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Autore: Kary91    15/03/2015    3 recensioni
{Raccolta di One-Shots incentrate sui maschi della famiglia Hawthorne}
1) • Mr. Hawthorne [Pre-Hunger Games |teen!Mr Hawthorne e teen!Hazelle] ✓
2) • Vick Hawthorne [Pre-Hunger Games| Vick, Gale, Posy e Hazelle] ✓
3) • Rory Hawthorne [Post-Mockingjay | Rory, Vick e Posy] ✓
4) • Gale Hawthorne [Post-Mockingjay | Gale, Johanna e Joel Jr.] ✓
5) • The Hawthorne Family [Pre-Hunger Games |Mr. Hawthorne, Hazelle, Gale, Rory e Vick]
“Se proprio vuoi saperlo, credo che abbia qualche rotella fuori posto…” aggiunse Johanna, mentre Gale tirava fuori il bimbo dal seggiolone per evitare che cadesse. “Ha chiamato il suo amico peloso come me”.
Afferrò la volpe di peluche e la porse al piccolo. Joel, che era occupato a festeggiare il ritorno del padre accoccolato al suo petto, sorrise e strinse l’animaletto a sé.
“Jo!” esclamò allegro, appoggiando la fronte contro il suo muso peloso.
Johanna indirizzò un’occhiata eloquente a Gale, che sorrise divertito.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Hawthorne, Gale Hawthorne, Mr. Hawthorne, Posy Hawthorne, Vick Hawthorne
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Figli del Giacimento - The Hawthorne Family.'
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[3]

tutto iò che ho

 

Andiamo a Casa

 

E avrei voluto andare via

quando questa cittadina

l'ho sentita stretta addosso

non la credevo più mia,

avrei voluto stare anch'io

in un posto dove il mio destino

non fosse già scritto.

Tutto ciò che ho. 883.

 

I fili metallici aggrovigliati vibrarono tra le mani del ragazzo, stuzzicati dal vento.

Rory sbuffò, tentando di sistemare i ciuffi di capelli che gli ricadevano sulla fronte. In quel periodo le correnti d’aria si erano fatte più insistenti, compensando l’ormai frequente sole primaverile. In passato il giovane avrebbe provato indifferenza nei confronti di quella brezza continua; tuttavia, da quando aveva fatto ritorno al Distretto 12, il vento era solo una delle tante cose che lo irritavano. Gli ricordava un passato in cui i boschi significavano solo caccia e libertà e non  erano un rifugio disperato per sfuggire ai bombardamenti. Gli ricordava Prim, le cui guance spesso pallide si arrossavano per l’aria fredda, facendola sembrare ancora più bella. E gli ricordava suo fratello, che portava il nome della burrasca: quel fratello che se n’era andato portandosi dietro un po’ della vitalità della sua famiglia. Come fa la brezza che scompare e che rende apatiche le onde, il fogliame. Gli sguardi delle persone.

 

Forse era anche per quello, per il vuoto che impregnava casa sua, che aveva incominciato a vagabondare sempre più spesso per i boschi. Da quelle parti il silenzio risuonava sempre di qualcosa: uno zampettare improvviso, lo scricchiolio delle foglie. Erano rumori lievi, che sapevano tenergli compagnia senza mai essere troppo invadenti. Di tanto in tanto si mescolavano ai passi di qualche persona; spesso mentre cacciava Rory aveva incrociato Katniss, ma di rado i due si erano scambiati più di un lieve cenno del capo. Qualche volta lei si era soffermata a guardarlo e il ragazzo aveva ricambiato con espressione dura; sapeva che la ragazza stava pensando a suo fratello e i primi tempi le aveva dato sue notizie, dicendole che stava bene e che le portava i suoi saluti. Lo faceva più che altro per provocarla; Katniss non gli aveva mai risposto con più di qualche cenno, ma Rory sapeva che apprezzava quei brandelli di informazioni. Per questo, dopo qualche tempo, smise di tenerla al corrente: non se lo meritava.

