Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: LittleSun    14/03/2015    7 recensioni
Molto spesso nella vita siamo costretti a vivere come qualcuno vorrebbe che noi vivessimo, annuiamo e lasciamo che tutto prenda una piega che non dipende da noi. Questo succede anche a Dafne che per scappare dalla sua vita soffocante si crea un alterego da usare online, Aloe. Sarà dopo numerosi problemi che Dafne riuscirà a liberarsi dall'influenza della madre e della zia e ad allontanarsi da casa, la sua vita però cambierà ancora. Cosa succede quando una persona abituata alla perfezione e un artista disordinato iniziano una convivenza? Cosa determinerà la presenza spigliata e focosa del coinquilino nella timida e un pò frigida Dafne? Lui riuscirà a fare uscire Dafne fuori dalla strada imposta dalla madre e della zia? Scopriamolo insieme ;)
Dal capitolo 4 (se ho fatto i conti giusti :P):
Regole per una sana convivenza con Aloe
1- Una volta a settimana si pulisce tutta la casa insieme, dividendo le spese dei prodotti.
2- Le spese del cibo si dividono anche così come i turni quotidiani di cucinare e lavare i piatti.
3- Negli spazi comuni è vietato accoppiarsi come conigli in primavera.
4- Negli spazi privati non di propria proprietà è vietato accoppiarsi o entrare.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 19
Soltanto Dafne

“Stai scherzando, vero?” urlo al telefono mentre mi fermo in mezzo alla strada come se mi avessero appena sparato, dall’altro lato della cornetta Abby mortificata mi sta comunicando una notizia che mi ha spedita direttamente al centro dell’Inferno.
“Vorrei fosse così ma sai che non scherzerei mai su una cosa così… mi dispiace ma forse è il caso di affrontarla, prima o poi questo momento sarebbe arrivato, lo sapevi tesoro” dice con un tono carico di apprensione.
“Merda… scusa chiudo, a dopo...se sopravvivo” le rispondo stremata, non ho neanche la forza di dire qualcosa di più articolato, lei mi saluta e mi lascia a me stessa.
Ok, mia mamma è a casa mia, nel mio salone, vuole parlarmi e probabilmente farmi una lavata di capo e nella peggiore delle ipotesi trascinarmi a casa… deglutisco una massiccia quantità di saliva al pensiero.
Come se non bastasse Jason è a casa solo con lei e a quanto dice Abby è lì perché vorrebbe parlarmi, mi si secca la gola per il panico, che cosa può volermi dire? Scusa Ally ma mi sembri un pochino appiccicosa vorrei prendessimo le distanze, non voglio mi salti addosso ogni volta che mi vedi, va bene?
Non voglio parlare con nessuno dei due, maledizione, che se ne vadano al diavolo, magari se li lascio un altro po’ da soli si uccideranno a vicenda o mia madre sacrificherà  la vita di Jason in nome della salvezza dell’intelletto del cosmo, cosa altamente più probabile della prima ipotesi.
Vorrei davvero lasciare i due da soli e rendere la mia passeggiata interminabile ma qualcosa dentro di me, forse la parte sopita del mio carattere, mi dice che non è più il caso di scappare, di evitare di affrontare mia madre, di violentare Jason ogni volta che mi si avvicina solo perché non sono in grado di dirgli che da un po’ ho iniziato a provare interesse per lui, non posso stare tutta la vita a nascondermi, a scappare e farmi sottomettere dalle situazioni, è arrivato il momento di affrontare i fantasmi della mia vita, probabilmente non ne uscirò vincitrice ma se proprio devo perdere almeno voglio farlo senza tenermi dentro il peso di tutte le cose non dette.
E’ vero quando si dice che niente ferisce più delle parole, dentro di me dozzine di parole non dette ogni giorno mi feriscono e mi tolgono un pezzetto di me, pezzo dopo pezzo, cambiandomi ma è il momento di prendermi la responsabilità di quello che ho dentro è accettare che i miei atteggiamenti possono anche ferire qualcuno, che non devo per forza soffrire io pur di non fare del male a chi mi sta intorno.
Io probabilmente non renderò mai fiera di me mia madre perché non le vado bene a prescindere da quanto mi annullo per lei ed è una cosa con cui faccio i conti da anni e a cui mi devo rassegnare, devo accettare di non essere perfetta, di non andarle bene, devo accettare di essere Dafne e non solo Aloe, dentro di me devo lasciare il posto a tutte le sfaccettature della mia personalità, non posso essere solo la ragazza perfetta che sta male ogni volta che sbaglia, che preferisce scomparire piuttosto che vedere il disappunto negli occhi della madre, voglio essere anche la ragazza che scrive, che viaggia negli ampi cieli della creatività e che si lascia coinvolgere da un ragazzo, un ragazzo rozzo, cafone, senza interesse per l’igiene e facile come una donna di un postribolo ma altruista, divertente e libero, un ragazzo che in qualche modo mi ha cambiato e ha risvegliato dentro di me desideri che non avevo mai provato prima, che mi ha fatto capire che non sono solo un automa alla mercé della madre ma un essere capace di amare nonostante io non ami molto me stessa, è stato capace di farmi desiderare di essere di più di quello che sono perché voglio piacergli, voglio piacergli quando sono debole e crollo, quando sono forte e ottengo ciò che voglio, desidero che mi ami come non sono riuscita mai a farmi amare da mia madre e di più come solo una persona che ti ama può fare.
E’ come se davanti a me ci fosse una strada asfaltata, ben illuminata, creata da mia madre, una strada che percorro senza decidere nulla e che so che andando dritto mi condurrà esattamente dove altri vogliono che io sia e poi c’è quella strada terrosa, piena di crepe che devia dalla strada dritta e perfetta, non ho idea di dove conduca, potrebbe essere anche un vicolo cieco ma non mi spaventa, provo più paura nei confronti di qualcosa che mi impedisce di essere me stessa, preferisco sbagliare e ferirmi perché sono state le mie scelte a condurmi a quel punto piuttosto che continuare a fare sempre la cosa giusta ma ferendomi per conto di altri.
