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Autore: CrisBo    15/03/2015    4 recensioni
Il tavolo era imbandito di pietanze di ogni tipo. Una varietà di legumi e ortaggi erano stati disposti sopra i piatti, s'affollavano i formaggi e le piante verdi del vecchio contadino del decumano ovest, colui che coltivava le migliori carote di Hobbivile (il più quotato tra le hobbittesse, perbacco!)
Volavano i piatti e s'infrangevano nel fumo dell'erba pipa di Gandalf, spargendo i vapori di quell'odore per tutta la sala da pranzo. Bofur e Dwalin suonavano allegri, seguiti da Dori, i loro busti ondeggiavano a ritmo e con le braccia facevano saltare le stoviglie. C'erano tutti i nani chiamati per la spedizione di Scudodiquercia, persino quelli che non discendevano dai Durin. [ Dal prologo ]
***
- 2941, T.E. Partono in sedici dalla casa di Bilbo per la spedizione verso Erebor e ciò che l'avventura comporta cambierà le sorti dei discendenti di Durin. Il sedicesimo compagno è una nana, Berit, del quale si sa poco e niente. Mangia tanto, beve tanto, è chiassosa ed ha un rapporto particolare con Bofur. - Prima ff, c'è dell'autocritica in me.
[ IN REVISIONE! ]
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Bilbo, Bofur, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 46.
Tutto si ferma

Bilbo continuava a tenere alto il naso verso le Aquile danzanti nel cielo.
Camminava lentamente, vicino allo Stregone Grigio, e la testa gli doleva terribilmente.
Sentiva il sangue scivolargli sulla tempia sporcandogli i ricci ribelli e i piedi – nonostante la loro pelle dura – erano martoriati da piccoli graffi. Il freddo continuava a penetrare fin dentro le ossa, lo costringeva a stare stretto nella sua veste. Era obbligato a stringere le braccia allo sterno per bloccare il busto dal continuo tremore. Gandalf era silenzioso e martoriato come un povero vagabondo; aveva il braccio malandato, il cappello a punta era piegato e la sua barba grigia era sporca di detriti e tutta arruffata.
Nessuno aveva detto una sola parola mentre discesero dalla cima di Collecorvo.
Non v'era bisogno di dire niente. Il loro silenzio era più penetrante di qualsiasi parola potessero mai dire.
Camminarono lentamente, scavalcando cadaveri, evitando di scivolare sul sangue e sui resti che deturpavano la valle. Il piccolo hobbit non aveva il coraggio di abbassare lo sguardo per osservare quella scia macabra che si stagliava a ridosso della Montagna.
Sentiva il pianto di quella valle come uno strazio continuo, una ferita troppo profonda da lenire, nonostante la Montagna s'ergeva maestosa nella sua imponenza.
Guardava le grandi Aquile del nord e le lacrime gli scendevano sottili sulle guance sporche.
Che cosa avrebbe mai potuto fare?
Era andato ad avvisare i suoi amici su Collecorvo dopo che l'Elfo biondo e Tauriel giunsero a Dale con nuove infauste notizie su Bolg.
Era riuscito a convincere lo Stregone a percorrerne la cima per avvertirli, dopo non poche suppliche.
Aveva utilizzato il suo Anello un'ultima volta e lo aveva sentito doloroso, al dito. Aveva visto qualcosa, mentre si celava alla vista, e la voce che richiamava il Tesoro era tagliente e fastidiosa. Gli si era aggrappata al cuore e, ancora adesso, ne percepiva i rimasugli come un graffio continuo.
Nel male di quella sensazione, almeno, era riuscito a raggiungerli un secondo prima che la guardia del copo di Bolg giungesse per uccidere la stirpe dei Durin. Non ricordava nulla di quello che successe là sopra dopo che Fili e Kili si separarono per perlustrare la zona. Ricordava solamente Thorin intento a marciare sugli Orchi e Dwalin proteggerlo da un colpo; ma non fu abbastanza.
Venne colpito e perse conoscenza per un tempo che gli parve indefinito.
Non era nemmeno sicuro che quello fosse lo stesso giorno. Ma sapeva che lo era, lo sapeva.
Un'ultima volta le Aquile volteggiarono sopra di loro, urlando col loro canto tra le nuvole arancioni, mentre sorvolavano la zona.