 

Sospirando, Rory sistemò l’ultima trappola e percorse a ritroso il bosco. Si schermò gli occhi con la mano e analizzò i profili delle case oltre il Prato, avvertendo un ormai familiare senso di oppressione. Il filo spinato che separava gli abitanti del Distretto dalla libertà era stato tolto da tempo; eppure, per certi versi, Rory lo vedeva ancora. Se lo sentiva attorno al petto, con meno spine, ma legato stretto per ancorarlo al posto in cui era nato e che non riconosceva più. Sapeva che non avrebbe dovuto sentirsi così: dopotutto lui era un Hawthorne, un figlio del Giacimento. Il suo passato e il suo futuro erano incisi nel Distretto Dodici, ma da tempo quel posto non era più casa sua. Era cambiato tutto e troppa gente se n’era andata. C’erano sua madre e i suoi fratelli minori, certo, ma le responsabilità che sapeva di avere verso di loro erano solo un ulteriore filo di recinzione che si sentiva stretto addosso. Se solo ci fosse stato qualcun altro a coprirgli le spalle, ad aiutarlo a prendersi cura della sua famiglia, forse sarebbe stato diverso.

 

Si chinò per prendere un sasso e se lo passò da una mano all’altra, sforzandosi di ignorare la rabbia e l’impotenza che premevano contro il suo petto.

 

“Mi manchi” borbottò infine, scagliando la pietra in direzione del Prato; non sapeva a chi si stesse riferendo. Forse a suo padre o a Gale; forse a Prim. Tutto ciò che sapeva era che voleva andarsene in qualche posto che sapesse farlo sentire a suo agio. Un luogo dove le case e i negozi e gli erano familiari e i posti in cui andava a giocare da bambino, come il Prato, non erano diventati dei cimiteri. Voleva soltanto andare a casa, ma ancora una volta non ne aveva una.

 

Tornò ad addentrarsi nel bosco, diretto verso il lago. Dopo un paio di minuti lo raggiunse un rumore di passi;  Rory roteò gli occhi, infastidito da quella presenza. Ipotizzò che si trattasse di Maki, la ragazza dai capelli rossi e la lingua lunga che sembrava sempre volersi fare i fatti suoi. Non che le sue osservazioni vispe gli dessero poi così fastidio: Maki[1] gli piaceva, era un bel tipo. Ma non le voleva bene quanto ne aveva voluto a Prim.

 

Nessuna gli sarebbe mai piaciuta nel modo in cui gli era piaciuta Prim.

 

“Ehi…”

 

Il nuovo arrivato lo raggiunse e si mise a camminare di fianco a lui; non era Maki, ma Vick.

 

“Tutto okay?” chiese il minore dei due ragazzi, indirizzandogli un’occhiata attenta.

 

Rory si affrettò ad annuire, ricambiando il suo sguardo; suo fratello era cresciuto molto nel corso degli ultimi due mesi. Da quando erano tornati nel Distretto 12 si era irrobustito, si ammalava meno ed era ormai quasi alto quanto lui. Uno sconosciuto avrebbe incontrato qualche difficoltà nell’individuare fra loro due il maggiore.

 

Camminarono in silenzio fino al lago, una delle sue mete preferite durante i vagabondaggi nei boschi. Vick non ci passeggiava spesso, ma da un paio di settimane a quella parte aveva incominciato a frequentarlo con maggiore assiduità. Non aveva detto perché, ma Rory non aveva bisogno di parole per comprenderne il motivo: suo fratello era preoccupato per lui. Bastavano il suo sguardo impensierito, i sorrisi incoraggianti e le pacche sulla schiena a suggerirglielo. Era in pensiero per i suoi silenzi, così inusuali nel ragazzo mattacchione che gli era cresciuto a fianco per undici anni, a solo una spanna di altezza di distanza.

 

Rory era irritato e rincuorato al tempo stesso dalle premure del fratellino. Da quando Gale si era trasferito toccava a lui fare squadra con la madre per tenere d’occhio Vick e Posy e avrebbe voluto essere in grado di fare tutto da solo, come faceva suo fratello. Per questo si arrabbiava quando si rendeva conto di non esserne in grado. Al tempo stesso, tuttavia, gli faceva bene poter condividere, di tanto in tanto, qualche responsabilità con le spalle più magre, ma altrettanto resistenti, di Vick. Cercava comunque di tenerle sulla propria schiena, ma lo confortava sapere che, se solo fosse scivolato, suo fratello sarebbe stato lì, pronto a dargli una mano. Proprio come lui, qualche volta, aveva cercato di fare con Gale.

