.

“Andiamo, la ragazza per cui mi hai chiesto di mentire al tuo professore pazzo.”

Derek sbuffò una risata e guardò in direzione di Stiles che parlava con una ragazza bionda, “Non c’è nessuna ragazza, Jordan.”

“Va bene, ne parleremo più tardi,” gli rispose Jordan con una certa accondiscendenza e Derek si grattò la nuca imbarazzato. Poi vide che la ragazza bionda aveva afferrato il viso di Stiles e, interrompendolo mentre parlava, lo aveva attirato a sé e gli aveva stampato un bacio sulle labbra. Dopo qualche secondo di smarrimento, in cui aveva lasciato le mani ad ondeggiare nel vuoto, Stiles aveva reagito, mettendole le mani sulla vita.

“Heather?” sforzando il suo udito oltre il vocio degli studenti e la colonna sonora di Guerre stellari che ancora suonava in sottofondo Derek riuscì a sentire Stiles che la chiamava, una volta staccatosi da lei.

“Ho visto la tua foto su Gossip Wolf, oggi,” spiegò Heather. “Ti va di parlarne?”

Senza restare a sentire la risposta di Stiles, Derek si voltò e uscì dall’aula.

“Ti assicuro che non c’è nessuna ragazza, Jordan. Ci vediamo tra poco.” Derek chiuse la chiamata e si guardò intorno. Ne aveva abbastanza di quella giornata e sarebbe voluto tornare a casa, ma aveva un impegno con Boyd e con Jordan, quindi tirò un respiro profondo per calmarsi. Tuttavia, l’umidità e l’odore della folla gli facevano mancare l’aria, quindi decise di uscire in cortile e schiarirsi le idee.

Percorse velocemente la strada che conduceva al parcheggio, in cerca di un attimo di silenzio. Si concentrò sul rumore dei suoi passi sui ciottoli bagnati e ignorò il vocio che lo circondava. Doveva aver piovuto quel pomeriggio, senza che lui se ne accorgesse. Raggiunse la Camaro e vi si poggiò contro la fiancata.

Il cinguettio del cellulare gli fece dare un pugno contro il metallo del cofano anteriore. Lo afferrò di malavoglia, pur sapendo che probabilmente non gli sarebbe piaciuto quello che stava per vedere.



Avvistato: S. che riceve a fine serata una proposta decisamente interessante.



Derek intravide la chioma bionda di Heather e spense il cellulare, senza nemmeno degnarsi di guardare per bene la fotografia che accompagnava il messaggio. Si sentiva stupido all’inverosimile, in quel momento.

“Ehi, bellezza!”

Derek sollevò di scatto la testa. Era stato talmente immerso nei propri pensieri da non essersi accorto che c’era un’altra persona nel parcheggio. Si voltò e vide una donna giovane, con i capelli lunghi, seduta al lato di guida di un’auto con la portiera aperta. Aveva una maglietta dalla scollatura esagerata, soprattutto per quel tempo, ma Derek ammise che era immensamente sexy.

“Cerchi qualcuno?” gli domandò.

Derek stava per rispondere di no, che non cercava nessuno - anzi, cercava la totale solitudine, in quel momento, ma poi ripensò a Stiles e alla ragazza bionda che lo aveva baciato e che gli aveva proposto di parlare della sua verginità. Chissà cosa c’era da dire.

Poi si ricordò anche del patto che aveva fatto con Stiles, di quando aveva accettato di perdere la verginità con lui l’anno successivo, e rise con amarezza.

“Forse,” rispose alla donna e, mentre le si avvicinava, venne investito dal suo odore. Dal suo profumo pungente, dall’odore di pelle dei sedili della sua macchina costosa e, soprattutto, dall’odore di strozzalupo che, seppur flebile, era anche parecchio inconfondibile. Era una cacciatrice.

“Da cosa dipende?” chiese lei alzandosi ed avvicinandosi abbastanza da sfiorargli il petto con le unghie ben curate.

“Mi aspettano dentro, ne avrò per un’altra ora,” rispose Derek. “Ti piacerebbe assistere a una dimostrazione di arti marziali?”

La donna gli fece scorrere le unghie sulle spalle. “Per un fisico come il tuo, assisterei a molto di più.”

“In tal caso, io sono Derek,” si presentò lui, indicandole la strada per la palestra.

“Kate.”

   
 
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