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Autore: heliodor    11/03/2015    2 recensioni
Nel palazzo di Minosse si nasconde il mostruoso Minotauro, metà uomo e metà toro. Da quando la creatura ha preso possesso della reggia, una maledizione è calata sull’isola. Solo il sacrificio di un innocente potrà spezzarla. Teseo, l’eroe venuto dal mare, affronterà il mostro con l’aiuto di Arianna e Icaro.
Ma non tutto è come sembra.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una colonna di soldati percorre le vie della città. Affiancati due a due marciano attraverso vie sulle quali affacciano palazzi con le finestre e le porte sbarrate.
Una fila di mendicanti seduti ai lati della strada tendono mani scheletriche verso i soldati, che li ignorano e proseguono dritti.
Una folla di uomini e donne si accalca davanti a una fontana. La vasca è vuota, un solo rivolo d'acqua spilla da una testa di marmo a forma di pesce.
Il rumore di passi fa tremare le bancarelle di un venditore ambulante che guarda con mestizia la frutta e verdura striminzita esposte sul ripiano.
Una madre afferra un bambino che sgambetta per le strade e lo trascina dentro casa. Occhi si affacciano dalle finestre. Sguardi timorosi seguono il passaggio dei soldati.
Il primo della fila, un omaccione con una barba lunga e folta, alza un braccio. La colonna si arresta, i soldati si scambiano occhiate perplesse.
L'omaccione si avvicina a una porta sgangherata e bussa due volte. Passano alcuni secondi. Bussa di nuovo.
― Dedalo, non costringermi a buttare giù la porta. Lo so che sei in casa.
La porta si apre cigolando sui cardini. Dallo spiraglio si affaccia il viso di un ragazzo sui venti anni, capelli ricci e arruffati. Indossa una tunica azzurra legata in vita da una fascia bianca e sandali aperti. ― Che volete? Mio padre non è in casa.
Il soldato mugugna qualcosa. ― Tu sei Icaro, il figlio sfaccendato di Dedalo?
Il ragazzo deglutisce a vuoto. ― Sono io ― dice a denti stretti.
― Di' a tuo padre di portare a palazzo le anfore che gli sono state richieste. Non domani, non oggi. Subito ― dice il soldato con tono minaccioso. ― Ordini del re.
― Riferirò. ― Icaro gli sbatte la porta in faccia.
***
Quando si volta, Icaro rivolge un'occhiata severa al padre. ― Questa storia non può andare avanti così. Devi affrontare la questione con re Minosse.
Dedalo, seduto a un lungo bancone di legno su cui sono allineati ingranaggi, leve e fogli di carta sparsi alla rinfusa, si volta verso il figlio. ― Il re non vuole starmi a sentire.
Icaro apre la finestra. La luce del sole invade la casa. Sulle pareti si intravedono i segni tracciati da una mano abile. Tra le linee si intravedono scene di pastori che portano pecore al pascolo, animali che si rincorrono e un toro che li osserva minacciosi dall'alto di una rupe. In un angolo una piramide di rotoli di carte getta la propria ombra su due scheletri di legno che riproducono altrettante ali d'uccello. Sopra di esse un disegno tracciato con matita nera raffigura un uomo con le ali legate alla schiena che si libra al di sopra di una baia racchiusa da due promontori.
― Tu dagli solo quello che vuole ― dice Icaro avvicinandosi a uno dei dipinti sul muro. Da un secchiello tira fuori un pennello e lo intinge in un secchio pieno di liquido color porpora. ― Sono mesi che quelle anfore sono pronte. Perché non gliele consegni e basta?
― Perché poi mi imporrà di fare un altro lavoro noioso e inutile.
― Quel lavoro ci da' da mangiare ― protesta Icaro.
― Se tu ti dessi da fare nella bottega, non avrei bisogno di costruire anfore per sfamarci.
Icaro sbuffa. ― Io sono un artista, padre. ― Col pennello traccia una linea lungo la parete, dividendo in due il dipinto. ― Non mi interesso di scultura o fabbricazione di anfore. Quello è compito tuo.
Dedalo si volta. ― E il tuo compito quale sarebbe?
Icaro scrolla le spalle. ― Non lo so ancora. ― Guarda gli scheletri delle ali. ― Non ci starebbero bene delle piume su quelle lì?
Dedalo sospira rassegnato. ― Piume. Non sai pensare a qualcosa di più concreto? Sei intelligente quanto me, forse anche di più. Potresti superarmi facilmente e portare a termine tutti i miei progetti incompiuti.