 

 

“A cosa pensi?” chiese infine, spezzando il silenzio e chinandosi a terra per raccogliere un altro sasso; Vick lo imitò. A turno, scagliarono la propria pietra e contarono i rimbalzi sull’acqua, per vedere chi ne faceva di più.

 

“In realtà non lo so” ammise  il minore, prendendo un secondo sasso. “Ogni tanto penso a talmente tante cose che si mescolano tutte e non riesco a capire quali siano. O se sono cose che mi preoccupano.”

 

Scrollò le spalle e si sedette a bordo del lago.


“Tu?”

 

Rory sospirò. Fissò lo specchio d’acqua e rincorse i rimbalzi della sua pietra, ma quando arrivò alla fine realizzò di non essere riuscito a tenerne il conto.

 

“Penso a questo posto” rispose infine, dando un calcio al terreno per smuovere qualche sasso. Ci rinunciò, non trovandone di abbastanza piatti, e si accovacciò di fianco al fratello. “Certe volte vorrei essere da un’altra parte.”

 

Vick si scostò dagli occhi la frangetta arruffata dal vento.

 

“Succede anche a me” ammise infine, voltandosi verso il maggiore. “È solo che non so dove vorrei essere.”

 

Rory riprese a tormentare il terriccio con un bastoncino e liberò un sasso. Annuì alle parole del ragazzino, sentendosele risuonare dentro in un timbro arrabbiato che non aveva nulla a che vedere con la voce pacata di Vick. Sbuffò e scagliò con forza la pietra in acqua.

 

“Se solo quel cretino di nostro fratello fosse qui…” mormorò infine con sguardo indurito.

 

Vick lo esaminò con attenzione, prima di dargli un colpetto con la spalla.

 

“Andrà tutto bene” affermò, rivolgendogli uno dei suoi sorrisi fiduciosi.

 

Rory lo squadrò con un sopracciglio inarcato.

 

“Certo che andrà tutto bene, mocciosetto” replicò, arruffandogli i capelli. “Ma sono io che dovrei dirlo a te, non il contrario.”

 

“E se lo dico io a tutti e due?”

 

Una voce esile li sorprese alle spalle. Rory trasalì, ma da infastidita la sua espressione si fece incredula nel momento in cui incrociò lo sguardo birichino della sorella minore.

 

“Buh!” esclamò Posy, aprendo entrambe le mani e mostrandogliele.

 

“Come ci sei arrivata qui?” domandò un perplesso Vick, mentre la bambina li spingeva entrambi da parte per sedersi in mezzo a loro.

“Chi ti ha dato il permesso di girare da sola per boschi, nanerottola?” sbottò Rory, squadrando con nervosismo la sorella.

Posy fece spallucce e si mise a gambe incrociate.

“Cercavo della legna per la mia torre[2]” spiegò con fare pratico. “Poi ho visto Vick e l’ho seguito; per questo vi ho trovato.”

“Non mi interessa, sei troppo piccola per andare in giro da sola” sentenziò il maggiore dei tre, indicandola con un cenno brusco del capo.

Posy lo guardò storto.

“Guarda che le femmine sono più intelligenti dei maschi, l’hanno detto a scuola. E io sono una femmina” ribatté, mettendosi a braccia conserte.

Rory e Vick si scambiarono un’occhiata esasperata. Da quando la piccola di casa Hawthorne aveva incominciato le elementari, giustificava qualsiasi idea strana che le veniva in mente sostenendo di averla imparata a scuola.

“Che stavate facendo?” chiese a quel punto la ragazzina, agitando le ginocchia. Vick le fece una carezza sulla testa.

“Quattro chiacchiere” le rispose, mentre Rory sottolineava il numero quattro facendole segno con la mano[3]. Posy si mise a ridere.

“In realtà dovrei andare a controllare le trappole” si ricordò il maggiore dei tre, alzandosi in piedi. “Venite anche voi?”

Nel sentir parlare di caccia l’espressione della sorella si fece tutto a un tratto più tesa. Acconsentì comunque, afferrando la mano di Vick che l’aiutò a rimettersi in piedi.

“Quando torna Gale?” chiese poi la bambina, mentre i tre fratelli s’incamminavano verso la radura più vicina. Ancora una volta, i due maschi si scambiarono un’occhiata.

