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Autore: Elwing Lamath    21/03/2015    5 recensioni
Pillole di vita, pillole di quotidianità ordinaria, ma non troppo. Perché con due come loro nulla può essere scontato o prevedibile, ma è sorprendente quanto il quotidiano assuma il sapore della felicità. Perché ora Arthur e Merlin sono finalmente a casa.
"Tu ed io abbiamo ricordi più lunghi della strada che si perde davanti a noi."
"Andiamo a casa"
[Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP]
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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· • ♦ TWO OF US ♦ • ·

 

 

slice of life 

Questa raccolta partecipa alla Challenge “Slice of Life” indetta da areon sul Forum di EFP


NOTE DELL’AUTRICE: Buon weekend a tutti! Ritorno dopo tempo immemore a pubblicare un capitolo di questa raccolta, che rimane sempre lì un po’ dimenticata e un po’ pensiero costante. Mi sto affezionando molto a queste brevi one shots sulla vita moderna di Merlin ed Arthur. Forse perché amo immaginarmeli di nuovo insieme e felici… In ogni caso, spero che apprezzerete anche questo capitolo, e se avrete voglia di passare a lasciare un commento, mi renderete un’autrice davvero felice.

Alla prossima,

Elwing… 


vino

 

Vino e ricordi

 

Il liquido rosso e corposo scivolò ancora una volta dal collo della bottiglia lungo le pareti trasparenti del calice, lasciando una morbida traccia alcolica a bagnare il vetro.

Il bouquet deciso di quel Bordeaux si mischiò nuovamente all’aroma del legno scaldato dal fuoco che ardeva nel camino, mentre lo scoppiettare delle fiamme davanti a lui sembrava essere l’unico suono a colmare l’aria di casa nel crepuscolo di quella giornata d’ottobre.

Era il terzo bicchiere di fila che si versava, non che ad Arthur importasse particolarmente tenerne il conto, ma ancora quella bottiglia gli sembrava decisamente troppo piena e lui, il vino l’aveva sempre retto fin troppo bene.

Ci sono momenti nella vita di un uomo in cui l’unica cosa sensata sembra fermarsi e smettere di pensare, o se proprio non si riesce, farlo per lo meno con un buon bicchiere di rosso in mano, in modo da riuscire ad annebbiare abbastanza quei pensieri. A coloro che sostenevano il contrario, Arthur aveva sempre risposto col suo sorriso sghembo sulle labbra che sì, l’alcol non risolve i problemi, ma se per questo, non lo fa nemmeno il latte.

Merlin aveva tentato di dissuaderlo, dicendogli che gli avrebbe fatto solo del male, che avrebbero dovuto farlo insieme al massimo, ma che era ancora troppo presto. Arthur aveva fatto finta di desistere dal suo proposito, poi, non appena Merlin era uscito quella mattina, aveva preso le chiavi della macchina e ci era andato lo stesso.

Il passare dei secoli aveva mitigato l’asprezza di quel paesaggio, ma nella sua memoria fu come rivivere tutto allo stesso modo, gli sembrò persino di sentire in lontananza il clangore delle spade e le urla della battaglia, di vedere i lampi squarciare il cielo e il drago bianco planare sopra le loro teste. Gli sembrò persino di avvertire una leggera fitta al costato, come un eco lontano. Tuttavia non trovò nulla di tutto ciò. Il mondo sembrava essersi scordato di quel tempo, fatta eccezione per una piccola scritta incisa nella roccia, dimenticata tra l’erba alta, ma sopravvissuta alle maree del tempo.

Ubi victorum mortorum virtuti honos est.” 1sussurrò Arthur con le labbra accostate al calice, recitando ancora una volta la frase della lapide.

Fu come se il gusto amaro di quelle parole si mescolasse al sapore intenso e secco del Bordeaux, avvolgendole nel suo liquido corposo, nel disperato tentativo di lenirne gli spigoli. Il suo sguardo rimase fermo nel caminetto, ipnotizzato dalla danza delle fiamme.

Udì il rumore della porta che si apriva, i passi scricchiolanti sull’antico parquet e la porta che si richiudeva, ma non ci fece caso volutamente.

“Arthur.” Lo chiamò Merlin in un sussurro quando fu alle sue spalle. Il re non rispose.

Il mago sospirò. Senza aggiungere nulla, si tolse sciarpa e giubbotto, e si sedette di fianco ad Arthur, passandogli un braccio dietro alle spalle e iniziando a muovere le dita affusolate tra le sue ciocche bionde, in un gesto famigliare che sapeva calmare il compagno. Neanche allora però, distolse lo sguardo dal fuoco.

“Ti avevo detto di non fare nulla.” Disse Merlin con dolce tristezza, come se fosse stato perfettamente in grado di leggere nella mente del re e fosse a conoscenza di dove si era recato.

Allora Arthur voltò il capo, fissando il suo sguardo lucido, in parte per l’alcol, in parte per qualcos’altro, in quello di Merlin.

Non gli rispose che non aveva potuto non farlo, non in quel giorno, non in quel primo anniversario da quando aveva fatto ritorno. Aveva sentito il bisogno di andare e vedere Camlann da solo, un’ultima volta.2 Rimase semplicemente a guardarlo, il blu intenso dei suoi occhi era davvero forse l’unica cosa in grado di donargli un po’ di sollievo.

 “Mettersi a bere da soli non è un buon rimedio per nessun dolore del cuore.” Disse il mago con un tono di velato rimprovero.

Arthur stava per ribattere, quando Merlin aggiunse: “L’unico rimedio possibile, è bere in compagnia.”

L’antico re si lasciò andare al primo sorriso della giornata. “Prego, sii mio ospite.” Disse alzando la bottiglia.

