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Autore: La_Sakura    13/03/2015    10 recensioni
Una notte, una madre, una figlia, un album di foto che ripercorre i ricordi vissuti fino a quel momento, pagine bianche da riempire coi ricordi che verranno. L'amore materno, l'amore fraterno, l'amore che fiorisce e quello che non trova pace. Ali spiegate verso il grande cielo, fiori di ciliegio che riempiono l'aria.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natsuko Ohzora/Maggie Atton, Nuovo personaggio, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Sakura no sora - my personal universe'
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Sono seduta su una panchina in pietra nel parco della villa, col naso all’insù osservo la volta celeste piena di stelle, sperando di vederne una cadente per esprimere un desiderio, anche se in realtà non c’è nulla che potrei desiderare di più… o forse sì?
Rabbrividisco appena, nonostante non sia per niente freddo, ma sono ferma in quella posizione da un po’. Improvvisamente sento qualcosa che si posa sulle mie spalle, una giacca: mi volto e davanti a me, in piedi, sorridente, c’è Taro, in camicia, con la cravatta leggermente allentata.
Afferro i lembi della giacca, più per sentire meglio il suo profumo che per altro, e gli faccio cenno di sedersi accanto a me.
«Grazie.» mormoro, riferendomi alla giacca.
Rimaniamo in silenzio ad osservare il cielo illuminato dagli astri, e quasi senza accorgermene faccio scivolare la testa sulla sua spalla: lui non si sposta, anzi, si mette più comodo e passa un braccio attorno alla mia vita, per stringermi a sé.
«Tuo padre dipingerebbe un quadro meraviglioso, con questo panorama.»
Lui annuisce, poi aggiunge:
«Ne ho uno per te, da darti: è Nankatsu vista dalla baia, col Fujisan alle spalle. Starà bene nella tua stanza quando andrai a Parigi.»
Ed ecco la magia che si spezza: nella sua voce c’è una nota malinconica che quasi non comprendo, così mi allontano a malincuore dalla sua spalla e mi giro ad osservarlo.
«Taro…»
«È il tuo futuro Sakura, ed è giusto che tu scelga la strada migliore per te. Ti ho sentito parlare francese con Pierre e Napoléon, e sei straordinariamente brava.»
Abbasso lo sguardo e inizio a mordicchiarmi il labbro inferiore, quello che dice mi fa piacere, ma non posso fare a meno di pensare che sarò lontana da lui, di nuovo. Come dice il detto, Occhio non vede, cuore non duole, magari stando lontana da lui riuscirò a dimenticarlo e senza avere davanti questi dannati occhi nocciola… oddio mi sta fissando…
«Sakura…?»
Kami, ho il cuore che mi sta per scoppiare nel petto: chissà lo sta sentendo anche lui… siamo così vicini…
La sensazione delle sue labbra sulle mie, un’emozione che credevo di aver scordato: chiudo gli occhi e mi lascio trasportare dal calore e dalla pace che quel contatto mi dona. Vorrei approfondirlo, rendere questo lieve bacio più intimo, ma la voce di mia madre mi riporta alla realtà e così, lesta, mi allontano da lui e scatto in piedi.
«Ah Sakura, ti ho trovato. Gli zii stanno andando via e vorrebbero salutarti. Taro, la riaccompagni tu? Io vado a cercare Koudai.»
Sembra non essersi scomposta, nel vedermi lì con lui, ma si affretta ad andarsene così non ho tempo per sondare il terreno; Taro mi offre il gomito e io ne approfitto, dato che le mie adorate scarpe di cui vado orgogliosissima sembrano essersi rimpicciolite.
Quando rientriamo nel salone zia Haruka mi si para davanti e mi abbraccia.
«Mi stai stritolando, zia…»
«Voglio assolutamente che passi a salutarmi prima di partire, bambolina. Non voglio che te ne vai a Parigi per non so quanto tempo senza dirmi nulla.»
«Lo farò zia, promesso.» la rassicuro. Zio Jiro mi posa una mano sulla spalla e mi fissa dritto negli occhi.
«Sei sicura che sia la scelta giusta, Sacchan?» e con un impercettibile movimento degli occhi indica Taro, che dietro di me sta parlando con Sanae, mentre zia Haruka sta ripetendo a Tsubasa le stesse raccomandazioni che ha fatto a me.
Io arrossisco e gli sorrido, cercando di sembrare quanto più sicura possibile.
«Va tutto bene, zio. Siamo amici.»
«Piccolina - interviene zio Ichiro, con l’aria di chi la sa lunga - puoi mentire ai tuoi vecchi zii, ma almeno non mentire a te stessa: ti brillano gli occhi quando sei in sua compagnia.»
Sospiro profondamente, i fratelli di mia madre quando ci si mettono sanno essere petulanti, ma so che lo fanno perché per loro sono la piccolina di casa (l’unica femmina tra tutti i cugini materni) quindi lo accetto ben volentieri.
«Lasciatela stare! - zio Goro interviene immediatamente, raggiunto da zio Saburo e zio Shiro - Sakura è una donna del nuovo millennio! Lei è proiettata verso il futuro!»
«Goro, tu invece sei proiettato verso il troppo sakè che hai bevuto. - lo schernisce zio Shiro, dandogli una pacca sulla spalla, per poi voltarsi verso di me - Sacchan, abbiamo molta fiducia in te, sappiamo che farai un buon lavoro, all’università.»
«Ma torna a trovarci, ogni tanto!» piagnucola zio Saburo, che è sempre stato il più emotivo.
«Eravate così anche con la mamma, quando eravate piccoli? Perché comincio a capire come mai si sia sposata così giovane!»
I cinque fratelli maggiori di mia madre scoppiano a ridere attirando l’attenzione di Tsubasa che, liberatosi di zia Haruka, stava chiacchierando con zia Fuyumi.
«No, piccola, quello che ha seguito le orme di vostra madre è Tsubasa. - zio Ichiro gli circonda le spalle con un braccio e lo attira a sé - Siamo sicuri che non ci sia nessuna pagnotta in forno?»
A questa affermazione, mio fratello diventa improvvisamente viola e si irrigidisce, mentre io scoppio ridere e non riesco più a trattenermi, divertita. Gli zii fanno davvero fatica a credere che questo matrimonio sia nato solo dall’amore e non da qualche incidente di percorso.
«No, no, certo che no… - finalmente riesce a rispondere, e zio Ichiro pare sollevato - Io e Sanae ci amiamo, per questo abbiamo deciso di sposarci.»
«Vuoi dirci che non avete mai…?»
«Zio Goro!!!» esclama Tsubasa, che ormai è in ebollizione da tanto che è l’imbarazzo.
«Ah, ho capito, non ci racconterai nulla. - pare quasi dispiaciuto - Andiamocene, lasciamo che i giovani si godano la loro festa.»
Ci abbracciano e ci baciano facendoci un sacco di feste, idem le loro mogli, e una volta che levano il disturbo è ora per noi di iniziare la festa.
Faccio un cenno a Tsubasa indicandogli il mio furisode, in modo che capisca che vado a cambiarmi per indossare qualcosa di più comodo, e mi dirigo verso la stanza della villa che abbiamo tenuto a nostra disposizione.
Una volta dentro, mi appoggio alla porta, e sospiro pesantemente: gli zii hanno ragione, non posso mentire a me stessa. Andarmene a Parigi (Di nuovo, mi suggerisce la coscienza, maledetta) invece che stare qui ad affrontare i problemi è come fuggire di fronte a un nemico, ma io ho la consapevolezza di aver già perso.
«Ha ragione Tsubasa…» mormoro, dirigendomi verso il piccolo trolley che mi sono portata dietro. All’interno c’è il mio vestito da seconda serata, come l’ha chiamato mamma, un semplice abito di raso nero che mi arriva al ginocchio, e un paio di sandali bassi dello stesso colore.
Decido di sciogliere i capelli, per lasciarli più liberi, e non appena levo il concio li sento ricadere morbidi sulle spalle: tenerli acconciati così li ha fatti assumere una forma a boccolo che mi piace molto.
Inspiro profondamente un’ultima volta quindi esco dalla mia stanza e torno verso il salone, dove i miei ex compagni di classe stanno smontando gli strumenti mentre il deejay ha già iniziato a dare la carica.
«Dov’eri finita?» mi urla Kumi, strattonandomi per un braccio.
«Sono andata a cambiarmi il vestito, così sto più comoda. Hai già iniziato a bere senza di me?»
Mi porge il suo cocktail e ne bevo un lungo sorso.
«Caipirinha? Mio fratello mi stupisce sempre di più!»
Kumi mi lascia il suo bicchiere e si allontana, lasciandomi sola con quell’alcolico che, già lo so, mi taglierà le gambe.
«Non ti fa bene!» sento sussurrare alle mie spalle. Mi volto di riflesso ma una mano, veloce, mi porta via il bicchiere. Adesso le labbra appoggiate su quella cannuccia non sono le mie, bensì quelle di Taro. E sì, in questo momento vorrei tanto essere quella cannuccia!
«Senti. - punto le mani e cerco di assumere un cipiglio aggressivo - A me non farà bene, ma neanche a te.»
Me lo restituisce dimezzato, e mi fa l’occhiolino. È tutta la sera che flirtiamo, prima ci siamo praticamente baciati… mi porto immediatamente la cannuccia galeotta alla bocca, sia per bere sia per rivivere quel contatto di poco fa, e sento le gote avvampare. Maledetto d’un Misaki, che mi fai?
«Stai bene?»
«Sì, stavo solo… pensando.»
«Non farlo… - mi prende per mano e mi attira vicino a sé - Conoscendoti, rischi di rimuginare troppo.»
Un allarme rosso si è diramato in ogni cellula del mio corpo: siamo talmente vicini che sento il suo respiro sul mio volto, l’odore della cachaça mi solletica le narici.
«Taro… non dovresti… fare così…»
Mi fa l’occhiolino e mi trascina in pista a ballare, come se niente fosse. E io lo guardo e capisco che sono perdutamente innamorata di lui, e questa condizione non cambierà mai.
 