Percorrerò la strada impervia e misteriosa che ho iniziato a vedere solo grazie all’arrivo di Jason nella mia vita e se lui vorrà accompagnarmi sarò felice di tenere la sua mano mentre scopro cosa voglio davvero sennò sarò comunque felice di cambiare rotta, di andare fuori strada.
 
Guardo decisa davanti a me e nonostante le gambe tremanti e il cuore che sembra voler andare per la tangente prendo due grossi respiri e mi dirigo verso casa anche se la parte codarda di me vorrebbe solo che io mi nascondessi, probabilmente il mio animale totem è lo struzzo.
Il tempo impietoso scorre velocemente e in pochi minuti, nonostante io abbia fatto il più lentamente possibile, mi ritrovo davanti al portone dell’edificio in cui vivo, edificio che gradirei sparisse in questo preciso istante, un piccolo terremoto? Una tormenta? Un mini incendio? Niente? Madre Natura non vuoi aiutarmi?
No, a quanto sembra no… deglutendo più volte apro con mani tremanti il portone e decido di ignorare l’ascensore per salire le scale, un gradino alla volta, mooolto lentamente come se ad ogni gradino potesse scattare ogni sorta di trappola, in verità ammetto che sto ancora aspettando un qualche intervento divino che possa tenermi lontana da tutto questo, la calma piatta che mi viene in soccorso mi fa capire che non ho via di fuga ed infatti, sempre troppo presto per i miei gusti, mi ritrovo davanti la mia porta di casa che in questo istante mi sembra più la bocca spalancata di un mostro con delle fauci terrificanti che innocua superfice legnosa.
Dopo aver preso l’ultimo “coraggioso” respiro, inserisco la chiave nella serratura e con un movimento degno di un bradipo faccio scattare la chiave, al rumore della porta che si apre il cuore mi arriva in gola e vengo investita, una volta dentro, dal gelo di una casa silenziosa, tipico silenzio che di solito accompagna mia madre, è come se ovunque andasse la gente si reprimesse, sarà meglio che i governi non scoprano mai questo suo talento sennò potrebbero decidere di usarla come macchina per sedare rivolte.
Come un povero avventuriero che affronta la tormenta mi avvio verso il salone e apro la porta, immediatamente incontro gli occhi azzurri di Jason che mi guardano con un misto di sollievo, gratitudine e terrore che non so se è rivolto a me o alla donna austera di fronte a lui che nella sua posizione rigida mi sta fissando facendomi congelare sul posto, mamma.
“Dafne, bentornata” dice lei consapevole forse del fatto che dalla mia gola per ora non uscirà nulla, si alza e in maniera elegante si avvicina e accosta brevemente il viso al mio per scoccarmi due silenziosi baci.
“Mamma, che sorpresa, andato bene il viaggio? Ti posso offrire qualcosa?” maledizione a me che entro in modalità “domestica” non appena c’è lei nei paraggi, menomale che mi ero preparata uno stato d’animo valoroso e deciso… che coerenza.
“No cara, non sarà necessario e il viaggio è stato gradevole, ti ringrazio per l’interessamento” dice con una finta area gentile senza lasciarsi sfuggire una smorfia di disgusto, forse teme di prendere qualche malattia se poggia le sue regali labbra su una tazza della casa, la cosa mi diverte… ah se solo avesse visto la casa com’era all’inizio, probabilmente sarebbe scappata a gambe levate e questo pensiero mi fa venire voglia di fare scatenare Jason come solo lui sa fare in modo da creare il vecchio grande porcaio, pensando a quest’ ultimo per un breve istante poso il mio sguardo su di lui e vedo che è rigido come un manico di scopa e ci fissa perplesso, probabilmente gli sembriamo due estranee piuttosto che madre e figlia che si rivedono dopo mesi di distanza.
“Mi fa piacere rivederti ma posso sapere il motivo di questa tua visita a sorpresa?” chiedo poi timorosa ma stanca dei convenevoli.
“Certo cara, sono venuta qui per riportarti a casa visto il tuo precedente fallimento, non vedo il motivo per cui tu debba stare qui a mie spese senza concludere niente di buono, ci sono modi migliori di impiegare il denaro” ed eccola, l’immancabile stoccata, una stoccata degna della stronza di madre che mi ritrovo ed io da brava figlia sottomessa e plagiata quale suono chino il capo mordendomi le labbra e inizio a vibrare lievemente, oh sì, come sono coraggiosa, come sono valorosa… non mi merito niente, non sono neanche capace di difendermi, sto per annuire mandando al diavolo ore di riflessione quando la voce di lui mi riscuote fino alla parte più profonda del mio cervello e, soprattutto, del mio cuore.
“Ma che cazzate va blaterando?!” certo, il signorino poteva usare un gergo più raffinato vista l’interlocutrice ma comunque il suo intervento basta a farmi alzare lo sguardo per incontrare il suo, adesso anche lui è in piedi e ci sta fissando sconvolto, mia mamma dal suo canto lo sta guardando con un misto di disgusto e orrore, è riuscito a farla scomporre più del solito e la cosa dentro mi fa gorgogliare di gioia.
“Mi scusi ma non è affar suo, non so chi si crede di essere lei per mia figlia ma la invito gentilmente ad uscire da qui e a lasciarci sole” gli dice con un tono tagliente come cento lame, mi stupisco di non vederlo cadere a terra morto o fossilizzato sul posto ma probabilmente mia mamma ha questo effetto solo su di me visto che a queste parole Jason abbandona l’aria da ragazzino spaventato davanti alla maestra e sfoggia uno dei suoi sguardi più strafottenti del repertorio, uno usato molto spesso durante i nostri primi incontri.