― Come quella vite infinita che hai cominciato e messo da parte?
― Devo ancora perfezionarla, ma quando lo farò funzionerà a dovere.
― E quell'automa gigante che tieni in cantina?
― Ha un problema qui, al tallone ― Dedalo si indica il piede.
― E il...
― Ho capito, ho capito ― dice Dedalo. ― Lasciamo perdere.
Icaro butta il pennello nel secchio. ― Niente affatto. Sai che ti dico? Porto io le anfore al palazzo.
― Tu? ― Dedalo lo guarda sorpreso.
― Sì, perché?
― Sono anni che non ti avvicini al palazzo reale.
― Carico le anfore sul carro ― dice avviandosi alla porta.
Dedalo sospira e torna a rivolgere la sua attenzione al banco di lavoro.
***
Icaro assicura le anfore con una corda e si issa sul carro. ― Fulmine, Saetta ― dice facendo schioccare le redini. ― Al galoppo.
I due buoi attaccati con un giogo al carretto lanciano un muggito sommesso e si mettono in marcia.
Icaro sospira vedendo i palazzi sfilare ai lati della strada con lentezza esasperante. ― Ragazzi ― dice rivolto ai due animali. ― Almeno voi metteteci un po' più di entusiasmo, o sarò costretto a vendervi al mercato.
Muggito annoiato.
― Come non detto.
Il carro attraversa una piazza di forma ottagonale e imbocca la via che costeggia il lungo rettangolo che racchiude il palazzo di Minosse. I pochi pedoni passeggiano tutti sul lato di strada opposto alle mura, gli sguardi bassi e preoccupati.
Icaro rivolge un'occhiata alle feritoie sbarrate dalle assi di legno, agli ingressi murati sui quali è ancora visibile la calce usata per tenere insieme le pietre. Due guardie passeggiano nelle vicinanze del muro, ma nessuna delle due lo degna di uno sguardo.
― Certo che è davvero tetro ― dice Icaro a bassa voce.
Un ruggito squarcia l'aria. Le testa dei passanti e dei soldati scattano verso il palazzo, l'espressione sgomenta.
― Il mostro ― dice un uomo coprendosi le orecchie.
― Deve essere affamato ― dice una donna stringendo il figlio al petto.
― Andiamo via ― dice una ragazza. ― È stato un errore passare di qui.
I due buoi si agitano, Icaro fa fatica a tenerli per le redini. ― Buoni voi due, non è niente.
Un secondo ruggito gli fa rizzare i capelli.
I buoi scalciano, tentano di liberarsi dal giogo. In un istante Icaro perde il controllo e si ritrova trascinato per la via insieme al carretto.
I due soldati si mettono in mezzo alla strada, le lance spianate, ma si gettano di lato quando i due buoi si lanciano verso di loro a tutta velocità.
― Scusate ― grida Icaro superandoli.
Il carro irrompe in una piazza esagonale, rovescia delle bancarelle spargendo cocci di vasellame in ogni direzione. Due donne si rifugiano in un portone e agitano minacciose i pugni verso Icaro, che si volta e si stringe nelle spalle. ― Scusate. Sto imparando.
Alla svolta successiva il carro imbocca un lungo viale che conduce a un palazzo di forma quadrata. Davanti a esso un picchetto di dodici guardie armate di lancia sorvegliano l'entrata sostenuta da colonne di marmo che brillano sotto il sole.
Icaro tira le redini, i buoi lanciano un lamento e si gettano di corsa verso il palazzo. ― Ma come si ferma questo affare?
È arrivato a metà del viale quando una figura si getta verso i buoi, ne afferra uno per il giogo e si issa sulla schiena dell'animale. Quando si volta, gli occhi di Icaro incontrano quelli di una ragazza sui sedici anni, capelli neri raccolti in una treccia elaborata in cui sono intrecciate perline colorate. Indossa una tunica bianca legata in vita da una cintura rosso porpora e sandali aperti.
― Che stai facendo? ― grida Icaro. ― Scendi di lì, è pericoloso.
― L'unico pericolo qui sei tu ― risponde la ragazza. Prende il bue per le corna e lo costringe a voltare la testa di lato. L'animale lancia un grugnito di protesta. I buoi rallentano l'andatura e si fermano poco dopo a una decina di passi di distanza dalle guardie.
Una di esse è il comandante che si è presentato poco prima a casa di Icaro.