Ho perso il conto di quanto ho bevuto: ho persino fatto una gara con Wakabayashi su quanta birra riuscivo a ingurgitare. E adesso la stanza gira intorno, mamma mia!
Mi sollevo da letto e decido che è meglio fare una passeggiata e approfittarne per prendere una boccata d’aria e magari cercare dell’acqua fresca.
Il giardino all’esterno della villa è meraviglioso, il verde domina e i fiori sembrano tante macchie di colore aggiunte da un sapiente pittore che ha voluto dare il suo tocco alla tela.
Pittore… Misaki-san… Taro.
Il mio cervello sa essere veramente crudele con me, creando queste associazioni. Sospiro e mi siedo nell’erba, puntando i gomiti sulle gambe e prendendomi il viso tra le mani.
Rimango ferma lì, con gli occhi chiusi, ascoltando il mio respiro e cercando di farmi passare il giramento di testa.
«Sakura?»
Una voce mi coglie alla sprovvista, così mi alzo di scatto e avvampo come se fossi stata sorpresa con le mani nella marmellata.
«Taro! Che ci fai qui?»
«Sono sceso a cercare dell’acqua e ho visto una macchia bianca nel prato. - indica la mia camicia da notte - Carina.» sorride poi.
Cerco di coprirmi le gambe, imbarazzata, mentre lui se la ride, bevendo un sorso d’acqua dalla bottiglia.
«Vuoi? - mi chiede poi, porgendomela. Annuisco e mi avvicino di un passo per appropriarmene e bevo avidamente - Bere troppo fa questo effetto.»
«Non ridere, Misaki: non sono ubriaca. Ho solo… esagerato un po’. Ma ci sta.»
«Sì, - annuisce dolcemente - ci sta. È stato un bel matrimonio.»
«Davvero. Sono davvero una bella coppia, e spero che vada tutto bene.»
«Ne hanno passate tante e le hanno superate.»
Lo guardo con aria interrogativa, era una frecciatina?
«Sono stati fortunati, non son mai capitate cose insormontabili.» se vuole giocare, sono pronta. Mi dirigo verso l’interno della villa. Lui mi segue, mi pare un sorrisetto malizioso quello che gli spunta sulle labbra.
«Non esiste nulla di insormontabile.»
«Oh sì, invece. - mi impunto, incrociando pure le braccia - Ci sono cose che non si possono dimenticare.»
«Per tutto il resto c’è MasterCard.»
«Non è da te cadere in battute così scontate, Misaki. Devi essere sbronzo pure tu. - esclamo stizzita - La smetti di prendermi in giro?»
Lui se la ride, cosa che mi fa saltare i nervi. Mi dirigo a passo svelto verso la mia camera, incurante del fatto che lui mi stia seguendo: quando faccio per aprire la porta, lui la blocca con una mano.
«Hai intenzione di elencarmi i motivi per cui sei così tanto arrabbiata con me da non rivolgermi quasi più la parola, se non per flirtare con me?»
«Io non ho flirtato con te, Misaki! Semmai il contrario!»
Lui si avvicina a me e mi spinge contro lo stipite della porta.
«Non l’ho mai negato…»
«Sì… - mormoro in un soffio - Sei decisamente ubriaco… meglio che tu te ne vada a dormire…»
Continuando a fissarmi negli occhi, avvicina le sue labbra alle mie e le sfiora delicatamente: sento una marea di brividi partire dalla base della schiena e percorrere il mio corpo come mille formichine alla ricerca di cibo.
Abbassa la testa sul mio collo e inizia a depositarvi baci leggeri, mentre mi appoggia la mano destra sul fianco e mi attira a sé.
«Co… cos’hai intenzione di fare?» gli chiedo, preoccupata (ma non troppo!) di come potrebbe finire la situazione.
«Niente che tu non voglia…» mi sussurra, stringendomi a sé ed entrando in stanza. Chiude la porta alle mie spalle e mi ci appoggia contro, per poi appoggiare le sue labbra sulle mie e premere con più decisione. Socchiudo le labbra e con la punta della lingua accarezzo le sue: si ritrae appena e mi fissa stupito, per poi rituffarsi su di me e baciarmi con passione.
Perdo il controllo dei sensi, ormai esistiamo solo io e lui, le sue mani che mi accarezzano e fanno volare la camicia da notte per terra, le mie mani che lo spogliano e gli tolgono maglietta e, con un po’ di imbarazzo, anche i boxer. Mi fa stendere sul letto e si sdraia sopra di me, sono imbarazzatissima ma quando mi bacia mi sembra la cosa più normale e naturale del mondo, non mi sento in difetto né in difficoltà. Esplorare la sua bocca, baciare ogni centimetro di quel corpo, sono tutte azioni che compio per la prima volta ma che mi sembrano naturali come respirare.
Si ferma un secondo ad osservarmi, l’eccitazione di entrambi (specialmente la sua) particolarmente visibile.
«Sacchan…» mi sussurra a un orecchio, con voce calda ed eccitata.
«Sì…» rispondo alla sua tacita domanda. Lui mi osserva per cercare anche solo un barlume di incertezza, ma io gli sorrido e gli bacio la punta del naso, per confermare la mia risposta.
E quando lui entra in me, dolore, agitazione ed eccitazione si mischiano in un’unica sensazione indescrivibile…
 