“Veramente, gentile signora, lei non è nessuno per dire a sua figlia grande e vaccinata cosa deve o non deve fare, il suo istinto materno probabilmente lo ha espulso insieme a sua figlia il giorno del parto e la cosa mi addolora molto, per Dafne, ovviamente. Mi sembra giusto dirle che lei sa poco e niente di sua figlia se pensa davvero che sia un fallimento, è una ragazza intelligente come poche e che si impegna un sacco anche a costo di rimetterci con la salute, prima di divertirsi mette sempre davanti l’impegno finendo per non divertirsi proprio e non di certo perché gliene freghi qualcosa della giurisprudenza, lo ha fatto affinché la mammina, che sembra sempre avere una scarpa nel culo, fosse fiera di lei e invece lei, signora, cosa fa? La tratta come un fallimento, sa cosa è lei oltre un’ingrata? Lei è una stronza, sua figlia odia così tanto essere come lei vuole che dalle altre persone si fa chiamare con un altro nome, non Dafne ma Aloe.” Parla tutto d’un fiato con una rabbia che non gli avevo mai visto e usando dei termini che neanche in una vita parallela mi sarei aspettata di vederli usati nei confronti di mia madre, rimango a bocca aperta mentre delle lacrime silenziose sfuggono al mio controllo, mi sta difendendo come mai nessuno prima aveva avuto il coraggio di fare, certo forse mi sta complicando le cose ma il suo coraggio mi è d’ispirazione quindi al posto di detestarlo, come in passato avrei fatto, lo guardo con una gratitudine infinita mentre dentro di me sento maturare i miei sentimenti per lui come un frutto ormai maturo che è pronto per essere raccolto.
Mia mamma sta boccheggiando come un pesce appena pescato e lo sta fissando con gli occhi quasi fuori dalle orbite.
“Tu… Tu… lurido, zotico… Dafne è la verità?” dopo aver quasi maledetto Jason decide di girarsi verso di me per capire se quello che ha detto è la verità oppure è solo un ragazzo che delira, ed è qui che entro in gioco io, posso scegliere di negare tutto e passare il resto della mia vita fingendo o posso decidere di approfittare della strada che mi ha spianato Jason e finalmente liberarmi di tutto quello che ho dentro, la scelta anche se spaventosa a questo punto è facile.
“Sì mamma, è la verità, odio quello che mi hai fatto diventare, odio tutto quello che sono stata quando stavo con te, odio persino il mio nome e detesto tutto quello che mi hai imposto fino ad ora, ma la cosa peggiore è che per colpa tua ho detestato me stessa come forse non ho odiato neanche te, perché alla fine non è solo tua la colpa ma anche mia, mia che ti ho permesso di rendermi così, mia che ti ho permesso di ferirmi ripetutamente e di opprimere tutto quello che di me amavo ma che non ti piaceva. Ma sai cosa c’è? Mi arrendo mamma, tu non mi amerai mai e non posso più provare ad essere la figlia che vuoi perché non ti vado bene e non ti andrò mai bene, in realtà tu mi detesti e tutto di te mi fa capire questo ed io non posso più rovinarmi per te, non posso più essere chi non sono per farti contenta perché tanto non lo sei comunque.
A me dispiace di averti rovinato la vita e di non essere mai stata abbastanza, mi dispiace se anche ora ti sto deludendo ma io non voglio più questo per me, io voglio essere io, non quello che tu vuoi io sia. Scusami mamma ma non voglio più essere la figlia che vuoi, io non sono così” le parole mano mano che mi escono dalla bocca vengono accompagnate da grosse e calde lacrime, è così strano dire queste parole ad alta voce, sentirle rimbombare in una stanza e non solo nelle pareti della mia scatola cranica, non mi sembra neanche vero che sto rompendo le catene che fino ad ora mi hanno tenuto prigioniera, sono sollevata eppure non riesco a smettere di piangere, alzo lo sguardo e vedo di fronte a me lo stesso sguardo lacrimoso del mio, strabuzzo gli occhi per assicurarmi sia vero, mia madre mi sta guardando con la bocca semichiusa e delle lacrime che incrinano la sua solita maschera, con la coda dell’occhio vedo Jason lanciarmi un sorriso intenerito e uscire dalla stanza lasciandoci sole.
“Dafne, io ti chiedo scusa… io non avrei mai voluto essere così, non avrei mai voluto farti sentire in questo modo e ti chiedo perdono perché sono stata una madre terribile, ho sbagliato tutto con te, avevo paura tu ti ritrovassi un giorno a vivere la vita che vivo io ed ho iniziato a tentare di proteggerti non rendendomi conto che volevo proteggerti proprio da persone come me, come tua zia. Ho fatto tante scelte sbagliate nella mia vita, alcune imperdonabili e altre che non dimenticherò mai ma tu sei l’unica scelta di cui non mi pento, sono stata felice di metterti al mondo, volevo tu avessi l’opportunità di fare tutto quello che io non ero riuscita a fare, volevo tu fossi indipendente e invece sono diventata tutto ciò da cui scappavo e continuo a scappare, ti chiedo scusa per tutto il dolore che ti ho inflitto e per tutte le tue richieste di aiuto inascoltate, mi rendo conto solo ora di quanto io sia stata mostruosa, di come io abbia fatto di tutto per essere il carnefice del tuo Io e non me lo perdonerò mai, ti ringrazio piccola mia per avermi assecondato per tutto questo tempo, per non avermi mai urlato contro, per essere sempre stata così gentile con me anche se non lo meritavo, grazie e scusami.
Volevo solo che non ti capitasse di doverti trovare a dover dare conto e ragione a una persona come tua zia, dispotica, egoista e vendicativa. Mia sorella è da quando siamo ragazze che non mi perdona e mi tormenta, volevo crearti una strada sicura così da poterti trovare un giorno a non dover stare sottomessa a nessuna persona come lei… invece sono diventata esattamente come tua zia. Scusami Dafni, puoi perdonarmi? Potrai farlo un giorno?”. 
Mia madre non sembra neanche più lei, è come se si fosse spezzato un incanto che la teneva prigioniera, mi dice tutto piangendo, guardandomi come non mi aveva mai guardata, probabilmente una persona diversa da me l’avrebbe mandata all’Inferno e non avrebbe più voluto parlare con lei per ripagarla con la stessa moneta ma non io, è da una vita che voglio mia madre mi guardi come mi sta guardando ora, che desidero si scusi e finalmente mi dice più di quanto mi sarei anche solo sognata di sentire, io non posso non perdonarla, io non posso non darle una seconda possibilità perché voglio che lei mi accetti, voglio che lei veda chi sono e mi apprezzi per questo, senza neanche rendermene conto piangendo le corro incontro e la stringo in un abbraccio lacrimoso, lei a sua volta mi stringe forte e ci ritroviamo a piangere come due bambine, la ragazza che doveva essere perfetta e la donna che si credeva perfetta.