“Non lo so, sorellina” ammise infine Rory, arruffandole i capelli. “Ma nel mentre ci siamo io e Vick con te. Il Vittorioso e il Re Rosso[4].”

“Il cavaliere e il buffone di corte” scherzò Vick, indicando prima se stesso e poi il fratello. Il maggiore gli diede una spallata.

“Mr. Muscolo e l’Uomo Stecco, piuttosto” ribatté, gonfiando i bicipiti e accennando poi con un cenno del capo al fisico magro, seppur più robusto rispetto a un tempo, del fratellino.

Ridacchiando, i due ragazzi incominciarono a spintonarsi. Le loro scaramucce riuscirono a strappare un sorriso a Posy, ma gli occhi della bambina erano ancora velati dall’apprensione. Rory studiò la sua espressione con fare pensoso, prima di riprendere a parlare.

“Senti un po’, Pos…” incominciò, circondandole le spalle con un braccio. Tentennò, indeciso se proseguire con la frase o meno. “… Ti va di imparare a giocare a scacchi?” propose infine.

Lo sguardo della ragazzina si illuminò all’istante. Persino Vick sembrò sorpreso dalle parole del fratello. Rory non se ne stupì; erano mesi che Posy lo supplicava di spiegarle le regole degli scacchi, ma lui si era sempre rifiutato. L’ultima volta che ci aveva giocato erano ancora al Distretto 13 e la sua avversaria era stata Prim; da allora non aveva più nemmeno preso in mano le pedine.

Forse, però, era giunto il momento di darsi una scrollata e cercare di rimettersi in sesto. Lo doveva a Vick, che vegliava su di lui con costanza, senza mai chiedere nulla in cambio. Lo doveva a sua madre, che sorprendeva sempre più spesso a fissare il telefono sovrappensiero, come se sperasse continuamente in una telefonata del suo primogenito. E soprattutto lo doveva alla sua sorellina, che nel corso dell’ultimo periodo non aveva fatto altro che cercare di tendergli la mano, di intercettare il suo sguardo, di pretendere da lui attenzioni che non era stato in grado di darle.

Posy non aveva mai avuto un padre, eppure con la partenza di Gale se ne era sentita portare via uno. Chi, se non Rory, avrebbe potuto cercare di ridurre quel vuoto?

“Dici davvero?” esclamò la bambina, aggrappandosi alla sua mano. “Mi insegnerai come papà ha insegnato a te e a Vick?”

L’adolescente annuì.

“Solo se prometti che cercherai di battermi, però” precisò poi, facendole l’occhiolino.  “Vick non ci è mai riuscito.”

“Io invece ti batterò!” replicò decisa Posy, tendendo le dita libere per stringere quelle dell’altro fratello. “Io e Vick assieme.”

 “Vedrai, lo stracceremo” intervenne a quel punto il mezzano dei tre, sorridendole complice. “Io e te contro la principessa Rory.[5]

“Tu oggi cerchi grane, Vittorioso” lo rimbeccò il maggiore con un sorrisetto; spintonò entrambi i fratellini, che sbandarono verso destra. Vick ricambiò la spinta e Posy, al centro della zuffa, si lasciò trascinare qua e là ridacchiando, aggrappandosi alle mani dei due più grandi.

Rory rise a sua volta, osservando le espressioni allegre dei suoi fratellini.  Una sfumatura di orgoglio gli velò lo sguardo; avrebbe dato il mondo per farli sorridere e quando riusciva a farlo anche il suo umore migliorava. Certe volte gli capitava di pensare che gli sarebbe piaciuto essere diverso; avrebbe voluto essere più temerario e sfrontato, lui che faceva lo spaccone solo per finta. Avrebbe voluto essere più come suo fratello Gale e meno come se stesso. Ma quando alla sua famiglia tornava il sorriso grazie a lui riusciva a sentirsi meno scontento e un po’ più fiero di quello che era. I modi scherzosi e l’aria da finto sbruffone, in fondo, erano tutto ciò che gli rimaneva del Rory di una volta, quel ragazzino che non aveva molto, ma che stava bene, perché il poco che aveva gli era famigliare. E anche se un giorno avesse trovato il modo di andarsene da quel luogo che non gli calzava più, probabilmente non sarebbe cambiato nulla. Perché era lui a non sentirsi più a posto da nessuna parte; non era il resto a essere cambiato.