Sono una vigliacca… mi ripeto, sul taxi che mi riporta verso casa. Stamattina, quando mi sono svegliata e l’ho visto lì, addormentato accanto a me, il panico mi ha assalito, e cos’ho fatto? Ho raccolto le mie cose in silenzio e sono fuggita come una ladra.
Non faccio altro che ripensare a questa notte, la nostra notte, che rimarrà per sempre impressa a fuoco nella mia mente… ma non posso e non voglio confrontarmi con lui, avere la certezza che è stato solo un momento di debolezza. Mi asciugo le lacrime e il tassista mi guarda incuriosito dallo specchietto retrovisore, io gli sorrido cercando di risultare credibile.
«Tutto bene, signorina?»
«Sì… - annuisco, spostando nuovamente lo sguardo verso il paesaggio che scorre all’esterno - Sì, tutto bene, sono solo come un bocciolo di ciliegio.»
Lui mi osserva perplesso.
«Prego?»
«Lo sa, no, che i fiori di ciliegio muoiono all’apice della loro bellezza… - lui annuisce - Io sono uguale… cioè, ho appena fatto la stessa fine: ho raggiunto l’apice della felicità, e sono morta subito dopo… morta dentro intendo… stupida Sakura…»
Rimaniamo in silenzio qualche istante, ognuno immerso nei propri pensieri, quando ad un tratto lui riprende la parola.
«Sei una ragazza, puoi ancora rifiorire, a differenza dei fiori di ciliegio. Anche se ti chiami Sakura.» e mi sorride dallo specchietto.
Cerco di sorridergli a mia volta mentre il taxi prosegue la sua corsa: tornerò a fiorire, un giorno o l’altro…
 