Non so quanto tempo passa e quanti litri di lacrime consumiamo entrambe ma quando ci scostiamo siamo entrambe imbarazzate ma sorridenti, mi allontano e la guardo con gratitudine.
“Se vorrai potrai finire giurisprudenza ma nel frattempo se sei interessata a seguire qualche altro corso dimmelo, ti darò quello che ti serve” mi fa un mezzo sorriso e capisco che sta cercando di rimediare, non mi sembra neanche vero che sto facendo una conversazione simile con la donna che è stata per anni il mio incubo, bastava davvero così poco? E’ questo quello che succede quando si apre il proprio cuore a qualcuno?
“Finirò giurisprudenza, non voglio lasciare a metà quello che ho iniziato ma mi piacerebbe seguire un corso di scrittura creativa e sceneggiatura” dico quasi timorosa e allo stesso tempo mettendola alla prova, lei inclina la testa di lato e fa un lieve sorriso.
“Non perdi tempo eh… sia come vuoi Dafne”.
“Posso davvero? Posso restare qui?” sto fremendo di una gioia quasi infantile ma incontenibile.
“Sì, meglio qui che a casa dopotutto… solo una curiosità, sei sicura che la convivenza con quell’individuo inappropriato sia la scelta giusta? Pensi sia all'altezza della tua compagnia?” fa una mini smorfia di disprezzo che mi fa sorridere, dopotutto non posso aspettarmi che diventi l’angelo della tolleranza dopo anni da despota e di certo Jason non ha fatto una bellissima impressione con lei.
“E’ un po’ rozzo ma è una brava persona, penso sia la scelta giusta” dico convinta, ora più che mai, di che persona splendida sia lui.
“Come credi tu tesoro, nel caso cambiassi idea ti finanzierò una tua qualsiasi altra scelta tesoro” e sembra sperarci davvero intensamente.
“Certo, grazie mamma. Mi chiedo… cosa dirai ora alla zia?” le chiedo infine consapevole che lei non riuscirà a evitare la nazi-zia (nazia) ancora per molto, al contrario mio, tra l’altro non l’avevo mai sentita parlare con termini di disprezzo nei confronti di mia zia, certo so che non sono affiatate dato che hanno più un rapporto piramidale, una in cima e una sotto l’altra, ma non mi aspettavo neanche lei pensasse questo di sua sorella.
“Le dirò la verità e se avrà problemi a riguardo le dirò che come cresco mia figlia è affar mio, probabilmente si arrabbierà ma anche io, come te, devo affrontare i miei fantasmi” fa un sorriso amaro e mi guarda sicura di sé, di certo mia mamma non è un agnellino ma non mi ero mai soffermata sul fatto che lei potesse essere sottomessa alla zia, non mi era mai passato per la testa.
“Grazie, mamma… come mai tu e la zia avete questo tipo di rapporto? Che è successo?” non so se sto osando troppo chiedendo ma voglio approfittare di questo momento per saperne di più.
“Dafne devi capire che io da giovane ho fatto delle scelte di cui non vado fiera, devi sapere che all’età di venticinque anni c’era un uomo molto affascinante ma più grande di me che faceva la corte a tua zia, a me però piaceva molto, anche più del lecito, così mentre i due programmavano le nozze io tentavo di farmi notare da lui, mi sentivo più bella di tua zia, più intelligente e molto più adeguata rispetto a lei, così di nascosto iniziai ad attirare l'attenzione di quest’uomo fino a quando lui non capitolò, non approfondirò questa parte, fatto sta che le nozze non vennero annullate, mia sorella rimase ignara e io e lui continuammo a vederci fino a quando cinque anni dopo non decidemmo di troncare tutto. Io volevo che lui mi amasse ma non voleva lasciare mia sorella e voleva me solo di nascosto quindi alla fine con dolore ho deciso di chiudere il nostro rapporto, capirai che comunque non smisi mai di vederlo perché era pur sempre tuo zio. Il fatto è che… mi sentivo in colpa nei confronti di tua zia che forse sospettava qualcosa ma era troppo orgogliosa per farne parola ma allo stesso tempo faticavo a dimenticare lui visto che lo dovevo incontrare spesso, i problemi però sono arrivati due mesi dopo esserci lasciati, quando ho avuto la conferma di un dubbio che mi portavo dentro da un po’ facendo finta di nulla, ero incinta, sola perché per anni avevo seguito l’uomo sbagliato e mia sorella invece si era scoperto da poco era impossibilitata ad avere bambini, furono i mesi più bui della mia vita ma come si nasconde una gravidanza a persone che si vedono ogni giorno? Così lo dissi a tuo zio e lui decise che era il momento di parlare con la zia, ci incontrammo una sera e le raccontammo tutto, lei non pianse, disse solo che questa cosa non doveva uscire da quelle quattro mura, che io e lui non ci saremmo più dovuti incontrare in privato e soli e che io avrei dovuto dire che la figlia era di un uomo qualunque…” mi guarda imbarazzata come non l’ho mai vista mentre mi racconta quella che capisco essere la storia di mio padre, io ho gli occhi sgranati e mi sembra di stare ascoltando la trama  di un qualche film di serie C e non di certo il motivo per cui sono al mondo, mia mamma poco dopo riprende con un lieve rossore a colorarle le guance.
“Così nella vergogna del giudizio degli altri ti ho partorita e ti ho cresciuto per il tuo primo anno di vita, io e tu sole, tuo padre ha passato un po’ di tempo con te ma quando lui veniva c’era anche tua zia che invece odiava me, te e lui. Mi giudicava sempre aspramente, criticava ogni cosa che facevo che ti riguardava e io non riuscivo ad oppormi perché mi sentivo in colpa nei suoi confronti e tuo padre anche, quando avevi poco più di un anno tuo padre si è ammalato gravemente e in pochi mesi se n’è andato lasciandoti una cospicua eredità e il resto a tua zia,  tua zia mi rinfacciò che le avevo portato via tutto e io l’ho fatta venire a vivere con noi, da quel punto il resto della storia lo sai anche tu… mi dispiace di non avertene mai parlato e soprattutto mi dispiace che i miei errori siano ricaduti anche sulla tua vita. L’eredità è ancora tutta nel tuo conto personale e da oggi puoi gestirla come meglio credi, non te l’ho detto prima perché avrei dovuto spiegarti questa storia e me ne vergogno ora così come allora” conclude il racconto guardandomi quasi con apprensione, io dal canto mio sono una statua di sale, ho anche un’eredità? Seriamente? Mi viene quasi da ridere… Se stamattina al mio risveglio avessi saputo la piega che avrebbero preso le cose non ci avrei creduto e pensare che fino a qualche ora fa ero solo una donna con il cuore spezzato amareggiata dall’ennesimo rifiuto.