“Mi insegni adesso?”

Posy lo distolse da quei pensieri, facendo oscillare le loro mani intrecciate.

“Andiamo a casa?” chiese ancora la bambina, guardando prima lui, poi Vick.

Rory intercettò lo sguardo del mezzano e ricambiò il suo sorriso d’intesa: gli venne facile intuire a cosa stesse pensando. I suoi fratelli e sua madre – la sua famiglia – erano la prova che, per quanto il Distretto 12 fosse cambiato, in fondo si trovavano ancora a casa. Perché con Gale lontano e senza Prim, loro tre erano tutto ciò che aveva. Casa erano gli spintoni e i capelli arruffati di Posy e Vick, che si stavano sforzando in tutti i modi di fargli perdere l’equilibrio. Erano le mani intrecciate dei tre fratelli, gli occhi grigi dal taglio simile, la determinazione dei loro sguardi.

Casa era una parola da quattro lettere, come i loro nomi: perché la casa, adesso, erano loro.

“Sì” acconsentì, camminando addosso alla sorellina per spingerla ancora una volta verso destra. Posy ridacchiò, subito imitata dai fratelli maggiori. “Andiamo.”

 

Note Finali.

Purtroppo sono veramente una frana con la costanza e questa raccolta è rimasta ferma per quasi un anno, proprio come era successo con l’altra sulla famiglia Hawthorne -\- Sono un disastro, ma siccome mi infastidisce vederle incomplete, ogni tanto mi viene il pallino di provare a proseguire e così ho cercato di scrivere il terzo capitolo. Questa volta toccava a Rory e il risultato della one-shot, purtroppo, non mi soddisfa per niente. Credo che la storia sia piuttosto piatta, ma avendola plottata ormai praticamente l’anno scorso, non riuscivo a farmi venire in mente niente di diverso per lui su quella strofa di canzone, così ho mantenuto la mia idea iniziale. Spero tanto che non risulti troppo noiosa! La one-shot, ovviamente, è ambientata dopo il ritorno della famiglia Hawthorne (Gale escluso) al Distretto 12, quindi dopo la rivolta. Il prossimo capitolo, invece, sarà quello su Gale e dovrebbero fare comparsa anche Johanna e un piccolissimo Joel Jr. (il figlioletto di Gale).

Non so se qualcuno si ricorda di questa raccolta, purtroppo è passato veramente un sacco di tempo dall’ultimo aggiornamento. Spero davvero che a qualcuno possa piacere ugualmente, prometto che tenterò di scrivere qualcosa di un po’ più decente per i prossimi due capitoli!

Un abbraccio e a presto!

Laura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Maki è la sorella maggiore di Dru, il ‘fidanzatino’ pel di carota di Posy che viene menzionato in alcune storie sulla piccola di casa Hawthorne (in particolare “Il cielo non crolla”, “Qualcosa da chiamare Blu(e)” e “Lo strano caso della ghiandaia Rory Hawthorne”).

[2] Riferimento a “Il cielo non crolla (ed io nemmeno)”, dove Posy, aiutata da alcuni abitanti del Distretto 12, decide di costruire una torre di legno dietro casa sua.

[3] Rory ha una fissazione per le parole da quattro lettere, ereditata dal padre Joel (come viene raccontato soprattutto in E.Y.E.S. O.P.E.N. )

 

[4] Vick significa “vincitore, conquistatore, vittorioso”. Rory significa “Re Rosso”. I due ragazzini giocano spesso sul significato dei loro nomi, perché il loro papà, Joel, era molto fissato con questa cosa, come viene mostrato raccontato in Hazel Proposal, ma soprattutto nella raccolta sul significato dei nomi dei quattro fratelli Hawthorne: Four children. Four names. Four letters.

 

[5] Altro riferimento a “Il cielo non crolla (ed io nemmeno)” in cui Posy decide inizialmente di essere una principessa dai capelli rosa, ma cambia idea preferendo poi essere una fata. A quel punto propone di far fare a Rory la principessa e da allora Prim e gli altri fratelli Hawthorne lo prendono in giro per questa storia.

   
 
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