Gandalf, in quel momento, emise un sospiro e lui si voltò a guardarlo.
Non avrebbe voluto farlo, in realtà. Lo Stregone stava trasportando un corpo e sapeva bene di chi fosse.
Il corpo di un nano che non era nemmeno riuscito a salutare, a rivedere, a risentire.
Gli si strinse il cuore e le labbra si ripiegarono in una smorfia dolorosa, mentre si decise a voltare lo sguardo alle sue spalle.
Beorn, il mutapelle, era giunto insieme alle Aquile in loro soccorso; incedeva lento trasportando il corpo di un altro nano.
Non v'era bisogno di chiedere per sapere che aveva combattuto contro qualcosa di pericoloso e forte. Per quanto fosse molto alto e robusto era pieno di ferite e lo sguardo stanco e appannato. Di fianco a lui incedevano lenti due nani.
Uno più stoico, ancora reggeva l'ascia in una morsa stretta e gli occhi erano pieni di lucentezza.
Orgoglio e tormento, intrisi dalla perdita di quel giorno.
Bofur gliel'aveva detto, nelle grotte delle Montagne Nebbiose,
quando qualcosa ci manca tendiamo a portarlo come un’incisione sul volto
e sapeva che, quella, sarebbe stata l'incisione più marcata di tutte.
Qualcosa da cui non si può sfuggire, che cresce dentro fino a gestire ogni altra cosa.
Erebor era di nuovo loro ma cosa poteva mai essere, ora, se la Compagnia s'era spezzata?
Bolg e Azog erano stati uccisi ma lui non aveva visto nulla di tutto ciò; sapeva che Thorin aveva lottato con onore, era proprio da Thorin rischiare la propria vita pur di non soccombere sotto le mani di colui che aveva ucciso il suo parente. Il figlio di Azog era stato spezzato dalla ferocia di Beorn; Gandalf era riuscito a raccontargli qualcosa dopo l'ultimo saluto.
Quell'ultimo saluto.
Chiuse gli occhi e sentì di nuovo le lacrime scendere sulle guance mentre per poco non incespicò tra i piedi di un Orco morto.
Era spappolato, maciullato, spezzato. Qualcuno era stato talmente irruente e rabbioso da non lasciare granché, di lui.
La cosa gli procurò un fastidio violento e dovette sopprimere un moto di nausea.
La testa gli girava terribilmente e alzò una mano per afferrarsi alla tunica di Gandalf. Quello gli rivolse un'occhiata mortificata ma non disse nulla, si limitò a fare un leggero cenno col capo, sperando di potergli regalare anche solo una piccola stilla di coraggio.
Ancora tratteneva il corpo tra le mani e Bilbo s'azzardò a guardare il nano esanime tra esse, inspirando profondamente.
I suoi capelli scuri erano sporchi di sangue e il volto era pallido, contornato da due occhiaie violacee sotto agli occhi. Qualcuno aveva lasciato nella sua mano chiusa una piccola runa dalla forma arrotondata.
Non ricordava di avergliela mai vista ma doveva essere stato importante.
In quel momento ebbe il coraggio di posare gli occhi sull'altro nano che camminava di fianco a Beorn.
Fili non aveva più alcun tipo di sguardo. Aveva pianto – aveva urlato – ma le lacrime erano diventate aride e il suo cuore non era più in grado di donargli ancora qualcosa. Non era più con loro; era spento e vuoto.
Bilbo avrebbe voluto fare qualcosa – qualsiasi cosa – pur di cambiare quel momento.
Ma come poteva farlo se l'unica cosa che riusciva a provare era dolore?
Non era nuovo a quella sensazione pressante, aveva provato lo stesso quando sua madre e suo padre erano venuti a mancare, e adesso era tornata fulminea pronta ad aprirgli il petto e a strappargli il cuore. Non avrebbe mai pensato di poter riprovare una cosa del genere per qualcuno che non appartenesse alla sua famiglia.
Per dei nani.
Nani così diversi da lui, così irruenti, testarti, combattivi e tenaci. Così avidi di potere ma anche così leali e coraggiosi. Così sboccati e rumorosi. Nani che gli avevano rubato il cibo, che gli avevano intasato le tubature, che lo avevano riempito di insulti.