“Mi servirà un po’ di tempo per metabolizzare la cosa che mio zio morto era in realtà mio padre” anche solo ripeterlo mi sa molto di telenovela spagnola tipo “Il Segreto” o una roba simile.
“Certo, è comprensibile… mi tratterrò qui solo fino a domani, dormirò in albergo, se ti va domani mattina puoi farmi fare un piccolo tour della città e magari possiamo sbrigare le pratiche in banca per farti accedere al tuo conto” dice quindi alzandosi, sistemandosi la gonna, l’acconciatura e guardandosi allo specchietto per sistemarsi il trucco.
“Va bene mamma, ti chiamo io allora domattina, grazie per la verità” dico alzandomi a mia volta e dandomi due piccoli schiaffetti sulla faccia giusto per vedere se sono sveglia davvero oppure è tutto un sogno, o un incubo, poi l’accompagno alla porta dell’ingresso, mi da un ultimo abbraccio e prima di andarsene guarda un ultima volta la casa alle mie spalle e fa una piccola smorfietta disgustata.
“Sei davvero sicura che qui ti piace?” richiede sperando di potermi fare vivere in un posto molto più adeguato, io scuoto la testa.
“Mi piace davvero” e non parlo solo della casa ma questo è meglio tenerlo per me, non credo sarebbe d’accordo.
“Come vuoi cara, a domani” mi scocca un ultimo bacio in guancia e se ne va.
Una volta sola, ancora frastornata, corro in camera e afferro il telefono per chiamare Abby che risponde dopo il primo squillo, chiaramente in ansia per me.
“Dio… grazie! Sei viva, com’è andata???” non riesce neanche a trattenersi, rido svuotandomi così di tutta l’ansia  che avevo covato fino ad ora.
“Bene, è andato tutto bene, meglio di quanto avrei solo osato sperare, ho tante cose da raccontarti, Jason mi ha pure difesa con lei all’inizio” il resto della storia lo saprà di persona quando la vedrò, certi racconti sono più avvincenti davanti a una tazza di the e tanti biscotti.
“Potrei uccidere per quanto sono curiosa ma dovrò aspettare, ora devi fare un’ultima cosa approfittando di questa giornata che sembra baciata dalla fortuna, parla con Jason, datti un tono e parla con lui, so che si meriterebbe un camion di scarpe nel culo ma fa come ti dico e basta” dice spazientendosi da sola alla fine del discorso, fino a stamattina voleva ucciderlo e vendere le sue carni al mercato nero e ora invece mi sprona a parlargli, com’è inspiegabilmente volubile la mia migliore amica.
“Ok, lo farò… spero bene. Ci vediamo stasera?” le chiedo poi mentre guardo l’armadio alla ricerca di qualcosa di meno sudato e lacrimoso da mettere rispetto ai vestiti insipidi e tristi indossati stamattina.
“Domani mattina, non stasera” dice lei e io allontano un attimo il telefono per guardarlo perplessa nella speranza mi spieghi il perché di certi atteggiamenti di Abby, non capisco dove deve andare.
“Dove vai?”
“Lontana da casa, non mi piacciono ste robe, sarò ospitata da… amici, diciamo” dice e io non capisco neanche di chi stia parlando, non sembra neanche convinta ma poi “ste robe” cosa sarebbero?
“Ste robe?” chiedo, infatti, al limite della perplessità.
“Nulla, devo andare, sono fiera di te baby, a domani… divertiti” ride e chiude il telefono prima che io possa chiederle altro, una volta caduto il silenzio rimango a pensare che forse se avessi studiato psicologia ora potrei aiutare Abby che sembra chiaramente disturbata.
Una volta rassegnatami all’idea che la mia migliore amica è psicolabile decido di concentrarmi su cosa indossare e alla fine opto dei jeans chiari attillati e un maglioncino rosa antico con la scollatura rotonda, rimango in ciabatte dato che non devo uscire, mi pettino i capelli lasciandoli sciolti e portandoli all’indietro con un cerchietto nero e dopo essermi assicurata di non avere trucco sbavato né occhi arrossati decido di dirigermi, con il coraggio residuo dopo una giornata così sfiancante, verso la camera di Jason per chiudere tutto quello che è stato, o non è stato, fino ad ora.
Busso alla sua porta pensando passivamente che non sono mai entrata nella camera di Jason, ne ho visto uscire fuori di tutto, da donne di tutte le etnie a Jason in varie tenute, anche seminudo, ma io non ho mai messo piede al suo interno, la porta mi viene aperta da Jason che mi guarda un misto tra l’agitato e il sollevato, probabilmente teme che io gli possa saltare nuovamente addosso e vuole mettere le cose in chiaro subito.
“Ehi” dice sorridendomi mestamente mentre si inizia a scompigliare i capelli distraendomi pietosamente dal mio obbiettivo iniziale, immediatamente mi impongo il controllo.
“Ehi, ti posso parlare?” certo, in apparenza sembro quasi più coraggiosa di lui che ora appare più atterrito di prima e a mio parere anche piuttosto indeciso.
“Si, certo, entra pure” borbotta infine dopo quello che mi sembra un interminabile dibattito interiore, questo suo atteggiamento virginale sta iniziando a urtare pietosamente il mio sistema nervoso, mi fa spazio per passare e così dopo mesi di convivenza finalmente entro dentro la sua stanza.
Tutto di quelle quattro pareti parla di lui, dal colore caldo scelto per le pareti, al letto messo di fianco alla finestra in modo da essere illuminato sempre dal sole, le numerose foto di paesaggi e non attaccate a caso nelle pareti e i numerosi quadri che sembrano fatti per imbrigliare con pennellate essenziali alcuni aspetti più variabili della natura, come un tramonto, un’alba, la pioggia su una foglia, il vento tra i rami secchi dell’autunno e le increspature dell’acqua.