FINE


Sakura non si spiega, è così. Impulsiva, irrazionale... scema. Ma paradossalmente è ancora una ragazzina, sebbene abbia 18 anni. E si comporta come tale. 
No, non ha fatto bene ad andarsene via così, senza dire nulla... ma credo si sia sentita sopraffatta da tutto quanto, e sicuramente non se l'è sentita di affrontare Misaki alla luce del sole. Perché la notte, si sa, nasconde le magagne e rende tutto più magico, ma il risveglio ti riporta coi piedi per terra. Lei ama tremendamente Misaki, ma vuole percorrere quella strada, varcare quella porta che si è aprta davanti a lei, e piuttosto che affrontare il tutto a viso aperto, preferisce scappare. Se ne pentirà, eccome se se ne pente! XD 
Ma questa è un'altra storia ;) 

Grazie a tutte coloro che mi hanno seguito con tanto affetto, che mi hanno letto, grazie a chi ha recensito, grazie in particolare ad Agatha e OnlyHope, che hanno seguito la stesura, sebbene a distanza, e mi hanno dato alcune dritte preziosissime per rendere i personaggi il più IC possibile. Vi lascio con un disegno dolcissimo che mi ha regalato la mia Cugi Ai_1978 e che ringrazio infinitamente. 

Stay tuned, il calderone delle ff borbotta ^^ (RL permettendo)

Sakura 

Postilla: sì, nel mio mondo Natsuko è l'ultima di cinque fratelli maschi, e sì, i nomi dei suoi fratelli vogliono dire Primo, Secondo, Terzo, Quarto e Quinto Figlio... che fantasia eh XD 
E il fatto che abbia specificato che Sakura è l'unica femmina tra i cugini materni voleva essere un piccolo omaggio a Minami Ozora. Non mancheranno occasioni di fare interagire le due ragazze, ma mi sembrava carino non eliminarla del tutto qui, sebben questa storia sia nata quando ancora non conoscevo né lei né la sua creatrice.

 


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