Quei nani che ora gli erano così affezionati, per la quale – lui – avrebbe fatto qualsiasi cosa.
Si ritrovò a stringere la ghianda che ancora teneva in tasca e sentì le lacrime bruciare sulle guance.
 Vedere le Aquile non aveva aiutato per niente, per quanto fosse ben felice della fine di quella battaglia.
Il ricordo di quell'abbraccio con Thorin lo stava distruggendo, adesso. 
Vederlo tra le braccia di Beorn, senza più vita, era troppo da sopportare.
Vedere Kili tra le braccia di Gandalf, senza più vita, aveva dato il colpo di grazia a quel momento.

Ancora avanzavano lentamente e Bilbo cominciò a puntare lo sguardo verso la valle.
Alcuni Elfi stavano marciando via dalla guerra, raccogliendo i feriti da terra e portandoli negli accampamenti degli Uomini e degli Elfi stessi.
La luce del tramonto illuminava la zona e la terra s'innalzava ancora in una piccola nuvola di vento, facendo brillare la valle. V'era un che di magico e onirico in quella visuale, un respiro di pace ancora legato al tormento della battaglia. Ma Bilbo non trovò conforto in questo; non v'era niente di caldo in quella luce, nonostante alcuni canti Elfici e Nanici cominciarono a levarsi sul cielo, alleggerendo l'atmosfera.
Nonostante la vittoria non erano canti felici, erano malinconici e nostalgici, ogni parola carica di un sentimento che non sarebbe mai stato dimenticato.
«Gli attaccanti commemorano le loro morti. Saranno ricordati per sempre, per aver affrontato e sconfitto qualcosa di molto potente.» Mormorò Gandalf, con una smorfia di dolore. Il braccio rotto gli doleva ma continuava – imperterrito – a trattenere Kil tra le braccia. «Grazie a questo il futuro sarà meno difficile.»
«Sarebbe stato più bello commemorare la loro vita.» Rispose Bilbo con tono flebile, posandosi la mano sul capo sanguinante.
In quel momento s'accorse di alcuni nani incedere piano, davanti a loro. Erano Dori e Nori, stavano tentando di trasportare un Ori malconcio verso un gruppetto di figure lontane. Riuscì a trovare un piccolo barlume di buonumore – in tutto questo – sentendo il sorriso farsi strada di nuovo sul volto. Non tutto era perduto.
Alcuni di loro ce l'avevano fatta, ne erano usciti malconci ma vivi.
Bilbo strinse la tunica di Gandalf e la tirò leggermente, ridestando la sua attenzione.
Ma lo Stregone già stava guardando oltre, con lo sguardo luminoso e attento.
«Hai visto, Gandalf? Ci sono...» fece per dire Bilbo ma un rumore lo bloccò all'istante.
Dwalin era avanzato avanti, frettoloso, incedendo fino a sorpassare sia Gandalf che Bilbo stesso. Aveva lo sguardo puntato verso un piccolo punto a ridosso di una roccia, non molto distante dal valico della Montagna. Aveva notato qualcosa che a Bilbo era sfuggito fino ad allora.
Anche Fili fece un passo in avanti ma evitò di sorpassare Gandalf. Lo hobbit sapeva che non era pronto a lasciarsi andare ad un saluto definitivo verso il fratello, non aveva abbastanza forza per riportare su di lui lo sguardo; lo poteva sentire senza bisogno di una conferma.
Da alcuni punti vide spuntare anche Oin e Gloin, un malconcio Bifur e quando spostò lo sguardo su Balin – proprio a ridosso della roccia – lo vide seduto, intento trattenersi il braccio, con lo sguardo rivolto altrove.
«Ce l'hanno fatta.» Mormorò Bilbo poco prima di ammutolirsi completamente.
Dwalin aveva gettato l'ascia a terra con irruenza e aveva cominciato a correre verso i suoi Compagni, lasciando gli altri indietro.


 


 


I suoi passi rimbombarono nel terreno umido e arrivò con irruenza alle spalle del fratello. Balin sorrise non appena notò la giunta di Dwalin ma nulla v'era della sua solita curva sul volto; era stanco e provato. Scosso ancora dalla morte che aleggiava prepotente su di loro. Dwalin gli mise una mano sui capelli bianchi e gli diede una carezza fraterna. Subito notò lo sguardo del fratello, intriso di lacrime ancora fresche.