Non mi stupisce che una persona istintiva come lui sia così interessata alla natura, probabilmente il rapporto tra uomo è natura è molto più simile a quello dei tempi antichi rispetto a quello della donna, inoltre penso che Jason sappia essere caldo come un sole nel pieno della giornata, improvviso come un temporale, rumoroso come una pioggia scrosciante e impetuoso come il vento, me lo immagino come una tempesta che porta scompiglio ma che poi lenisce le sofferenze, dovute alle intemperie, con un bellissimo arcobaleno che rende il cuore più coraggioso e la mente più leggera.
Non mi sorprende che una persona artefatta come me si sia invaghita di una persona così naturale, così sbagliata per me e allo stesso tempo così giusta.
“Mi sento un po’ a x-factor, pensi di bocciare o approvare la mia camera entro breve tempo?” mi chiede a un certo punto lui facendomi rendere conto del fatto che sono stata in silenzio per abbondanti minuti.
“Promossa, questa stanza rispecchia perfettamente la persona che la abita” dico sorridendogli rabbonita dalle ultime riflessioni, cosa che sembra incoraggiarlo dato che al mio sorriso risponde con un mezzo sorriso meraviglioso e un atteggiamento più rilassato.
“E cosa ti comunica?” dice senza abbandonare quel sorrisino e avvicinandosi impercettibilmente, inarco un sopracciglio al pensiero che stia cercando di flirtare con me.
“Tante cose ma non sono venuta qui per adularti” tronco di netto il flirt mentre i miei ormoni minacciano di uccidermi se rompo di nuovo l’aura di sensualità che crea Jason, in compenso il mezzo sorriso del mio coinquilino scompare di nuovo facendomi sospirare.
“E, sentiamo, per cosa saresti venuta qui?” chiede sospettoso.
“Innanzitutto per ringraziarti per poco fa se tu non avessi parlato io probabilmente mi sarei lasciata trascinare via da mia madre, invece tu hai smosso qualcosa dentro di me e ho risolto con mia madre ed è in gran parte merito tuo” mi propongo di iniziare dalla parte sicuramente più piacevole per arrivare al sodo del discorso.
“Figurati, purtroppo non so farmi i cazzi miei soprattutto quando le cose succedono davanti ai miei occhi e poi…” non so come vuole completare la frase perché si interrompe mordendosi il labbro in un modo così accattivante che vengo invasa da un sinistro languore totalmente fuori luogo per il discorso che si sta affrontando.
“E poi?” provo a incoraggiarlo guardandolo negli occhi e inclinando leggermente la testa, lui segue con gli occhi il movimento dei mie capelli che mi scivolano sulla spalla.
“E poi non voglio che tu te ne vada” alza le spalle e scombinandosi ulteriormente i capelli, tra poco sembrerà un pazzo, si mette a guardare fuori dalla finestra, io invece lo guardo con un espressione che di sicuro nessuno collegherebbe al mio quoziente intellettivo.
“Grazie” mi limito a dire rigida come un palo della luce e grazie a questa mia uscita glaciale crolla il tutto in un silenzio imbarazzante, mi stupisco nel non vedere i pinguini zampettare intorno a noi, pinguini che sicuramente Abby mi sbatterebbe nella schiena in preda all’ira sentendo il modo in cui mi  sono approcciata a Jason dopo che mi ha  una cosa assolutamente carina, fottuta me.
Non so quanti minuti passano fatto sta che sono paralizzata quando Jason riapre di nuovo bocca.
“Sono un coglione” dice quasi rabbiosamente e io lo guardo ad occhi sgranati non capendo dove voglia andare a parare con questo inizio di discorso strampalato.
“Lo dici per un motivo in particolare o per una rinnovata consapevolezza di te?” e di nuovo risulto più acida di un limone spremuto dritto in gola, non mi sono mai detestata così tanto.
“Ti ho mai detto che sei simpatica come una pertica su per il culo?” mi dice lui guardandomi, giustamente, risentito.
“No, ma fai bene a dirmelo ora, ti chiedo scusa…” dico mortificata, almeno l’orgoglio posso metterlo di lato visto che ho scelto di fare l’acida al posto che la ragazza amorevole.
“Non fa niente… Senti Aloe io mi sono comportato con te come il più coglione dei coglioni, sono stato una mezza sega, un mezzo coglione, non sai cosa avrei voluto farti e invece sono scappato come se al posto della vagina avessi una faccia di vecchia” dice il discorso con uno sguardo che definirei invasato e alla fine del tutto lo vedo che si azzittisce per poi guardarmi spiazzato per quello che ha detto ma mai spiazzato quanto me.
Penso di avere appena sentito il discorso più scadente e raccapricciante nella storia della mia vita, mando subito fuori dalla mia mente, per il mio bene, l’immagine aberrante di una vecchia al posto della mia vagina e tolgo anche la parte che riguarda le plurinominate parti maschili per soffermarmi sull’unica parte che mi sembra conti realmente qualcosa ovvero il “non sai cosa avrei voluto farti” ed infatti è una frase che mi fa salire in gola il cuore e fa andare a briglia sciolta la fantasia.
“Cosa stai cercando di dirmi?” chiedo incerta sul come reagire al suo sproloquio mescolato a un’apparente risposta indecente.
“Che mi attrai e che mi sono reso conto di non volerti solo portare a letto perché non voglio ferirti, perché tengo a te e non voglio essere io la causa per cui stai male” dice risoluto guardandomi probabilmente grato per non averlo lasciato lì in tronco dopo quel discorso agghiacciante, io non capisco se è un modo carino per dirmi che non vuole problemi con me anche se lo “attizzo” oppure sta cercando di dirmi altro, una parte di me si rifiuta di credere in questa ultima ipotesi… illusioni? No, grazie.