In breve, i calici furono riempiti, la bottiglia si svuotò e una seconda fu aperta. Per un po’ rimasero a bere in confortevole silenzio, ma alla fine, fu Arthur a romperlo.

“Come hai fatto a vivere con tutti quei ricordi?” gli chiese in un sussurro non meditato, tanto che quando si accorse di aver pronunciato quelle parole sussultò, temendo di aver detto qualcosa di sbagliato che avesse ferito Merlin.

Ma il mago inaspettatamente sorrise, di quel suo sorriso dolce e triste allo stesso tempo, uno di quei sorrisi che nascondono un pensiero segreto. “Sai, all’inizio non credevo che ci sarei riuscito. Per questo me ne andai. Pensavo che i ricordi mi avrebbero schiacciato col loro peso… quando ho scoperto che neanche loro sarebbero stati in grado di uccidermi, temetti che mi avrebbero reso pazzo. Un povero vecchio viandante folle…” prese un altro sorso di vino. “… Mi domandai a lungo se non avessi fatto meglio a scacciarli, ma infine capii. I ricordi, anche quelli più dolorosi servono a renderci ciò che siamo. Non curano le ferite, ma diventano tuoi compagni sul cammino della vita: a volte scomodi, altre indesiderati, ma necessari per ricordarci da dove veniamo, chi siamo.”

“Non sono mai stato bravo a venire a patti col passato. Né tantomeno a gestire il dolore.” Osservò Arthur con una nota di amarezza, rigirandosi il bicchiere tra le mani, osservando con annoiato interesse le onde generate dal liquido scuro.

“Lo so, hai la testa troppo dura.” Commentò il mago, facendo passare nuovamente il braccio attorno alle spalle di Arthur.

“A volte mi sembra accaduto tutto ieri, come se non vi fosse distanza temporale tra me e quei ricordi, come stamani, mentre ero lì, e l’eco delle loro grida mi risuonava ancora nelle orecchie… Altre invece, mi sembrano come le memorie di un sogno, distanti, annebbiate da un silenzio lungo millenni, ma non per questo meno dolorose.” Continuò il biondo, stringendosi istintivamente a Merlin, inconsciamente rifugiandosi nel suo abbraccio.

“Io temevo di dimenticare. Avevo il terrore che un giorno mi sarei svegliato da qualche parte, in un mondo non più mio, e non fossi più riuscito a ricordare la consistenza della pietra grigia delle mura di Camelot, il suono delle risate di Gwaine o Lancelot, l’aroma di erbe che seguiva Gaius ovunque andasse, il sorriso di Gwen, o l’esatta sfumatura dell’azzurro dei tuoi occhi, o il modo in cui pronunciavi il mio nome. Ne ero terrorizzato…” Merlin fece una pausa, ascoltando ancora per qualche istante il sussurro del fuoco. “…Poi però, mi accorsi che i secoli che seguirono mi apparivano più indistinti e sbiaditi, mentre le scene della mia vita a Camelot erano sempre dipinte con colori vivaci. Come un albero da frutta che si staglia contro un muro bianco, o stendardi che spiccano nel sole contro un cielo temporalesco. Paradossalmente, con i ricordi più recenti era diverso. Ritornavano, ma solo alcuni di essi, sogni caldi e sfumati, come cose viste nel fuoco… allora mi sono reso conto, che eri proprio tu la variabile a rendere vivi i miei ricordi, a rendere vera la mia vita.”

Arthur emise un sospiro profondo. “Mi dispiace tanto, Merlin. Mi dispiace così tanto che tu abbia dovuto passare tutto questo.”

“Lo rifarei. Aspetterei altri mille anni coi miei ricordi se significasse averti con me, proprio come adesso.”

Il sorriso che Arthur gli rivolse fu più eloquente di qualsiasi parola. “Merlin…” sussurrò solo come in una preghiera, un incantesimo.

“Imparerai anche tu a convivere con i tuoi ricordi.” Gli sorrise in risposta Merlin, accostando teneramente la fronte a quella del suo re. “Con i peggiori, così come con i migliori.”

“Sono troppo ubriaco per parlare di ricordi tristi.” Osservò Arthur dopo un attimo di silenzio con un ghigno.

“Allora non parliamone più.” Disse semplicemente Merlin.

Trascorsero il resto della sera, nonché il resto della seconda bottiglia, a ricordare i loro amici, quei momenti felici che avevano trascorso al tempo della loro prima giovinezza insieme.

“…Mio padre pelato con in testa quello stupido cappuccio è uno spettacolo difficile da dimenticare!” rise Arthur.

“Sì, mentre tu continuasti a ragliare come un vero asino per tutta la settimana successiva!” gli ricordò Merlin. “Mai trasformazione fu più appropriata.”

“Hey!” Arthur gli tirò una gomitata, fingendosi imbronciato. “Voglio ricordarti che tu una volta cadesti di sella perché ti addormentasti mentre eri a cavallo.” Disse con un sorriso beffardo.

“Se proprio vogliamo parlare di cose ridicole, non ti dimenticare di come eri bello travestito da sempliciotto quando incontrammo Tristan e Isolde!”

“Non vale! Quello fu decisamente colpa tua! E poi io sono sempre bello!” esclamò Arthur con le gote arrossate e un sorriso impertinente sulle labbra.

 

NOTE:

  1. Ubi victorum mortorum virtuti honos est = Dove viene onorata la virtù dei morti vittoriosi” frase latina di mia totale invenzione, non si riferisce a nessuna lapide esistente, non di cui io sia a conoscenza almeno XD.
  2. Mi riferisco all’anniversario della battaglia di Camlann, ovviamente, anche se anche questa è una mia invenzione del tutto arbitraria.
  
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