Dwalin non disse una parola, riflesse la sua stessa mestizia ma il volto s'impallidì ulteriormente quando spostò lo sguardo sulla scena davanti a sé.
Vide Bofur stretto nel corpo di Berit, con il volto premuto contro il suo collo e la schiena ricurva.
La stringeva nonostante Bombur continuava a tirargli un braccio, pressandolo con delle leggere pacche.
«Bofur...devi venire con me, ora. Sei...sei ferito.» Mormorò il nano panciuto, guardandolo. «Devi...devi lasciarla andare.»
Ma Bofur non si staccava, continuava a stringere Berit. Non rispondeva ai richiami del fratello, rialzava le spalle quando si sentiva toccare o tirare, abbandonandosi nei suoi singhiozzi personali.
«No.»
La voce di Dwalin ruppe il silenzio creato dai due e Bombur si voltò di scatto, staccandosi dal fratello.
Fu in quel momento che Bofur alzò lentamente il capo e puntò lo sguardo piangente contro quello di Dwalin.
Questo non aveva versato una sola lacrima, nonostante lo sguardo pieno di agonia d'una sofferenza che già lo martoriava.
Subito si slanciò verso di loro, impattando le ginocchia a terra e guardando alla volta di Bofur con occhi sgranati.
Fu in quel momento che Bofur staccò una sola mano dal corpo di Berit e se la passò sul naso arrossato, sfregandoselo con prepotenza. Gli doleva il viso, sentiva l'odore del sangue e gli arti stanchi tanto quanto mai prima d'ora; neanche dopo ore e ore di intenso lavoro.
«Ho abbassato la guardia.» Riuscì a sussurrare solamente, piegando le labbra in un'altra smorfia di dolore. «Ho...permesso che succedesse. Ho...»
Ma Dwalin non aveva alcuna rabbia nello sguardo, lo aveva abbassato immediatamente su Berit e aveva allungato le braccia per afferrarla. Il nano col cappello aveva esitato a lasciarla andare ma aveva ritratto le braccia all'ennesima pressione, andando a stringere le proprie ginocchia in una presa convulsa. In quel momento Bombur gli fu subito dietro, intento a stringergli le spalle in una morsa affettuosa.
Il nano panciuto stava cercando di trattenersi saldo in quella parte che poco gli si addiceva, non era mai stato suo compito prendersi cura di Bofur.
Succedeva sempre il contrario, in fondo.
Ma adesso era giunto il momento che si desse da fare per far rialzare Bofur da quella situazione, per quanto lui stesso non riusciva a capacitarsene. Vederlo immerso nelle lacrime e nella sofferenza di una perdita così grande faceva male – più male che rimanere senza cibo per giorni – ed era indescrivibile.
«Berit...» mormorò Dwalin fino ad abbracciare il corpo della nana con le proprie braccia, facendo filtrare le dita tra i suoi capelli scuri. La strinse al petto e abbassò il mento fino ad appoggiarlo sul suo capo. «...dovrei spaccarti la testa, maledizione.»
Bofur chiuse gli occhi e nascose le labbra dietro le ginocchia, facendo scivolare il cappello fin davanti agli occhi. Non riusciva a smettere di piangere, non smettevano di scavare il petto con quel dolore. Sentire il fratello alle sue spalle era un leggero attimo di quietezza, ma continuava ad annaspare e non respirava.
«Dwalin mi dispiace...»
«Smettila Bofur.» Dwalin grugnì con voce incrinata mentre una sola lacrima gli sfuggì dagli occhi. «Non t'azzardare ad autocommiserarti in questo dolore. La battaglia porta vittorie e porta sconfitte, tutti sapevano a cosa andavamo incontro, sapevamo che poteva essere l'ultimo viaggio. Chiunque abbia deciso di seguire...» si bloccò per un istante, sospirando fino a far tremare il petto «...Thorin, in questo viaggio, era pronto a tutto. Noi nani non temiamo la morte, in fondo.»