“Tranquillo, capisco cosa intendi, mi sono comportata in una maniera indecente e mi dispiace di averti messo in difficoltà, da ora in poi cercherò di mantenere tutto su toni meno indiscreti” alla fine opto per credere che il suo sia solo un modo per allontanarmi senza però sembrare uno stronzo mostruoso, con mio stupore lo vedo scuotere la testa divertito e poi con due falcate raggiungermi e guardarmi dall’alto in un modo che è tutto tranne lo sguardo di una persona che vuole distanziarsi, anzi.
“Forse hai frainteso, non sono bravo in questo genere di cose, sto cercando di dirti che non solo mi attrai fisicamente come non puoi neanche immaginare ma che sto iniziando a provare per te più di un sentimento schifosamente romantico e che mi piaci Aloe, mi piaci un casino” posa una mano su un mio fianco, alzando lievemente il maglione per accarezzarmi con delle dita intraprendenti un po’ di pelle del mio bacino ed immediatamente è come se il mio corpo tramortito dalle sue parole si fosse risvegliato in un rogo di lussuria infinita e brama.
“Non dici niente?” ghigna divertito della mia espressione da lama disturbato con problemi ormonali e io deglutisco preparandomi a parlare mentre una mia coraggiosa mano, stanca della mia passività, si avventura senza un mio ordine preciso ad accarezzargli i capelli.
“Non mi stai prendendo in giro, vero? Perché mi sono resa conto che tu sei entrato nella mia vita stravolgendomi, mi hai risvegliata da un torpore che mi stava lentamente uccidendo, mi hai salvato dai fantasmi della mia vita, mi hai peggiorata rendendomi una persona migliore e facendomi scoprire cose che non avrei mai immaginato potessero interessarmi. Ho iniziato ad anelare la tua vicinanza, il tuo modo di essere sensuale, gretto e allo stesso tempo così protettivo, mi hai fatto fare azioni spudorate che so provengono dalla parte più istintiva di me che ho sempre tenuto serrata, vedi che hai fatto? Mi hai liberata da tutte quelle catene che mi impedivano di essere me stessa e io ho iniziato a volere di più da te perché mi piaci, davvero tanto Jason e voglio di più” mentre lo guardo nei suoi occhi azzurri intensi e pieni di mille parole un’altra mia mano corre ad accarezzargli quella meravigliosa chioma bionda mentre l’altra sua mano si poggia sul mio altro fianco libero per avvicinarmi ancora di più a sé accorciando le distanze tra i nostri rispettivi corpi.
“Aloe…” mormora soltanto mentre non staccando gli occhi dai miei avvicina le sue labbra alle mie ed improvvisamente quel nome creato per delineare le due parti di me sulle sue labbra mi sembra così sbagliato, così fuori luogo, lui conosce anche Dafne e voglio che ami anche quella parte di me, voglio tornare ad essere Dafne senza dimenticare Aloe, gli poggio un dito su quelle sue labbra così invitanti e semichiuse.
“Chiamami Dafne” mormoro, lui sorride sulle mie dita e con una sensualità inaudita mi lecca lascivamente il dito che subito scosto dalle sue labbra mentre le guance mi si imporporano per la vampata di desiderio assoluto che sto provando.
“Dafne” sussurra lui avvicinandosi ancora un po’ ed io a quel punto mi sento leggera come una piuma e felice come non lo sono mai stata, lascio che le mie mani dai suoi capelli scendano ai lati del suo viso e lo avvicino a me facendo così, finalmente, congiungere le mie labbra alle sue con una voracità che solo una persona che non mangia per molto tempo può comprendere, un bisogno indispensabile, una necessità da cui dipende la vita, è così che percepisco questo incontro delle nostre labbra, uguale agli altri per certi versi ma diverso per molti altri; ad esempio lui non si scosta stavolta ma anzi mi tira ancora più vicina a sé facendomi inarcare la schiena in un gesto inconsapevole, le sue mani esplorano il mio ventre con una dolce irruenza per poi con una mano salire e soffermarsi sui miei capelli con cui giochicchia facendomi impazzire, le mie mani prima poggiate sul suo viso ora scendono a saggiare l’ampiezza delle sue spalle, la tonicità del suo ventre che si contrae al mio passaggio, è come un elisir di passione dal quale non posso smettere di attingere.
Mi scosto da lui quel tanto che basta per togliergli con mani tremanti, un po’ per passione un po’ per ansia, la maglietta e bearmi della visione divina del suo petto perfetto che sembra scolpito dal Bernini, i miei occhi incrociano i suoi che ora sembrano un mare in tempesta, rispondo al suo sguardo comunicandogli tutta la mia sicurezza e così lui si riavvicina a me quel tanto che basta per togliermi il maglioncino e accarezzare con mani sicure ogni centimetro di pelle che viene scoperto, sembra impaziente e così lo sono anche io, voglio di più, voglio tutto quello che può darmi.
Mi avvinghio con le braccia al suo collo e lui con una presa ferrea mi solleva facendomi incrociare le gambe ai suoi fianchi mentre le nostre bocche tornano a incontrarsi per fare giocare le nostre lingue che sembrano non saziarsi mai, le sue mani si poggiano sul mio sedere stringendolo lievemente e in una frazione di secondo sento la mia schiena poggiarsi sul morbido copriletto, il suo petto si scosta lievemente dal mio, le sue mani armeggiano dietro la mia schiena e in un momento di consapevole imbarazzo mi rendo conto che mi sta togliendo il reggiseno, mi sembra al quanto idiota da parte mia coprirmi ora anche perché tutto di me urla che voglio continuare anche se da questo momento in poi so solo la teoria ma come si usa dire: hai voluto la bicicletta? Ora pedala.
Sei bellissima, farò piano, te lo prometto” mi sussurra mentre mette in pratica tutte le sue arti da amatore baciando i miei seni in un modo così impudico che mi scappa un ansito degno di un porno cosa che sembra compiacerlo notevolmente.
Non so cosa proverò di preciso da qui a qualche minuto se solo dolore o infinito piacere oppure indifferenza totale (cosa che escludo per ovvi motivi) ma qualsiasi cosa sia so che voglio scoprirla tra le sue braccia e so di volere che sia lui a insegnarmi.