Il ragazzo salta giù dal carro e indica il carico sul retro. ― Ho portato le anfore. ― Sotto il velo che le copre ci sono solo pezzi mescolati alla rinfusa.
Il comandante rivolge un'occhiata perplessa ai cocci. ― Portale dentro. Ti pagheremo solo per quelle ancora intere.
Icaro tira uno dei buoi. ― Guarda che guaio avete combinato. Sarete contenti, spero.
La ragazza accarezza l'altro animale. ― Come sei carino.
Il bue ricambia con una leccata alle dita.
Icaro la guarda di traverso. ― Grazie per l'aiuto.
La ragazza si stringe nelle spalle. ― Di niente. Tu devi essere Icaro, vero?
― Mi conosci? ― chiede lui stupito.
― Solo di fama ― risponde lei ridacchiando. ― In città non si parla d'altro che delle tue... creazioni. ― Lei si volta e si infila nel palazzo.
Icaro fa per seguirla, ma una guardia gli sbarra il passo. ― Tu non puoi passare da qui. Usa l'entrata del magazzino.
― Ma lei è entrata ― protesta Icaro.
― Quella ― risponde il soldato. ― È la principessa Arianna.
***
― Mia sorella Metrodea dice sempre che non c'è niente meglio di un bel pasto per far passare la tristezza. ― La donna è una florida matrona agghindata con una tunica bianca e un fazzoletto che le nasconde i capelli. Con movimenti rapidi delle braccia riempie un vassoio con carne e verdure prelevate da scodelle allineate sul bancone di legno.
Dietro di lei, una ragazza più giovane l'ascolta con aria annoiata. ― È solo la centesima volta che me lo dici, Agathe.
La donna le scocca un'occhiataccia. ― Prendi, va' ― dice porgendole il vassoio. ― Portalo alla principessa Arianna.
La ragazza fissa incredula le dieci fette di carne allineate sul piatto insieme ai due pezzi di pane e alle uova. ― Mangia tutta questa roba? ― domanda ad Agathe. ― E la carne... cruda?
― A volte anche di più. Eppure è così magra... beata lei che non mette su nemmeno un po' di ciccia. ― Si tocca il ventre come a volerlo misurare. ― Tu sei nuova, vero?
La ragazza annuisce.
― Ti abituerai alle stranezze della principessa. Lo sai che è l'unica ragazza di Creta che riesce a cavalcare un toro? Il re glielo ha proibito, ma lei si allena di nascosto. Tutti lo sanno ovviamente, ma se Minosse lo venisse a sapere. ― Rabbrividisce. ― Meglio non pensarci.
Arianna irrompe all'improvviso e getta a terra una sacca. ― È il mio pranzo quello? ― domanda indicando il vassoio.
Agathe e la ragazza annuiscono.
Arianna allarga il sacco. ― Butta tutto qui dentro.
La ragazza lancia un'occhiata ad Agathe, che annuisce bonaria, e versa il contenuto del vassoio nella sacca.
Arianna la raccoglie e sbuffando se la getta sulle spalle. ― Mangerò con calma dopo ― dice trottando allegra fuori dalla cucina.
***
Icaro deposita l'anfora ai piedi di un uomo che lo squadra severo. Si volta verso il carro. Il pianale è vuoto.
Quando torna a voltarsi verso l'uomo, questi gli allunga un sacchetto.
Icaro conta le monete all'interno. ― Sono solo dodici ― protesta.
― È quanto avevamo pattuito con tuo padre ― risponde l'altro.
― Ma io ho portato trenta anfore.
L'uomo indica le anfore ai suoi piedi, poi i cocci ammucchiati in un angolo. ― Ti pago solo quelle intere. E ringrazia che non ti faccio pulire questo macello. E ora vai prima che ci ripensi.
Icaro sbuffa e si infila in tasca il sacchetto.
Fulmine e Saetta lanciano un mugugno sommesso quando fa schioccare le redini. ― Andiamo voi due. Vi dimezzerò la razione.
Muggito di protesta.
Icaro guida il carretto fuori dal magazzino e poi in una stradina che costeggia il palazzo. La strada lo porta fino a una piazza con il piedistallo di una statua che svetta sopra le case dalle finestre sbarrate e le porte sprangate.
Un paio di vecchi gli lanciano un'occhiata svogliata e poi rivolgono la loro attenzione altrove. Icaro sospira.
Un'ombra attraversa la strada di corsa facendolo sobbalzare.
Icaro tira le redini facendo arrestare i buoi. ― Guarda dove vai ― grida all'indirizzo della ragazza. ― Ma io ti conosco.