«Sono quelli che rimangono in vita che la temono, figliolo mio.» Aggiunse Balin con un soffio di voce, strofinandosi il naso con la mano sana.
Bofur abbassò lo sguardo e lo puntò ancora su Berit, incassando il collo tra le spalle. Ancora non aveva risposto ma quelle parole – l'esatto modo in cui le aveva dette Dwalin – avevano risvegliato di nuovo una forte pressione al petto.
E Balin aveva ragione, era lui che stava avendo paura, adesso.
«Lei non era come sua madre.» Sussurrò solamente Dwalin, posando un solo bacio – leggerissimo – sul capo di Berit prima di lasciare appena la presa. La lasciò, di nuovo, tra le braccia di Bofur. Quello tirò su col naso, facendo un'altra smorfia. «E non si è innamorata di un nano che non la voleva.»
Bofur abbozzò un lieve sorriso e abbassò lo sguardo su Berit, di nuovo, posando il mento sul suo capo.
Le braccia erano tornate a stringerle il busto.
«Non mi avrebbe mai fatto venire qui da solo.» Disse Bofur prima che Dwalin riportasse gli occhi su di lui.
Bofur non era sicuro di potersi abituare al suo sguardo pieno di pianto. Lui sempre così restio a mostrarsi fragile, anche nel tormento.
«Lo so. È sempre stata molto testarda. »
«Come te.» Sussurrò Bofur a voce bassa prima di reclinare il volto e far scivolare le labbra sui capelli della nana. Con le dita le sfiorò un'ultima volta la guancia, in una carezza gentile. Dwalin non aveva risposto; era rimasto silenzioso in una smorfia. Sollevò il braccio sinistro per posare la mano sulla spalla di Bofur, stringendogliela appena.
Quello aveva fatto l'ennesima smorfia e aveva rialzato lo sguardo su di lui.
Bombur era ancora lì dietro ed era rimasto silenzioso e attento. Guardava i nani e guarda Berit, evitando di cadere nel pianto.
«Sei ferito Bofur, andiamo...andiamo da Gandalf.»
«Dwalin» quello lasciò le dita sul volto di Berit e rimase a guardarla ancora. Non riusciva a pensare che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe sfiorata. Guardata. «dove sono gli altri?»
Fu in quel momento che, da un leggero venticello di terra, si palesarono le figure di Gandalf, di Bilbo, di Beorn e infine di Fili. Delle ombre sottili che prendevano forma nella loro vicinanza.
Bofur alzò lo sguardo al rumore dei loro passi e puntò subito lo sguardo sullo hobbit; quel sorriso triste che stava già per palesarsi si bloccò del tutto quando vide cosa trasportavano Gandalf e Beorn, tra le braccia. Non riusciva a pensare, strinse con maggiore forza il corpo di Berit e lo sguardo tornò a colmarsi di lacrime. Balin andò a stringere il braccio del fratello, trattenendo il respiro angosciato.
Bilbo si bloccò a metà strada e Bofur non riuscì a scorgere in lui lo sgomento che gli si incise sul volto, perché venne deviato dalla figura Fili.
Il principe Biondo aveva rialzato lo sguardo e lo aveva incrociato con quello di Bofur.
Fu in quel momento che entrambi capirono e nell'aria si sparse un silenzio consapevole, prima che Fili – con la pesantezza nel cuore – cadde sulle ginocchia, non riuscendo più a procedere.






 

NA.
Questo capitolo fa schifo, è corto, non dice nulla di che e … ecco scusate ç_ç ho avuto un weekend difficoltoso e non sono riuscita a scriverlo come volevo io. Alla fine dopo la centesima volta l'ho tenuto così e via. Col prossimo capitolo farò “capire” meglio ciò che è successo a Collecorvo e che ha fatto venir giù solamente due nani ç_ç e non quattro. Non mi piaceva raccontarlo stile “a Collecorvo invece Thorin blabla”, lo farò in maniera diversa, perchè ormai sono immersa nell'intensità xD Quindi perdonatemi per sta schifezza, mi immergerò nell'introspettività (?) di Fili, Bilbo e Bofur nei prossimi capitoli e a prestissimo *_*
ps. Il gossip di Dwalin è confermato, per chi fosse interessato v.v cofcof.

  
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