I suoi baci sul mio seno si fanno più roventi e mi sembra che la temperatura della stanza stia raggiungendo quote degne di qualche deserto africano non di certo di una giornata uggiosa di New York, una sua mano scende accarezzandomi il ventre per poi soffermarsi sui bottoni dei miei jeans e sbottonarli in una lenta tortura che mi fa sragionare, gli mordo il labbro inferiore in un chiaro invito a non tirare troppo la corda, lo sento sorridere sulle mie labbra.
“Sicura vuoi proseguo? Se andremo troppo oltre sarà più difficile fermarmi” mi dice lui galantemente, per quanto può essere galante una persona che accarezza la tua intimità da sopra la biancheria intima.
“Sono vergine non cretina, se osi fermarti domani troverai le tanto tue nominate balle appese al filo da stendere” minaccio ansante vittima delle sue carezze altamente eccitanti, lui ridacchia e da quel momento i sussurri divengono incomprensibili e lasciamo parlare i nostri corpi che si reclamano con un’urgenza incredibile, chi poteva dirlo che dentro di me avevo questo vulcano di desiderio?
I miei pantaloni presto raggiungono il mio maglione e il mio reggiseno sul pavimento seguiti poco dopo dai suoi, entrambi siamo sfibrati da questi preliminari che per quanto gradevoli sono solo l’antipasto di quello che immagino sia un lauto pasto, molto più completo.
Le sue carezze, accompagnate da intensi baci, si fanno sempre più insidiose e io mi avvinghio alle sue spalle con le mani mentre le mie labbra non si scollano dalle sue, le mie mutandine volano anche e così rimango nuda sotto i suoi occhi che mi stanno letteralmente divorando e io desidero lui lo faccia, in un altro momento probabilmente morirei per l’imbarazzo ma in questo momento non me ne può fregare di meno.
Dopo quelli che sono interminabili istanti di piacere accompagnati da un quasi orgasmo decido che è il momento di concludere con l’antipasto e incominciare la parte che si presenta più ostica ma sicuramente, a lungo andare, più interessante.
Gli abbasso i boxer  con un, inevitabile, tremore virginale che mi innervosisce ma che non riesco ad evitare, lui asseconda i miei movimenti e quando siamo entrambi nudi, mi divarica le gambe con un gentile movimento del suo bacino e ci si mette in mezzo, in questo istante non so se esplodere di felicità o perire e basta a causa dell’overdose di emozione che sto sopportando.
Accompagnando il tutto a baci bramosi, carezze dolci e parole incoraggianti finalmente diventiamo un tutt’uno, è una sensazione inspiegabile quella che sto provando, al dolore si mischia anche un gradevole formicolio che mi investe totalmente, i suoi movimenti lenti e comprensivi mi fanno sentire a mio agio e sopportare quel fastidioso bruciore che dopo qualche minuto di garbate spinte sembra quasi diventare sopportabile e con un incoraggiante movimento del mio bacino, lui accelera il ritmo finché i nostri respiri non si fondono, così come i nostri corpi che stretti l’uno all’altro piano piano raggiungono un travolgente piacere che sembra aprire la strada a tanti altri.
“Sei mia” mi sussurra sulle labbra prima di crollare esausto al mio fianco dopo numerosi amplessi, mi giro su un fianco ad ammirarlo e con un dito gli faccio dei ghirigori sul petto sudato, lui volta il viso verso di me e mi sorride radioso, ricambio spontaneamente, poi mi avvicina al suo petto facendomici poggiare sopra, io mi accoccolo tra le sue braccia mentre ci copriamo con le lenzuola, i nostri respiri piano piano rallentano lasciando tutto in silenzio che non necessita di parole, bastano i nostri sguardi, i nostri baci e i nostri occhi che si chiudono all’unisono per dire tutto quello che c’è da dire, proprio mentre stiamo scivolando nell’incoscienza decido che mancano altre poche parole per sentirmi veramente libera di tutto quello che tengo dentro.
“Penso di amarti” mormoro probabilmente a un Jason incosciente ma non importa a me basta poterlo dire ad alta voce, finalmente.
“Penso sia così anche per me” mi sento invece rispondere con mia grande sorpresa, poi con un sorriso beato scivolo in un sonno sereno che mi conduce in strade mai percorse, al mio fianco un uomo disordinato senza il quale, però, non potrei avventurarmi in questo viaggio pieno di cambiamenti.
Certe volte è solo andando fuori strada che abbiamo la possibilità di scoprire paesaggi e luoghi che altrimenti non avremmo mai esplorato.

Angolo dell'autrice:
Chi non muore si rivede... non sono morta ma per voi sicuramente lo sono stata, giustamente.
Sono stata imperdonabile non so se sia più colpa della negligenza patologica, dell'ispirazione sadica o di tutte le altre vicessitudini della mia vita, fatto sta che per scrivere questa storia me la sono vista con il signore. XDD
Chiedo umilmente e sinceramente perdono, grazie per la commovente pazienza che spero alcuni di voi dimostreranno e do ragione a chiunque nel frattempo mi ha fanculizzato.
Ho pensato molto in questo lungo periodo e credo di essere arrivata dove dovevo arrivare, ho pensato a che altro potevo fare succedere ma sembra che i miei personaggi volessero arrivare al punto di arrivo così è nato questo travagliato capitolo a cui è giorni (tanti giorni) che lavoro, non so se sarà di vostro gradimento, se lo detesterete e ammetto di essere in ansia.
La madre doveva redimersi? Si o no? Io ho scelto di sì ma voi cosa ne pensate.
La dichiarazione tra i due come vi sembra? Per me era il giusto culmine di tante giornate tempestose.
Ci sarà un epilogo a breve che è già scritto (nella mia testa) da tanto e non faticherò a metterlo per inscritto, sarà più leggero ma conclusivo.
Chiedo ancora scusa e grazie di cuore a chi mi ha seguito fino a qui, chi legge in silenzio, chi lascia la traccia del suo passaggio, chi ha dato una possibilità a questa storia e chi ha aspettato tutto questo tempo.
Grazie di cuore. <3
Nel prossimo capitolo farò i ringraziamenti in maniera più decente.
Alla prossima,
con affetto e tanto ritardo.
LittleSun
p.s. ho corretto tutto più volte ma certi errori sembra spuntare come funghi quindi scusate ma se lo rileggevo iniziava a starmi sulle scatole 'sto capitolo. çAç siate buone
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: LittleSun