Arianna raggiunge il lato opposto della strada, il sacco sulle spalle che ondeggia a ogni passo. Si guarda attorno con fare furtivo e poi si infila in un vicolo.
Icaro salta giù dal carro. ― Aspetta ― le grida. ― Devo ancora ringraziarti per oggi. ― Si volta verso i due animali. ― Voi non muovetevi. E cercate di non combinare guai.
I due buoi lo guardano mentre imbocca di corsa lo stesso vicolo in cui è sparita la ragazza.
***
Arianna si ferma davanti a un cancello arrugginito. Una catena chiusa da un lucchetto grande quanto una mano lo blocca da chissà quanto tempo.
La ragazza si guarda attorno, poi in alto. Facendo leva con le gambe getta la sacca oltre il cancello. Il fagotto atterra dall'altra parte con un tonfo sordo.
Icaro sbuca da dietro un angolo. ― Arianna. Principessa ― grida.
La ragazza, con già un piede sul cancello, si blocca e lo guarda con occhi sbarrati.
Icaro la raggiunge. ― Scusa, non volevo spaventarti. Che stavi facendo?
Arianna stacca le mani dal cancello. ― Io? Niente, lo giuro. ― Gli occhi saettano da un lato all'altro. ― Sei solo? Qualcuno ti ha seguito?
Icaro si guarda le spalle. ― Credo di no. Perché?
Arianna apre la bocca, ma l'eco di un lamento gliela fa richiudere subito.
Icaro guarda in alto e spalanca gli occhi. Sopra le loro testa svettano i gradoni del palazzo abbandonato, le finestre murate e le entrate sbarrate da cancelli e rinforzate da assi di legno inchiodate di traverso. ― Tu vuoi andare lì dentro? ― domanda allarmato.
― Non urlare ― dice Arianna con un sussurro. ― Vuoi che ti sentano tutti?
― È pericoloso ― protesta il ragazzo.
― No, non lo è. Fidati. E ora andiamo.
― Andiamo?
― Sì. Ora che sei qui mi accompagnerai.
Icaro incrocia le braccia sul petto. ― Non ci penso proprio. Io non entro nel palazzo del mostro.
― Non è un mostro.
― Ah, no?
― Lui è mio... ― Arianna si blocca. ― Lasceresti andare nell'antro di un mostro brutto e cattivo una povera ragazza indifesa tutta da sola? ― domanda con tono supplice.
― Io non... ― Icaro allarga le braccia. ― Questo non è leale.
Arianna si aggrappa alle sbarre. ― E allora andiamo. Così ti dimostrerò che non c'è nessun pericolo.
***
I due ragazzi camminano sul bordo di un balcone. Icaro porta il sacco sulle spalle.
Arianna indica un punto in cui la roccia è franata. ― Attento a dove metti i piedi.
Icaro guarda giù. Da quell'altezza la città sembra un modellino. ― Ci vieni spesso qui sopra?
― Una volta ogni due o tre giorni ― spiega Arianna.
― Si può sapere che c'è qui dentro?
― Carne, insalata, delle uova. Pane e formaggio, anche.
― E mangi tutto tu?
Arianna ride. Alla fine di uno stretto passaggio il balcone termina con una scala che arriva al livello successivo.
Arianna si ferma sul bordo e si guarda attorno. ― Due passi a sinistra. Sette dritto. Tre a destra. Cinque a sinistra. Ruota verso destra. ― Esegue i movimenti fino a trovarsi al centro del camminamento.
Icaro la osserva incuriosito. ― È una specie di danza?
Arianna si china e passa le dita sopra una pietra. Le da' un leggero colpetto e questa si solleva. Sbuffando e faticando la solleva e la sposta. ― Vieni qui.
Icaro si avvicina e guarda nell'apertura. La luce illumina un corridoio in leggera pendenza.
Arianna si infila nel buco.
― Un momento, un momento ― dice Icaro allarmato.
― Che c'è? ― domanda Arianna seccata.
― Non si era parlato di entrare lì dentro.
― Non avrai paura? Mi era sembrato di capire che sei una specie di eroe.
― Eroe, io? Sono un artista. E lì dentro non ci entro.
― Hai paura?
― C'è il mostro. L'hai dimenticato?
― A quest'ora dorme. Non mi lascerai andare da sola, spero. ― Arianna sparisce oltre l'apertura.
Icaro si guarda attorno, poi si china e si infila a sua volta all'interno.
  
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